Uccide moglie e figlio, poi si suicida
L'uomo, 40 anni, era il titolare di un bar pizzeria. A scoprire la tragedia il cognato che era passato a cercarlo
ROMA - Un uomo di circa 40 anni ha ucciso con un oggetto contundente la moglie e il figlio di quattro anni. Poi si è suicidato tagliandosi le vene. La tragedia è avvenuta in un appartamento in località La Sbarra alla periferia di Acquapendente, in provincia di Viterbo. L'uomo era titolare di un bar pizzeria. A scoprire la tragedia è stato un cognato dell'uomo che si è recato a casa per chiamarlo in quanto non si era ancora presentato al bar-pizzeria di cui era titolare insieme al padre e nella quale lavorava anche la moglie. Il congiunto ha chiamato prima al telefono e poi ha suonato a lungo al citofono. Non ricevendo risposta ha sfondato una finestra, è entrato e ha trovato i corpi distesi sul pavimento e insanguinati. L'uomo si è messo ad urlare, tanto che alcuni vicini di casa, spaventati, hanno chiamato il 112. Nell'appartamento sono in corso rilievi da parte dei carabinieri della polizia scientifica. Sul posto sono giunti anche il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, e numerosi amici di famiglia.
GLI AMICI DELLA COPPIA - Non avrebbe avuto alcun problema economico e, apparentemente, era unita la famiglia sterminata questa mattina ad Acquapendente, in provincia di Viterbo. È quanto asseriscono i molti amici di Imo Seri, l'uomo che ha ucciso moglie e figlio e si è poi ammazzato. «Il bar-pizzeria di cui erano titolari - racconta uno di loro - andava bene. Tanto che la mattina, con il passaggio degli alunni delle vicine scuole elementari, il padre di lui li aiutava a servire. In effetti, la coppia, oltre a possedere la casa in cui abitava in una zona residenziale, stava costruendo un'altra villetta. In merito ad eventuali dissidi nella coppia sia gli amici che i vicini di casa affermano di non aver mai avuto sentore di nulla. «A noi - dice una signora che abita a poca distanza - è sempre sembrata una coppia unita. Erano due lavoratori e non li abbiamo mai sentiti litigare». (Fonte Ansa)
10 marzo 2011
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