giovedì 23 dicembre 2010

tabacco e cancro ai polmoni

Assaggiatore tabacco morto cancro
Un mln euro dai Monopoli alla famiglia
I Monopoli di Stato dovranno risarcire con un milione di euro la famiglia di Glauco Mancini, assaggiatore professionale di tabacco e stroncato da un tumore. Mancini, assunto dall'amministrazione nel 1954, era morto per cancro ai polmoni a metà del 2002 dopo essere andato in pensione nel '97. La famiglia assistita dagli avvocati Reboa e Trivelli ha così ottenuto dal giudice del Tribunale di Roma, Flavio Braschi, il maxi-risarcimento.

martedì 21 dicembre 2010

zibaldone medico legale: le tentazioni del cavaliere

zibaldone medico legale: le tentazioni del cavaliere

le tentazioni del cavaliere

Roma - Ma perché poi «la Pdl», quando la P sta per Popolo, sostantivo maschile? Casini lo dice spesso, «la Pdl», e non solo lui, ma non è un semplice refuso, è proprio un segno del passato che incrosta ancora il logo della creatura berlusconiana. Aria, aria, aria, è tempo di cambiare... Il Cav ci sta rimuginando da tempo, Pdl non funziona mica tanto, sembra la Cdl, la vetusta Casa delle libertà (ma poi era «delle» o «della» libertà? Mah), così vecchia che dentro ci abitavano ancora Fini e Casini e Buttiglione. Puro antiquariato, genere che Berlusconi ama, ma non in versione politica.

Urge profondo restyling, lo ha spiegato a pranzo ai deputati Pdl, sollecitando idee e suggestioni per il nome nuovo del «Pdl meno Fini». «Forza Italia», ecco, sarebbe il migliore, se solo - occhio e croce - non fosse già stato usato da qualcuno. L’idea geniale di quel nome «non nome» per un partito, una cosa totalmente diversa da ogni sigla partitica mai partorita, già aveva ricevuto plausi da berlusco-scettici tipo Oliviero Toscani, e pure da «Ciccio» Rutelli, nazionalista per caso, in un fuori onda galeotto dell’altro giorno (l’Api-coltore lo proponeva per il Terzo polo, senza neanche scherzare troppo).

E allora «Avanti italia»? Forse, magari, vediamo. Qui ci vuole un’idea brillante, anche per archiviare le questioni legali coi finiani, che hanno messo un vincolo su «Pdl», nome su cui rivendica una quota sociale Gianfranco, cofondatore aspirante coaffondatore armato di legali pronti al ricorso, ultima arma.

Su una cosa siamo pronti a scommettere: il nome nuovo verrà in mente a Berlusconi stesso. Così era stato per Forza Italia, come raccontò Dell’Utri: «Quando ce lo comunicò noi restammo perplessi. C’erano altri nomi. Tanti. Forza Italia ci sembrava troppo calcistico. Ma lui è sempre davanti a tutti». Se non lo fermano scriverà anche l’inno del nuovo partito, e forse lo canterà pure.
E se tornasse a Forza Italia? Non è da escludere. Magari con l’inversione, «Italia, forza». A quel punto la parte ex An dentro il Pdl potrebbe ridare vita ad An, con un nome un po’ diverso, e così Fli diventerebbe, più che il terzo polo, solo un terzo incomodo, con ancora minore visibilità.

Perché con le nuove sigle c’è da stare attenti, soprattutto internet può giocare brutti scherzi a chi gioca alla terza repubblica. Prendete Api, l’invenzione di Rutelli, un creativo che dopo aver attraversato una dozzina di partiti preesistenti (Radicali, Verdi, Democratici, Ulivo, Margherita, Pd) ne ha formato uno nuovo tutto suo. Però non aveva visto Google, dove l’Api già c’è, e più di una. Come primo risultato, digitando quella sigla, esce la compagnia petrolifera. Poi l’Associazione Pizzerie Italiane, poi un sito sul «meraviglioso mondo delle api», poi l’associazione piccole media imprese di Torino, quindi l’Associazione Piscicoltori Italiani, e dopo un po’ spunta anche Rutelli.

E il Fli? Inteso come Futuro e libertà arriva dopo l’Associazione Logopedisti italiani. E scrivendo «il terzo polo» si raggiunge una casa editrice specializzata in viaggi avventurosi (non che quello di Fini, Rutelli e Casini non lo sia...) e una birreria di Milano. E scrivendo «Forza Italia»? Vien fuori il sito del Pdl. Chissà che tra qualche settimana non succeda il contrario...

lunedì 20 dicembre 2010

COMBUSTIBILI DI IIa GENERAZIONE

IN PIEMONTE UN CENTRO AVANZATO PER I COMBUSTIBILI DI SECONDA GENERAZIONE
Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocarburante
È migliore della canna da zucchero brasiliana. Recupero di terreni marginali non utilizzati dall'agricoltura



La canna Arundo donax La semplice canna comune, Arundo donax è il suo nome botanico, quella che cresce lungo i fossi o i margini delle strade, rappresenta il futuro dei biocarburanti, in particolare dell'etanolo che può essere addizionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero ormai è una realtà da oltre 30 anni, ma come fare per tradurre anche nei nostri climi questa possibilità che ci viene offerta dalla natura se la canna da zucchero in Italia non cresce? Impresa non facile, che ha richiesto 120 milioni di euro di investimenti e cinque anni di ricerche per arrivare a trovare la pianta più adatta e mettere a punto il processo di lavorazione ottimale.
M&G - I soldi sono stati investiti dal gruppo M&G (Mossi e Ghisolfi), multinazionale con sede in Italia, leader mondiale nella produzione del Pet (la plastica delle bottiglie), 3 mila dipendenti e 3 miliardi di dollari di giro d’affari. Nel 2004 con l’acquisizione della Chemtex il gruppo italiano ha dato una svolta alla propria strategia, entrando nella chimica «verde» dei biocarburanti. E a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria, utilizzando anche le possibilità offerte dal Parco scientifico tecnologico e dall’onlus EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest, è sorto il laboratorio dove è nato il bioetanolo avanzato di seconda generazione, quello appunto derivato dalla canna comune.

CINQUE CARATTERISTICHE - «Era necessario trovare una pianta che unisse cinque caratteristiche», spiega l’ingegnere Giuseppe Fano, direttore M&G del centro di ricerca di Rivalta Scrivia. «Non fosse alimentare - per uomini o animali - per motivi etici; avesse scarso bisogno di acqua e di concimi; fosse disponibile tutto l’anno; crescesse su terreni marginali poveri e non utilizzati dalle coltivazioni intensive; e fosse autoctona, ampiamente diffusa, disponibile e con un’alta resa. Dopo cinque anni di ricerche e sperimentazioni, l’abbiamo trovata», prosegue Fano. «È la canna comune, che ha tutte le caratteristiche necessarie e inoltre fornisce 40 tonnellate per ettaro di sostanza secca equivalente e, una volta lavorata, consente di ottenere 10 tonnellate per ettaro di bioetanolo, addirittura di più di quanto si ricava dalla canna da zucchero in Brasile».



L'impianto sperimentale di Rivalta Scrivia MOTIVI – L'impegno è trovare prodotti alternativi al petrolio e diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero che ogni anno costano al Paese miliardi di euro e, tramite i biocarburanti (che producono CO2 quasi zero) diminuire le emissioni di gas serra. Ma qual è la sostenibilità economica del progetto? In parole povere: quanto costa un litro di bioetanolo? «Il bioetanolo è competitivo se il prezzo del petrolio non scende sotto i 60-70 dollari al barile». E in questi giorni le quotazioni sono intorno a 88 dollari, mentre un paio d’anni fa sono giunte anche a 140 dollari a barile.
STATI UNITI APRIPISTA - Lo scorso ottobre l’Ente di protezione ambientale statunitense (Epa) ha autorizzato nelle automobili costruite dopo il 2007 l’impiego dell’E15, carburante composto per il 15% da bioetanolo e per l’85% da benzina. Per i veicoli costruiti tra il 2001 e il 2006, è prevista un’altra autorizzazione entro il 2011. Sempre gli Usa hanno stabilito che nel 2022 il 58% dei 136 miliardi di litri di biocarburanti che verranno prodotti nel Paese non potranno derivare da coltivazioni alimentari come il mais. Due gli obiettivi: diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero ed evitare, come avvenuto negli anni 2006-2008, l’aumento eccessivo dei prezzi di prodotti essenziali all’alimentazione umana e animale, come grano, mais e soia. Attualmente negli Usa vengono prodotti 41,6 miliardi di litri di biocarburanti.

CONVENIENZA – «Per essere conveniente, l’etanolo prodotto dalla canna deve però soddisfare altre condizioni: per esempio la cosiddetta filiera corta», spiega ancora l’ingegner Fano. «Stiamo realizzando un impianto pilota a Crescentino, in provincia di Vercelli, da 40 mila tonnellate di bioetanolo che entrerà in funzione nel 2012. Per alimentarlo sono necessarie canne raccolte un’area di 4 mila ettari, che però non devono provenire da una distanza superiore a 30-35 chilometri. Altrimenti le spese di trasporto e il consumo di carburanti diventano eccessivi e il gioco non vale più la candela». Secondo Fano, inoltre, l’impianto ideale dovrebbe avere una taglia di 150-200 tonnellate di bioetanolo, quindi occorrono 15-20 mila ettari coltivati a canna – che si raccoglie tutto l’anno - a una distanza non superiore di 70 km dall’impianto.

ESSENZIALE – Per arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, nel nostro Paese sarà necessario produrre 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo. Quindi, come conferma Fano, bisognerà «coltivare» 150 mila ettari ad Arundo donax e costruire 8-10 impianti per la produzione.

CICLO PRODUTTIVO – Da quando le canne entrano nell’impianto a quando viene prodotto il bioetanolo passano cinque giorni, anche se recenti studi americani basati sul batterio batterio Zymomonas mobilis nella fermentazione dello xilosio, indicano che il ciclo può essere abbassato a un giorno e mezzo. Il trattamento è semplice e senza additivi chimici, che consumano energia. Dopo lo sminuzzamento, la massa vegetale viene «cotta» e fatta fermentare, più o meno come la birra. Se ne ricava un liquido con un certo contenuto di etanolo che, attraverso altri passaggi arriva a un contenuto di alcol etilico fino al 99%. Come sottoprodotto rimane la lignina, che ha un potere calorifico superiore al legno e viene bruciata per alimentare il processo industriale. Ciò che resta sono acque reflue contenenti carbonio dalle quali si può ricavare ancora metano e biogas e chiudere il ciclo industriale «bio» fino in fondo.

