lunedì 26 novembre 2012


ZAPPATA

 

NOTE DEL PROF. GIUSTO GIUSTI

CTP PER ZAPPATA MIGUEL

 

Ho partecipato alle operazioni peritali condotte dalla dott.ssa Arioni sulla persona di Zappata Miguel, detenuto presso il carcere di Rebibbia.

Ho letto la relazione del perito d’ufficio dott.ssa Arioni, e condivido quanto il Perito ha scritto relativamente alla documentazione in atti e alla oggettività rilevata. Su quest’ultimo punto, tuttavia, e non è semplice questione semantica, la descrizione, peraltro assolutamente veridica, si appiattisce e non fa comprendere lo stato psico- fisico del detenuto. Lo Zappata è persona che ha perduto ogni slancio vitale, risponde solo se interrogato, a bassa voce e impiegando il minimo possibile delle parole, non ti guarda in faccia, sta sempre con gli occhi bassi, cammina a passi piccoli e lenti, ti descrive le sue miserabili giornate come fossero giorni normali, non ha amici, non va all’aria, non legge nulla, sta sempre in branda, ed è forse l’unico italiano che non guarda la TV. Non ha alcuna prospettiva né un qualche progetto. Ha manifestato pensieri di morte e idee di suicidio. E in otto mesi ha perduto circa 26 kg di peso.

Risulta obiettivamente, da analisi ripetutamente eseguite sui capelli, che lo Zappata ha consumato per molto tempo quantità rilevanti di cocaina; dichiara di avere consumato anche cannabis e alcolici.

La diagnosi che il Perito d’ufficio pone è quella di disturbo dell’adattamento con umore depresso, secondo i canoni del DSM IV, “per ora di entità non particolarmente grave, ma da seguire clinicamente”. Senza dubbio alcuno possono esistere casi di disturbo dell’adattamento più gravi di quello di cui ci stiamo occupando, ma di certo a me pare sufficientemente grave da richiedere cure più efficaci di quelle che sta praticando. Anche ammettendo che la diagnosi indicata, nella sua genericità, sia giusta (e in effetti lo Zappata presenta un disturbo- che viene riferito alla carcerazione- e presenta evidentissimi segni di depressione importante), occorre fare riferimento alla terapia ed alla prognosi.

La terapia attualmente consiste in un antidepressivo e tranquillanti; il carcere non è strutturalmente in grado di fornire un supporto psicologico per chi ne abbia bisogno, anche se esiste un servizio psichiatrico. Di fatto, lo Zappata non ha avuto alcun miglioramento, e, se è lecito fare una prognosi, non potrà averlo nelle presenti condizioni. Afferma il Perito che le condizioni neuropsichiche dello Zappata non risultano al momento di gravità tale da ritenerle incompatibili con il regime carcerario, e dice anche che “la detenzione svolge un ruolo causale nella suddetta patologia, che è da considerarsi reattiva e pertanto non facilita la risoluzione della patologia lamentata”. Secondo logica, questa affermazione, che la detenzione svolge un ruolo causale nella suddetta patologia, significa soltanto che essa patologia è incompatibile con il regime carcerario, perché questo l’ha prodotta e la mantiene, e le terapie che vengono praticate non sono utili.

Non si può dimenticare che lo Zappata è un assuntore cronico di cocaina, e il carcere non può fare nulla per offrire ai tossicodipendenti una prospettiva diversa. Non posso dimenticare di essere medico per il solo fatto di essere un consulente di parte. Credo di essere certo che lo Zappata, se per qualsiasi ragione uscisse ora dal carcere, correrebbe a riempirsi le narici di cocaina. Ma questo non deve accadere, perché lo Zappata è ancora giovane e può essere recuperato ad una vita attiva in assenza di cocaina. La sua alternativa non può e non deve essere fra la disperazione del carcere e l’effimera euforia della droga.

Per queste ragioni, e sulla base di considerazioni di ordine medico, chiedo che il detenuto venga trasferito in una comunità terapeutica chiusa, in cui sia curato, controllato, rieducato e da cui non possa uscire, perché al momento questo sembra essere l’unico modo per tenerlo lontano dalla droga. E perché tenerlo in carcere significa un immediato ritorno alla cocaina, non appena ne abbia la disponibilità.

