UNIVERSITÀ E CATTIVA COSCIENZA
Un paese fuori corso
In questi giorni molti ragazzi iniziano l'università. Per alcune famiglie si tratta della prima generazione che può continuare gli studi dopo la scuola. Che immagine hanno questi ragazzi del Paese in cui diventano cittadini adulti? In molti atenei le lezioni non cominciano: interi corsi di laurea sono stati rinviati (per ora) al secondo semestre. Gli studenti si aggirano spaesati per aule vuote, preoccupati dall'incertezza che li attende.
Del disastro universitario siamo tutti responsabili. Baroni delle cattedre, politici cinici o ignoranti, una classe dirigente che guarda all'università con sufficienza e alla prima delusione manda i figli a studiare lontano dall'Italia. In tre anni 4.500 professori, il 12% del totale, sono andati in pensione. Molti dei corsi che insegnavano non ci sono più perché, tranne casi rari, chi è andato in pensione non è stato sostituito. Il motivo è che i tagli ai finanziamenti pubblici hanno fatto sì che nella quasi totalità degli atenei la spesa per stipendi oggi superi il 90% delle risorse, soglia al di sopra della quale non si può più assumere nessuno. I ricercatori sono 24 mila. Fino a ieri due su tre insegnavano, sebbene una legge sciocca ma ancora in vigore dica che dovrebbero fare solo ricerca, non insegnare. Quest'anno oltre un terzo dei ricercatori non farà lezione: altri corsi che non partono, spesso i più avanzati poiché i più vicini alla frontiera della ricerca.
Che nell'università ci siano troppi professori è un fatto. La responsabilità è di quei sindaci e presidenti di Provincia, di destra, di centro e di sinistra, che hanno ottenuto che si aprissero università ovunque, e che in ciascuna si avviassero corsi di triennio, biennio e dottorato. Se a errori ripetuti per decenni si vuol rimediare in un giorno c'è un solo modo: chiudere i corsi di laurea. È la strada che ha scelto il ministro dell'Economia che in nome del vincolo di bilancio ha deciso di sacrificare l'università. Se i ragazzi buttano al vento un anno della loro vita, poco male. Ma se davvero il vincolo di bilancio è così stretto, come mai nel primo semestre dell'anno il governo ha consentito che la spesa corrente al netto degli interessi, evidentemente in altri settori, aumentasse di 2.800 milioni? Chi sono i privilegiati? Possiamo permetterci di sprecare il nostro capitale umano? Non credo. Si poteva far meglio? Sì.
In luglio il Senato ha approvato la riforma dell'università. Non è una legge ideale, ma va dato atto al ministro Gelmini di aver fatto un importante passo avanti. La legge riconosce che i corsi devono essere ridotti, le università snellite, alcune chiuse. Ma si propone di farlo gradualmente, con un piano di sostituzioni solo parziali dei professori che vanno in pensione: altri 5.800 nei prossimi cinque anni. La Camera è pronta ad approvare la legge. I deputati della maggioranza non esigono che i tagli all'università (1.200 milioni, un ulteriore 15% in meno il prossimo anno) siano cancellati: chiedono che siano ridotti della metà, per consentire alle università di funzionare. Neppure questo è compatibile con i vincoli di bilancio? Allora si abbia il coraggio di spiegare alle famiglie che non possiamo più permetterci un'università quasi gratuita, cioè rette che coprono meno di un terzo del costo degli studi. Trovo terribile il cinismo di chi lascia una generazione allo sbando perché non ha il coraggio di dire la verità.
Francesco Giavazzi
24 ottobre 2010
domenica 24 ottobre 2010
venerdì 8 ottobre 2010
Sarah
Sabrina:"Mai dubitato di mio padre"
Le figlie dell'"orco" Michele al Tg5
Mentre Avetrana piange la morte di Sarah Scazzi, trucidata dallo zio Michele, parlano le figlie dell'assassino. Sabrina e Valentina, in esclusiva al Tg5 raccontano il loro sgomento per aver scoperto di aver vissuto per anni con un padre "mostro". "Non ho mai dubitato di mio papà, mai avrei pensato a lui come un assassino", dice Sabrina. E monta la rabbia nel Paese che medita vendetta nei confronti dell'uomo. Sabato i funerali della ragazza.
"Mio padre ha preso in giro tutta l'Italia. Noi non avevamo alcun sospetto", aveva detto dopo aver saputo della confessione dell'uomo. Lui sentiva tutti i nostri discorsi anche quelli con i miei amici. Ho abboccato a tutto quello che mi ha detto, ci ha preso in giro per 42 giorni, non pensavo di avere l'orco in casa. Spero che paghi". "L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita". "Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - si mette a pari col disastro che ha combinato». "Non deve più esistere", conclude.