Paolo Virtuani

giovedì 16 dicembre 2010

NUOVE PAROLE

STUDIO DELL'UNIVERSITÀ DI CAMBRIDGE
Per imparare nuove parole
è sufficiente ripeterle 160 volte
Bastano 14 minuti di impegno perché il nostro cervello non distingua più i nuovi vocaboli dai vecchi



Rappresentazione grafica di un neurone MILANO - Il detto repetita iuvant vale anche quando si impara una nuova lingua: per imparare una parola sconosciuta basta infatti ripeterla 160 volte. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'università di Cambridge, secondo cui sono sufficienti 14 minuti di impegno perché il cervello non distingua più i nuovi vocaboli dai vecchi.
L'ESPERIMENTO - Nello studio, pubblicato dal Journal of Neuroscience, sono stati esaminati 16 volontari, di cui sono stati registrati i segnali cerebrali mentre ascoltavano parole familiari. Poi è stato fatto ascoltare loro ripetutamente un termine inventato per l'occasione. «All'inizio il cervello doveva fare un duro lavoro per riconoscerlo - spiega Yury Shtyrov, uno degli autori della ricerca -. Dopo 160 ripetizioni, effettuate in 14 minuti, le nuove tracce della memoria erano indistinguibili dalle altre. Questo suggerisce che per praticare una nuova lingua basta ascoltarla». Lo studio può anche essere utile per gli effetti dell'ictus sul linguaggio: «La riabilitazione potrebbe essere più veloce - spiega l'esperto - se ci si concentra sul ricreare il prima possibile le connessioni neurali associate alle parole». (Fonte: Ansa)

martedì 14 dicembre 2010

EVIRA IL FIDANZATO DELLA FIGLIA

GERMANIA
Evira il fidanzato della figlia
per impedire la relazione fra i due
Il padre, 47 anni, non voleva che la ragazza di 17 anni
vedesse l'uomo, di 57. È stato aiutato da due colleghi



MILANO - Prima ha tentato le vie legali chiedendo soccorso alla polizia. Quando poi ha visto che gli agenti non avrebbero potuto aiutarlo, ha deciso di farsi giustizia da solo. Helmut Seifert, cittadino quarantasettenne di Bielefeld, Germania, non riusciva ad accettare che sua figlia, una ragazza di soli 17 anni, avesse una relazione sentimentale con un uomo molto più adulto di lei. Per porre fine a questa storia «molesta», si è presentato nella casa del cinquantasettenne Phillip Genscher e lo ha evirato con un coltello da cucina.
SPEDIZIONE PUNITIVA - Questa cruenta storia risale allo scorso 2 novembre, ma è stata resa pubblica dalle autorità solo nei giorni scorsi. I poliziotti della città che si trova nello stato del Nord Reno-Westfalia hanno raccontato che Seifert sarebbe passato prima in commissariato per presentare il problema. Quando i poliziotti gli hanno fatto capire che non potevano fare nulla perché in questa anomala storia sentimentale non c'era nulla di illegale (la legge tedesca stabilisce che il rapporto non è punibile se questo avviene in modo consenziente e la persona anziana non paga per ottenere servizi sessuali) il quarantasettenne è tornato nella fabbrica dove lavora e ha ideato la spedizione punitiva. Come si legge in un comunicato della polizia, «l'uomo avrebbe reclutato due colleghi di lavoro e poi assieme a loro si sarebbe diretto vero la casa della vittima». Una volta nell'abitazione i tre avrebbero costretto il cinquantasettenne a togliersi i pantaloni. Quindi lo avrebbero legato e poi Seifert avrebbe cacciato dalla tasca il lungo coltello evirando la vittima. Secondo il racconto degli agenti il padre della ragazza «avrebbe portato via con sé i testicoli mozzati».

CONFESSIONE - La vittima avrebbe perso molto sangue, ma fortunatamente i soccorsi sono arrivati prima che fosse troppo tardi. Seifert è stato poco dopo arrestato dalla polizia. Non ha opposto resistenza e si è dichiarato immediatamente colpevole. Agli agenti avrebbe confessato: «Ho ricevuto una telefonata anonima a casa e mi hanno detto che mia figlia ha una relazione con un uomo di 40 anni più vecchio di lei. Sono venuto in commissariato, ma mi avete detto che non potevate impedire questa relazione. Allora l'ho fatto io. L'ho visto come il mio dovere di padre». Seifert non ha voluto confessare chi fossero i suoi due complici. Sarà processato l'anno prossimo per tentato omicidio.

Francesco Tortora
13 dicembre 2010

sabato 11 dicembre 2010

sonnifero mortale

La banda del sonnifero sbaglia farmaco
e uccide turista americano: due arresti
Scoperta organizzazione che circuiva i viaggiatori stranieri e offriva loro vino drogato per poi rapinarli

ROMA - Selezionavano le vittime - soprattutto turisti stranieri - e con fare amichevole le approcciavano. Una volta guadagnata la loro fiducia le portavano a passeggiare nei pressi del Parco di Colle Oppio, e offrivano loro del vino contenente del sonnifero. Era questa la tecnica collaudata della banda del sonnifero che da tempo agiva nella Capitale, ma qualcosa è andato storto e qualche giorno fa un turista statunitense è morto, stroncato dagli effetti di una dose troppo forte di farmaci.

LADRI INDISTURBATI - Al termine di una indagine complessa, nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 dicembre gli agenti del commissariato Celio hanno arrestato due persone. Una terza, identificata dalla polizia, è attualmente ricercata. Ma potrebbero esserci altri malviventi coinvolti nell'organizzazione. La banda aveva messo a segno numerosi colpi: quando le vittime perdevano i sensi, i ladri agivano indisturbati, derubandole di tutto. In un caso però lo stratagemma ha avuto un epilogo drammatico, quando il turista americano è rimasto ucciso dal potente sonnifero. (fonte Ansa).

venerdì 10 dicembre 2010

Diagnosi fetale su sangue materno

By Jef Akst
Mom's blood carries fetus genome
A complete copy of the fetal genome exists in the mother's blood, suggesting many prenatal diagnoses could be performed noninvasively

[Published 8th December 2010 07:00 PM GMT]

Circulating in the blood of pregnant women is the full genome of their unborn child, according to a study published online today (December 8) in Science Translational Medicine.


Image: Wikimedia commons, Swangerschaft
The results suggest that whole genome sequencing of fetuses may be possible without invasive procedures, and hold implications for the prenatal diagnoses of every genetic disease.

This study provides "a window into the fetal genome," said reproductive geneticist Diana W. Bianchi of the Mother Infant Research Institute at the Tufts University School of Medicine, who was not involved in the research. "In principle, that means that you could noninvasively prenatally diagnose anything because the sequence is going to be there."

In 1997, chemical pathologist Dennis Lo of The Chinese University of Hong Kong and his colleagues discovered the presence of fetal DNA in maternal blood. Scientists have since developed noninvasive procedures to prenatally diagnose certain diseases. Down syndrome, for example, results from an abnormal number of chromosomes, and can be detected by searching mother's blood for disproportionate amounts of DNA from different chromosomes. And genetic diseases inherited from the father may also be detected by searching the mother's blood for the paternal mutation.

It was unclear, however, if the entire fetal genome was present in the maternal plasma, which would give clinicians more confidence in the tests currently available by limiting the rate of false-negative results. Additionally, it might make it possible to screen for genetic diseases that are caused by genetic mutations inherited from the mother, as well as sequence the entire genome of the unborn child, without subjecting the mother to invasive procedures that carry a small risk of miscarriage.

Current procedures for diagnosing such subtle genetic diseases, such as chorionic villus sampling (CVS) and amniocentesis, involve putting a catheter up through the woman's cervix or a needle through her belly, to collect fetal tissue, and pose a 1 percent risk of miscarriage.

Now, Lo's group has demonstrated that it really is all there -- in a low, but constant proportion to the maternal DNA. The team gathered the DNA from a couple visiting an obstetrics clinic for the CVS procedure that could prenatally diagnosis their baby with Β-thalassemia, a recessive blood disorder. Each parent was a carrier, giving the fetus a 25 percent chance of inheriting both mutations and developing the disease. With DNA from the mother, father, and fetus, Lo and his colleagues were able to demonstrate that the entire fetal genome was present in the mother's blood and construct a fetal genomic map that could be scanned for disease-causing mutations. Using this approach, the team determined that the baby had inherited the father's mutation, but not the mother's, and was thus a carrier for Β-thalassemia.

"This new technique has opened up the possibility that one can screen for multiple genetic disorders" without using invasive procedures, Lo told The Scientist in an email.

But it's not so easy, Bianchi warned. "Only about 10-11 percent of the total cell free DNA is fetal in origin," she said -- while CVS, which removes a small piece of placenta, retrieves only fetal tissue. In addition to being much more cost effective, "[these procedures] allow you to be highly accurate and diagnostic [because] you don't have to deal with the technical challenge of the fact that there's mixed genomes there."

In fact, to construct the fetal genomic map, Lo and his colleagues had to use genetic information about the mother and father. Furthermore, to decipher which DNA was of fetal origin, the group had to use the fetal DNA obtained from the CVS procedure the couple had gotten to diagnosis the baby's risk of Β-thalassemia, which would normally not be available for prenatal diagnoses attempting to avoid invasive procedures.

Plus, to separate the baby's DNA from the mother's, it's not enough to simply sequence the mother's nucleotide sequence. The researchers also have to know the maternal haplotype -- the genetic segments that are passed down to the child as cohesive units, which contain critical information about linked polymorphisms. Under normal clinical circumstances, this would require looking at the genetic information of other family members, or haplotype information about entire populations.

This adds additional cost -- perhaps around $1,500 to determine the maternal haplotype, Lo said -- to an already expensive procedure, which currently would cost some $200,000 per case. Lo and his team are currently working to develop more targeted tests, however, that focus in on disease-causing genes and could be 50 to 100 times cheaper, he said.

There's the also added complication of getting other people involved, Bianchi said. "You're getting that much farther away from the fetus," she said. "It's so much easier to look at pure fetal DNA, and make the diagnosis on the fetus." But this option, of course, holds that 1 percent risk of miscarriage.

Eventually what's needed is a risk-benefits analysis, Bianchi added. For parents, such as the couple in this study, who are both carriers for a particular disease and thus have a 25 percent risk of having an affected child, the miniscule risk of miscarriage may be worth the greater certainty that comes with the invasive procedures, she said. On the other hand, "if you were a 45 year old woman who had taken 5 years to conceive with IVF, any risk of a miscarriage is going to be intolerable."

The techniques developed in this study may also have implications beyond prenatal diagnoses, Lo said. "The approach described in our paper might also have [an] application in the analysis of other medically important species of DNA in plasma, e.g. tumor DNA in the plasma of cancer patients," which may aid in cancer diagnosis.

Y.M.D. Lo, "Maternal plasma DNA sequencing reveals the genome-wide genetic and mutational profile of the fetus," Science Trans Med, 2(61):61ra91, 2010.

Amore, arrivo!

«Amore arrivo»: autista dell'Atac
devia bus e corre dalla fidanzata
A riferirlo una donna che era sul mezzo: il "piccolo" 116 elettrico che compie la corsa nel centro storico



Il mini-bus 116 dell'Atac ROMA - Ha fatto scendere i passeggeri dall'autobus che stava guidando per poi proseguire la corsa e andare dalla propria donna. È successo a Roma, dove martedì scorso l'autista di un bus dell'Atac della linea 116, un uomo di circa 40 anni, ha fatto scendere le persone a bordo con la scusa di una deviazione, dopo aver promesso alla propria donna di andare a prenderla da solo con il mezzo pubblico.
IL TESTIMONE - A riferirlo è una passeggera che l'altro ieri era sullo stesso autobus, la quale ha inoltrato un reclamo all'azienda Atac riferendo la vicenda. «L'uomo - ha riferito la testimone - aveva giurato al telefono a una donna, chiamandola 'amore', che sarebbe andato a prenderla. Subito dopo ci ha fatto scendere».

