domenica 26 aprile 2009

CONDANNA PER IL MEDICO LEGALE

Cuneo:violenza sessuale, condannato in Appello medico legale

Nel settembre del 2007 era stato condannato con rito abbreviato a 3 anni e sei mesi di reclusione, a febbraio di quest’anno è arrivata la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Torino: il medico legale A.T., che all’epoca dei fatti avvenuti nel novembre del 2004, era in servizio presso l’Asl 15 di Cuneo, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione (con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche) per violenza sessuale. I fatti narrano di una donna che soffriva di lombalgia e che per questo motivo non poteva recarsi al lavoro. Il datore della donna aveva chiesto che venisse sottoposta a visita fiscale e per tre volte A.T. si recò da lei per certificare la malattia. Il 10 novembre del 2004 nel corso della quarta visita fiscale l’uomo disse alla donna che doveva visitarla per poter redigere il certificato; la fece stendere sul divano del soggiorno, le slacciò il reggiseno, le fece togliere i pantaloni ed abbassare le mutande e dopo averle massaggiato la schiena, le si gettò addosso obbligandola a subire atti sessuali. La vittima si ribellò e, nonostante il dolore alla schiena, riuscì ad allontanare l’aggressore che cadde a terra e venne poi cacciato dall’appartamento.

Subito dopo questo sconcertante episodio la donna chiamò la sorella ed il proprio medico che la invitò a recarsi subito all’ospedale per sottoporsi alle necessarie visite mediche, dalle quali emerse che, come ha sempre sostenuto la vittima, non ci fu violenza carnale, ma si erano comunque verificate delle escoriazioni dovute ai palpeggiamenti dell’uomo. Nel corso dell’udienza preliminare il GUP ha valutato tutte le prove presentate dalla parti, fra cui quelle del legale del medico, l’avvocato D’Ascola del Foro di Reggio Calabria, il quale sosteneva che A.T. non avrebbe potuto, a causa delle altre visite che doveva svolgere quel giorno, trattenersi a casa della donna un tempo necessario alla commissione del reato. Sia in primo grado che in Appello i Giudici hanno invece accolto le tesi dell’accusa che mettevano in luce le contraddizioni nel racconto dell’imputato e che dimostravano come l’uomo avesse avuto tutto il tempo necessario a commettere l’abuso. Anche la parte civile, rappresentata in udienza dall’avvocato Sommacal del Foro di Cuneo, ha sottolineato le incongruenze nella versione dei fatti fornita dall’imputato circa la cronologia degli avvenimenti di quel giorno, ponendo in luce il fatto che fosse da leggere in chiave ritorsiva la relazione medica che il professionista scrisse alcuni giorni dopo il fatto, chiedendo una revisione della patente di guida della donna per via del suo stato depressivo. A poco è valso anche il tentativo della difesa di dimostrare, con un perito chiamato appositamente, che il divano in casa della vittima non fosse idoneo alla consumazione di un atto sessuale.

Come purtroppo spesso accade in questi processi, la vittima rischia di passare per imputata ed è importante in questo senso quanto ribadito dalla Corte d’Appello all’inizio della propria sentenza di condanna, laddove afferma che le dichiarazioni della parte offesa, nel processo per violenza sessuale, non possono essere sminuite rispetto a quelle rese dall’imputato; un teste è infatti tenuto a dire la verità mentre all’imputato è riconosciuto il diritto di mentire. L’uomo, che nel frattempo si è trasferito da Cuneo e non è più in servizio all’Asl 15, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione più il risarcimento di 10.000 euro alla vittima oltre alle spese processuali e di costituzione di parte civile.


Camilla Pallavicino (da targatocn.it 25 aprile 2009)

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