Infine un cenno sull'esito dell'autopsia, effettuata giovedì sul corpo straziato di Sarah. L'esame ha confermato che la causa della morte è stato lo strangolamento, ma per tutta una serie di altri elementi sarà necessario attendere i risultati di laboratorio. In particolare si attendono i riscontri delle analisi per accertare se vi sia stata davvero violenza sessuale, come ha confessato Michele. Come è di prassi la perizia medico legale è attesa entro 30 giorni.
"Aveva il pantaloncino e la maglietta rosa"
"Ero nel mio garage, come sempre. Aggiustavo il trattore che aveva avuto un problema ed ero molto arrabbiato, nervoso perché non riuscivo a mettero in moto". Così Michele Misseri racconta quel tragico 26 agosto secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica. "Saranno state le 14.30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage". Sono gli ultimi momenti di vita della giovane, lei è arrivata a casa dello zio per andare al mare con la cugina Sabrina. Indossa un pantaloncino, la maglietta rosa, le infradito. "Mi ha detto che aspettava Sabrina - dice Misseri - era leggermente in anticipo. Mia figlia era ancora in casa, l'altra amica Mariangela ancora non era arrivata. Le ho fatto segno di scendere. Non so cosa mi è scattato, all'improvviso Sarah mi intrigava, è successo tutto in un momento".
Uccisa nel garage poi gli abusi nel campo
"L'ho toccata, lei ha reagito e non ci ho visto più". Così il Corriere della Sera rivela stralci dell'interrogatorio di Michele Misseri. Lo zio di Sarah dice di aver visto la nipote appena giunta a casa sua, dove aveva appuntamento con la figlia Sabrina. E proprio nel garage è avvenuto l'omicidio. Sarah ha reagito all'avance dello zio e lui, con una corda che aveva in mano, l'ha strangolata. Poi ha spento il cellulare della ragazza e dopo aver parlato con la figlia ha portato il cadavere nel campo dell'orrore. Qui, ha raccontato agli inquirenti increduli, ha denudato Sarah: "Quando l'ho vista nuda non sono riuscito a fermarmi e ho avuto un rapporto sessuale con lei". "Quando lei era già morta?" chiedono i carabinieri. "Sì, non era passato molto tempo, poi ho gettato il cadavere nella vasca di raccolta dell'acqua piovana e ho bruciato i suoi vestiti".
Bruciata anche la corda usata per lo strangolamento
Misseri ha anche ammesso di aver bruciato la corda con la quale ha strangolato la nipote. L'uomo ha detto agli inquirenti che nel garage aveva a disposizione diversi tipi di corde. Nel momento in cui ha compiuto il delitto, Misseri ha detto di aver afferrato la prima corda a disposizione. Sul cadavere della ragazzina, che era saponificato dopo 42 giorni di permanenza in acqua nel pozzo-cisterna, il medico legale, Luigi Strada, ha riscontrato il segno dello strangolamento oltre a diversi danneggiamenti dovuti sia alla permanenza in acqua sia alle operazioni di abbandono e di estrazione del cadavere.
Sabato i funerali
La cerimonia funebre per la morte di Sarah si svolgerà sabato pomeriggio. L'annuncio lo ha dato il sindaco di Avetrana, Mario De Marco, dicendo che si deciderà con i carabinieri dove farli celebrare. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il sindaco ha aggiunto che "il rito sarà sicuramente cattolico, anche se Sara non è stata battezzata". De Marco ha detto ai cronisti di "aver trovato una mamma molto determinata, è come l'avete vista in questi 40 giorni".
Ultimo aggiornamento ore 12:28
Le figlie dell'"orco" Michele al Tg5
Mentre Avetrana piange la morte di Sarah Scazzi, trucidata dallo zio Michele, parlano le figlie dell'assassino. Sabrina e Valentina, in esclusiva al Tg5 raccontano il loro sgomento per aver scoperto di aver vissuto per anni con un padre "mostro". "Non ho mai dubitato di mio papà, mai avrei pensato a lui come un assassino", dice Sabrina. E monta la rabbia nel Paese che medita vendetta nei confronti dell'uomo. Sabato i funerali della ragazza.
"Mio padre ha preso in giro tutta l'Italia. Noi non avevamo alcun sospetto", aveva detto dopo aver saputo della confessione dell'uomo. Lui sentiva tutti i nostri discorsi anche quelli con i miei amici. Ho abboccato a tutto quello che mi ha detto, ci ha preso in giro per 42 giorni, non pensavo di avere l'orco in casa. Spero che paghi". "L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita". "Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - si mette a pari col disastro che ha combinato». "Non deve più esistere", conclude.