AVVIATA INDAGINE INTERNA - L’Atac ha avviato «immediatamente un’indagine interna per accertare il fatto denunciato da alcuni passeggeri della linea 116»: così, con una nota ufficiale, Roma Servizi per la Mobilità. «L’azienda si scusa con gli utenti per il disservizio subito e al termine dell’indagine, adotterà tutti i provvedimenti disciplinari previsti dalle norme contro il conducente, che si sarebbe reso responsabile di un comportamento che contrasta vistosamente con le regole e le buone prassi aziendali di Atac spa».

mercoledì 8 dicembre 2010

TRIESTE- CAPODISTRIA

(AGI) - Trieste, 8 dic. - Sara' la regione Friuli Venezia Giulia, attraverso una convenzione con Rete ferroviaria italiana (RFI) e con il coordinamento dell'intero progetto da parte dell'Iniziativa Centroeuropea, a realizzare assieme al ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia lo studio preliminare sul collegamento ferroviario passeggeri fra Trieste e Capodistria. A confermarlo oggi e' l'assessore regionale alla Viabilita' e Trasporti Riccardo Riccardi, che ricorda come ''l'opera rientri nel progetto 'Adria_A' per la metropolitana leggera, finanziato dall'Unione europea''. La metropolitana leggera e' stata inserita nel programma europeo Interreg Italia-Slovenia per gli anni 2007-2013, con una dotazione complessiva di 3,3 milioni di euro per portare a termine la fase di progettazione preliminare. ''Per la prima volta la tratta ferroviaria fra Trieste e Capodistria - sottolinea Riccardi - e' stata prevista in un documento ufficiale da parte slovena. Si tratta sicuramente di un successo, maturato all'interno dei proficui rapporti di collaborazione tra il Friuli Venezia Giulia e la vicina Repubblica''. La Trieste-Capodistria spiega Riccardi ''e' un'opera di rilievo strategico in grado di mettere in collegamento le due citta' e, soprattutto, le due piattaforme logistiche''. (AGI) Ts1/Mav (Segue)

martedì 7 dicembre 2010

CRIMINOLOGIA FEMMINILE

Feminist Criminology: Defined and Explored
By,
Jacqueline Talbert

Feminist criminology was developed in the late 1960’s and the 1970’s and is based off of a reaction to stereotyping and gender distortions in the traditional field of criminology (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). While there are many branches of theories on feminist criminology, liberal, radical, Marxist, and socialist theories are traditionally the most recognized (O’Conner, et al). Feminist criminology attempts to redirect the thinking of mainstream criminologists to include more gender awareness and to correct the ratio problem of why women are less likely than men to commit a crime (gender ratio), and whether or not traditional male theories can be modified to explain female offending (generalizability) (O’Conner, et al). By examining the theories of feminist criminology, and the way that criminologist attempt to include more gender awareness from the past to present, we can have a better understanding of this small, but growing field.
Liberal feminist criminology theories operate within the existing social structures to draw notice to women's issues, promote women's rights, increase women's opportunities, and transform women's roles in society (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). Liberal feminists call for eradication of traditional separations of power and labor between the sexes as a way of eliminating inequality and promoting social harmony (Walsh & Hemmens, 241). “Women, Law, and Social Control” is a book written by Alida V. Merlo and Joycelyn M. Pollock based off of the liberal feminist ideals (Schmalleger, 364). The book contains articles that examine women as offenders, professionals, and victims, and explores current issues including: the increase in women's imprisonment rates, women as rape survivors, women who kill in abusive relationships, and women working within the criminal justice system (Schmalleger, 364). One of the main points of their book is to point out that feminists are regularly blamed in today’s political environment for the current upsurge in crime because many, by entering or creating the innovative family structures, have lowered what might otherwise be the positive effect of traditional family values on crime control (Schmalleger, 364). Two other examples of liberal feminist works include Rita Simon’s “Women and Crime” and Freda Adler’s “Sisters in Crime” (Hagan, 184). Both feminist criminologists predicted an increase in female crime as opportunities increased (Hagan, 184). Freda Adler assumed that as women assumed more masculine positions in society, they would participate in more “masculine” activities, including crime (Hagan, 184). While both Rita Simon and Freda Adler’s ideas may seem logical to some, little support for their thesis was found (Hagan, 184). Their thesis ideology was mainly strongly argued against by opposing radical feminist criminology views, because the greatest increase in female offenders wasn’t by those who were in a higher position in society (Hagan, 184). Radical feminists further argued against liberal feminists stating that they underestimated the role of patriarchy and it’s ability to control and victimize women (Hagan, 184).
Radical feminism often conflicts with and is compared to liberal feminism, as they have severely opposing views (Hagan, 184). Radical feminism looks at how women came to be expected to partake in submissive roles in the first place, what male power consists of, and how societies themselves can be transformed (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). Radical feminist criminology’s major theme is male patriarchy, or male power and domination in society, and ironically is the most dominant approach in feminism criminology today (Hagan, 184). Men are fundamentally viewed as being violent, aggressive, and controlling towards women throughout history, and by taking taken advantage of a woman’s biological dependence to have children and their lack of physical strength in comparison with men (Schmalleger, 363). Radical feminists believe that as boys grow into men they are conditioned to be aggressive resulting in male dominance in their quest for overall power in society (Schmalleger, 363). Since men do hold such high power in society, they control the law, and women are consequently defined as objects, who may be sexually or physically exploited (Schmalleger, 364). In reaction to how women are treated, radical theorists believe that women may run away or turn to substance abuse and become criminalized (Schmalleger, 364). In order to prevent women from becoming criminalized, being treated violently and maliciously, and to change the status of women in society, radical feminists think that men domination should be eliminated (Schmalleger, 364). Substantial changes also need to occur in the areas of law, medicine, and family for females to experience a drastic change in social status (Schmalleger, 363). Anne Campbell is an example of a radical feminist theorist who came up with the staying alive hypothesis (Walsh & Hemmens, 244). The basis of Anne’s hypothesis was that “evolutionary logic is all about passing on genes that proved useful in the struggle for survival and reproductive success to future generations over the eons of time in which our most human characteristics were being formed” (Walsh & Hemmens, 244) This means that females receive genes that attribute to their submissiveness due to male’s aggressive quest for control, their place in society, and their tendency to commit crimes, which instead of committing a crime that risks physical injury, females will commit a crime for instrumental purposes (Walsh & Hemmens, 244). Radical feminists basis of their theory in that male domination and the poor treatment of women is related to women in crime is a similar component of the Marxist feminist theory as well (O’Conner, et al).
The Marxist feminist theory ties patriarchy into the economic structures of capitalism as when female offenders are sentenced for property or sexual crimes (by threatening male dominance of property relationships or male control of women's bodies) (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). Marxists theorists view prostitution as a form of labor and therefore think it has been specifically noted as falling under the designation of a corruption of wage labor (O’Conner, et al). Marx himself stated that “prostitution is only a specific expression of the general prostitution of the laborer” (Walsh & Hemmens, 245). Prostitution, therefore, can be seen as a symbol of all that is wrong with world policies in society according to Marxist feminists (Walsh & Hemmens, 245). They believe that while prostitutes may feel that they are free, if you look at the larger economic picture in Marxist terms they are in reality oppressed workers reinforcing and perpetuating an exploitative capitalistic scheme (Walsh & Hemmens, 245). However, Carole Pateman in “The Sexual Contract” sees prostitutes otherwise, pointing out that they are not wage laborers, but rather independent contractors (Madsen, 65). In her thinking, “The objection that the prostitute is harmed or degraded by her trade misunderstands the nature of what is traded. The body and the self of the prostitute are not offered in the market; she can contract out use of her services without detriment to herself” (Madsen, 65). Moreover, philosopher Robert Nozick believes that peoples’ rights predominate over concerns for what harm may come to them (Madsen, 66). He believes that a person has the right to sell herself into slavery if that is his or her decision (Madsen, 66).
Socialist feminism offers ideas about more equitable roles for women as sex providers, child bearers, nursemaids, and homemakers, so that they can take their rightful place in society (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). Socialist feminism is a dualist theory because it broadens upon Marxist’s theory (argument for the role of capitalism in the oppression of women), and the radical feminist theory (the role of gender and patriarchy) (O’Conner, et al). This area of feminist criminology focuses upon joining both the public and private spheres of a woman’s life and ending the economic and cultural sources of woman’s oppression (O’Conner, et al). For example, egalitarian societies from the socialist point of view would be built around either socialist or Marxist principles with the purpose of establishing a new society that would be free of any gender or class divisions (Schmalleger, 364). According to our textbook, in accordance with socialist feminism, socialists see in the present, “capitalist social structure sees men committing violent street crimes, with women more likely to commit property and vice crimes” (Schmalleger, 364). Frederick Engels set forth the theoretical basis for modern socialist feminism in his book “Origin of the Family, Private Property and the State” (Walsh & Hemmens, 246) He explains that a communal, matriarchal social system preceded the rise of private property, class society, patriarchy, slavery and the state (Walsh & Hemmens, 246). He pointed to the primary role women played in the economic, social, cultural and political life of these communal societies and the egalitarian relationships that characterized them (Walsh & Hemmens, 246).
The gender ratio problem that is associated with feminist criminology addresses the question, what explains the universal fact that women are far less likely than men to commit a crime or become involved in criminal activity (Walsh & Hemmens, 246)? The root of the gender ratio is derived from the fundamental differences between the genders (Vito, Maahs, & Holmes, 227). One of the potential beliefs is that perhaps if boys were raised with similar approaches as girls, that male criminal activity would decline dramatically (Vito, et al, 227). This has also been expanded by feminists to the effect that if men had similar roles and experiences as women they would be less likely to turn to crime (Vito, et al, 227). This assertion is denied by biological scientists as well as radical feminists who typically view gender differences as a behavior of two separate types of functioning brains (Vito, et al, 227). The Uniform Crime report data however, shows that males comprise 70% of property crimes and 80% of violent crimes, while the National Crime Victimization Survey reveals that males account for 85% of violent offenders (Vito, et al, 227). In contrast to these statistics, women are found to be more likely than men to murder someone they know, such as a spouse or child than men who are more likely to murder a complete stranger (Vito, et al, 228). Over the past thirty years, statistics show that even though times are changing, and perhaps the attitudes of men, women and their patterns of crime have not (Vito, et al, 228). Overall, women’s involvement in all types of crime is significantly less than males, although the percentage of women involved in property crime has gone up in the past twenty years (Vito, et al, 228). Also, female white-collar offenders are more likely to act alone and profit less than their male counterparts (Vito, et al, 228). Consequently of these statistics, scholars over the past twenty years have come up with empirical studies to try and explain and examine the gender gap, or the gender ratio (Vito, et al, 228). Typically these studies use variable from mainstream theories of crime, (i.e., social learning and control) to account for the differences across the genders (Vito, et al, 228). It is assumed in these studies that males and females are exposed to the same risk factors that attribute to criminal activity, but that the males are exposed to more factors (Vito, et al, 229). These studies aren’t viewed as reliable when determining the reasons for the gender gap, and instead things that are viewed as reliable are social learning variables (delinquent peers, antisocial attitudes), school performance, and sex-role attitudes (traditional gender beliefs, masculinity) when explaining gender differences in criminal activity (Vito, et al, 229).
Another issue associated with feminist criminology is the generalizability issue that attempts to answer the question: do traditional male-centered theories of crime apply to women (Walsh & Hemmens, 246)? There are different theories that have been analyzed to attempt to answer this question (Madsen, 69). Sigmund Freud's theory consisted of the idea that all women experience penis envy and suffer an inferiority complex over it, which they try to compensate for by being exhibitionistic and narcissistic (O’Conner, “Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory”). Freud thought that women were also basically irrational in that they weren't concerned with being builders of civilization, but with scanty, trivial matters (O’Conner, et al). Freud thought, for example, that women don't have much of a sense of justice, and female crime was interpreted as longing for a penis (O’Conner, et al). This is obviously a characterization of female criminals that feminists reject (O’Conner, et al). Recently, Paul Mazerolle analyzed the general strain theory to see if it could help to accurately depict differences across the genders (Vito, Maahs, & Holmes, 229). He found overall that measure of strain such as negative life events, and peer hassles, can help to explain both male and female offending (Vito, et al, 229). Many feminist scholars however, typically point out that male perspective in terms of theories may overlook factors that are unique to females (Vito, et al, 229). For example, Marxism, originated from Karl Marx, has been determined to neglect gender issues, such that working class women experience the same capitalist exploitations as men, but they still commit far less crime (Vito, et al, 230).
Many female feminist criminologist have been coming out with new theories regarding women and crime, which is starting what is starting to prove to be a more accurate and exciting time, especially for feminists. For example, criminologist Kathleen Daly used preserentence investigation reports and other court records to find why women engaged in crime (Vito, et al, 230). She found that street women are typically arrested more for prostitution and theft to attempt to survive in an environment filled with abuse and tough living conditions (Vito, et al, 230). Daly found that battered women were arrested for assault or murder regarding their abusers, which can now be defended sometimes by the term “Battered Women’s Syndrome” (Vito, et al, 230). Two authors, Karen Heimer and Casey De Coster believe that males and females have different sources that lead to lives of criminal activity (Vito, et al, 230). For males it is derived from violent behavior being excused as a child, i.e. “boys will be boys” (Vito, et al, 230). For females, it is derived from learning violent attitudes in a breakdown in a relationship or in the family, since females have a greater concern for interpersonal relationships (Vito, et al, 230).
It seems it is becoming more and more common for females to be in prominent places in society, and many who have become criminologist have developed feminist criminologist theories to attempt to have females activity in crime more accurately described (Madsen, 69). The theories have come a long way since when they were created, and are being studied in terms of statistics, personal studies, and the analyzation of older theories. By having criminologists and others more aware of gender differences, and reasoning behind their thinking, we can operate more smoothly as a society, and get rid of stereotypes and degrading values that surround both genders.

