mercoledì 30 maggio 2012

curiosità


SVISTE «ELETTORALI»

Candidato copia programma da Genova
e propone il porto a Paternò (senza mare)

Il web si scatena con una ricca gallery di fotomontaggi
e c’è chi proclama la "Repubblica Marinara di Paternò"

CATANIA - Clamorosa svista in un programma elettorale
per le amministrative, a Paternò: un candidato copia da un suo «collega» genovese e propone un porto per la cittadina dove il mare non c'è. Spiagge dorate con ombrelloni, tramonti con le palme, "noci di cocco dell'Etna". Sono le cartoline da Paternò, in provincia di Catania.
«Paternò a mare», i fotomontaggi-burla
Dove c'è il mare, almeno secondo il programma elettorale di un aspirante consigliere comunale. In vista delle amministrative, infatti, l'uomo ha promesso di realizzare un porto in città: ma è stata una promessa a sua insaputa, visto che se n'è accorto solo dopo averla presentata. Il "ragionier x", infatti, ha fatto "copia e incolla" dal programma elettorale di un candidato di Genova che, lui sì, poteva promettere agli elettori mari e monti.
IRONIA IN RETE - Un capoverso, infatti, recita: "Rifacimento dell'area portuale, dell'industria navale e del lungomare". Una svista, fatta da lui stesso o dai suoi collaboratori. Ma, dopo la figuraccia, è iniziato lo sfottò dei suoi compaesani su Facebook: oggi il gruppo "Paternò a mare" - nato dal precedente "Sporchiamo il Comune?" contro l'affissione selvaggia - è formato da oltre 2mila persone. Con un ricca gallery di fotomontaggi: si va da "Via dei Platani beach" dove c'è chi scorrazza sulla moto d'acqua, ai cartelli "Benvenuti a Paternò città del mare", alla gara di off-shore. I goliardi paternesi hanno modificato la cartina geografica della Sicilia creando il "Golfo di Paternò", indetto un concorso pubblico per il "guardiano del faro", segnalato gabbiani sui tetti, perfino proclamato la "Repubblica Marinara di Paternò". Senza dimenticare i prodotti tipici: l'"arancia di mare" di Paternò e, per la barca-simbolo dell'America's Cup, il nuovo nome "Arancia rossa".

SATIRA ANCHE SULL’AEROPORTO - Con un occhio alle cronaca, pubblicizzando crociere lungo le coste del paese, e raccontando perfino gli sbarchi dei migranti. Satira pure sul fantomatico aeroporto da costruire in paese: visto che Paternò è conosciuto per le rane, la compagnia aerea non può che chiamarsi la "Larunghiairlines". Accanto ai messaggi ironici, pure un momento di riflessione: lo fa il sacerdote don Salvatore Alì che scrive in un post: "Se Paternò fosse stato un paese di mare sarebbe stato completamente diverso ma purtroppo la cruda realtà ci dice che è sempre un paese "da chiana". Comunque questa pagina ci aiuta a sognare e sognare fa bene". Eppure, facendo un giro per le strade della cittadina, qualche spunto reale si trova: a Paternò, per esempio, c'è la sede locale dell'Associazione Nazionale Marinai d'Italia.
Fonte Italpress05 maggio 2012 (modifica il 10 maggio 2012)

giovedì 24 maggio 2012

bimbo scomparso 33 anni fa


NEL 1979 ETAN AVEVA SEI ANNI QUANDO SCOMPARVE SENZA LASCIARE PIÙ TRACCE

Trentatrè anni dopo la confessione dell'omicida
«Così ho ucciso il piccolo Etan Patz»