Roma, 14 luglio 2008

1                       o

Prof. dr Giusto Giusti

Ordinario di Medicina legale

Università di Roma "Tor Vergata"

 

sabato 17 novembre 2012

ELOGIO DELLA STUPIDITA'

Clandestino rifiuta di lasciare l'ospedale:costa 900 euro al giorno

VENEZIA (29 marzo) - Un tunisino clandestino, ricoverato da mesi all'ospedale di Mestre (Venezia), rifiuta di lasciare il posto letto costando alla collettività 900 euro al giorno. L'uomo lo scorso novembre era finito sotto un treno, perdendo entrambe le gambe, durante una fuga dai carabinieri che stavano tentando di prenderlo, essendo accusato di avere accoltellato la convivente. Il tunisino, in seguito all'incidente è stato ricoverato all'ospedale, ma una volta finite le cure, ha rifiutato di lasciare il posto letto vani sono risultati tutti i tentativi per farlo dimettere. Inutile anche il decreto di espulsione emesso dalla Questura. Il Governo tunisino informato, non ha mai risposto alle sollecitazioni del Ministero degli Esteri italiano. Così l'uomo, pregiudicato e più volte arrestato, rimane a carico della Asl veneziana che gli garantisce vitto e alloggio per 900 euro al giorno.Antonio Padoan, direttore generale dell'azienda sanitaria veneziana, commentando la vicenda dice che «sempre più stranieri clandestini utilizzano i servizi sanitari degli ospedali in sostituzione dell'assistenza sanitaria, facendosi curare anche i denti». Oltre al tunisino l'ospedale veneziano paga mille euro al giorno per curare un ucraino clandestino emofiliaco. (da repubblica.it 29 marzo)

Madre denuncia figlio, strage sventata

Blaec Lammers, 20 anni, voleva ripetere la stessa carneficina del 20 luglio, in Colorado. Il massacro sarebbe avvenuto in un cinema nel Missouri, dove si proiettava l'ultimo episodio di «Twilight». Armi e munizioni trovate in casa

Madre denuncia figlio, strage sventata
Blaec Lammers, 20 anni, voleva ripetere la stessa carneficina del 20 luglio, in Colorado. Il massacro sarebbe avvenuto in un cinema nel Missouri, dove si proiettava l'ultimo episodio di «Twilight». Armi e munizioni trovate in casa
NEW YORK - Era pronto a compiere una nuova strage in un cinema, come quella del 20 luglio scorso ad Aurora, Colorado, quando James Holmes uccise 12 persone e ne ferì 58 alla prima del film «Batman». Il ventenne Blaec Lammers aveva invece scelto come teatro del massacro un cinema di Bolivar, in Missouri, dove si proiettava l'ultimo episodio della saga di Twilight.
DENUNCIATO DALLA MADRE - A fermare il folle piano è stata la madre del ragazzo, insospettita dal fatto che il figlio - che da tempo soffriva di disturbi mentali - aveva smesso da alcuni giorni di prendere alcuni psicofarmaci. La donna ha poi scoperto che il ragazzo aveva nascosto in casa armi e munizioni acquistate nelle settimane precedenti, e si è quindi decisa ad avvertire la polizia chiamando il 911, il numero di emergenza negli Stati Uniti.
LA CONFESSIONE - Lo stesso giovane, una volta fermato, ha confessato il suo piano criminale. Un piano terribile, secondo cui il ragazzo avrebbe compiuto una vera e propria carneficina nel cinema, recandosi poi in un vicino centro commerciale per sparare all'impazzata tra la folla. La sua intenzione - come ha raccontato ancora agli agenti - era poi quella di suicidarsi una volta arrivato davanti al più vicino posto di polizia.
PRECEDENTE ARRESTO - Il giovane era già stato arrestato nel 2009 dopo aver annunciato che avrebbe pugnalato uno alla volta tutti i dipendenti di un supermercato della catena Wal-Mart. E malgrado tutto ciò ha ottenuto del tutto legalmente le armi con cui progettata la carneficina.

Australia, bimba di 7 anni divorata
da un coccodrillo mentre nuotava

La piccola era in un laghetto con la famiglia. Un ranger ha ucciso un rettile: nella pancia trovati resti umani

Australia, bimba di 7 anni divorata
da un coccodrillo mentre nuotava
La piccola era in un laghetto con la famiglia. Un ranger ha ucciso un rettile: nella pancia trovati resti umani
Una bambina australiana di sette anni sarebbe stata divorata da un coccodrillo. La piccola è stata trascinata sott'acqua dal rettile, lungo 2,5 metri, mentre stava nuotando con tutta la famiglia in un laghetto. La tragedia è avvenuta a Gumarrirngbang, 350 chilometri a est da Darwin, nel Territorio del Nord dell'Australia. Successivamente un ranger ha ucciso un coccodrillo nell'area e all'interno dell'animale sono stati trovati resti umani, forse appunto della piccola.