lunedì 28 settembre 2009

MINORENNI ERGASTOLANI NEGLI USA

I centonove minorenni ergastolani:
ecco i ragazzi che sconvolgono gli Usa
Solo in Florida sono 77. A novembre la Corte suprema potrebbe decidere che le condanne violano la Costituzione

WASHINGTON - In America ci sono 109 detenuti condannati all’ergastolo per reati commessi in minore età, ma non per omicidi (quelli sono circa 2.500) bensì per rapine a mano armata, stupri, ecc. Detenuti che non usciranno vivi dai penitenziari in cui entrarono dai 13 ai 17 anni, ragazzi, addirittura bambini, a meno che la Corte suprema americana, che a novembre ne esaminerà il caso, non decida che la loro condanna viola la Costituzione. Lo riferisce il Los Angeles Times, precisando che i 109 sono stati scoperti da uno studioso della Florida, Paolo Annino, al termine di una lunga inchiesta.

77 IN FLORIDA - L’esistenza degli ergastolani minorenni era nota alle associazione dei diritti umani come Amnesty international, secondo cui l’America è l’unico paese al mondo che infligge questa pena per reati diversi dall’omicidio. Grazie a loro inoltre negli ultimi anni alcuni stati come la California hanno vietato l’ergastolo per i minori. Ma l’esito della inchiesta di Annino ha destato scandalo: nessuno sapeva che questi ergastolani fossero 109, di cui ben 77 in Florida, un triste primato. Il Los Angeles Times ha citato i casi di Joe Sullivan e di Terrance Graham, entrambi in Florida. Nell’89, quando aveva 13 anni, Sullivan rapinò e stuprò con alcuni compagni una donna, e ricevette l’ergastolo (successivamente i suoi compagni furono scarcerati). E nel 2005, quando ne aveva 16, Graham commise due rapine a mano armata, inducendo il giudice a definirlo «incorreggibile». Invano i loro legali presentarono ricorso: la Florida era scossa da un’ondata di violenza giovanile, che era costata la vita anche ad alcuni turisti europei, e la Corte d’appello decretò che le condanne erano giustificate.

NESSUNA PREVISIONE - Bryan Gowdy, il legale di Sullivan, ora trentatreenne, sostiene che con vent’anni di penitenziario il suo cliente ha saldato il conto con la giustizia, e che l’America deve abolire l’ergastolo «per i minorenni che non hanno ucciso nessuno». Ma sulla sentenza della Corte suprema americana non si fanno previsioni: il suo presidente John Roberts e altri 4 giudici (in tutto sono 9) sono conservatori. Gowdy punta sulla capacità di persuasione della giudice appena nominata da Obama, Sonia Sotomayor, una liberal. Dopo la condanna a morte, contro cui alcuni stati hanno adottato una moratoria, l’ergastolo ai minorenni che non si sono macchiati di omicidio diventa un problema di fondo per l’America. La Costituzione vieta pene «insolite e crudeli», e questa potrebbe esserlo.

Ennio Caretto
28 settembre 2009 (da corriere.it)

sabato 26 settembre 2009

CARCERE INUMANO

Qualcuno di voi può pensare che talvolta esagero con le questioni concernenti la cd. compatibilità carceraria. Leggi quel che è accaduto a questo vecchietto di 89 anni.
CARCERI: GARANTE LAZIO, MUORE DETENUTO 89ENNE
(AGI) - Roma, 26 set. - E' morto a 89 anni in una clinica di Roma - dove era ricoverato per gravissimi motivi di salute che avevano indotto i giudici a concedere il differimento della pena - nella vana attesa dell'autorizzazione a scontare il resto della pena in Canada, dove risiede la sua famiglia.
Protagonista della storia - segnalata dal Garante dei detenuti della Regione Lazio Angiolo Marroni - un cittadino canadese di origine italiana, Antonino Patafi, morto il 19 settembre. Nato in Calabria nel 1921, emigrato negli anni '50 in Canada in cerca di fortuna, l'uomo era stato arrestato nel 1997 per un duplice omicidio, commesso in eta' avanzata in Calabria, legato a questioni patrimoniali. Patafi e' stato detenuto a Rebibbia e Regina Coeli per scontare una pena a 24 anni di reclusione che sarebbe scaduta nel 2016. Senza parenti in Italia (il figlio Francesco ha sempre vissuto in Canada), dal 2008 Patafi aveva presentato domanda per scontare la pena in Canada. Vista l'eta' avanzata, a Regina Coeli Antonino aveva una cella con il campanello; negli anni aveva socializzato con i detenuti e con il personale che garantivano anche un controllo sulla sua salute. A febbraio il Tribunale ha disposto il differimento della pena per gravi motivi di salute. Fuori dal carcere Patafi si e' trovato senza sistemazione, ne' cure mediche. Con una carta d'identita' italiana scaduta nel 1957, per i servizi territoriali era, infatti, inesistente. Per questo il Garante si e' adoperato per assicurargli un documento d'identita' necessario ad iscriverlo al Servizio Sanitario Regionale. A giugno, dopo vari ricoveri tra Caritas, ospedali, centri di accoglienza e strutture onlus, Patafi entrava in una clinica privata a spese della famiglia. Dal punto di vista giudiziario dopo il nulla osta, lo scorso aprile, del Canada al suo trasferimento, il Ministero della Giustizia - sollecitato da Garante, Ambasciata canadese e avvocato - a giugno dava il suo parere favorevole. Per far tornare Antonino in Canada mancava solo il nulla osta del Tribunale di Reggio Calabria. L'udienza e' stata fissata il 1 ottobre. Troppo tardi per Antonino, morto il 19 settembre. "Aveva 89 anni e, nelle condizioni di salute in cui si trovava, non credo potesse piu' nuocere alla societa', eppure a quest'uomo e' stata negata la possibilita' di morire col conforto dei familiari - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni. - Questo ufficio,l'ambasciata canadese, i volontari hanno fatto di tutto per consentirgli di vivere dignitosamente questi mesi di attesa. Autorizzarlo a tornare, peraltro in carcere, sarebbe stato un gesto di umana pieta' che, purtroppo, le lungaggini burocratiche hanno impedito di compiere. Un finale ancor piu' beffardo se si considera che, contro il sovraffollamento, si invoca il trasferimento dei detenuti stranieri nei loro Paesi di origine.
Qui c'era un uomo che lo aveva chiesto, non solo bastati mesi per accontentarlo".