Infine un cenno sull'esito dell'autopsia, effettuata giovedì sul corpo straziato di Sarah. L'esame ha confermato che la causa della morte è stato lo strangolamento, ma per tutta una serie di altri elementi sarà necessario attendere i risultati di laboratorio. In particolare si attendono i riscontri delle analisi per accertare se vi sia stata davvero violenza sessuale, come ha confessato Michele. Come è di prassi la perizia medico legale è attesa entro 30 giorni.
"Aveva il pantaloncino e la maglietta rosa"
"Ero nel mio garage, come sempre. Aggiustavo il trattore che aveva avuto un problema ed ero molto arrabbiato, nervoso perché non riuscivo a mettero in moto". Così Michele Misseri racconta quel tragico 26 agosto secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica. "Saranno state le 14.30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage". Sono gli ultimi momenti di vita della giovane, lei è arrivata a casa dello zio per andare al mare con la cugina Sabrina. Indossa un pantaloncino, la maglietta rosa, le infradito. "Mi ha detto che aspettava Sabrina - dice Misseri - era leggermente in anticipo. Mia figlia era ancora in casa, l'altra amica Mariangela ancora non era arrivata. Le ho fatto segno di scendere. Non so cosa mi è scattato, all'improvviso Sarah mi intrigava, è successo tutto in un momento".
Uccisa nel garage poi gli abusi nel campo
"L'ho toccata, lei ha reagito e non ci ho visto più". Così il Corriere della Sera rivela stralci dell'interrogatorio di Michele Misseri. Lo zio di Sarah dice di aver visto la nipote appena giunta a casa sua, dove aveva appuntamento con la figlia Sabrina. E proprio nel garage è avvenuto l'omicidio. Sarah ha reagito all'avance dello zio e lui, con una corda che aveva in mano, l'ha strangolata. Poi ha spento il cellulare della ragazza e dopo aver parlato con la figlia ha portato il cadavere nel campo dell'orrore. Qui, ha raccontato agli inquirenti increduli, ha denudato Sarah: "Quando l'ho vista nuda non sono riuscito a fermarmi e ho avuto un rapporto sessuale con lei". "Quando lei era già morta?" chiedono i carabinieri. "Sì, non era passato molto tempo, poi ho gettato il cadavere nella vasca di raccolta dell'acqua piovana e ho bruciato i suoi vestiti".
Bruciata anche la corda usata per lo strangolamento
Misseri ha anche ammesso di aver bruciato la corda con la quale ha strangolato la nipote. L'uomo ha detto agli inquirenti che nel garage aveva a disposizione diversi tipi di corde. Nel momento in cui ha compiuto il delitto, Misseri ha detto di aver afferrato la prima corda a disposizione. Sul cadavere della ragazzina, che era saponificato dopo 42 giorni di permanenza in acqua nel pozzo-cisterna, il medico legale, Luigi Strada, ha riscontrato il segno dello strangolamento oltre a diversi danneggiamenti dovuti sia alla permanenza in acqua sia alle operazioni di abbandono e di estrazione del cadavere.
Sabato i funerali
La cerimonia funebre per la morte di Sarah si svolgerà sabato pomeriggio. L'annuncio lo ha dato il sindaco di Avetrana, Mario De Marco, dicendo che si deciderà con i carabinieri dove farli celebrare. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il sindaco ha aggiunto che "il rito sarà sicuramente cattolico, anche se Sara non è stata battezzata". De Marco ha detto ai cronisti di "aver trovato una mamma molto determinata, è come l'avete vista in questi 40 giorni".
Ultimo aggiornamento ore 12:28
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Savona, bimbo trovato morto
A ucciderlo la madre depressa
Il corpo di un bambino di 3 anni è stato ritrovato lungo la strada di San Bartolomeo del Bosco, sulle alture diSavona. A compiere l'omicidio la madre 36enne del piccolo, che ha confessato dopo un lungo interrogatorio.Elisabetta Bertolotto ha strangolato il figlioletto, Andrea, in preda a una crisi post partum, e poi ha tentato il suicidio lanciandosi con la propria auto da un dirupo. Adesso è piantonata, in stato di shock, all'ospedale San Paolo.
Secondo la confessione, la donna che era uscita di casa intorno all'alba con il primogenito, dopo aver vagato per ore nei boschi della zona, ha strangolato il piccolo e, prima di gettarsi da un dirupo con la macchina, ha chiamato il marito, Mauro Quagliati. Teatro della vicenda è il bivio di San Bartolomeo del Bosco tra Cimavalle e Naso di Gatto. Elisabetta Bertolotto soffriva di depressione post partum. Da 10 giorni aveva avuto infatti un altro bambino.