Works Cited
Hagan, Frank E. Introduction to Criminology: Theories, Methods, and Criminal Behavior. California: Sage Publications Inc., 2008. Print.
Madsen, Deborah L. Feminist Theory and Literary Practice. Virginia: Pluto Press, 2000. Print. (65-67)
O’Conner, T. Feminist Criminology, Female Crime, and Integrated Theory. MegaLinks in Criminal Justice, 30 November 2006. Web. 16 April 2010. Retrieved from .
Schmalleger, Frank. Criminology Today: An Integrative Introduction. New Jersey: Pearson Education Inc., 2009. Print.
Vito, Gennaro F., Maahs, Jeffery R., & Holmes, Ronald M. Criminology: Theory, Research, and Policy. Massachusetts: Jones and Bartlett Publishers, 2007. Print.
Walsh, Anthony, & Hemmens, Craig. Introduction to Criminology. California: Sage Publications Inc., 2008. Print.

domenica 5 dicembre 2010

AUTO UCCIDE SETTE CICLISTI

Auto piomba su ciclisti: sette morti
La vettura, guidata da un marocchino, ha sbandato per cause ancora da accertare. Ci sono anche tre feriti gravi

MILANO - Tragedia senza precedenti sulla strada: sette ciclisti hanno perso la vita e tre sono rimasti gravemente feriti in un incidente avvenuto in tarda mattinata sulla statale 18, in località Marinella a Sant'Eufemia, nei pressi di Lamezia Terme, in Calabria. Una Mercedes è sbandata - per cause ancora da accertare, visto che le condizioni meteorologiche erano ottime - ed è piombata su un gruppo di ciclisti che si stavano allenando. Sette sono morti sul colpo. L'uomo alla guida della Mercedes, di origini marocchine, è stato arrestato con l'accusa di omicidio colposo. Ha 21 anni ed in passato gli era già stata ritirata la patente. E' rimasto ferito. Assieme a lui viaggiava anche un bambino, suo nipote. Le condizioni dei tre feriti, ricoverati uno all'ospedale di Catanzaro e gli altri due all'ospedale di Cosenza, sono gravi. Le condizioni dell'investitore e del bimbo, invece, non destano preoccupazioni.

La strage di ciclisti

SENZA PATENTE E SOTTO L'EFFETTO DI DROGA - L'uomo che ha travolto con la sua auto i ciclisti era senza patente dopo che gli era stata ritirata sette mesi fa a causa di un sorpasso azzardato. Lo hanno reso noto i vigili urbani di Lamezia Terme, che stanno svolgendo gli accertamenti sull'incidente. In più, dagli esami cui l'extracomunitario è stato sottoposto dopo il ricovero in ospedale, è risultato che al momento dell'incidente fosse sotto l'effetto di droga.

IL GRUPPO - I ciclisti travolti e uccisi facevano parte di un gruppo amatoriale di Sambiase di Lamezia Terme, legato alla palestra «Atlas»; tra le vittime ci sarebbe anche il titolare della stessa struttura sportiva. Sul luogo dell'incidente sono ancora a lavoro i carabinieri e gli operatori sanitari. Questi ultimi hanno soccorso i tre feriti, in gravi condizioni, ricoverati d'urgenza all'ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme. Il più grave è stato poi trasferito a Catanzaro. Le vittime sono Rosario Perri, di 55 anni; Francesco Stranges (51); Vinicio Pottin (47); Giovanni Cannizzaro (58); Pasquale De Luca (35), Domenico Palazzo e Fortunato Bernardi, dei quali non si conosce l'età. I feriti sono invece Gennaro Perri, Fabio Davoli e Domenico Strangis. Le vittime ed i feriti sono tutti di Lamezia Terme.



LA DINAMICA - Secondo la prima ricostruzione dell'incidente, una vecchia Mercedes condotta dal marocchino, che viaggiava a velocità elevata, stava effettuando un sorpasso quando ha incrociato frontalmente il gruppo di ciclisti, che viaggiavano in direzione opposta. L'uomo non ha avuto il tempo di frenare. Le conseguenze dell'impatto sono state quindi devastanti.

LE TESTIMONIANZE - «Non pensate a me, guardate invece come sta mio fratello» ha detto uno dei ciclisti rimasti feriti ad uno dei primi soccorritori, giunti sul posto, un automobilista di passaggio. «Mi sono avvicinato a lui - ha raccontato Clemente Folinazzo - e mi ha detto che aveva un forte dolore alla schiena. Subito dopo mi ha detto che non era grave e di pensare al fratello. Non so dire, però, se il fratello sia tra le vittime». Il ferito ha anche indirizzato i soccorritori verso il giardinetto di un'abitazione che si trova lungo la statale 18 e dove è stato trovato un altro ferito, scagliato dall'impatto ad una decina di metri dal luogo dell'incidente. «Quando sono arrivato - ha raccontato il testimone - ho notato il marocchino col volto insanguinato che a piedi stava camminando tenendo il figlio per mano». «Ho visto uno scenario apocalittico - prosegue - neanche una bomba avrebbe fatto tanti danni. Ci sono stati alcuni automobilisti che non ce l'hanno fatta per lo choc a scendere dall'auto e sono tornati indietro».
«Il ciclismo era la sua passione» dice invece piangendo lo zio di una delle sette vittime, Pasqualino De Luca, travolte oggi da un'auto a Lamezia Terme. «Era un ragazzo tranquillo - aggiunge - un lavoratore. Aveva un negozio di computer, ma la bicicletta era la sua passione».

giovedì 25 novembre 2010

stupro di 39 pazienti

Ginecologo violentava pazienti
Brasile, condannato a 278 anni
Roger Abdelmassih, il ginecologo conosciuto per avere star dello sport e dello spettacolo tra i suoi clienti, è stato condannato a 278 anni di carcere. L'uomo è stato processato per lo stupro di 39 pazienti, che erano sotto l'effetto dell'anestesia, nel suo centro per la riproduzione di San Paolo, in Brasile. Il medico, di 66 anni, ha sempre negato le accuse e i suoi avvocati ricorreranno in appello.


Abdelmassih era stato arrestato l'anno scorso, dopo la denuncia di un dipendente. Dopodiché altre 39 donne si erano fatte avanti, raccontando di essere state stuprate durante una visita o nel corso dei trattamenti per la fertilità. E poiché alcune testimoni hanno riferito abusi ripetuti, il medico è stato incriminato per 56 violenze.

Alcune pazienti hanno riferito che l'abuso è avvenuto mentre si stavano risvegliando dall'anestesia. In proposito il medico si è difeso affermando che non era mai da solo con nessuna delle pazienti e che forse qualcuna può aver avuto delle allucinazioni.

lunedì 22 novembre 2010

SUV finisce in un canale

Mestre. Suv finisce in un canale: donna
salvata per un soffio dall'annegamento



MESTRE (17 novembre) - Perde il controllo dell'auto, finisce in una canaletta di raccolta delle acque meteoriche e, quando sta per affogare, viene salvata da quattro giocatori del Calcio Dolo Riviera del Brenta, che si stavano allenando nel vicino stadio. Il dramma sfiorato si è verificato intorno alle 19.45 di ieri, in via Pasteur a Dolo, a pochi passi dall'ospedale rivierasco. Una donna, pare di Paluello, stava percorrendo a bordo di un piccolo Suv grigio la strada che porta in via Arino. Nell'affrontare una curva sulla destra, forse a causa dell'asfalto bagnato, ha perso il controllo dell'auto. La dinamica, comunque, è ancora al vaglio dei carabinieri della locale tenenza.

Di fatto il Suv, ormai fuori controllo, è finito ruote all'aria nella canaletta, che a causa delle precipitazioni di questi giorni mostrava una portata piuttosto importante. La donna, intrappolata nel veicolo, stava rischiando l'annegamento. Alcuni giocatori del Calcio Dolo, che stavano finendo la seduta d'allenamento, hanno visto la scena e senza pensarci si sono diretti in tutta velocità verso il luogo dell'incidente. I quattro sono Alessandro Niero, Simone Ronchin, Riccardo Munaro ed un giovane albanese che aveva iniziato ad allenarsi con la squadra da pochi giorni.

Vedendo il Suv ormai saturo d'acqua, i quattro hanno rotto il finestrino dello stesso ed hanno estratto la donna, quasi incosciente. Un'ambulanza ha poi portato la donna ed i suoi salvatori al pronto soccorso. La donna non sarebbe in pericolo di vita, mentre i quattro, dopo essere stati medicati, sono stati sottoposti a degli esami per scongiurare il pericolo di leptospirosi. L'auto è stata recuperata dai vigili del fuoco.

domenica 21 novembre 2010

cadavere carbonizzato

Viterbo, trovato corpo carbonizzato
Agricoltore stava bruciando stoppie
Il cadavere semicarbonizzato di un agricoltore di 72 anni è stato trovato in un terreno a Tuscania, in provincia di Viterbo. Secondo i primi accertamenti l'uomo sarebbe stato avvolto dalle fiamme mentre bruciava delle stoppie. Anche la sua auto è stata distrutta dal fuoco. A trovare il cadavere dell'uomo sono stati i vigili del fuoco di Viterbo. Il corpo dell'agricoltore è stato trasportato nell'obitorio della cittadina. Disposta l'autopsia.

cadavere carbonizzato a Palermo

Cadavere carbonizzato a Palermo
Resti trovati nel parco della Favorita
I carabinieri hanno trovato un cadavere carbonizzato di un uomo in via Regina Elena, nel parco della Favorita di Palermo. I resti sono stati scoperti dai militari dell'Arma e dai Vigili del fuoco durante un servizio di vigilanza organizzato per la maratona cittadina. Sul posto ci sono i carabinieri della sezione investigativa scientifica del comando provinciale. Il cadavere non è stato ancora identificato.


Il corpo, completamente bruciato e privo di documenti, è stato trovato in un anfratto in località Montagnola, ai piedi del Monte Pellegrino, a poca distanza dal campo ippico ad ostacoli e da una colonia comunale.

Il Parco della Favorita, dove è stato trovato il cadavere, è un luogo frequentato da prostitute e transessuali. Sono in corso indagini dei carabinieri per identificare la vittima e risalire al movente dell'omicidio.

Romeno ucciso a coltellate

Torino,omicidio davanti a un locale
Ucciso a coltellate un 26enne romeno
Sangue nella notte a Torino, dove un giovane è stato ucciso a coltellate durante un litigio davanti a un locale. La vittima sarebbe un romeno di 26 anni. Il ragazzo è stato colpito a un fianco con un fendente ed è deceduto poco dopo l'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco. L'assassino è fuggito dal luogo del delitto ed è ricercato dai carabinieri.


L'omicidio è avvenuto alla periferia Nord di Torino, davanti al locale "Batmania", in via Reiss Romoli. Al litigio hanno assistito alcuni testimoni già interrogati dagli investigatori. Al momento non è ancora chiaro cosa abbia innescato la lite finita nel sangue. Quello che è certo è che l'assassino a un certo punto ha estratto un coltello e si è scagliato contro la vittima, ferendolo mortalmente.

L'omicidio è avvenuto intorno alle 4, al termine di un violento diverbio cominciato all'interno della discoteca. L'assassino dovrebbe essere un rumeno e potrebbe far parte del giro di conoscenti della vittima. La discoteca è infatti frequentata quasi esclusivamente da rumeni e, al suo interno, la quasi totalità delle scritte sono in questa lingua.

lunedì 15 novembre 2010

schizofrenia

Uccide nipotina con una coltellata
Napoli, infanticida con turbe psichiche
Agghiacciante fatto di sangue in provincia di Napoli. Un uomo ha ucciso con una coltellata la nipotina di due mesi. La piccola, figlia della sorella dell'infanticida, era stata lasciata in custodia alla nonna. Il delitto è accaduto a Monte di Procida. L'infanticida, hanno riferito le forze dell'ordine, sarebbe affetto da turbe psichiche. La piccola è stata colpita con un fendente alla gola. E' morta sul colpo.


L'omicida della piccola Sofia, così si chiamava la bimba, è stato arrestato dai carabinieri. Si chiama Antonio Raffaele Spinelli e ha 29 anni. Al momento della cattura non ha opposto resistenza, né pronunciato parole. L'uomo, è stato accertato, è in cura presso un centro d'igiene mentale.

