martedì 25 ottobre 2011


Malasanità, 326 casi in Italia dal 2009
Maglia nera alla Calabria

Sono i risultati dei lavori della Commissione d'Inchiesta
Ben 223 si sono conclusi con il decesso del paziente

Leoluca Orlando
Leoluca Orlando
MILANO - In quasi 2 anni e mezzo sono stati 470 i casi di malasanità giunti all'esame della Commissione d'inchiesta sugli Errori sanitari, con una media di quasi due al giorno (1,85), di cui 329 terminati con la morte del paziente. A fare però il pienone sono Lazio, Calabria e Sicilia, che insieme totalizzano oltre la metà dei casi (239, rispettivamente 51, 97, 91) tra errori e altre criticità, con una media di 3,6 casi al giorno. Dai dati presentati dalla commissione presieduta da Leoluca Orlando (Idv), che vanno da fine aprile 2009 al 30 settembre 2011, emerge che i presunti errori sanitari sono stati 326, di cui 223 conclusisi con il decesso del paziente.
MAGLIA NERA ALLA CALABRIA - La maglia nera va alla Calabria, con 82 casi di presunti errori e 67 decessi, seguita da Sicilia (57 e 39), Lazio (28 e 17) e Campania (23 e 17). Sul fronte dei presunti errori c'è da segnalare il caso positivo della Sardegna, dove in 29 mesi non ne è stato segnalato nessuno, mentre in Molise uno solo, e anche in Trentino Alto Adige, ma con la morte del paziente. Se a queste cifre si aggiungono anche le altre criticità arrivate all'esame della commissione, la maglia per la regione più virtuosa spetta al Trentino, con un solo caso, seguito da Sardegna e Molise (2), Friuli Venezia Giulia, Basilicata e Marche (3) e Umbria (4). Le cosiddette regioni virtuose, con la sanità migliore in Italia, si collocano nella seconda parte della classifica, con la Toscana a 29 casi di malasanità (18 decessi), Lombardia a 28 (11 morti), Emilia Romagna 24 (16 morti) e Veneto 23 (13 morti). (Fonte: Ansa)

24 ottobre 2011 15:06

sabato 16 luglio 2011


Bottiglie vs caraffe: la guerra dell’acqua

Fino a tre mesi fa, parlare di guerre dell'acqua significava due cose: in generale, evocare scenari geopolitici; nel particolare, citare un libro di Vandana Shiva dedicato a quegli stessi scenari. Parlandone ora, sempre di battaglie si tratta, ma legali e in corso in una decina di procure italiane.
Chi è che si fa la classica guerra a colpi di atti giudiziari? Da un lato ci sono i grandi produttori diacque minerali, che nell'Italia hanno uno dei mercati più floridi del loro business. Dall'altro, lecaraffe filtranti, oggetto di un recente boom di vendite. Due i motivi del successo: 1) l'economicità: l'acqua che paghi rientra nella bolletta, i filtri costano mediamente poco più di 5 euro al mese; 2) la comodità: non ti pieghi più le spalle trascinando dal supermercato casse di acqua imbottigliata.
Economiche e comode, quindi. Ma fanno bene alla salute? Secondo gli imbottigliatori, no. E' questa, infatti, la base delle accuse che essi muovono ai produttori di caraffe. Guardando all'inchiestada cui è partita, tre mesi fa, la prima delle battaglie legali, i filtri carbonici che depurano l'acqua presa dal rubinetto ne stravolgono la composizione. Ok, va via il calcare; ma anche il calcio e il magnesio. E aumentano i livelli di sodio e potassio. E vi si trovano tracce di ammonio e di argento. Tutte cose che non appartengono alla corretta composizione dell'acqua potabile, e che la trasformano in nociva per chi soffra di ipertensione, cardiopatie e diabete.
A dire tutto ciò sono il Ministero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanità dopo che il pm Raffaele Guariniello ha chiesto loro una perizia legale su richiesta di Mineracqua, l'associazione che raggruppa le maggiori imprese di acque minerali. La risposta dei produttori di caraffe non è certo mancata.
Se questo accadeva tre mesi fa a Torino, è invece di pochi giorni addietro la decisione della procura di Roma di iscrivere nel registro degli indagati alcuni tra i produttori dei filtri, sulla base di diverse accuse: violazione delle norme sullo smaltimento di rifiuti, frode in commercio, commercializzazione di sostanze dannose alla salute. Qualcosa di diverso, insomma, dalla sola violazione di norme sugli alimenti su cui si sosteneva l'accusa di Guariniello.
Si prospetta, insomma, una questione giuridica all'italiana; non nel senso del finale alla "volemose bene", ma in quello di una complessità estrema di risvolti legali tipicamente catalogata come "un bel ginepraio". Materia per bravi avvocati, insomma, e che a noi interessa poco. A noi, che l'acqua la beviamo, interessa capire una cosa: 'sti benedetti filtri fanno male o no?
"Il tema è di rilievo", ci risponde Attilio Speciani, immunologo e nutrizionista, direttore scientifico di Eurosalus. "Il punto è che la filtrazione dell'acqua pone gli stessi problemi della filtrazione dell'aria. Bisogna cambiare regolarmente i filtri e assicurarsi di non lasciare in giacenza nessuno di quei due elementi. Di sicuro la filtrazione, o anche lo scambio osmotico, sono strumenti in grado di togliere dall'acqua molte sostanze nocive. Ecco perché laddove l'acqua stessa presenti forti problemi di impurità, i filtri diventano strumenti sicuramente da utilizzare. Ma laddove quei problemi non ci fossero, e quanto esce dal rubinetto è buono, la loro utilità si ridimensiona di molto".
Inutilità non significa però nocività. "Se osservo la situazione non riesco a non vedere una cosa, e cioè che la critica ai filtri non è partita dai produttori di rubinetti ma dai diretti concorrenti delle aziende che fanno filtri", conclude Speciani. "Ribadisco: se il ricambio dei filtri è fatto regolarmente e con attenzione, non vedo problemi. Tutto cambia se questa minima forma di gestione non viene fatta, e ci si ritrova tra le mani una caraffa sporca o con le muffe".
Ermanno Tancredi