Alle sbarre Pedro Hernandez che racconta: «L'ho adescato offrendogli delle caramelle, poi l'ho ucciso a coltellate»

dal nostro corrispondente  ALESSANDRA FARKAS


NEW YORK – «L’ho adescato offrendogli delle caramelle prima di ucciderlo a coltellate, smembrando il suo cadavere e gettandolo nella spazzatura dentro sacchi neri di plastica». Si conclude così, a 33 anni esatti dalla sua sparizione, il tragico caso di Etan Patz scomparso misteriosamente il 25 maggio 1979 all’età di 6 anni mentre quella mattina si stava recando alla fermata dell’autobus per andare a scuola. La svolta è avvenuta mercoledì sera quando gli agenti della NYPD hanno arrestato un uomo in New Jersey, Pedro Hernandez, che dopo un serrato interrogatorio ha confessato l’orribile crimine. Secondo laNBCl’uomo era noto alla polizia già da allora. Hernandez viveva e lavorava nello stesso quartiere di Lower Manhattan quando Etan sparì.
LA CONFESSIONE - «Ha confessavo la propria colpe
Il piccolo Etan Patz scomparso all'età di sei anni senza lasciare tracceIl piccolo Etan Patz scomparso all'età di sei anni senza lasciare tracce
volezza ai detective della NYPD», recita la dichiarazione del Commissario newyorchese Raymond Kelly. Ma i media americani rimangono scettici. «Questa storia è tutta da verificare», scrive il New York Times. La scomparsa di Etan aveva commosso l’America, tanto da fare del piccolo il più famoso “Bambino scomparso” nella storia della città di New York. Il suo caso inaugurò l’era dell’ansietà tra i genitori americani (fino ad allora era normale lasciare andare i figli a scuola da soli anche in una città come Manhattan) dando vita al movimento dei “Missing Children” la cui effige viene ancora stampata sui cartoni del latte. Proprio il mese scorso l’FBI aveva improvvisamente riaperto le indagini mettendo a soqquadro lo scantinato appartenente al manovale Othniel Miller in un building di Soho limitrofo alla casa di Etan. Le ricerche sono state però poi interrotte senza nulla di fatto scagionando così Miller, inizialmente sospettato.
24 maggio 2012 | 18:35

poveri bimbi!


Belgio, bambina di quattro anni fatta a pezzi
e nascosta nel congelatore: mamma confessa

La donna ne aveva denunciato la scomparsa ma poi ha ammesso di averla strangolata nel sonno

MILANO - È stata ritrovata nel congelatore di casa sua la bambina di 4 anni di cui era stata denunciata la scomparsa lunedì scorso nel sud del Belgio: la mamma, una donna originaria della Repubblica domenicana che viveva da sola con la figlia ed era divorziata dal marito, ha confessato di averla strangolata nel sonno e di averla tagliata a pezzi prima di nasconderla nel congelatore.
RICERCHE INIZIATE LUNEDI' - Il macabro ritrovamento e la successiva confessione della madre hanno brutalmente messo fine alle operazioni di ricerca iniziate lunedì, con l'affissione di migliaia di manifesti raffiguranti la piccola. Il racconto contraddittorio della madre, che aveva denunciato la scomparsa della bambina dando diverse versione sul momento in cui l'aveva persa di vista, aveva subito insospettito gli investigatori, spingendoli a sorvegliare la donna (Fonte: Agi)
23 maggio 2012 (modifica il 24 maggio 2012)

venerdì 18 maggio 2012

risparmiate


Caro prezzi? Ecco il motore di ricerca che ti dice dove conviene comprare

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di Giacomo Perra
ROMA - 6,86 euro per una confezione di mozzarelle da un chilo, 2,60 per una scorta di uova da sei e 3,09 per una bottiglia di olio extra-vergine di oliva da un litro. Benvenuti nel Lazio, paradiso del risparmio, dove fare la spesa conviene più che nelle altre regioni d’Italia. Solo a certe condizioni, però. Una di queste è tenere sempre a portata di mouse Klikkapromo.it, il motore di ricerca che per casalinghe e consumatori in genere si sta rivelando una vera e propria manna.

Il sito si occupa di osservare costantemente l’andamento dei prezzi dei supermercati, indicando di volta in volta, a seconda delle esigenze dell’utente, le offerte più vantaggiose nel punto vendita più vicino a casa. Un servizio di info-commerce, insomma, che consente ai potenziali acquirenti di ricevere tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole. Utilizzarlo è molto semplice: basta cliccare su un apposito riquadro dove, dopo aver inserito indirizzo e il prodotto richiesto, comparirà il nome del market che fa per voi. Archiviate le promozioni porta a porta o i volantini pubblicitari, oggi i conti si fanno su Internet.