Ricostruita la dinamica dell'omicidio. I genitori di Sofia, residenti a Baiano (Avellino), erano usciti per una passeggiata lasciando la bimba con la nonna. Sembra che quest'ultima avesse in braccio la piccola quando l'uomo l'ha reclamata per sé chiedendo di prenderla in consegna. In un primo momento la donna gliel'ha ceduta ma quando la bimba ha cominciato a piangere ha chiesto al figlio di riconsegnargliela. A quel punto l'uomo ha respinto la madre con una spinta che l'ha fatta cadere per terra. Quindi, colto da raptus, si è procurato un grosso coltello da cucina con il quale ha colpito l'indifesa bambina alla gola uccidendola sul colpo. A nulla sono valsi i soccorsi, la piccina è morta sul colpo. A dare l'allarme, e a chiamare il 112, sono stati alcuni parenti richiamati dalle grida della nonna. Per la mamma di Sofia, la tragica scoperta è avvenuta al suo ritorno a casa.

cocaina 1000 kg

Gioia Tauro, maxi sequestro droga
Dieci quintali di cocaina purissima
I carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno sequestrato dieci quintali di cocaina purissima. La sostanza stupefacente era in un container all'interno del porto calabrese di Gioia Tauro. Il maxisequestro era proveniente dal Brasile. Secondo gli investigatori dell'Arma, l'ingente sequestro di cocaina è uno dei più importanti negli ultimi 15 anni in Italia ed il valore si stima attorno ai 250 milioni di euro.


Secondo quanto reso noto dagli investigatori, sembra che la droga fosse stata nascosta all'interno di carrelli trasportatori per uso agricolo. La cocaina era destinata, oltre che al mercato italiano, a quello del centro e del nord Europa.

mercoledì 10 novembre 2010

COCAINA

I DATI DEL RAPPORTO DELL'OSSERVATORIO UE SULLE DROGHE
Europa, raddoppiano decessi per cocaina
Quattro milioni l'hanno usata nell'ultimo anno, Italia ai vertici della classifica. Un milione di persone in cura

NOTIZIE CORRELATE
Relazione sulle droghe in Europa: pdf



(Ansa) MILANO - Tecniche sempre più sofisticate per nasconderla e spacciarla, consumi al galoppo e raddoppio in un anno dei decessi: la cocaina continua a essere, dopo la cannabis, la droga più amata dagli europei. Quasi 14 milioni di adulti tra i 15 e i 64 anni l'hanno provata; quattro milioni nell'ultimo anno. E l'Italia resta ai vertici delle classifiche (2,9% di consumatori sulla popolazione generale), dopo Spagna e Regno Unito (che tocca un inquietante 6,2%). I dati sono quelli della Relazione sull'evoluzione del fenomeno della droga in Europa, presentata dall'Agenzia europea delle droghe (Oedt) a Lisbona e Roma, e si riferiscono alla situazione (prevalentemente aggiornata al 2008) dei 27 Stati membri dell’Unione europea, dei Paesi candidati Croazia e Turchia e della Norvegia.
ULTRAQUARANTENNI - L'attrazione verso gli stupefacenti non riguarda solo i giovani: un tossicodipendente su cinque ha 40 o più anni, una percentuale pari al 19% dell'intera popolazione europea. La percentuale di quarantenni e ultraquarantenni in cura è quasi raddoppiata rispetto a dieci anni fa, quando non superava il 10%. I consumatori di stupefacenti non più giovani che si sottopongono ai trattamenti si trovano ad affrontare tassi elevati di disoccupazione, isolamento sociale e presentano le conseguenze fisiche e psicosociali croniche di un consumo di stupefacenti di lungo termine oltre a frequenti problemi correlati al consumo di alcol e tabacco. Inoltre, essendo sottoposti a invecchiamento precoce, hanno bisogno di un'assistenza sanitaria generalmente necessaria a persone molto più anziane.

MILLE DECESSI NEL 2008 - La relazione descrive anche le tecniche per far circolare la cocaina: prima dell'esportazione introducono sostanza base o idrocloride in materiali da trasporto (cera d'api, fertilizzanti o tessuti) e poi la estraggono nei laboratori clandestini. Preoccupa il boom di decessi: nel 2008 sono raddoppiati, passando dai 500 del 2007 a mille. Nello stesso anno 70mila europei hanno cominciato a curarsi dalla dipendenza da polvere bianca, il 17% di tutti i nuovi pazienti che si sottopongono a trattamento. «Troppi europei considerano ancora il consumo di cocaina come un accessorio relativamente innocuo di uno stile di vita di successo» afferma il direttore dell'Oedt, Wolfgang Goetz. Invece, occorre sapere che «non solo il suo consumo può aumentare pesantemente e con rapidità, ma anche che può causare decessi, persino quando l'assunzione è occasionale e le dosi sono basse». In Europa in un anno sono aumentate di un milione sia le persone che hanno provato la cocaina che quelle che l'hanno assunta abitualmente. Il livello di consumo è particolarmente concentrato in alcuni Paesi tra cui l'Italia, dove il rapporto uomo-donna è di 6:1 e l'età media dei consumatori di 34 anni. Quanto al consumo una tantum, l'Italia è al 7%. Quasi l'80 % dei consumatori di droga in terapia vive in Germania, Spagna, Francia, Italia e Regno Unito.

EROINA STABILE - Sempre secondo le stime dell'Oedt ogni anno almeno un milione di persone si sottopone a qualche forma di cura per problemi di droga, ma ci sono diseguaglianze nell'accesso alle cure per i criteri di ammissione troppo rigidi, i costi a carico dei pazienti e la mancanza di risorse umane e finanziarie. Per la maggior parte chi si sottopone a terapie è dipendente da eroina: in questo campo si sono fatti in Europa passi in avanti soprattutto nel garantire in tutti i Paesi la terapia sostitutiva a base di metadone. Ma non basta: servono servizi di assistenza che rispondano a esigenze più complesse, come quelle dei consumatori di cocaina o di cannabis o dei poliassuntori, cioè chi consuma più sostanze contemporaneamente. In alcuni Paesi (Germania, Paesi Bassi e Regno Unito) si sta facendo strada un approccio innovativo, il trattamento via internet, rivolto a persone dipendenti dalla cannabis poco disponibili a cercare aiuto nei servizi classici. Per quanto riguarda l'eroina, il rapporto dell'Oedt segnala che in Europa il problema non è in calo: dopo una diminuzione nei primi anni Duemila, la tendenza è stabile o in aumento. L'agenzia europea stima che i tossicodipendenti da oppioidi (essenzialmente eroina) siano 1 milione e 350mila, e che il reclutamento di nuovi consumatori non accenna a diminuire, come dimostra la crescita degli eroinomani in trattamento negli ultimi anni. Aumentano anche i decessi per stupefacenti (7.371 nel 2008 contro i 7.021 del 2007), che nell'85% dei casi riguardano persone dipendenti dall'eroina.

AMFETAMINE ED ECSTASY - Stabili anche amfetamine ed ecstasy, ma il problema riguarda in particolare i Paesi del Nord Europa. Il consumo delle prime (amfetamina o metamfetamina) rimane nel complesso inferiore rispetto a quello di cocaina, ma in diversi Paesi sono la sostanza stimolante usata più comunemente. Dodici milioni di europei le hanno provate, 2 milioni nell'ultimo anno. Per quanto riguarda l'ecstasy, 11 milioni l'hanno provata (2,5 nell'ultimo anno). Infine, dai dati preliminari del 2009, emerge che sono 24 le nuove sostanze psicoattive notificate all'Oedt e all'Europol. Una cifra quasi raddoppiata rispetto a quella del 2008 (13). Il rapporto sottolinea la crescente popolarità dei catinoni sintetici, derivati del composto catinone a sua volte facente parte della famiglia delle amfetamine. Quindici catinoni sintetici sono monitorati attraverso il sistema di allerta rapido, con particolare attenzione al mefedrone. Sono infine nove i cannabinoidi sintetici, chiamati "Spice", sotto osservazione da parte dell'Oedt che evidenzia come si tratti di prodotti molto diversificati e con composizioni che mutano rapidamente in risposta alle misure di controllo. La comparsa di nuovi composti sintetici non regolamentati, commercializzati su internet come droghe legali o "non adatte al consumo umano", presenta una sfida crescente per il monitoraggio, la risposta e il controllo delle nuove sostanze psicoattive. Nel 2010 ne sono state individuate 31, tra cui catinoni e cannabinoidi sintetici, oltre a nuove sostanze sintetiche simili alla cocaina e alle amfetamine.

«CONSUMI IN CALO NEL 2009» - Per quanto riguarda la situazione italiana gli ultimi dati, relativi al 2009 e riportati nella Relazione presentata al Parlamento, tratteggiano un quadro diverso che vede i consumi di droghe in calo. Lo ha precisato il capo del Dipartimento nazionale politiche antidroga, Giovanni Serpelloni, durante la presentazione del rapporto Oedt. Un calo, soprattutto dei consumatori occasionali, «rilevabile anche mediante il dosaggio dei metaboliti delle droghe nelle acque reflue fognarie delle maggiori città italiane, nel quale è stato documentato chiaramente un calo della loro presenza dal 2008 a oggi».

Redazione online
10 novembre 2010

domenica 7 novembre 2010

Il Maltempo al Nord-Est

Al Nord ancora condizioni di diffuso maltempo su Lombardia, Piemonte orientale, Triveneto e Romagna. Parziali schiarite interesseranno Valle d'Aosta e restanti settori di Piemonte ed Emilia Romagna. Gradualmente i fenomeni tenderanno ad attenuarsi ma già dalla sera un nuovo peggioramento con piogge sparse inizierà ad interessare la Liguria. I fenomeni risulteranno a carattere nevoso a quote superiori ai 1.000 metri. Centro e Sardegna: molte nubi con piogge abbondanti su Sardegna, Toscana, Umbria e Lazio. Parziali schiarite sulle restanti regioni eccezion fatta per le aree più interne. Parziale attenuazione delle precipitazioni nel corso del pomeriggio in attesa di una ripresa delle piogge in serata. Sud e Sicilia: estesa copertura nuvolosa sui settori tirrenici peninsulari con rovesci e temporali localmente intensi. I fenomeni riguarderanno anche la Sicilia seppur in misura più attenuata.

domenica 24 ottobre 2010

università

UNIVERSITÀ E CATTIVA COSCIENZA
Un paese fuori corso
In questi giorni molti ragazzi iniziano l'università. Per alcune famiglie si tratta della prima generazione che può continuare gli studi dopo la scuola. Che immagine hanno questi ragazzi del Paese in cui diventano cittadini adulti? In molti atenei le lezioni non cominciano: interi corsi di laurea sono stati rinviati (per ora) al secondo semestre. Gli studenti si aggirano spaesati per aule vuote, preoccupati dall'incertezza che li attende.

Del disastro universitario siamo tutti responsabili. Baroni delle cattedre, politici cinici o ignoranti, una classe dirigente che guarda all'università con sufficienza e alla prima delusione manda i figli a studiare lontano dall'Italia. In tre anni 4.500 professori, il 12% del totale, sono andati in pensione. Molti dei corsi che insegnavano non ci sono più perché, tranne casi rari, chi è andato in pensione non è stato sostituito. Il motivo è che i tagli ai finanziamenti pubblici hanno fatto sì che nella quasi totalità degli atenei la spesa per stipendi oggi superi il 90% delle risorse, soglia al di sopra della quale non si può più assumere nessuno. I ricercatori sono 24 mila. Fino a ieri due su tre insegnavano, sebbene una legge sciocca ma ancora in vigore dica che dovrebbero fare solo ricerca, non insegnare. Quest'anno oltre un terzo dei ricercatori non farà lezione: altri corsi che non partono, spesso i più avanzati poiché i più vicini alla frontiera della ricerca.