Secondo alcuni testimoni oculari, Quagliati quando è stato trovato dalla polizia era in lacrime, sdraiato a terra vicino al corpicino del figlio e stava tentando di rianimarlo. Il papà della vittima era appena arrivato in cima alla strada che da Savona sale lungo il bosco alla ricerca della moglie e del figlioletto.
A coordinare l'inchiesta sul ritrovamento del bambino di tre anni a San Bartolomeo del Bosco è il sostituto procuratore della Repubblica, Danilo Ceccarelli. Già disposta l'autopsia del piccolo. La donna, invece, ha confessato ed è in stato di arresto all'ospedale San Paolo.
Sul posto erano intervenuti i vigili del fuoco, il 118, gli agenti della squadra mobile e la polizia scientificaper i rilievi del caso.
A ucciderlo la madre depressa
Il corpo di un bambino di 3 anni è stato ritrovato lungo la strada di San Bartolomeo del Bosco, sulle alture diSavona. A compiere l'omicidio la madre 36enne del piccolo, che ha confessato dopo un lungo interrogatorio.Elisabetta Bertolotto ha strangolato il figlioletto, Andrea, in preda a una crisi post partum, e poi ha tentato il suicidio lanciandosi con la propria auto da un dirupo. Adesso è piantonata, in stato di shock, all'ospedale San Paolo.
Secondo la confessione, la donna che era uscita di casa intorno all'alba con il primogenito, dopo aver vagato per ore nei boschi della zona, ha strangolato il piccolo e, prima di gettarsi da un dirupo con la macchina, ha chiamato il marito, Mauro Quagliati. Teatro della vicenda è il bivio di San Bartolomeo del Bosco tra Cimavalle e Naso di Gatto. Elisabetta Bertolotto soffriva di depressione post partum. Da 10 giorni aveva avuto infatti un altro bambino.
Secondo alcuni testimoni oculari, Quagliati quando è stato trovato dalla polizia era in lacrime, sdraiato a terra vicino al corpicino del figlio e stava tentando di rianimarlo. Il papà della vittima era appena arrivato in cima alla strada che da Savona sale lungo il bosco alla ricerca della moglie e del figlioletto.
A coordinare l'inchiesta sul ritrovamento del bambino di tre anni a San Bartolomeo del Bosco è il sostituto procuratore della Repubblica, Danilo Ceccarelli. Già disposta l'autopsia del piccolo. La donna, invece, ha confessato ed è in stato di arresto all'ospedale San Paolo.
Sul posto erano intervenuti i vigili del fuoco, il 118, gli agenti della squadra mobile e la polizia scientificaper i rilievi del caso.
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Setticemia scambiata per influenza
Muore in Puglia una ragazza di 22 anni
Indaga la magistratura. Se ne è andata dopo un calvario
durante il quale le sono state amputate gambe e dita delle mani
BARI (5 ottobre) - È morta a 22 anni per setticemia a distanza di tre mesi da un banale intervento per l'asportazione di una cisti all'altezza del coccige, eseguito nell'ospedale di Putignano. La studentessa universitaria di farmacia, di Noci, è morta nel marzo scorso nell'ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti dopo che avevano tentato di salvarle la vita amputandole le gambe e tutte le dita delle mani, eccetto i pollici. La storia di Antonella Mansueto è oggetto di un fascicolo aperto dal sostituto procuratore del Tribunale di Bari, Angela Morea, dopo la denuncia presentata dai genitori.
La mamma di Antonella racconta sui giornali il calvario e la sofferenza della figlia. «Anche quando non respirava quasi più e il battito si sentiva appena - dice - I medici continuavano a dire che era solo un virus influenzale».
La ragazza era stata operata il 4 dicembre 2009: tutto era andato come previsto, poi qualche piccolo dolore e le medicazioni, per un certo periodo tutti i giorni e poi tre volte la settimana, come le era stato prescritto. Però Antonella e la sua famiglia si accorgono che qualcosa non va: la ferita non si rimargina ed emana un cattivo odore. Antonella si sente malissimo e le sue condizioni precipitano nei giorni successivi sino a quando, a marzo decidono di amputarle le gambe e le dita delle mani nell'estremo tentativo di salvarle la vita. L'operazione viene eseguita il 22 marzo da una équipe di medici di Bologna. Un tentativo risultato inutile perché la ragazza muore il 26 marzo.