martedì 22 settembre 2009

COME MUORE UN BAMBINO

Strage sulle strade / Ventinove bambini morti e ottantadue feriti in sei mesi sulle strade italiane

Immagine della Giornata Mondiale Vittime della Strada
Sono stati 85 gli incidenti che hanno coinvolto bambini in Italia nei primi sei mesi del 2009, con 29 vittime (da zero a 13 anni) e 82 feriti. Il maggior numero di incidenti, 56, è avvenuto nell’area urbana (66%). All’Emilia-Romagna il primato negativo, con otto bimbi che hann perso la vita (il 27,6% del totale) in 19 incidenti (22,3%); 17 i feriti(20,7%).
I dati sono stati elaborati dall’Asaps, l’ Associazione sostenitori della Polstrada, sulla base delle notizie di stampa e di quelle raccolte dai propri 600 referenti sul territorio nazionale. Degli 85 incidenti, oltre a quelli nell’area urbana,13 sono avvenuti su statali e provinciali (15%), undici sulla rete autostradale (13%); per cinque episodi non è stato possibile risalire alla tipologia della strada teatro del sinistro. Delle 29 vittime mortali, 19 erano trasportate (39 feriti), in diversi casi senza che fossero rispettate le norme sull’uso del seggiolino o le cinture di sicurezza; due i bimbi che hanno perso la vita travolti mentre erano in bicicletta (sette i feriti); otto i bimbi investiti mentre erano a piedi (36 i feriti).
La fascia d’età che paga il prezzo più alto è quella che va da 0 a 5 anni, con 16 morti e 29 feriti; segue la fascia 6-10
anni, con sette morti e 29 feriti; infine la fascia 11-13 anni, con sei morti e 14 feriti. In alcuni casi non è stato possibile accertare l’esatta età delle piccole vittime. In otto episodi il conducente investitore è risultato in stato di ebbrezza per alcol o droga; dieci gli eventi in cui i bimbi sono stati vittime di pirati della strada.
In Emilia-Romagna ben sette degli otto bambini deceduti nei 19 incidenti sono rimasti vittime di incidenti in autostrada, mentre erano trasportati. Segue la Lombardia con 11 incidenti, il Lazio con nove, la Sicilia con otto, la Liguria e la Toscana con sette.
Il presidente dell’Asaps, Giordano Biserni, ha lanciato ”un appello alla saggezza degli adulti in quanto un bambino sulla strada non è mai colpevole”. Sarebbe poi utile – ha aggiunto – ”un abbattimento dell’Iva sui costi dei seggiolini per bambini per venire incontro alle famiglie, visti i costi che hanno raggiunto i mezzi di trattenuta per i nostri piccoli”. (da blitz quotidiano, 22.9.09)

domenica 20 settembre 2009

LO STUPIDO!

Arrestato uno psicologo: aveva
somministrato droghe ai pazienti
BERLINO
Un medico è stato arrestato a Berlino in connessione con la morte di due suoi pazienti ai quali erano state somministrate droghe nell’ambito di una terapia psicologica di gruppo. Una delle dodici persone che partecipavano alla terapia ha telefonato ai servizi medici di emergenza mentre parte del gruppo stava perdendo conoscenza nello studio del medico, alla periferia della capitale tedesca.

Un uomo di 59 anni è morto sul posto, mentre un altro paziente di 28 anni è deceduto in ospedale, dove era arrivato in coma. Un terzo uomo è ancora in coma e le sue condizioni sono ritenute critiche, mentre gli altri nove sono stati dimessi, ha reso noto la polizia. A quanto riferisce la procura, il medico, 50 anni, è stato interrogato e ha ammesso di aver somministrato ai pazienti «varie sostanze e psicodroghe» per «ampliare la loro coscienza». Al momento non vi sono indicazioni che il medico volesse deliberatamente uccidere i pazienti e la polizia non è ancora in grado di chiarire quale droghe siano state usate.