Che nell'università ci siano troppi professori è un fatto. La responsabilità è di quei sindaci e presidenti di Provincia, di destra, di centro e di sinistra, che hanno ottenuto che si aprissero università ovunque, e che in ciascuna si avviassero corsi di triennio, biennio e dottorato. Se a errori ripetuti per decenni si vuol rimediare in un giorno c'è un solo modo: chiudere i corsi di laurea. È la strada che ha scelto il ministro dell'Economia che in nome del vincolo di bilancio ha deciso di sacrificare l'università. Se i ragazzi buttano al vento un anno della loro vita, poco male. Ma se davvero il vincolo di bilancio è così stretto, come mai nel primo semestre dell'anno il governo ha consentito che la spesa corrente al netto degli interessi, evidentemente in altri settori, aumentasse di 2.800 milioni? Chi sono i privilegiati? Possiamo permetterci di sprecare il nostro capitale umano? Non credo. Si poteva far meglio? Sì.

In luglio il Senato ha approvato la riforma dell'università. Non è una legge ideale, ma va dato atto al ministro Gelmini di aver fatto un importante passo avanti. La legge riconosce che i corsi devono essere ridotti, le università snellite, alcune chiuse. Ma si propone di farlo gradualmente, con un piano di sostituzioni solo parziali dei professori che vanno in pensione: altri 5.800 nei prossimi cinque anni. La Camera è pronta ad approvare la legge. I deputati della maggioranza non esigono che i tagli all'università (1.200 milioni, un ulteriore 15% in meno il prossimo anno) siano cancellati: chiedono che siano ridotti della metà, per consentire alle università di funzionare. Neppure questo è compatibile con i vincoli di bilancio? Allora si abbia il coraggio di spiegare alle famiglie che non possiamo più permetterci un'università quasi gratuita, cioè rette che coprono meno di un terzo del costo degli studi. Trovo terribile il cinismo di chi lascia una generazione allo sbando perché non ha il coraggio di dire la verità.

Francesco Giavazzi
24 ottobre 2010

venerdì 8 ottobre 2010

Sarah

Sabrina:"Mai dubitato di mio padre"
Le figlie dell'"orco" Michele al Tg5
Mentre Avetrana piange la morte di Sarah Scazzi, trucidata dallo zio Michele, parlano le figlie dell'assassino. Sabrina e Valentina, in esclusiva al Tg5 raccontano il loro sgomento per aver scoperto di aver vissuto per anni con un padre "mostro". "Non ho mai dubitato di mio papà, mai avrei pensato a lui come un assassino", dice Sabrina. E monta la rabbia nel Paese che medita vendetta nei confronti dell'uomo. Sabato i funerali della ragazza.

"Mio padre ha preso in giro tutta l'Italia. Noi non avevamo alcun sospetto", aveva detto dopo aver saputo della confessione dell'uomo. Lui sentiva tutti i nostri discorsi anche quelli con i miei amici. Ho abboccato a tutto quello che mi ha detto, ci ha preso in giro per 42 giorni, non pensavo di avere l'orco in casa. Spero che paghi". "L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita". "Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - si mette a pari col disastro che ha combinato». "Non deve più esistere", conclude.

Infine un cenno sull'esito dell'autopsia, effettuata giovedì sul corpo straziato di Sarah. L'esame ha confermato che la causa della morte è stato lo strangolamento, ma per tutta una serie di altri elementi sarà necessario attendere i risultati di laboratorio. In particolare si attendono i riscontri delle analisi per accertare se vi sia stata davvero violenza sessuale, come ha confessato Michele. Come è di prassi la perizia medico legale è attesa entro 30 giorni.

"Aveva il pantaloncino e la maglietta rosa"
"Ero nel mio garage, come sempre. Aggiustavo il trattore che aveva avuto un problema ed ero molto arrabbiato, nervoso perché non riuscivo a mettero in moto". Così Michele Misseri racconta quel tragico 26 agosto secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica. "Saranno state le 14.30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage". Sono gli ultimi momenti di vita della giovane, lei è arrivata a casa dello zio per andare al mare con la cugina Sabrina. Indossa un pantaloncino, la maglietta rosa, le infradito. "Mi ha detto che aspettava Sabrina - dice Misseri - era leggermente in anticipo. Mia figlia era ancora in casa, l'altra amica Mariangela ancora non era arrivata. Le ho fatto segno di scendere. Non so cosa mi è scattato, all'improvviso Sarah mi intrigava, è successo tutto in un momento".

Uccisa nel garage poi gli abusi nel campo
"L'ho toccata, lei ha reagito e non ci ho visto più". Così il Corriere della Sera rivela stralci dell'interrogatorio di Michele Misseri. Lo zio di Sarah dice di aver visto la nipote appena giunta a casa sua, dove aveva appuntamento con la figlia Sabrina. E proprio nel garage è avvenuto l'omicidio. Sarah ha reagito all'avance dello zio e lui, con una corda che aveva in mano, l'ha strangolata. Poi ha spento il cellulare della ragazza e dopo aver parlato con la figlia ha portato il cadavere nel campo dell'orrore. Qui, ha raccontato agli inquirenti increduli, ha denudato Sarah: "Quando l'ho vista nuda non sono riuscito a fermarmi e ho avuto un rapporto sessuale con lei". "Quando lei era già morta?" chiedono i carabinieri. "Sì, non era passato molto tempo, poi ho gettato il cadavere nella vasca di raccolta dell'acqua piovana e ho bruciato i suoi vestiti".

Bruciata anche la corda usata per lo strangolamento
Misseri ha anche ammesso di aver bruciato la corda con la quale ha strangolato la nipote. L'uomo ha detto agli inquirenti che nel garage aveva a disposizione diversi tipi di corde. Nel momento in cui ha compiuto il delitto, Misseri ha detto di aver afferrato la prima corda a disposizione. Sul cadavere della ragazzina, che era saponificato dopo 42 giorni di permanenza in acqua nel pozzo-cisterna, il medico legale, Luigi Strada, ha riscontrato il segno dello strangolamento oltre a diversi danneggiamenti dovuti sia alla permanenza in acqua sia alle operazioni di abbandono e di estrazione del cadavere.

Sabato i funerali
La cerimonia funebre per la morte di Sarah si svolgerà sabato pomeriggio. L'annuncio lo ha dato il sindaco di Avetrana, Mario De Marco, dicendo che si deciderà con i carabinieri dove farli celebrare. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il sindaco ha aggiunto che "il rito sarà sicuramente cattolico, anche se Sara non è stata battezzata". De Marco ha detto ai cronisti di "aver trovato una mamma molto determinata, è come l'avete vista in questi 40 giorni".
Ultimo aggiornamento ore 12:28

depressione

Savona, bimbo trovato morto
A ucciderlo la madre depressa
Il corpo di un bambino di 3 anni è stato ritrovato lungo la strada di San Bartolomeo del Bosco, sulle alture diSavona. A compiere l'omicidio la madre 36enne del piccolo, che ha confessato dopo un lungo interrogatorio.Elisabetta Bertolotto ha strangolato il figlioletto, Andrea, in preda a una crisi post partum, e poi ha tentato il suicidio lanciandosi con la propria auto da un dirupo. Adesso è piantonata, in stato di shock, all'ospedale San Paolo.

Secondo la confessione, la donna che era uscita di casa intorno all'alba con il primogenito, dopo aver vagato per ore nei boschi della zona, ha strangolato il piccolo e, prima di gettarsi da un dirupo con la macchina, ha chiamato il marito, Mauro Quagliati. Teatro della vicenda è il bivio di San Bartolomeo del Bosco tra Cimavalle e Naso di Gatto. Elisabetta Bertolotto soffriva di depressione post partum. Da 10 giorni aveva avuto infatti un altro bambino.

Secondo alcuni testimoni oculari, Quagliati quando è stato trovato dalla polizia era in lacrime, sdraiato a terra vicino al corpicino del figlio e stava tentando di rianimarlo. Il papà della vittima era appena arrivato in cima alla strada che da Savona sale lungo il bosco alla ricerca della moglie e del figlioletto.

A coordinare l'inchiesta sul ritrovamento del bambino di tre anni a San Bartolomeo del Bosco è il sostituto procuratore della Repubblica, Danilo Ceccarelli. Già disposta l'autopsia del piccolo. La donna, invece, ha confessato ed è in stato di arresto all'ospedale San Paolo.

Sul posto erano intervenuti i vigili del fuoco, il 118, gli agenti della squadra mobile e la polizia scientificaper i rilievi del caso.

setticemia

Setticemia scambiata per influenza
Muore in Puglia una ragazza di 22 anni
Indaga la magistratura. Se ne è andata dopo un calvario
durante il quale le sono state amputate gambe e dita delle mani





BARI (5 ottobre) - È morta a 22 anni per setticemia a distanza di tre mesi da un banale intervento per l'asportazione di una cisti all'altezza del coccige, eseguito nell'ospedale di Putignano. La studentessa universitaria di farmacia, di Noci, è morta nel marzo scorso nell'ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti dopo che avevano tentato di salvarle la vita amputandole le gambe e tutte le dita delle mani, eccetto i pollici. La storia di Antonella Mansueto è oggetto di un fascicolo aperto dal sostituto procuratore del Tribunale di Bari, Angela Morea, dopo la denuncia presentata dai genitori.

La mamma di Antonella racconta sui giornali il calvario e la sofferenza della figlia. «Anche quando non respirava quasi più e il battito si sentiva appena - dice - I medici continuavano a dire che era solo un virus influenzale».

La ragazza era stata operata il 4 dicembre 2009: tutto era andato come previsto, poi qualche piccolo dolore e le medicazioni, per un certo periodo tutti i giorni e poi tre volte la settimana, come le era stato prescritto. Però Antonella e la sua famiglia si accorgono che qualcosa non va: la ferita non si rimargina ed emana un cattivo odore. Antonella si sente malissimo e le sue condizioni precipitano nei giorni successivi sino a quando, a marzo decidono di amputarle le gambe e le dita delle mani nell'estremo tentativo di salvarle la vita. L'operazione viene eseguita il 22 marzo da una équipe di medici di Bologna. Un tentativo risultato inutile perché la ragazza muore il 26 marzo.

Le indagini. Il pm della Procura di Bari, Angela Morea, ha convocato come persona informata dei fatti uno dei sanitari che ha conosciuto la ragazza dopo l'intervento chirurgico. Antonella venne ricoverata per l'asportazione di una cisti il 4 dicembre 2009 nell'ospedale di Putignano e venne operata dal chirurgo Aldo Calò. Il pm Morea ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche e dei referti medici di tutte le strutture dove la ragazza, nei tre mesi di sofferenza, dall'operazione alla morte, è stata curata e visitata: l'ospedale di Putignano, il Miulli di Acquaviva e la Guardia Medica di Noci, dove addirittura le era stata diagnosticata un'influenza e le fu prescritta tachipirina per abbassare la febbre arrivata a 42. La Procura sta inoltre procedendo all'identificazione dei medici che hanno avuto in cura la 22enne, per individuare responsabilità personali e procedere ad eventuali iscrizioni nel registro degli indagati.

«Per capire cosa sia successo a Bari, abbiamo già inviato i carabinieri appartenenti al nucleo Nas della Commissione d'inchiesta» dice Ignazio Marino, presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. I risultati, ha detto Marino, saranno valutati «durante il prossimo Ufficio di presidenza».

Delitto di Avetrana

IL DELITTO DI AVETRANA - LO ZIO DELLA RAGAZZA HA CONFESSATO IL DELITTO
L'autopsia su Sarah: è stata strangolata
Il sindaco: «Sarà lutto cittadino»
I medici devono ancora accertare la violenza sessuale
La cugina: «Non ho mai dubitato di papà»

NOTIZIE CORRELATE
«Ho ucciso Sarah e poi l'ho violentata» (7 ottobre 2010)
Sarah e quella lite con la cugina: «Tuo padre con me è diventato strano» di Giusi Fasano (8 ottobre 2010)
La vita e gli orrori dell'orco di Avetrana (8 ottobre 2010) di G. Buccini


AVETRANA (Taranto) - La conferma arriva dall'autopsia: Sarah Scazzi, la giovane uccisa dallo zio lo scorso 26 agosto, è stata strangolata. Resta da chiarire se - come confessato dall'omicida, Michele Misseri - sia stata anche violentata dopo la morte. «È trascorso troppo tempo da quando Sarah è stata uccisa e gettata nel pozzo - spiega il professor Luigi Strada, direttore dell'istituto di medicina legale dell’Università degli Studi di Bari. - Per questo motivo ho fatto dei prelievi e dei tamponi per chiarire l'aspetto della violenza sessuale. Per quanto riguarda il resto, confermo quanto uscito dagli investigatori, ovvero che sul collo della ragazza abbiamo trovato dei segni di strangolamento». A una precisa domanda sull'aspetto del corpo della ragazza, il medico aggiunge: «Il volto è sfigurato, sul corpo ci sono segni di putrefazione avanzata. La permanenza nell'acqua ha danneggiato i tessuti, Sarah è irriconoscibile. Per questo ho consigliato, anzi quasi obbligato, la madre a non vederla. Le ho spiegato che la cosa migliore è mantenere il ricordo, l'immagine di sua figlia com'era in vita».

