QUEST'AMERICA di Anna Guaita
Uno schiavo? Costa pochi dollari.
pubblicato il 26-03-2008 alle 01:05
NEW YORK – Ad Haiti costano poco. Basta mercanteggiare, e con cinquanta dollari ci si può portare a casa una schiava tuttofare, una bambina di dodici anni. In Asia costano anche meno: pochi dollari, e ti assicuri uno schiavo a vita. In Europa sono più cari: ci vorrebbero duemila euro, e la “concessione” dura solo un paio di mesi. Queste contrattazioni si ripetono ogni giorno in vari Paesi del mondo. Tante volte hanno uno sfondo sessuale, ma spesso lo schiavo viene comprato perché lavori, che sia a spaccare pietre in una miniera in India o a pulire i salotti dei ricchi di Miami. La cronaca ci ha rivelato che neanche la nostra Italia ne è immune: i carabinieri di Eboli hanno liberato martedì scorso una famiglia tenuta in condizione di schiavitù, in un circo, a Salerno. Ci sono oggi nel mondo più schiavi di quando la schiavitù era legale. Calcoli delle Nazioni Unite e di associazioni per i diritti umani come Amnesty International pongono il loro numero intorno ai 27 milioni. La maggior parte si concentra nel sud-est asiatico, ma ce ne sono a centinaia di migliaia anche in Africa, in Sud America e Centramerica, e a decine di migliaia in Europa, negli Stati Uniti e in Canada: questa mappa illustra la drammaticità della situazione. Sul tema della schiavitù nella società moderna, due settimane fa è stato pubblicato negli Stati Uniti un libro inchiesta che fa accapponare la pelle: A crime so monstrous: Face-to-Face with Modern-Day Slavery, di Benjamin Skinner. L’autore è un giornalista che ha dedicato quattro anni della sua vita a investigare il mercato dello schiavismo contemporaneo. Lo seguiamo, spesso sotto mentite spoglie, da infiltrato, in Romania, in India, in Sudan, ad Haiti, in Europa, negli Emirati Arabi, dovunque ci siano aguzzini che sfruttino altri esseri umani come fossero oggetti senza anima. E’ un viaggio che causa a tratti rabbia, turbamento, commozione, disperazione. Non so quando uscirà in Italia questo libro, ma chi capisce l’inglese può trarre una sua impressione del lavoro di Skinner dalla lettura del primo capitolo che l’editore ha messo a disposizione qui. Un estratto è comparso anche nella rivista Foreign Policy, che ha trasferito in rete qui la registrazione clandestina che Skinner stesso ha fatto a Bucarest durante il “negoziato” per il leasing di una giovane per un paio di mesi. Skinner ha una teoria, che trovo importante diffondere, se non altro perché si apra una discussione: a suo giudizio è un errore pensare che la schiavitù sia sempre collegata alla prostituzione e che combattendo la prostituzione si abolirà la schiavitù. Spiega come negli Stati Uniti si sia verificato un confluire di interessi fra il movimento femminista e quello degli evangelici conservatori, e come tale anomala alleanza abbia spinto l’Amministrazione Bush a combattere soprattutto la schiavitù a sfondo sessuale. Skinner riconosce il sincero impegno di Bush in questa lotta, e soprattutto dello zar antischiavitù, John Miller. Ma dopo aver conosciuto schiavi in tutto il mondo, dopo «essere stato personalmente testimone della vendita di esseri umani in quattro continenti», sente di poter dire: «Per quanto sradicare la prostituzione sia una giusta causa, le politiche occidentali basate sull’idea che tutta la prostituzione sia schiavitù, e che tutta la schiavitù sia prostituzione sminuiscono la sofferenza di tutte le vittime». Ci sono angoli del mondo dove intere famiglie sono ridotte in schiavitù per debiti, ma non per sesso. Certo, i loro “padroni” hanno un altro nome per queste pratiche. Le definiscono “servitù per debiti”, “lavoro vincolato”, oppure “apprendistato vincolato” (quando a essere assoggettati sono dei bambini). Chiamatela come volete, ma questa è schiavitù. Immagino che tutti siano d’accordo con la definizione che ne dà Skinner: «Uno schiavo è un essere umano che venga costretto a lavorare attraverso la frode o attraverso la minaccia di violenza, e che non riceva in cambio alcun compenso al di là del mero sostentamento». Duecento anni fa la Gran Bretagna rese illegale il traffico degli schiavi attraverso l’Atlantico. Era il primo passo nella lotta dell’Occidente contro lo schiavismo. Ieri, alle Nazioni Unite sono cominciati festeggiamenti e commemorazioni “per non dimenticare”. Ma oggi nel nostro mondo civilizzato e globalizzato ci sono più schiavi di due secoli fa, e costano molto meno. (da ilmessaggero.it)
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