Il professionista, si legge sulla targa all’ingresso del suo studio-abitazione, offre terapie ’psicolitichè. Secondo indiscrezioni non confermate, riportate oggi dai giornali, ai pazienti era stato offerto un cocktail di eroina, anfetamina ed ecstasy. Alzuni pazienti erano ancora coscienti, ma in stato confusionale, quando sono intervenuti i servizi medici e si sono opposti con tutte le forze al ricovero, tanto che è dovuta intervenire la polizia per riportare la calma. (da lastampa.it)

sabato 19 settembre 2009

COME MUORE UN BAMBINO

Vicenza: due bambini morti in due diversi episodi
19 Settembre 2009 19:15 CRONACHE

VICENZA - Due bambini di pochi mesi sono morti a Vicenza a poca distanza l'uno dall'altro in due diversi episodi. Il primo si e' verificato ieri sera intorno a mezzanotte in un campo nomadi di Sandrigo. Una bambina di tre mesi e' morta per un rigurgito di latte. Questa mattina all'ospedale di Thiene il secondo decesso. Un bimbo di dieci mesi, figlio di immigrati senegalesi residenti a Lugo di Vicenza, e' morto per arresto cardiocircolatorio in seguito ad asma bronchiale. In entrambi i casi la procura ha disposto l'autopsia. (RCD)

lunedì 14 settembre 2009

COME MUORE UN BAMBINO

Bari: bimbo morto di stenti, non percosse
14 Settembre 2009 15:10 CRONACHE

GRAVINA IN PUGLIA (Bari) - Il neonato di quattro mesi deceduto il 12 settembre scorso a Garvina in Puglia e' morto per disidratazione e malnutrizione, dopo essere stato colpito da vomito e diarrea. Lo ha accertato l'autopsia che ha escluso i maltrattamenti. Il bimbo, che da giorni era affetto da questa patologia, non era stato portato dal pediatra. La madre, che vive in stato di estrema indigenza, ha un altro bimbo di sei anni. Della vicenda si occupa il tribunale dei minori di Bari. (RCD)

giovedì 10 settembre 2009

COME MUORE UN BAMBINO

Caltanissetta: morto 12enne colpito da fulmine
10 Settembre 2009 19:32 CRONACHE

CALTANISSETTA - E' morto il bimbo di 12 anni colpito da un fulmine in provincia di Caltanissetta. Si trovava insieme a due adulti quando l'intero gruppo e' stato sorpreso dalla pioggia. L'elicottero del 118 sta tentando di atterrare per recuperare il cadavere. (RCD)

martedì 8 settembre 2009

SCIOPERO DELLA FAME IN CARCERE

PAVIA, L'UOMO SI PROCLAMAVA INNOCENTE. SULL'ACCADUTO AVVIATA UN'INCHIESTA
Detenuto fa sciopero della fame e muore
Estrema protesta di un tunisino di 42 anni: ha smesso di nutrirsi dopo una condanna per violenza sessuale

MILANO - È morto dopo un lungo sciopero della fame, iniziato oltre un mese fa, un detenuto tunisino di 42 anni, che era rinchiuso nel carcere di Torre del Gallo a Pavia. L'uomo è deceduto due giorni fa al policlinico San Matteo, dove era stato ricoverato per l'aggravarsi delle sue condizioni.

PROTESTA ESTREMA - Il tunisino aveva deciso di intraprendere lo sciopero della fame dopo che aveva saputo di una nuova condanna emessa contro di lui per un'accusa di violenza sessuale. Una sentenza che il nordafricano ha contestato, sino a decidere di interrompere l'assunzione di cibo e bevande. Sono stati inutili i tentativi del responsabile del carcere di convincerlo a mangiare. Sulla vicenda sono ora in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria.


08 settembre 2009 (da corriere.it)

lunedì 7 settembre 2009

DANNO DA DEPRESSIONE

Cassazione, 'ritocchi' sbagliati? Sì ai danni da depressione
Roma, 4 set. (Adnkronos Salute) - Ritocchi sbagliati? La Cassazione apre alla possibilità di ottenere i danni da depressione. Scrivono infatti gli 'ermellini' che non si può non tenere in considerazione "la presenza di un turbamento grave" dovuto alle "cicatrici deturpanti" conseguenza di un intervento di ritocco riuscito male. Applicando questo principio, la terza sezione civile (sentenza 18805) ha accolto il ricorso di una indossatrice lombarda, Selvaggia B., che all'età di 20 anni aveva deciso di rivolgersi a un chirurgo plastico per un intervento di ingrandimento del seno, per la liposuzione delle cosce e per una rinoplastica. Il primo degli interventi però, come ricostruisce la sentenza, aveva dato risultati negativi e così la ragazza si era ritrovata con "cicatrici deturpanti" che non era stato possibile eliminare nonostante due successivi interventi chirurgici riparatori.Va annotato che la Corte d'appello di Milano, nel 2003, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto all'indossatrice un risarcimento danni pari a circa 230 milioni di vecchie lire, le aveva riconosciuto altri 15 mila euro in risarcimento dei danni patrimoniali e 5.800 euro come rimborso dei costi dell'intervento chirurgico riparatore. La condanna era stata inflitta sia al chirurgo estetico che alla clinica San Carlo di Paderno Dugnano dove era avvenuto l'intervento. Un risarcimento che, a detta della ragazza, non teneva conto dei danni "non fisici", vale a dire dei danni alla vita di relazione, inclusi "i gravi turbamenti della sfera affettiva e sessuale". Da qui il ricorso in Cassazione di Selvaggia B. che lamentava che i giudici dei due precedenti gradi di giudizio le avevano attribuito un'unica somma come risarcimento dei danni fisici dovuti alle lesioni subite, alla malattia, agli interventi operatori, alla protesi ad un seno e un'infezione sviluppatasi nell'altro.Piazza Cavour ha accolto le lamentele dell'indossatrice e, bacchettando i giudici d'appello, ha sottolineato che "la presenza di cicatrici deturpanti non può considerarsi non funzionale allorché vengano in considerazione l'estetica e la sfera sessuale della persona". Selvaggia, infatti, dopo i ritocchi sbagliati era caduta in uno stato di depressione e per la Suprema Corte "il fatto stesso che si debba ricorrere ad una psicoterapia manifesta la presenza di un turbamento grave" che un giudice, nel caso di una causa di risarcimento danni, non può ignorare. Ecco perché i supremi giudici, rinviando la causa alla Corte d'appello di Milano, hanno evidenziato che "la Corte d'appello non ha verificato se l'unica somma da attribuire in risarcimento fosse adeguata alla reale consistenza dei danni non patrimoniali in considerazione della loro attinenza all'integrità fisica, alla sfera relazionale, psichica, sessuale, emotiva".