La morte di Sarah

LA RABBIA - Il paese di Avetrana, che ha appreso la verità sulla sorte di Sarah 42 giorni dopo la notizia della scomparsa, si è stretto intanto intorno alla famiglia della vittima, con in testa i compagni di scuola della studentessa quindicenne. I ragazzi si sono radunati giovedì davanti all'abitazione di Sarah, si sono abbracciati, hanno pianto e hanno scritto su tre cartelloni l'addio «a un piccolo angelo». Poi, all'improvviso, hanno cambiato destinazione e sono andati a casa di Michele Misseri, «lo zio assassino, la bestia, che ci fa schifo e che deve avere l'ergastolo» (ma un coro chiedeva la pena di morte). Davanti a casa Misseri, c'è stato anche qualche momento di tensione con alcuni amici che sono andati a visitare la moglie Cosima e le figlie Sabrina e Valentina: pochi attimi e poi i ragazzi sono andati via. Il dolore di Avetrana però non finisce e il sindaco, Mario De Marco, ha annunciato il lutto cittadino in occasione dei funerali. L'amministrazione comunale ha già chiesto al parroco, don Dario De Stefano, che gli stessi funerali si svolgano «in uno spazio più grande», al campo sportivo o al palazzetto dello sport.



SMS - Sabrina, la figlia di Misseri, torna intanto a dire la sua. E lo fa tramite un sms inviato a un giornalista della trasmissione di Rai 1, «La Vita in diretta»: «Mio padre è stato un padre esemplare e non ha mai abusato di noi». In un altro messaggio, Sabrina aggiunge: «Non ho mai detto che mio padre l'ha portata via (come risulterebbe, secondo quanto trapelato in precedenza, da un'intercettazione ambientale fatta ascoltare anche all'omicida) perché, in 42 giorni, non ho mai dubitato di lui. Ho cominciato a farlo da stanotte». La giovane ha anche precisato che la madre «non ha mai detto che Michele deve morire, ma che deve pagare».

«NON DEVE PIU' ESISTERE» - «L'unica cosa che dovrebbe fare - commenta invece Claudio Scazzi, fratello di Sarah - è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita». «Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita - dice il giovane nel corso della trasmissione "La vita in diretta" - si mette a pari col disastro che ha combinato». «Non deve più esistere» conclude.

Redazione online
08 ottobre 2010

mercoledì 6 ottobre 2010

fanghi tossici

QUATTRO MORTI, 3 DISPERSI, 123 FERITI, TRA I QUALI 61 RICOVERATI, NEI 7 CENTRI COLPITI
Ungheria: un anno per la bonifica
delle aree invase dai fanghi tossici
Si lavora per impedire che la marea rossa raggiunga gli affluenti del Danubio. Ancora incerte le cause del disastro

NOTIZIE CORRELATE
Ungheria: almeno 4 morti e 120 feriti per la fuoriuscita di fanghi chimici (5 ottobre 2010)

BUDAPEST - Sarà necessario almeno un anno di lavoro e una spesa di decine di milioni di euro per bonificare la zona sommersa dai fanghi tossici di un'azienda che produce alluminio fuoriusciti da una vasca di decantazione in Ungheria. È la stima del governo di Budapest che ha dichiarato lo stato di emergenza nelle tre province (Veszprem, Györ-Sopron e Vas) interessate dal disastro ecologico che ha provocato quattro vittime, tre dispersi e 123 feriti, tra i quali 61 ricoverati, nei sette centri abitati inondati dalla marea rossa. La rottura degli argini della vasca di decantazione ad Ajka è avvenuta per motivi ancora da accertare: si sospetta un eccessivo carico dell'invaso, un errore di progettazione oppure l'aumento dell'acqua a causa delle forti piogge.

Ungheria: fanghi tossici, 4 morti

DANUBIO - Oltre alle vittime si teme per le conseguenze a lungo termine dei fanghi tossici: 1,1 milioni di metri cubi si sono riversari su un'area di 40 chilometri quadrati. Almeno 500 uomini della Protezione civile ungherese sono impegnati per cercare di impedire che gli inquinanti possano raggiungere gli affluenti del Danubio e infine arrivare al fiume più importante dell'Europa centro-orientale. Anche le nazioni vicine, in cui scorre il fiume, hanno espresso preoccupazione. «Se le acque contaminate arriveranno al Raba e peggio ancora al Danubio, sarà davvero una catastrofe ecologica», ha avvertito il sottosegretario all'Ambiente, Zoltan Illes.

Redazione online
06 ottobre 2010

setticemia

Muore per setticemia, 18 indagati
Catania,33enne deceduto dopo incidente
Diciassette medici di due ospedali, il Cannizzaro di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), e un dipendente dell'Anas, sono indagati dalla Procura etnea nell'ambito dell'inchiesta sulla morte per setticemia di Carmelo Finocchiaro, di 33 anni, avvenuta il 27 settembre scorso. Gli avvisi di garanzia, che ipotizzano il reato di omicidio colposo, sono stati emessi come atto dovuto a tutela degli indagati.


Come ricostruisce il quotidiano La Sicilia di Catania, Finocchiaro, originario di Taormina, sposato con due figli, ma da anni residente in Calabria, era rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto tra Spezzano Albanese e Cassano allo Ionio, la notte tra il 25 e il 26 agosto scorsi.

L'auto guidata da Remigio Luca Serra, di 33 anni, era uscita di strada procurando la morte del guidatore e un braccio rotto, alcune costole rotte e una pleurite a Finocchiaro, che è stato ricoverato nell'ospedale di Castrovillari e giudicato guaribile in un mese.

Dopo 13 giorni però le sue condizioni si sono aggravate per una cancrena al braccio destro e per questo, l'8 settembre, è stato trasferito all'ospedale Cannizzaro di Catania che è dotato di camera iperbarica. Fino al 20 settembre Finocchiaro è sottoposto a tre interventi chirurgici al braccio, che gli è stato amputato. L'uomo è poi entrato in coma ed è morto dopo sette giorni.

I suoi genitori hanno presentato un esposto alla Procura di Catania e il sostituto Assunta Musella ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e l'autopsia, che è stata già eseguita alla presenza dei consulenti di parte degli indagati.

Ultimo aggiornamento ore 10:51

lunedì 27 settembre 2010

UCCIDE IL PADRE

Giulianova, schizofrenico uccide il padre
spaccandogli la testa con una sedia


GIULIANOVA (25 settembre) - Affetto da schizofrenia bipolare, per la quale era regolarmente in cura, un 51enne di Giulianova ha ucciso l’anziano padre, invalido, rompendogli sulla testa una sedia in legno.
Nelle prime ore di stamani, in un momento di lucidità, la confessione ai carabinieri: dopo le solite medicine aveva bevuto del vino che si era comprato da solo. L'uomo, accusato di omicidio volontario, è ora nel carcere di Teramo, controllato a vista. Si attende, dopo l'interrogatorio da parte del magistrato, di trasferirlo in una struttura attrezzata.

La vittima è Biagio Adriani, 88 anni, vedovo, costretto sulla sedia a rotelle. Viveva con il figlio Mansueto (arrestato) e una badante. Al piano superiore dell’abitazione, vive l’altro figlio, Gianfranco (45), che ha scoperto il corpo del padre dopo le 21 di ieri, rientrando dal lavoro. Negli ultimi giorni, Mansueto era apparso ai famigliari più agitato nei comportamenti, tanto da chiedere una visita in abitazione allo psichiatra che lo aveva in cura, dell’ospedale di Giulianova. I carabinieri però, sentite le testimonianze, escludono per ora che il suo stato fosse da collegare all’assunzione di alcol, oltre che alla sua patologia. Dopo la visita, comunque, il medico non aveva ritenuto necessario il ricovero. La badante però, preoccupata, nel pomeriggio aveva lasciato la casa, mentre l’altro figlio della vittima aveva raggiunto il suo posto di lavoro, un bar nel teramano.

L’arrestato, da quanto si è appreso, era senza lavoro da due anni, da quando cioè era stato sottoposto all’ultimo trattamento sanitario obbligatorio a causa della sua patologia. Secondo gli investigatori, mai prima era stato violento in famiglia o fuori casa, se non verbalmente.

domenica 26 settembre 2010

LI BERGOLIS ARRESTATO

Foggia, arrestato superlatitante
Li Bergolis era tra 30 più pericolosi
I carabinieri di Foggia e quelli del Ros hanno arrestato Franco Li Bergolis, 32enne di Manfredonia, capo superlatitante della mafia garganica e condannato all'ergastolo in primo e secondo grado. Li Bergolis, inserito nell'elenco dei 30 più pericolosi latitanti d'Italia era scomparso da un paio di anni, dopo che nell'estate del 2008 era stato scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare nel maxi-processo alla mafia garganica.


Il processo si è concluso per lui con una condanna all'ergastolo il 7 marzo del 2009 dalla corte di assise di Foggia e il 15 luglio 2010 dalla corte di assise di appello di Bari.

Benché abbia solo 32 anni, viene considerato al vertice della mafia garganica, soprattutto dopo gli ultimi cruenti agguati che hanno eliminato un paio dei capi storici dei clan garganici e dopo che il 30 agosto è morto l'ultimo capoclan dei Romito, un tempo strettamente alleati dei Li Bergolis e da qualche anno in guerra con loro.

Nell'ambito di questa guerra, dall'aprile 2009 si contano sei omicidi e due agguati falliti. L'ultimo omicidio è stato compiuto a Manfredonia il 30 giugno 2010, quando è stato ucciso Leonardo Clemente, nonno del vecchio capoclan dei Li Bergolis, "Ciccillo", ucciso il 26 ottobre 2009 a Monte Sant'Angelo. Pochi giorni dopo l'ultimo cruento agguato, il 12 luglio si è svolto a Manfredonia un vertice sulla sicurezza presieduto dal ministro dell'interno, Roberto Maroni.