Le indagini. Il pm della Procura di Bari, Angela Morea, ha convocato come persona informata dei fatti uno dei sanitari che ha conosciuto la ragazza dopo l'intervento chirurgico. Antonella venne ricoverata per l'asportazione di una cisti il 4 dicembre 2009 nell'ospedale di Putignano e venne operata dal chirurgo Aldo Calò. Il pm Morea ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche e dei referti medici di tutte le strutture dove la ragazza, nei tre mesi di sofferenza, dall'operazione alla morte, è stata curata e visitata: l'ospedale di Putignano, il Miulli di Acquaviva e la Guardia Medica di Noci, dove addirittura le era stata diagnosticata un'influenza e le fu prescritta tachipirina per abbassare la febbre arrivata a 42. La Procura sta inoltre procedendo all'identificazione dei medici che hanno avuto in cura la 22enne, per individuare responsabilità personali e procedere ad eventuali iscrizioni nel registro degli indagati.
«Per capire cosa sia successo a Bari, abbiamo già inviato i carabinieri appartenenti al nucleo Nas della Commissione d'inchiesta» dice Ignazio Marino, presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. I risultati, ha detto Marino, saranno valutati «durante il prossimo Ufficio di presidenza».
Muore in Puglia una ragazza di 22 anni
Indaga la magistratura. Se ne è andata dopo un calvario
durante il quale le sono state amputate gambe e dita delle mani
BARI (5 ottobre) - È morta a 22 anni per setticemia a distanza di tre mesi da un banale intervento per l'asportazione di una cisti all'altezza del coccige, eseguito nell'ospedale di Putignano. La studentessa universitaria di farmacia, di Noci, è morta nel marzo scorso nell'ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti dopo che avevano tentato di salvarle la vita amputandole le gambe e tutte le dita delle mani, eccetto i pollici. La storia di Antonella Mansueto è oggetto di un fascicolo aperto dal sostituto procuratore del Tribunale di Bari, Angela Morea, dopo la denuncia presentata dai genitori.
La mamma di Antonella racconta sui giornali il calvario e la sofferenza della figlia. «Anche quando non respirava quasi più e il battito si sentiva appena - dice - I medici continuavano a dire che era solo un virus influenzale».
La ragazza era stata operata il 4 dicembre 2009: tutto era andato come previsto, poi qualche piccolo dolore e le medicazioni, per un certo periodo tutti i giorni e poi tre volte la settimana, come le era stato prescritto. Però Antonella e la sua famiglia si accorgono che qualcosa non va: la ferita non si rimargina ed emana un cattivo odore. Antonella si sente malissimo e le sue condizioni precipitano nei giorni successivi sino a quando, a marzo decidono di amputarle le gambe e le dita delle mani nell'estremo tentativo di salvarle la vita. L'operazione viene eseguita il 22 marzo da una équipe di medici di Bologna. Un tentativo risultato inutile perché la ragazza muore il 26 marzo.
Le indagini. Il pm della Procura di Bari, Angela Morea, ha convocato come persona informata dei fatti uno dei sanitari che ha conosciuto la ragazza dopo l'intervento chirurgico. Antonella venne ricoverata per l'asportazione di una cisti il 4 dicembre 2009 nell'ospedale di Putignano e venne operata dal chirurgo Aldo Calò. Il pm Morea ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche e dei referti medici di tutte le strutture dove la ragazza, nei tre mesi di sofferenza, dall'operazione alla morte, è stata curata e visitata: l'ospedale di Putignano, il Miulli di Acquaviva e la Guardia Medica di Noci, dove addirittura le era stata diagnosticata un'influenza e le fu prescritta tachipirina per abbassare la febbre arrivata a 42. La Procura sta inoltre procedendo all'identificazione dei medici che hanno avuto in cura la 22enne, per individuare responsabilità personali e procedere ad eventuali iscrizioni nel registro degli indagati.
«Per capire cosa sia successo a Bari, abbiamo già inviato i carabinieri appartenenti al nucleo Nas della Commissione d'inchiesta» dice Ignazio Marino, presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. I risultati, ha detto Marino, saranno valutati «durante il prossimo Ufficio di presidenza».
Delitto di Avetrana
IL DELITTO DI AVETRANA - LO ZIO DELLA RAGAZZA HA CONFESSATO IL DELITTO
L'autopsia su Sarah: è stata strangolata
Il sindaco: «Sarà lutto cittadino»
I medici devono ancora accertare la violenza sessuale
La cugina: «Non ho mai dubitato di papà»
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«Ho ucciso Sarah e poi l'ho violentata» (7 ottobre 2010)
Sarah e quella lite con la cugina: «Tuo padre con me è diventato strano» di Giusi Fasano (8 ottobre 2010)
La vita e gli orrori dell'orco di Avetrana (8 ottobre 2010) di G. Buccini
AVETRANA (Taranto) - La conferma arriva dall'autopsia: Sarah Scazzi, la giovane uccisa dallo zio lo scorso 26 agosto, è stata strangolata. Resta da chiarire se - come confessato dall'omicida, Michele Misseri - sia stata anche violentata dopo la morte. «È trascorso troppo tempo da quando Sarah è stata uccisa e gettata nel pozzo - spiega il professor Luigi Strada, direttore dell'istituto di medicina legale dell’Università degli Studi di Bari. - Per questo motivo ho fatto dei prelievi e dei tamponi per chiarire l'aspetto della violenza sessuale. Per quanto riguarda il resto, confermo quanto uscito dagli investigatori, ovvero che sul collo della ragazza abbiamo trovato dei segni di strangolamento». A una precisa domanda sull'aspetto del corpo della ragazza, il medico aggiunge: «Il volto è sfigurato, sul corpo ci sono segni di putrefazione avanzata. La permanenza nell'acqua ha danneggiato i tessuti, Sarah è irriconoscibile. Per questo ho consigliato, anzi quasi obbligato, la madre a non vederla. Le ho spiegato che la cosa migliore è mantenere il ricordo, l'immagine di sua figlia com'era in vita».