INCOMPATIBILITA' CARCERARIA

INCOMPATIBILITA’ CARCERARIA
Il concetto di “incompatibilità carceraria”, inteso come impossibilità di far sussistere insieme la patologia di un soggetto con la sua condizione di detenuto, senza che vi siano conseguenze dannose per la sua salute, è stato elaborato dagli studiosi del diritto proprio a garanzia del principio di cui all’art.32 Cost. Nel carcere il rapporto salute-sicurezza s’inverte, ovvero, l’esigenza della difesa sociale, realizzata con la pena inflitta, deve cedere il posto alla prioritaria assicurazione della salute individuale del detenuto ;quindi la pena detentiva, deve rispettare il senso di umanità invocato con l’art 27 della costituzione. Si deduce così, come lo stato della salute del detenuto, incida sulla possibilità del differimento della pena. Oltre alla detta condizione sanitaria del soggetto detenuto, affinché si realizzi la condizione d’incompatibilità, è necessaria anche la presenza di strutture sanitarie penitenziarie inidonee, incapaci di fronteggiare la situazione clinica del soggetto. Da quanto detto sì deduce, che in realtà sussiste una condizione di relativizzazione del concetto d’incompatibilità, che quindi è dipendente sia dalla condizione clinica osservata, che dalla capacità della struttura penitenziaria a garantire cure idonee. Il Giudice, quindi, deve verificare non solo l’entità della patologia e le conseguenze che da essa possono derivarne, ma anche se tale malattia sia curabile nella struttura sanitaria dell’Istituto di reclusione o in altro luogo esterno di cura. Inoltre, è bene ricordare, che per la Cassazione 7.7.1994, n.2080, le condizioni di guaribilità o di reversibilità della malattia, non sono elementi considerabili , infatti in tale sentenza si legge:"La guaribilità o reversibilità della malattia non sono requisiti richiesti dalla normativa vigente in tema di differimento dell'esecuzione della pena, per la cui concessione è sufficiente che l'infermità sia di tale rilevanza da far apparire l'espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità."
La sospensione della pena detentiva è prevista dagli artt 147 e 146 del c.p. L’art 147 prevede il differimento facoltativo della pena detentiva:
“1) se è presentata domanda di grazia, in tal caso l’esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore a sei mesi, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata;
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni, ma il provvedimento sarà revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio”.
A questo punto è bene sottolineare, che la Corte costituzionale nella sentenza 114/79 ha chiarito il concetto di grave infermità fisica, espresso dall’ art. suddetto, intendendolo come condizione fisica "non suscettibile di guarigione mediante le cure o l'assistenza medica disponibili nel luogo di esecuzione”. L’art.147 trova le sue fondamenta nella sentenza di Cassazione penale del 4.2.1997, n.6283, Calzolaio,che afferma:”La ragione ispiratrice dell'art.147 è quella di evitare al condannato trattamenti inumani e la sua sottomissione ad una pena di fatto più grave di quella irrogatagli, in quanto espiata in uno stato di menomazione fisica di tale rilevanza da implicare necessariamente, oltre alla preoccupazione legata ad un eventuale giudizio di inadeguatezza dell'assistenza sanitaria, istituzionalmente garantita, anche il profondo disagio morale prodotto dal particolare tipo di vita imposto dal carcere a chi, non solo non può più approfittare dell'opportunità offertagli per la sua rieducazione, ma vede amplificarsi senza rimedio gli aspetti negativi: a tali criteri il giudice deve riferirsi ai fini della decisione".
L’art.146 c.p. prevede il differimento obbligatorio della pena detentiva:
1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta, in tal caso è prevista la revoca del differimento se la gravidanza s’ interrompe;
2) se deve aver luogo nei confronti di madre d’ infante di età inferiore ad anni uno, ma qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio, il differimento della pena viene revocato;
3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
V.4.a. Affinché si configuri la “incompatibilità carceraria”, la giurisprudenza della Corte di Cassazione richiede il requisito della “grave infermità fisica” senza, peraltro, preoccuparsi di prevedere una incompatibilità derivante da infermità psichica o mentale nè di dare una interpretazione univoca del concetto in esame. In alcuni casi, la Corte ha dato una definizione molto ampia ed estensiva di “grave infermità fisica”. Tale orientamento emerge da una lunga serie di sentenze:
 Cass. pen., sez.VI, 27 settembre 1986 (c.c. 6 agosto 1986, n. 1361), Celentano:”Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale consentito ai sensi dell'articolo 147, primo comma n.2 codice penale, per chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, deve ritenersi grave non esclusivamente quello stato patologico del condannato che determina il pericolo di morte, ma pure ogni altro stato di infermità fisica che cagioni il pericolo di altre rilevanti conseguenze dannose o, quantomeno, esiga un trattamento che non si possa attuare in ambiente carcerario e che necessariamente abbia probabilità di regressione nel senso del recupero, totale o parziale, dello stato di salute".
 Cass. pen., sez. I, 14 marzo 1987 (c.c. 15 dicembre 1986, n. 304), Messina:" Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale ex articolo 147, con decreto pen., non è sufficiente che l'infermità fisica menomi in maniera anche rilevante la salute del soggetto e sia suscettibile di generico miglioramento mediante il ritorno alla libertà, ma è necessario invece, che l'infermità sia di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma costituzionale. Neanche la prognosi infausta quoad vitam crea, automaticamente, un contrasto fra l'esecuzione della pena ed il senso di umanità né rende di per sé operativa la disposizione dell'articolo 147 n. 2 codice penale, ma occorre che la malattia sia, allo stato, di tale gravità da escludere, ad un tempo, la pericolosità del condannato e la sua capacità di avvertire l'effetto rieducativo del trattamento penitenziario."
 Cassazione penale 26.10.87, Nuvoletta :"L'esecuzione della pena dovrà essere differita quando la struttura penitenziaria, tenuto anche conto della possibilità del ricovero esterno, non si riveli in grado di provvedere alla cura ed all'assistenza sanitaria adeguate all'obiettiva gravità del caso, sì che appaia fondata la previsione che si fatte carenze abbiano a determinare effetti dannosi sullo stato del condannato. Se così non fosse l'esecuzione della pena verrebbe illegittimamente ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente a tutti riconosciuto (art.32 Cost.) e si risolverebbe in un trattamento contrario al senso di umanità cui la stessa deve ispirarsi."
 Cass. sez. I, 17 novembre 1989, Mondino, n. 2607 :" L'articolo 147, primo comma, n. 2, codice penale, non prevede il differimento dell'esecuzione della pena in presenza di una qualunque infermità ma richiede l'esistenza di una grave infermità e se è vero che la gravità va valutata non in assoluto ma in relazione al bisogno di cure e alla loro praticabilità nello stato di detenzione, è altresì vero che ciò che giustifica il differimento è l'impossibilità di praticare utilmente le cure nel corso dell'esecuzione e non la semplice possibilità di praticarle meglio fuori dall’ambiente carcerario”.
 Cass. pen. Sez. I, 17 gennaio 1991, Cosentino, n. 4228.
" Ai fini del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena e nell'ipotesi di esecuzione di pena restrittiva della libertà personale nei confronti di chi si trova in condizione di grave infermità fisica, non assume rilevanza il carattere cronico ovvero inguaribile della malattia, atteso che il requisito della guaribilità o della reversibilità dell'infermità non è previsto dalla citata disposizione. È, invece, necessario che il giudice valuti se l'infermità fisica del soggetto abbia o meno la possibilità di trarre giovamento, nello stato di libertà, di cure e trattamento sostanzialmente diversi e più efficaci di quelli che possono essere prestati nelle apposite istituzioni e strutture sanitarie penitenziarie. La mera osservazione di compatibilità dell'infermità con il regime penitenziario non soddisfa, pertanto, l'obbligo di motivazione sulla sussistenza o meno del diritto al differimento dell'esecuzione della pena, mancando in tal caso l'esame e la valutazione dell'eventuale incidenza dell'infermità adotta, in caso di permanenza del regime carcerario , sulla salute del detenuto”.
 Cass. Sez. I, 25 gennaio 1991, Racca,n. 4363:" Per la concessione del differimento della pena restrittiva della libertà personale che deve essere eseguito contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, occorre la sussistenza di una malattia grave, tale cioè da porre in pericolo la vita del condannato o provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa agevolmente attuare nello stato di detenzione. Il giudizio sulla gravità ha carattere relativo giacchè si fonda sul rapporto tra condizione individuale del soggetto e condizione dell'ambiente carcerario e, pertanto, l'accertata infermità costituirà causa possibile di differimento non solo perchè grave nel senso sopra indicato, ma soprattutto in quanto potenzialmente aggravata dalla condizione carceraria. Non può, invece, assumere rilevanza il carattere cronico ed inguaribile della malattia dato che il requisito della guaribilità o della reversibilità della infermità non è richiesto dalla norma”.