Nato un anno e mezzo fa a Milano, il portale -afferma il fondatore, il trentanovenne Luciano Mazzone - «da un paio di mesi ormai lavora nel monitoraggio della grande distribuzione anche negli altri centri più importanti del Paese, da Torino a Bologna, passando per Napoli e Roma». E proprio alla Capitale, secondo i calcoli dell’Osservatorio del sito, spetta la palma di città meno “sperperona” d’Italia. Nei supermercati romani, infatti, il risparmio medio raggiunge la percentuale del 35 per cento e, considerando i prezzi minimi in promozione, arriva addirittura a un massimo di 54. Davvero niente male, soprattutto in tempi di crisi, quando arrivare a fine mese diventa un rompicapo e di necessità bisogna per forza saper fare virtù. «D’altronde - spiega Mazzone - il costo del carrello della spesa, stando agli ultimi dati Istat di aprile, ha fatto registrare un aumento di circa il 4 per cento».

Con Klikkapromo, invece, se si sta attenti, si può fare acquisti di qualità e conservare il portafoglio (quasi) intatto. Nella media nazionale, a fronte di una spesa settimanale di 90 euro, è possibile racimolare un risparmio di circa 30 euro. Basta saper cercare e l’occasione può essere colta appena girato l’angolo. A Roma, come nelle altre grandi città, di fatto il sito effettua l’osservazione dei migliori marchi della grande distribuzione: Auchan, Billa, Carrefour, Carrefour Market, Conad, Ipercoop, Leclerc, Panorama, Sigma, Sigma Superstore, Simply Market e You. Così il cittadino più avveduto non ha che l’imbarazzo della scelta e gli può capitare di acquistare una confezione di yogurt da un chilo a 2,78 euro, risparmiando in media il 46 per cento. Oppure ancora, può avere la fortuna di portarsi a casa un trancio di prosciutto crudo da un chilo al prezzo di 18,66 euro, tenendo nella tasca dei pantaloni ben 6 euro e 80. Tutto grazie a un po’ di attenzione e a un semplice click. Miracoli del web.
Mercoledì 16 Maggio 2012 - 20:43    Ultimo aggiornamento: 23:44

il costo dei malati


«I malati terminali ci costano cari:
fino a quando potremo curarli?»

Il direttore generale dell'Usl 9 Dario: «200mila euro l'anno
per ogni paziente "condannato", sproporzionati ai benefici»

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Claudio Dario, direttore generale dell'Usl 9 di Treviso
di Mauro Favaro
TREVISO - «Con questa crisi tra pochi anni sarà difficile giustificare all'esterno, soprattutto a quelle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, che si possono spendere anche oltre 200 mila euro all'anno per pagare le cure di un solo paziente che magari ha davanti a sepoche settimane di vita».

È questo l'allarme choc lanciato ieri dal direttore generaledell'Usl 9, Claudio Dario, dal convegno "Il governo della spesa del farmaco" organizzato all'ospedale Cà Foncello.L'argomento è delicatissimo. Cosa è possibile fare? «La vita umana viene prima di tutto» ha ribadito il direttore dell'Usl 9, ma è anche imperativo categorico tagliare da subito la spesa per l'acquisto di medicinali e dispositivi. Magari convincendo anche le aziende farmaceutiche a riconsiderare i prezzi dei farmaci per i malati terminali: «Sproporzionati al beneficio che possono dare a chi purtroppo a pochi mesi di vita».

Nell'azienda sanitaria trevigiana la spesa complessiva è pari a circa 142 milioni di euro all'anno (48 milioni spesa farmaceutica convenzionata, 52 quella ospedaliera e 41 per i dispositivi), fetta dei 1,4 miliardi annui su base regionale. Qualche passo l'Usl 9 l'ha già fatto. Alla fine del 2010 ha potenziato il servizio "Erogazione diretta da sportello" a cui oggi si rivolgono almeno 60 pazienti al giorno per un risparmio di 32 mila euro al mese. L'introduzione rapida dei farmaci a brevetto scaduto, poi, i cosiddetti"generici", ha portato un risparmio di circa 90 mila euro al mese.