La morte di Sarah
LA RABBIA - Il paese di Avetrana, che ha appreso la verità sulla sorte di Sarah 42 giorni dopo la notizia della scomparsa, si è stretto intanto intorno alla famiglia della vittima, con in testa i compagni di scuola della studentessa quindicenne. I ragazzi si sono radunati giovedì davanti all'abitazione di Sarah, si sono abbracciati, hanno pianto e hanno scritto su tre cartelloni l'addio «a un piccolo angelo». Poi, all'improvviso, hanno cambiato destinazione e sono andati a casa di Michele Misseri, «lo zio assassino, la bestia, che ci fa schifo e che deve avere l'ergastolo» (ma un coro chiedeva la pena di morte). Davanti a casa Misseri, c'è stato anche qualche momento di tensione con alcuni amici che sono andati a visitare la moglie Cosima e le figlie Sabrina e Valentina: pochi attimi e poi i ragazzi sono andati via. Il dolore di Avetrana però non finisce e il sindaco, Mario De Marco, ha annunciato il lutto cittadino in occasione dei funerali. L'amministrazione comunale ha già chiesto al parroco, don Dario De Stefano, che gli stessi funerali si svolgano «in uno spazio più grande», al campo sportivo o al palazzetto dello sport.
SMS - Sabrina, la figlia di Misseri, torna intanto a dire la sua. E lo fa tramite un sms inviato a un giornalista della trasmissione di Rai 1, «La Vita in diretta»: «Mio padre è stato un padre esemplare e non ha mai abusato di noi». In un altro messaggio, Sabrina aggiunge: «Non ho mai detto che mio padre l'ha portata via (come risulterebbe, secondo quanto trapelato in precedenza, da un'intercettazione ambientale fatta ascoltare anche all'omicida) perché, in 42 giorni, non ho mai dubitato di lui. Ho cominciato a farlo da stanotte». La giovane ha anche precisato che la madre «non ha mai detto che Michele deve morire, ma che deve pagare».
«NON DEVE PIU' ESISTERE» - «L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita». «Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - dice il giovane nel corso della trasmissione "La vita in diretta" - si mette a pari col disastro che ha combinato». «Non deve più esistere» conclude.
Redazione online
08 ottobre 2010
L'autopsia su Sarah: è stata strangolata
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AVETRANA (Taranto) - La conferma arriva dall'autopsia: Sarah Scazzi, la giovane uccisa dallo zio lo scorso 26 agosto, è stata strangolata. Resta da chiarire se - come confessato dall'omicida, Michele Misseri - sia stata anche violentata dopo la morte. «È trascorso troppo tempo da quando Sarah è stata uccisa e gettata nel pozzo - spiega il professor Luigi Strada, direttore dell'istituto di medicina legale dell’Università degli Studi di Bari. - Per questo motivo ho fatto dei prelievi e dei tamponi per chiarire l'aspetto della violenza sessuale. Per quanto riguarda il resto, confermo quanto uscito dagli investigatori, ovvero che sul collo della ragazza abbiamo trovato dei segni di strangolamento». A una precisa domanda sull'aspetto del corpo della ragazza, il medico aggiunge: «Il volto è sfigurato, sul corpo ci sono segni di putrefazione avanzata. La permanenza nell'acqua ha danneggiato i tessuti, Sarah è irriconoscibile. Per questo ho consigliato, anzi quasi obbligato, la madre a non vederla. Le ho spiegato che la cosa migliore è mantenere il ricordo, l'immagine di sua figlia com'era in vita».