Ultimo aggiornamento ore 08:13

sabato 18 settembre 2010

LA BALESTRA

L'EREDITÀ ALLA BASE DELLA TRAGEDIA
Rimini: uccide la nipote con la balestra
e si suicida con una freccia al torace
Lei era un avvocato di 40 anni. Lo zio ha anche tentato di far esplodere il palazzo



L'ingresso della casa dove è avvenuto il delitto (MMigliorini)RIMINI - Una balestra appesa ad un muro, un'arma quasi ornamentale, fino a ieri soltanto un pezzo di arredamento kitsch. È quella che ha ucciso Monica Anelli, avvocato di 40 anni di Rimini, che nella tarda mattinata è stata colpita a morte al collo da un dardo scoccato da quell'oggetto che le era diventato familiare e che faceva parte della collezione dello zio. Quello zio, Stefano Anelli 62 anni, da subito irreperibile e cercato dalla Squadra mobile che si è tolto la vita in auto, sulle colline riminesi, con un'altra balestra della sua collezione. La polizia l'ha trovato in serata, in località Santa Cristina, con una freccia conficcata nel torace. Come per concludere un rito assurdo, e per autoaccusarsi del delitto, aveva puntato l'arma da distanza ravvicinata contro se stesso. Monica quella balestra la vedeva ogni giorno da aprile, da quando cioè si era trasferita nel suo nuovo appartamento di viale XXIII settembre. Era appesa sul pianerottolo, proprio dove è stata uccisa, probabilmente al termine di un litigio, avvenuto mentre stava rientrando in casa da lavoro, visto che aveva ancora con sè la borsa e la ventiquattrore dove teneva i documenti della sua professione. Nel disegno dello zio, il piano era molto più ambizioso di quello che è stato attuato: dopo aver colpito la sua vittima con un dardo, fermandone il tentativo di fuga per le scale, ha infatti rotto i tubi del gas e lasciato una candela accesa. Il suo obiettivo era infatti quello di provocare un'esplosione (che avrebbe probabilmente distrutto la palazzina) per far sembrare la morte della donna un incidente domestico.
Rimini, il delitto della balestra




Monica Anelli (AnsaIl disastro è stato però sventato dai vigili del fuoco, intervenuti perché allertati dai vicini che avevano sentito odore di gas. Monica Anelli abitava in quella casa insieme al compagno, un carrozziere della zona: insieme, progettavano di avere un figlio. Nella stessa palazzina, di proprietà della famiglia, solo un altro appartamento sfitto ed uno dove viveva lo zio paterno insieme alla compagna moldava. Ingegnere molto conosciuto in città, Stefano Anelli, scrittore e pittore per hobby, da qualche tempo aveva comportamenti anomali, tali da pregiudicare anche i rapporti con i familiari. Per la Squadra mobile è diventato subito il personaggio chiave dell'omicidio. Oltre ad essere il vicino di casa e il proprietario di quella collezione d'armi antiche arricchita da balestre, è stato anche l'unico dei parenti della vittima a risultare irreperibile. Testimoni l'hanno visto allontanarsi a fine mattina sulla sua Seicento. La vittima e lo zio, secondo quanto emerso, sarebbero stati in buoni rapporti, anche se la Squadra Mobile guidata da Nicola Vitale ha cercato subito di capire, attraverso i parenti, se potessero essere emersi screzi di varia natura. I genitori di Monica, invece, si trovavano in Val d'Aosta per un breve periodo di vacanza. Erano partiti nei giorni scorsi proprio insieme con lei (seconda di tre figlie) ed al compagno. Loro, poi, erano tornati qualche giorno fa per riprendere il lavoro, lasciando i genitori a godersi la montagna. Monica, avvocato civilista, li assisteva in una causa per l'eredità della nonna che aveva creato qualche tensione in famiglia. Che gli investigatori hanno subito analizzato. (fonte: Ansa)

17 settembre 2010(ultima modifica: 18 settembre 2010)

giovedì 16 settembre 2010

MORTE /UCCISIONE

NEL TREVIGIANO
Giallo a Conegliano, anziano ucciso
Eliseo David, 71 anni, è stato soffocato in casa. La polizia interroga moglie e figlia, che avevano denunciato di essere state aggredite nel corso di una rapina


CONEGLIANO (Treviso) - Giallo a Conegliano. Un uomo di 71 anni, Eliseo David, è stato soffocato nella propria casa. Ad avvertire la polizia sono state la moglie e la figlia (che viveva con i genitori), che hanno denunciato di essere state rapinate. Gli agenti non hanno però trovato segni di rapina e hanno portato le donne in commissariato per interrogarle. La moglie, Laura De Nardo, che fino a poco tempo fa gestiva con il marito un esercizio commerciale in centro a Conegliano, ora in via di cessione, ha raccontato agli inquirenti di essere stata immobilizzata con del nastro adesivo. Ma la testimonianza non convince del tutto tanto che prende corpo l’ipotesi di un omicidio maturato forse negli ambienti vicini alla vittima e non di una disgrazia conseguente a una rapina in casa.

LA SCENA DEL DELITTO - Nell’abitazione, sottoposta a un attento esame degli investigatori, non sarebbero stati rilevati segni che possano far pensare a un’aggressione a scopo di rapina. A un primo esame non risulta che manchino dalla casa oggetti o beni. Porte e finestre, inoltre, appaiono intatte. Secondo quanto si è appreso, David potrebbe essere deceduto a causa di un panno infilato in bocca, forse imbevuto di una sostanza chimica. Non si esclude un narcotico. Al momento, il quadro investigativo è ancora aperto e non risultano provvedimenti a carico di alcuno. (Ansa)


16 settembre 2010

mercoledì 15 settembre 2010

PARTO ALL'AUTOGRILL

ALL'ALTEZZA DI POMEZIA
Partorisce nell'area di servizio
Mamma e bimba gravi in ospedale
Donna dà alla luce neonata nel bagno di un distributore sulla Pontina. Massaggio cardiaco per la piccola



Il bar sulla Pontina e i due agenti che hanno prestato il primo soccorso (foto Faraglia)ROMA - Una donna ha partorito all'interno del bagno di un'area di servizio al km 27,300 della via Pontina, all'altezza di Pomezia. E' accaduto martedì intorno alle 18. In preda alle doglie, in ritardo a causa del traffico, la giovane non ha potuto evitare di mettere alla luce la figlia mentre il marito andava a parcheggiare l'auto e cercare aiuto.
La madre, una donna polacca di 30 anni e la sua bambina sono stati portate in codice rosso al Sant'Eugenio. Sul posto è intervenuta la Polizia Stradale. La donna ha avuto un'emorragia interna e anche le condizioni della neonata neonato sono molto gravi, nonostante le sia stato subito praticato un massaggio cardiaco.
BARISTA E OSTETRICA - La piccola è stata partorita con l'aiuto della signora che si trovava nel bar e che si è improvvisata ostetrica. I due agenti Antonio Iafrate e Alfredo Cirillo hanno prestato il primo soccorso, effettuando un massaggio cardiaco alla donna, appena incontrata all'interno del bagno «Eravamo in transito sulla Pontina a tre chilometri dal bar Monte D'Oro, quando ci hanno chiamato». La telefonata è stata effettuata dalla proprietaria del bar, la signora Isabella Agostinelli, che è accorsa in bagno quando ha sentito i lamenti della partoriente.
«Siamo arrivati che la signora era seduta sul water con la bambina in braccio. Abbiamo praticato immediatamente un massaggio cardiaco e una respirazione artificiale. La lingua era andata indietro e stava diventando pericolosa per il soffocamento». All'arrivo del 118, gli agenti hanno scortato l'ambulanza al Sant'Eugenio. Secondo il referto «il feto era sofferente».

Redazione online
14 settembre 2010(ultima modifica: 15 settembre 2010)

martedì 14 settembre 2010

PANETTONI E PANDORI

Verona, sequestrate 10 milioni di uova
conservate tra topi ed escrementi
Operazione dei Nas nei magazzini di una ditta
che riforniva note industrie dolciarie nazionali

MILANO - Dieci milioni e 300 mila uova, per un valore commerciale di due milioni di euro, «conservate a temperature non idonee, con percolati di uova rotte, tra insetti, roditori e relativi escrementi», sono state sequestrate dal Nas dei carabinieri in un magazzino di una ditta di Verona specializzata nella fornitura di ovoprodotti destinati a note industrie dolciarie nazionali.

LE ISPEZIONI - Oltre al magazzino, i militari di Padova hanno ispezionato anche «l'area di sgusciatura e lavorazione della ditta dove sono state riscontrate diffuse situazioni di sporcizia, risalenti alla precedente lavorazione» e hanno quindi richiesto all’Autorità sanitaria «l'inibizione all’uso dell'intera linea di lavorazione dell’azienda stessa fino all’adeguamento ai regolari criteri igienici». Il sequestro ha permesso di impedire l'eventuale utilizzo delle uova nella preparazione di sottoprodotti destinati quali ingredienti in prodotti dolciari da forno, come ad esempio i panettoni, i pandori, ma anche merendine di produzione industriale (fonte: Apcom).

domenica 12 settembre 2010

violenza carnale

Una 29enne violentata il 25 agosto scorso a Casoria: all'alba di sabato cinque giovani tra i 20 e i 23 anni (tra loro sia studenti che lavoratori) sono stati arrestati tra Casoria e Afragola, comuni del napoletano. I protagonisti della vicenda, la vittima e gli aguzzini, sono tutti del Napoletano. La vicenda si sonada in due tempi: in una prima fase la giovane conosce, nelle notti della movida napoletana, un ragazzo più giovane di lei. Si fida e va a un secondo appuntamento. Il ragazzo va a prenderla con una Smart e a sua insaputa la porta in un luogo appartato dove sono in attesa quattro amici. È nella vettura che avvengono le violenze. Poi viene abbandonata sul ciglio di una strada. La 29enne viene portata all'ospedale Cardarelli di Napoli e curata. Poi la denuncia ai carabinieri e l'avvio delle indagini. La vittima fornisce delle indicazioni agli investigatori utili alle indagini: il tipo di macchina, la fisionomia dei cinque in particolar modo del ragazzo che aveva conosciuto e con il quale si era vista due volte. In 15 giorni di indagini i carabinieri identificano i presunti autori dell'odiosa violenza. I cinque indagati per violenza sessuale e sequestro di persona sono stati rinchiusi nel carcere di Poggioreale. Prima di allora non avevano mai avuto problemi della giustizia.

martedì 7 settembre 2010

ILLEGALITA' E CRIMINALITA'

Ieri ho spedito alla CEDAM la prima stesura di quest'opera. Speriamo bene.

venerdì 18 giugno 2010

PERCHE E' MORTO?

Cucchi, rinvio a giudizio per 13 persone
tra medici infermieri e agenti penitenziari
I reati vanno dalle lesioni aggravate, all'abuso di autorità, falso ideologico, abbandono di incapace

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Stefano CucchiROMA - La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 tra medici, infermieri e agenti penitenziari accusati di aver provocato la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni deceduto il 22 ottobre scorso nell'ospedale Sandro Pertini, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga.
CHI SONO - La richiesta è stata firmata oggi dai pm Vincenzo Barba e Francesca Maria Loy. Sotto processo rischiano di finire sei medici, Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario del Sandro Pertini, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite e Rosita Caponetti; gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe; gli agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria Claudio Marchiandi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni aggravate all'abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all'abuso d'ufficio, dall'abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d'ufficio, fino al favoreggiamento ed all'omissione di referto. Sulle richieste si pronuncerà il gup Rosalba Liso.

I TRE AGENTI - I tre agenti, secondo il capo d’imputazione, «abusavano dei poteri inerenti alla qualità di appartenenti alla polizia penitenziaria, quali preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza del tribunale penale di Roma, adibite alla custodia temporanea degli arrestati in flagranza di reato in attesa dell’udienza di convalida, spingendo e colpendo con dei calci Cucchi, che ivi si trovava in quanto arrestato». Secondo i pm «lo facevano cadere a terra e gli cagionavano lesioni personali, consistite in ’politraumatismo ematoma in regione sopracillare sinistra, escoriazioni sul dorso delle mani, lesioni escoriate in regione para-rotulea bilateralmente cinque lesioni escoriate ricoperte da crosta ematica in corrispondenza della cresta tibiale sinistra, altre piccole escoriazioni a livello lombare para-sacrale superiormente e del gluteo destro, ed infrazione della quarta vertebra sacrale’, dalle quali derivava una malattia della durata compresa tra 20 e 40 giorni».

MEDICI E INFERMIERI - Abbandono di persone incapaci aggravato dalla morte, secondo l’articolo 591 del codice penale. E’ questo il reato contestato a 6 medici e tre infermieri dell’ospedale «Sandro Pertini», dove fu ricoverato Cucchi. La fattispecie è contestata ad Aldo Fierro, dirigente medico di secondo livello e direttore della struttura complessa di medicina protetta, ai dirigenti medici di primo livello Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi e Preite De Marchis. Medesima accusa anche per i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. I sanitari, in concorso tra loro, secondo gli inquirenti della Procura di Roma, «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione ed adattabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei ad evitare il decesso del paziente».

L'AVVOCATO DI FAMIGLIA - «Sono soddisfatto per la richiesta di rinvio a giudizio per i 13 indagati perché finalmente si apre il processo e ci sarà data la possibilità di esercitare tutte le prerogative che lo Stato ci concede. Anzi, possiamo dire che adesso, finalmente, si comincia». Lo dice l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi sul caso di Stefano, il giovane di 31 anni morto il 22 ottobre scorso durante un suo arresto per droga. «Presenteremo una memoria al processo per ipotizzare l'omicidio preterintenzionale a carico degli agenti - continua Anselmo - continuiamo a credere che senza le percosse Stefano non sarebbe morto. Se fosse morto soltanto per l'imperizia dei medici, allora cosa vuol dire, che si sarebbe sentito male pure a casa sua?».