A tutto ciò si aggiunge l'avvio di uno studio ad hoc per «l'appropriatezza d'impiego dei dispositivi medici» che dal 2010 al 2011 ha fatto scendere gli ordinati del 3,3 per cento e, di pari passo, i ricoveri (dai 50.383 del 2010 ai 46.967 del 2011). Infine, c'è lo sviluppo del laboratorio di galenica, per «farsi i farmaci in casa», che produce mille medicinali personalizzati consentendo di ottimizzare le necessità per un'economia di 500 mila euro sul prezzo di mercato e addirittura un'entrata di 50 mila euro all'anno derivante dalla produzione per altre Usl.

Il conto totale del risparmio arriva così a circa 2 milioni all'anno. Senza contare l'introduzione della figura del «farmacista di reparto», da sviluppare, che farebbe balzare il totale a quasi 3 milioni. «Il risultato è stato quello ridurre del 10,5 per cento la spesa pro capite tra il 2010 e il 2011, pari a circa 120 euro per cittadino - tira le somme Dario - e ci sono ancora dei margini di miglioramento nella spesa per farmaci a brevetto scaduto così come in quella farmaceutica ospedaliera». Avanti così, insomma.
Mercoledì 16 Maggio 2012 - 11:08    Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Maggio - 10:21

martedì 15 maggio 2012

Africa


Guinea Equatoriale, punito ginecologo che difendeva i diritti umani

GIUSTIZIA|
Nuovo caso di malasanità: ginecologo responsabile della morte di una donna durante un intervento condannato a tre anni di carcere. Immagino il titolo sparato a tutta pagina sulla stampa, controllata dal governo, della Guinea Equatoriale. Non pare sia andata esattamente così. La storia di Wenceslao Mansogo Alo merita di essere raccontata nel dettaglio.
Il 1° febbraio, in una clinica privata di Bata, una donna muore durante un intervento eseguito da un’equipe guidata da Mansogo Alo, medico chirurgo specializzato in ginecologia I familiari accusano Mansogo Alo di aver mutilato il corpo della defunta. Il 9 febbraio, il dottore viene arrestato e accusato di negligenza professionale e profanazione di cadavere. Quest’ultima imputazione cade quando vengono resi noti i risultati dell’autopsia ordinata dal ministro della Sanità: nessuna mutilazione.
Resta in piedi quella di negligenza professionale: il rapporto della commissione medica ministeriale afferma, infatti, che la paziente è morta d’infarto a causa dell’errata somministrazione dell’anestetico.
Il processo inizia il 4 aprile e prosegue con una seconda udienza il giorno dopo: né il primo giorno né il secondo l’accusa riesce a presentare alcuna prova sulla presunta negligenza professionale di Mansogo Alo; addirittura, due testimoni della pubblica accusa affermano, sotto giuramento, che Mansogo Alo, in quanto chirurgo, non è responsabile della somministrazione dell’anestetico; precisano poi che il metodo e la dose di anestetico praticati sono stati conformi ai protocolli medici previsti per l’operazione e la paziente.
Passa un mese (quando la legge prevede che il verdetto dev’essere comunicato entro tre giorni dalla fine del dibattimento) e, il 7 maggio, arriva la sentenza: tre anni di carcere, chiusura della clinica, risarcimento di 10.000 dollari alla famiglia della vittima e di 3000 euro allo stato. L’anestesista viene a sua volta condannata a sei mesi di carcere e a un risarcimento di 1500 dollari.
Prendendo a pretesto un fatto doloroso e terribile quanto casuale, il governo della Guinea Equatoriale si è liberato di una persona scomoda.
Wenceslao Mansogo Alo, difensore dei diritti umani e consigliere comunale a Bata, è infatti il responsabile del settore diritti umani del partito di opposizioneConvergenza per la democrazia sociale (Cpds).
La Cpds è l’unico partito di opposizione realmente indipendente del paese africano. Il settore diretto da Mansogo Alo svolge una costante azione dimonitoraggio e di denuncia sulle violazioni dei diritti umani. I suoi attivisti finiscono regolarmente in galera e subiscono intimidazioni e minacce.
Quello che abbiamo raccontato non è il primo processo politico a essere celebrato in Guinea Equatoriale, paese devastato da corruzione e povertà la cui Costituzione riconosce al presidente della Repubblica Teodoro Obiang Nguema Mbasogo il ruolo di “primo magistrato della nazione”. I giudici sono nominati dal presidente e possono essere rimossi dall’incarico a suo piacimento, specialmente quando occorre la certezza di una sentenza nei casi politicamente importanti. Alcuni ex giudici hanno raccontato di essere stati convocati dal presidente per ricevere istruzioni su come comportarsi. In altri casi, le autorità politiche hanno semplicemente ignorato sentenze a loro sfavorevoli.
Le organizzazioni internazionali per i diritti umani e il Cpds chiedono lascarcerazione di Wenceslao Mansogo Alo, ennesimo prigioniero di coscienza condannato al termine di un processo politico in Guinea Equatoriale.