 Cass. pen., sez.I, 3 marzo 1992, n. 358 (c.c. 27 gennaio 1992), Viola. " In tema di sospensione dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica la durata della pena da espiare è ininfluente ai fini della valutazione dei presupposti della sospensione. Quest'ultima invero si pone in rapporto alla necessità di evitare che l'esecuzione della pena si risolva in un inutile aggravio di sofferenza per il condannato, venendo in tal modo ad incidere su due principi di rilievo costituzionale, vale a dire il divieto dei trattamenti inumani e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; principi che vanno, però, comparati con quello della certezza dell'esecuzione della pena”.
 Cass.pen., sez. I, 6 luglio 1992, n.2819, Piromalli." La potestà punitiva dello stato, che l'esecuzione della pena attua con la costrizione del condannato, ha un limite costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo (articolo 32 Costituzione), che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare allorquando la pena, per le condizioni di grave infermità fisica del soggetto finisca per costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione. Nella motivazione del potere di rinvio di esecuzione della pena, il giudice di merito deve dare ragione delle sue scelte, bilanciando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (articolo 3 Costit.) con quelli della tutela della salute (articolo 32 Costit.) e del senso di umanità (articolo 27 Costit.) che deve caratterizzare l'esecuzione della pena, per modo che in sede di legittimità se ne possa valutare la correttezza e la completezza.
 Sentenza del 24.5.1995, n.4727 stabilisce: "è necessario che ci si trovi in presenza di prognosi infausta quoad vitam oppure che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti indispensabili tali da non poter essere praticati in regime di detenzione intramuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art.11 dell'ordinamento penitenziario"
 Cass. Sez. I, 17 maggio 1997,n. 3046." Ai fini del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, nel caso previsto dall'articolo 147, 1ºc. n. 2, codice penale deve farsi riferimento soltanto alla oggettiva gravità dell'infermità fisica, la quale sia tale da dar luogo, cumulata alla ordinaria afflittività della restrizione della libertà, ad un trattamento contrario al senso di umanità e ad una sostanziale elusione del diritto individuale, costituzionalmente garantito, alla tutela della salute da parte dell’ordinamento”.
V.4.b. Un detenuto affetto da AIDS o le sue diverse manifestazioni cliniche: AIDS conclamato, Sindrome correlata all’AIDS (ARC), Linfoadenopatia persistente (LAS), determina numerose problematiche all’Amministrazione penitenziaria. Il paziente-detenuto deve eseguire periodicamente, controlli e accertamenti, con lo scopo di monitorizzare la patologia e di identificare precocemente eventuali infezioni opportunistiche, inoltre deve essere sottoposto a terapia antiretrovirale, con l’utilizzo di farmaci estremamente tossici che obbligano i detenuti a subire accertamenti diagnostici frequenti per poter monitorizzare l’effetto tossico subìto dall’organismo da dette somministrazioni. L’utilizzo dei farmaci antiretrovirali è limitato esclusivamente ai reparti di malattie infettive ospedaliere e universitarie o altri centri, dediti al trattamento dell’HIV, escludendo così la possibilità di trattare il detenuto malato nelle strutture di detenzione. Purtuttavia è obbligo dell’Amministrazione carceraria, tentare di garantire al detenuto le stesse possibilità terapeutiche del soggetto non detenuto, per cui i sanitari che lavorano nei penitenziari tentano comunque un approccio terapeutico.
E’ bene sottolineare, che in base n.135 del 05-06-1990, l’effettuazione del test dell’HIV deve essere rivolto solo ai soggetti consenzienti, per cui la maggior parte dei detenuti si oppongono allo screening infettivologico. Dalla situazione appena detta, emerge l’impossibilità di monitorizzare la situazione carceraria, sotto il profilo infettivo; tuttavia dei dati statistici ottenuti nel corso dell’anno 2002 (tabella sotto)ci possono approssimativamente far vedere la situazione infettivologica dell’ HIV, nelle carceri italiane.