La morte di Sarah
LA RABBIA - Il paese di Avetrana, che ha appreso la verità sulla sorte di Sarah 42 giorni dopo la notizia della scomparsa, si è stretto intanto intorno alla famiglia della vittima, con in testa i compagni di scuola della studentessa quindicenne. I ragazzi si sono radunati giovedì davanti all'abitazione di Sarah, si sono abbracciati, hanno pianto e hanno scritto su tre cartelloni l'addio «a un piccolo angelo». Poi, all'improvviso, hanno cambiato destinazione e sono andati a casa di Michele Misseri, «lo zio assassino, la bestia, che ci fa schifo e che deve avere l'ergastolo» (ma un coro chiedeva la pena di morte). Davanti a casa Misseri, c'è stato anche qualche momento di tensione con alcuni amici che sono andati a visitare la moglie Cosima e le figlie Sabrina e Valentina: pochi attimi e poi i ragazzi sono andati via. Il dolore di Avetrana però non finisce e il sindaco, Mario De Marco, ha annunciato il lutto cittadino in occasione dei funerali. L'amministrazione comunale ha già chiesto al parroco, don Dario De Stefano, che gli stessi funerali si svolgano «in uno spazio più grande», al campo sportivo o al palazzetto dello sport.
SMS - Sabrina, la figlia di Misseri, torna intanto a dire la sua. E lo fa tramite un sms inviato a un giornalista della trasmissione di Rai 1, «La Vita in diretta»: «Mio padre è stato un padre esemplare e non ha mai abusato di noi». In un altro messaggio, Sabrina aggiunge: «Non ho mai detto che mio padre l'ha portata via (come risulterebbe, secondo quanto trapelato in precedenza, da un'intercettazione ambientale fatta ascoltare anche all'omicida) perché, in 42 giorni, non ho mai dubitato di lui. Ho cominciato a farlo da stanotte». La giovane ha anche precisato che la madre «non ha mai detto che Michele deve morire, ma che deve pagare».
«NON DEVE PIU' ESISTERE» - «L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita». «Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - dice il giovane nel corso della trasmissione "La vita in diretta" - si mette a pari col disastro che ha combinato». «Non deve più esistere» conclude.
Redazione online
08 ottobre 2010
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mercoledì 6 ottobre 2010
fanghi tossici
QUATTRO MORTI, 3 DISPERSI, 123 FERITI, TRA I QUALI 61 RICOVERATI, NEI 7 CENTRI COLPITI
Ungheria: un anno per la bonifica
delle aree invase dai fanghi tossici
Si lavora per impedire che la marea rossa raggiunga gli affluenti del Danubio. Ancora incerte le cause del disastro
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Ungheria: almeno 4 morti e 120 feriti per la fuoriuscita di fanghi chimici (5 ottobre 2010)
BUDAPEST - Sarà necessario almeno un anno di lavoro e una spesa di decine di milioni di euro per bonificare la zona sommersa dai fanghi tossici di un'azienda che produce alluminio fuoriusciti da una vasca di decantazione in Ungheria. È la stima del governo di Budapest che ha dichiarato lo stato di emergenza nelle tre province (Veszprem, Györ-Sopron e Vas) interessate dal disastro ecologico che ha provocato quattro vittime, tre dispersi e 123 feriti, tra i quali 61 ricoverati, nei sette centri abitati inondati dalla marea rossa. La rottura degli argini della vasca di decantazione ad Ajka è avvenuta per motivi ancora da accertare: si sospetta un eccessivo carico dell'invaso, un errore di progettazione oppure l'aumento dell'acqua a causa delle forti piogge.
Ungheria: fanghi tossici, 4 morti
DANUBIO - Oltre alle vittime si teme per le conseguenze a lungo termine dei fanghi tossici: 1,1 milioni di metri cubi si sono riversari su un'area di 40 chilometri quadrati. Almeno 500 uomini della Protezione civile ungherese sono impegnati per cercare di impedire che gli inquinanti possano raggiungere gli affluenti del Danubio e infine arrivare al fiume più importante dell'Europa centro-orientale. Anche le nazioni vicine, in cui scorre il fiume, hanno espresso preoccupazione. «Se le acque contaminate arriveranno al Raba e peggio ancora al Danubio, sarà davvero una catastrofe ecologica», ha avvertito il sottosegretario all'Ambiente, Zoltan Illes.
Redazione online
06 ottobre 2010
Ungheria: un anno per la bonifica
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Si lavora per impedire che la marea rossa raggiunga gli affluenti del Danubio. Ancora incerte le cause del disastro
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Ungheria: almeno 4 morti e 120 feriti per la fuoriuscita di fanghi chimici (5 ottobre 2010)
BUDAPEST - Sarà necessario almeno un anno di lavoro e una spesa di decine di milioni di euro per bonificare la zona sommersa dai fanghi tossici di un'azienda che produce alluminio fuoriusciti da una vasca di decantazione in Ungheria. È la stima del governo di Budapest che ha dichiarato lo stato di emergenza nelle tre province (Veszprem, Györ-Sopron e Vas) interessate dal disastro ecologico che ha provocato quattro vittime, tre dispersi e 123 feriti, tra i quali 61 ricoverati, nei sette centri abitati inondati dalla marea rossa. La rottura degli argini della vasca di decantazione ad Ajka è avvenuta per motivi ancora da accertare: si sospetta un eccessivo carico dell'invaso, un errore di progettazione oppure l'aumento dell'acqua a causa delle forti piogge.