nuove schiave


OPERAZIONE DEI CARABINIERI DEL NUCLEO OPERATIVO DELLA COMPAGNIA DI TIVOLI

Marchiate a fuoco e rivendute,
l'odissea di decine di giovani schiave

Arrestate 11 persone, tra cui 3 donne: promettevano un lavoro in Italia a connazionali romene e poi le minacciavano di morte costringendole a prostituirsi

ROMA - Attirate con la promessa di un lavoro, una volta in Italia venivano private dei documenti, intimidite con minacce di morte e poi rivendute a connazionali o messe in palio come premi nei giochi d'azzardo. Per una ragazza i segni rimarranno indelebili: tre anni fa è stata marchiata a fuoco con l'iniziale del nome del suo sfruttatore.
I FERMI - I carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Tivoli hanno fermato 3 donne e 8 uomini, tutti romeni, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione sulle strade della Capitale, riduzione in schiavitù e alla tratta. Gli sfruttatori esercitavano sulle giovani schiave poteri corrispondenti al diritto di proprietà, approfittando di una situazione di inferiorità psichica, dell'estrema povertà delle famiglie d'origine e privandole della libertà personale, sottoponendole a un grave e insuperabile stato di soggezione psicologica e di vera e propria coercizione fisica.
Redazione Roma Online15 maggio 2012 | 9:26

lunedì 14 maggio 2012

se non mangi, muori


Detenuto muore per sciopero della fame
la procura di Lecce apre un'inchiesta

Bulgaro di 38 anni, si è sempre professato innocente: per questo aveva iniziato la protesta a fine marzo. Trasferito dal carcere di Lecce in ospedale, è morto. Sequestrate le cartelle cliniche. Il medico: ha rifiutato anche le flebo

Era stato rinchiuso in carcere per reati contro il patrimonio ma lui si era sempre dichiarato innocente e 50 giorni fa, per protesta, aveva cominciato lo sciopero della fame: è morto a 38 anni nell'ospedale Vito Fazzi di Lecce, dopo che le sue condizioni di salute erano peggiorate a causa della ferrea decisione di non toccare cibo. Ora la procura ha aperto un'inchiesta ed un medico legale è stato incaricato di accertare le cause della morte.

Popo Virgil Cristria, di 38 anni, di Bucarest, era giunto, da Benevento, nel carcere di Lecce alla fine dello scorso anno perché doveva scontare pene definitive che gli erano state inflitte per reati contro il patrimonio e la persona. Alla fine di marzo aveva deciso di iniziare lo sciopero della fame perché voleva richiamare l'attenzione delle autorità sulla sua situazione. L'uomo non ha più toccato cibo, chiedendo la sospensione della pena, che non gli è stata concessa. Le sue condizioni di salute sono via via peggiorate fino alla morte. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore Carmen Ruggiero, ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria che si trova in carcere.

"Ha preso l'ago della flebo che gli era stata somministrata per tentare di dargli un po' di forze e se lo è strappato dal braccio": è l'ultimo episodio, che risale a qualche giorno fa, avvenuto nel carcere di Lecce che ricorda Sandro Rima, dirigente sanitario della casa circondariale del capoluogo salentino  parlando di Pop Virgil Cristria. 
"Rifiutava il cibo in maniera categorica, voleva parlare con il magistrato - racconta il medico - 'Il magistrato, diceva, mi deve ascoltare e lui mi deve liberare', questa era la frase che ripeteva sempre".