DETENUTI SOTTOPOSTI AL TEST DELL’ HIV

giovedì 3 settembre 2009

DAT

Qui c'è il testamento biologico approvato dal Senato il 26.3.2009, che ora deve passare all'esame della Camera dei Deputati.
http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=87875&idCat=99

mercoledì 2 settembre 2009

NIHIL SUB SOLE NOVI

NIHIL SUB SOLE NOVI
# .Nel corso del 2007, ho raccolto nel mio blog “Zibaldone medico- legale” (http://giustogiusti.blogspot.com) 276 post di interesse medico- legale. Beninteso non posso avere la pretesa di avere completato la raccolta, neppure nei settori più importanti, come per esempio l’omicidio, perché numerosi dati possono essermi sfuggiti, o io stesso posso averli considerati di scarso interesse generale. In una ricerca di qualche anno fa, eseguita a tappeto in internet e sui quotidiani, le notizie non riportate circa l’omicidio erano il 6%, come si è dedotto dopo l’arrivo dei dati ufficiali dell’ ISTAT. E’ altrettanto evidente che l’importanza delle notizie raccolte dipende dalla mia valutazione, e dunque manca un criterio oggettivo che la giustifichi. Tuttavia, posso riconoscere, del tutto soggettivamente, che il filo che ha guidato le mie scelte è rappresentato dal desiderio di verificare se nella società italiana del 2007 vi siano tendenze che modificano le tendenze precedenti, in modo sia qualitativo sia quantitativo. Di questo possiamo parlare.
# E’ in primo luogo molto chiaro che l’interesse per la medicina legale è assai aumentato, e che i media attribuiscono alla mia disciplina dei poteri che, chi la pratica, non si sogna di attribuirle. Esistono alcuni problemi irrisolti in medicina legale, per esempio la determinazione dell’ora della morte, nonostante gli sforzi che ciascuno di noi (quorum ego) vi ha dedicato. Esistono vaste zone territoriali in cui manca un minimo supporto logistico e tecnico: tra i miei, anche recenti, ricordi vi è l’autopsia praticata nella bara o sul cancello del cimitero, in mancanza del tavolo settorio in alcuni cimiteri, mentre ricordo che fra le dozzine di cimiteri frequentati soltanto uno era “a norma” con le prescrizioni del Regolamento di Polizia mortuaria. Operare in condizioni difficili porta ad errori, anche gravi. Esistono ancora serie difficoltà, negli ospedali, a praticare esami radiografici del cadavere, per non parlare della cosiddetta “autopsia virtuale” (TAC o RMN del cadavere). Nell’esercizio della medicina legale vi è tuttavia un errore di sistema, che attiene al valore da attribuirsi al parere del medico legale, e questo, a sua volta, si collega con la preparazione tecnica- che deve in primo luogo essere medica- di numerosi periti che tali non sono.
# Tale interesse si estende alle scienze forensi, che in internet e nei reportages giornalistici appaiono come arti magiche capaci di risolvere i problemi più astrusi. Le tecniche del DNA sono entrate nel patrimonio dell’indagine forense, e sono abitualmente impiegate, anche da chi non ne mastica. Esempi molto recenti mostrano che le tecniche del DNA debbono sempre accompagnarsi all’indagine sul campo da parte della Polizia, altrimenti non se ne esce.
# Tra i fatti più significativi che si rincorrono nel blog, ricordo gli omicidi in famiglia, apparentemente aumentati di numero, talvolta con plurime vittime, specie bambini. Appaiono in diminuzione gli omicidi della criminalità organizzata, cosicchè mi sembra probabile che il numero totale degli omicidi si attesti sui valori dell’anno scorso 2006 (poco più di 600, cioè una cifra molto bassa). Anche il numero degli incidenti stradali mortali e degli infortuni mortali sul lavoro non pare in aumento, tuttavia è opportuno attendere i dati dell’ISTAT prima di trarre conclusioni. La cd. “malasanità” non dovrebbe essere oggetto di valutazione prima della conclusione dell’iter processuale, perché molti processi si concludono con l’assoluzione degli imputati.
# Una novità è rappresentata dalla comparsa, sul mercato italiano, di oggetti e giocattoli pericolosi, provenienti dalla Cina. Se ne sta occupando a fondo la Procura di Torino.
# Mi preoccupano le azione etero- ed auto lesive dei malati di mente, e temo che tali azioni dipendano, almeno in parte, da mancanza o inappropriatezza delle cure psichiatriche. Vorrei ricordare ai colleghi psichiatri la parabola del Buon Pastore, che andava in cerca della pecorella smarrita: con ciò, intendo la necessità che i servizi psichiatrici vadano in cerca dei loro malati, senza aspettare che si facciano vivi da sé, perché questo atteggiamento può portare a seri problemi. Intendo affrontare questo tema in maniera approfondita in altra sede.
# Suscitano il mio orrore i casi di neonati abbandonati, o gettati via, o uccisi. Ricordo che la madre, che partorisca in ospedale, ha il diritto di non essere nominata, e cioè di non riconoscere il bambino, rendendolo così adottabile in tempi brevi, e soprattutto lasciandogli la vita.
# Donne e bambini continuano ad essere le vittime più frequenti di delitti contro la persona.
#L’uso di alcool e stupefacenti è relativamente diffuso nella popolazione, l’eroina ha ceduto il passo alla cocaina, ed è tornato l’hashish ad alta concentrazione di THC. La Polizia ed i Carabinieri hanno imparato che queste sostanze sono pericolose, specie se assunte da un conducente di autovettura, e almeno l’etilometro comincia a diffondersi, ma non è ancora abbastanza.
# Infine, sono in serio aumento i reati in cui, come popolo, siamo specialisti, e cioè le truffe, contro le ASL, l’ INPS, ecc., alcune davvero ingegnose.
# Con questo, pongo termine a questo breve commento. Se volete postare su qualche punto specifico, andate allo Zibaldone. Usate la funzione “cerca nel blog”, che è supportata da Google, e dunque molto efficiente. Questo commento compare anche nello Zibaldone. Non mi resta altro che augurare a tutti un Felice Anno Nuovo.