Ungheria: fanghi tossici, 4 morti
DANUBIO - Oltre alle vittime si teme per le conseguenze a lungo termine dei fanghi tossici: 1,1 milioni di metri cubi si sono riversari su un'area di 40 chilometri quadrati. Almeno 500 uomini della Protezione civile ungherese sono impegnati per cercare di impedire che gli inquinanti possano raggiungere gli affluenti del Danubio e infine arrivare al fiume più importante dell'Europa centro-orientale. Anche le nazioni vicine, in cui scorre il fiume, hanno espresso preoccupazione. «Se le acque contaminate arriveranno al Raba e peggio ancora al Danubio, sarà davvero una catastrofe ecologica», ha avvertito il sottosegretario all'Ambiente, Zoltan Illes.
Redazione online
06 ottobre 2010
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Muore per setticemia, 18 indagati
Catania,33enne deceduto dopo incidente
Diciassette medici di due ospedali, il Cannizzaro di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), e un dipendente dell'Anas, sono indagati dalla Procura etnea nell'ambito dell'inchiesta sulla morte per setticemia di Carmelo Finocchiaro, di 33 anni, avvenuta il 27 settembre scorso. Gli avvisi di garanzia, che ipotizzano il reato di omicidio colposo, sono stati emessi come atto dovuto a tutela degli indagati.
Come ricostruisce il quotidiano La Sicilia di Catania, Finocchiaro, originario di Taormina, sposato con due figli, ma da anni residente in Calabria, era rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto tra Spezzano Albanese e Cassano allo Ionio, la notte tra il 25 e il 26 agosto scorsi.
L'auto guidata da Remigio Luca Serra, di 33 anni, era uscita di strada procurando la morte del guidatore e un braccio rotto, alcune costole rotte e una pleurite a Finocchiaro, che è stato ricoverato nell'ospedale di Castrovillari e giudicato guaribile in un mese.
Dopo 13 giorni però le sue condizioni si sono aggravate per una cancrena al braccio destro e per questo, l'8 settembre, è stato trasferito all'ospedale Cannizzaro di Catania che è dotato di camera iperbarica. Fino al 20 settembre Finocchiaro è sottoposto a tre interventi chirurgici al braccio, che gli è stato amputato. L'uomo è poi entrato in coma ed è morto dopo sette giorni.
I suoi genitori hanno presentato un esposto alla Procura di Catania e il sostituto Assunta Musella ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e l'autopsia, che è stata già eseguita alla presenza dei consulenti di parte degli indagati.
Ultimo aggiornamento ore 10:51
Catania,33enne deceduto dopo incidente
Diciassette medici di due ospedali, il Cannizzaro di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), e un dipendente dell'Anas, sono indagati dalla Procura etnea nell'ambito dell'inchiesta sulla morte per setticemia di Carmelo Finocchiaro, di 33 anni, avvenuta il 27 settembre scorso. Gli avvisi di garanzia, che ipotizzano il reato di omicidio colposo, sono stati emessi come atto dovuto a tutela degli indagati.
Come ricostruisce il quotidiano La Sicilia di Catania, Finocchiaro, originario di Taormina, sposato con due figli, ma da anni residente in Calabria, era rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto tra Spezzano Albanese e Cassano allo Ionio, la notte tra il 25 e il 26 agosto scorsi.
L'auto guidata da Remigio Luca Serra, di 33 anni, era uscita di strada procurando la morte del guidatore e un braccio rotto, alcune costole rotte e una pleurite a Finocchiaro, che è stato ricoverato nell'ospedale di Castrovillari e giudicato guaribile in un mese.
Dopo 13 giorni però le sue condizioni si sono aggravate per una cancrena al braccio destro e per questo, l'8 settembre, è stato trasferito all'ospedale Cannizzaro di Catania che è dotato di camera iperbarica. Fino al 20 settembre Finocchiaro è sottoposto a tre interventi chirurgici al braccio, che gli è stato amputato. L'uomo è poi entrato in coma ed è morto dopo sette giorni.
I suoi genitori hanno presentato un esposto alla Procura di Catania e il sostituto Assunta Musella ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e l'autopsia, che è stata già eseguita alla presenza dei consulenti di parte degli indagati.
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