"Ogni giorno - aggiunge Rima - veniva visitato da un medico, da uno psicologo e da uno psichiatra. Abbiamo tentato tutti di dissuaderlo, ma inutilmente. E l'ultima volta si è anche sfilato l'ago della flebo. Era intenzionato a continuare nella sua protesta fino in fondo". Il 38enne era nel carcere di Lecce da circa un anno per reati contro il patrimonio e la persona: una cinquantina di giorni fa aveva deciso di non toccare più il cibo perché voleva essere liberato: "sono innocente", continuava a ripetere. Qualche giorno fa i medici del carcere hanno rilevato la necessità di un trasferimento del detenuto in ospedale, dove poi è morto.
(14 maggio 2012)


mercoledì 9 maggio 2012

violenza carnale


LA SENTENZA A LIVERPOOL

Choc in Gran Bretagna: 9 uomini condannati per lo stupro di oltre 600 ragazzine

Le vittime prelevate nelle case di accoglienza da una rete di stupratori, drogate e violentate. Due sono morte

Le foto di otto dei nove uomini condannati per lo stupro di 631 ragazzine (Afp)Le foto di otto dei nove uomini condannati per lo stupro di 631 ragazzine (Afp)
MILANO - Centinaia di ragazzine, 631 per l'esattezza, sono state sistematicamente violentate in Inghilterra nel corso degli ultimi cinque anni da una rete organizzata di uomini che le prelevava dalle case di accoglienza per minori. Lo scrive oggi il Times che svela una dimensione molto più grave delle violenze sessuali perpetrate dal gruppo di nove uomini di origine pakistane che martedì sono stati giudicati colpevoli da una corte di Liverpool. Le case di accoglienza per minori, che danno ospitalità a 1800 ragazze, hanno registrato - scrive il Times - 631 casi di adolescenti tra i 12 e i 16 anni "usate" per fare sesso, di cui 187 solo negli ultimi dieci mesi.
UN DRAMMA CHE SI POTEVA EVITARE - Una notizia che ha sconvolto l'Inghilterra. E non solo. Secondo il Times, due di queste ragazzine provenienti dai centri di Manchester e Rochdale sarebbero morte a seguito degli abusi sessuali. Le ragazzine venivano prelevate dai centri, drogate o ubriacate e poi trasportate in giro in appartamenti, locali, pub e taxi di Greater Manchester, Lancashire e West Yorkshire (nord dell'Inghilterra). Una delle vittime ha raccontato che «gli uomini si passavano le ragazze come una palla». Secondo l'accusa, a volte le ragazzine sarebbero state costrette a fare sesso con più uomini in uno stesso giorno. In un caso, una ragazzina di 15 anni è stata costretta a stare in un solo giorno con 60 uomini di origini asiatiche. Le vittime venivano adescate con la scusa di portarle fuori per una pizza o un kebab. Questo dramma avrebbe potuto essere «limitato» e fermato anni fa, se fosse stato dato seguito a una prima denuncia nel 2008 di un responsabile dei servizi di assistenza sociale che aveva parlato di «prove evidenti di sfruttamento sessuale organizzato nelle case di accoglienza per ragazze minori».
LE TESTIMONI NON CREDUTE - Nello stesso periodo la testimonianza di una ragazzina 15enne, che aveva denunciato di essere stata violentata da decine di uomini era stata considerata poco attendibile dalla polizia. Per il processo presso il tribunale di Liverpool la polizia ha interrogato 56 uomini e ne ha arrestati 26. I nove uomini giudicati colpevoli - Adil Khan, Mohammed Amin, Abdul Rauf, Mohammed Sajid, Abdul Aziz, Abdul Qayyum, Hamid Safi e Kabeer Hassanieri - hanno tra i 22 e i 59 anni, otto sono britannici di origine pakistana, un altro è un richiedente asilo afghano. Alcuni di loro si sono difesi dicendo che nel loro paese «è legale fare sesso con ragazzine minorenni». La polizia di Manchester, la procura e i servizi sociali di Rochdale hanno presentato le loro scuse ieri per tutti gli errori che hanno «portato dei bambini a finire nelle mani dei violentatori».
M.Ser.9 maggio 2012 | 13:19