martedì 1 settembre 2009

ALCOOL E DELITTI

COMPORTAMENTI CRIMINALI: ALCOOL E DELITTI
di Giusto Giusti






In genere, il termine "alcool correlato" è usato per indicare le conseguenze negative del bere, deducendosi una relazione causale, che tuttavia è di natura molto complessa. Tali possibili conseguenze sono alcune malattie (per esempio, la cirrosi epatica), gli incidenti del traffico, delitti e violenza.
Nonostante le numerose statistiche (vedi più avanti), non vi è la prova reale d'abuso di alcool nei delinquenti rispetto ai cittadini non delinquenti, tanto più che l'abuso di alcool ostacola, e non facilita, la commissione di alcuni tipi di reato, e raramente vi è la prova che l'autore di un reato fosse ubriaco al momento del fatto. La correlazione pare invece sufficientemente chiara per talune forme morbose, ma non è immediata né esclusiva. Pare accertata la protezione di moderate quantità di alcool nei confronti delle malattie cardiovascolari. La ricerca ha tuttavia mostrato che vi è un più alto tasso di lesività negli alcolisti e nelle loro famiglie che nei soggetti non alcolisti e nelle loro famiglie.
L'uso del termine "correlazione" implica la nozione di causalità. In altri termini, l'uso di bevande alcoliche può essere interpretato come la causa di una condotta anomala o criminale.
Il meccanismo della causalità è spesso presunto, ma raramente spiegato o esaminato. Secondo Pernanen (1993), l'impiego del termine "alcool-correlato" comporta l'assegnazione di un ruolo causale all'uso dell'alcool, che non tiene conto delle implicazioni sociali e psicologiche ed interrelazionali.
La trattazione della causalità nell'indagine scientifica presuppone una correlazione statistica ed una sequenza temporale fra due eventi. Le curve di rischio sono state classicamente usate per affermare un rapporto causale fra l'uso o l'abuso di alcool e le conseguenze, ma questo non ci aiuta bella valutazione dei casi singoli, nei quali altri fattori con efficacia causale possono essere ipotizzati od affermati, come per esempio le condizioni della strada o dell'automezzo nel caso di un incidente stradale. Di conseguenza, nell'esame dei singoli casi, ed in particolare nei casi in cui un delitto viene attribuito all'influenza dell'alcool, si dovrebbe valutare se vi sia una correlazione tra i due fenomeni, e se questa sia davvero causale o soltanto statistica.
Pernanen, K. 1993. Causal attributions in the explanation of alcohol-related accidents. Addiction 88:897-906.
CSAP / ICAP Joint Working Group on Terminology
Washington, DC 20036
USO DIPENDENZA ASSOCIAZIONE CON DELITTO AUTOPERCEZIONE DI ABUSO
Non pesante Non dipendente No No
Pesante Dipendente Si Si
TIPI DI REATI COMMESSI DA DETENUTI BEVITORI
BEVUTI AL MOMENTO DEL REATO
REATI Più di 10 bicchieri Almeno 1 bicchiere
Contro la persona 82 108
Contro la proprietà 100 129
Contro amministrazione giustizia 17 22
Collegati all'alcool 39 48
Collegati alla droga 10 15
Contro il buon costume 7 10
Collegati alla guida 56 82
TOTALI 311 414
Lo studio ha mostrato dunque che quasi il 50% dei detenuti ha ammesso di aver bevuto 10 o più bicchieri prima di compiere il reato per il quale erano stati condannati. Rimangono aperte le domande se questo sia uno stato frequente di intossicazione in questi soggetti e che cosa ancora sia accaduto al momento della commissione del reato. E' comunque certo che in molte comunità dell'Australia il problema dell'alcool è molto grave. La facile disponibilità di bevande alcoliche è un fattore che con certezza è legato all'abuso. Altri problemi sono di ordine sociologico e politico. (vedi Cavanagh and Clairmonte's, 1985, Alcoholic Beverages: Dimensions of Corporate Power, Croom Helm, Sydney, e Julia Vernon, Alcohol and Crime,
Canberra, Australian Institute of Criminology, 1990 AIC conference proceedings, no. 1, pp. 15-36 ).


Secondo l' Istituto britannico di studi sull'alcool (http://www.ias.org.uk/factsheets/crime.htm), il legame tra alcool e delitti è particolarmente forte per i crimini violenti.
L'Associazione Medica Britannica ha avvertito il Parlamento che l'alcool è un fattore in gran parte dei delitti contro la persona. Secondo la Polizia, l'alcool è presente in circa la metà di tutti i delitti.
La conclusione comunemente accettata è questa, che l'uso dell'alcool non aumenti l'aggressività in una situazione neutra, ma lo faccia in situazioni di minaccia, provocazione, frustrazione, e che le aggressioni ricollegabili all'uso dell'alcool avvengano piuttosto in pubblico che in privato e che coinvolgano più frequentemente gruppi di maschi.
Per quanto riguarda l' Europa continentale, è molto difficile trovare dati tanto precisi come quelli riportati per le nazioni di lingua inglese. Molte fonti danno per certo che l'eccessivo consumo di bevande alcoliche nell'attuale Russia rappresenti la causa più importante delle difficoltà economiche di quel Paese, anche se il paragone con le nazioni del Nord Europa, dove il consumo di alcool è altrettanto elevato, tenderebbe ad escludere questo nesso causale. Per la Russia è comunque riportato un grande aumento dei casi di morte per incidenti, suicidi ed omicidi legati all'abuso di alcool (Ginter E, Recent trends in health status of the male population in postcommunist Europe, Cent Eur J Public Health 1997 Dec;5(4):174-6).
Per l' Europa continentale le correlazioni più precise sono stabilite tra il consumo di bevande alcoliche e le patologie correlate, piuttosto che con un fenomeno socialmente rilevante come il delitto. Pare possibile che questa relativa mancanza di dati sia in rapporto con difficoltà sia di ordine organizzativo sia di ordine giuridico, dato che il prelievo di sangue per l'esame alcolimetrico è subordinato al consenso della persona.
In Italia gli alcolisti sono circa un milione e mezzo. Si possono stimare circa 30.000 decessi annui legati all'abuso di alcool, di cui 15.000 per cirrosi epatica, 3.500 per cirrosi dell'esofago, 3.000 per incidenti stradali ed 8.500 per altre cause alcool-correlate (Eurispes, Rapporto Italia 2000, Scheda 28 "In fondo al bicchiere").
Molti anni fa, colpito dalla mancanza di dati in relazione al rapporto fra abuso di alcool e delitto, decisi di effettuare un'indagine sulle sentenze del Tribunale di Udine, per verificare se l'ipotesi dell'abuso di alcool in correlazione con i delitti fosse stata presa in considerazione, e quale ne fosse eventualmente l'incidenza (Giusti e Piani, 1984): concludemmo affermando un preciso rapporto fra intossicazione acuta da alcool e reati-bagattella, per lo più insulti ed oltraggi a Vigili Urbani. La violenza, se e quando c'era, era quasi esclusivamente verbale, non aggressiva ma piuttosto difensiva. Quanto ai delitti più gravi, non fu possibile, per la scarsa numerosità del campione, affermare un rapporto causale: vero è peraltro che alcuni omicidi erano certamente in rapporto con le conseguenze neuro-psichiche dell'abuso cronico di bevande alcoliche.


Wednesday 8 November 2006 12:57