roma


Roma arrivata al ritiro di Brunico
I tifosi a Totti: «A capità pensece te»

I giocatori applauditi in Alto Adige. Rescisso il contratto con il portiere Doni. Scoppia la prima grana diritti tv


Totti nel primo allenamento a Trigoria (foto Ansa)
Totti nel primo allenamento a Trigoria (foto Ansa)
ROMA - La Roma è arrivata al ritiro di Riscone di Brunico, in AltoAdige, dove rimarrà in ritiro fino al 26 di luglio. Ad attendere i calciatori giallorossi, arrivati alle 18.30 in pullman direttamente da Bolzano dove sono atterrati intorno alle 17.30, c’erano un centinaio di tifosi, che già da questa mattina sono arrivati in Val Pusteria da tutta Italia e che hanno sfidato la pioggia torrenziale che già da qualche ora cade su Riscone.
TOTTI APPLAUDITO -Tra i più applauditi capitan Francesco Totti e Daniele De Rossi, ancora in attesa di firmare il rinnovo del contratto e sempre al centro di voci di mercato che lo vorrebbero lontano dalla capitale. Totti è stato salutato vivacemente anche alla partenza della squadra dall'aeroporto di Fiumicino. «À capità Totti, me raccomando, pure quest'anno pensace te» si sono raccomandati i tifosi.
IL NUOVO ALLENATORE - Molti applausi anche per il nuovo tecnico Luis Enrique, apparso sorridente e rilassato. Lo spagnolo, un vero e proprio sergente di ferro, dirigerà il primo allenamento domani mattina alle 10.30 mentre la seduta pomeridiana comincerà alle 18.30.
«VECCHIA SQUADRA» - Nessun volto nuovo nella squadra, nei prossimi giorni si potrebbero aggregare Bojan, José Angel Valdés e il portiere camerunense Kameni, ma prima i loro acquisti dovranno essere ufficializzati. L’argentino Lamela invece parteciperà al Mondiale Under 20 e tornerà in Italia dopo il 20 agosto.
MERCATO - Non è partito per Riscone il portiere brasiliano Doni, che oggi pomeriggio ha rescisso il suo contratto con la società giallorossa, che gli ha versato una buonuscita di circa 2 milioni di euro, e che da domani sarà un giocatore del Liverpool. Potrebbe lasciare il ritiro all’inizio della prossima settimana, invece, Julio Sergio, che dovrebbe accettare il prestito al Lecce.L’ex direttore sportivo Daniele Pradè ha smentito le voci circolate in giornata riguardanti le sue dimissioni: in settimana incontrerà la nuova dirigenza per trattare il suo divorzio dalla Roma.
DIRITTI TV - Prima grana, intanto, per quanto riguarda i diritti televisivi del ritiro acquistati in esclusiva da Sky e da Roma Channel, che sono le uniche televisioni autorizzate a trasmettere le immagini del ritiro, scatenando la reazione delle altre tv (nazionali e locali) arrivate in forza a Riscone.
Gianluca Piacentini
15 luglio 2011 20:36

furto d'auto occupata


MESTRE

Gli rubano l'auto in sosta
con la mamma seduta dietro

L'uomo era entrato un attimo in un negozio. La sorpresa del ladro quando si accorge di avere un «ostaggio»
a bordo

MESTRE - «Pronto Polizia? Mi hanno rubato la macchina. E anche la mamma». Magari le parole utilizzate in un quel momento non saranno state proprio queste, ma il succo della telefonata ricevuta dal 113 ieri pomeriggio alla fine è inequivocabile. Ieri pomeriggio, intorno alle 13.20, un uomo ha parcheggiato la propria vettura in via Gozzi per entrare in un negozio. «Mamma, torno subito, il tempo di sbrigare queste due cose e torno».
Una toccata e fuga, tanto che aveva lasciato persino le chiavi inserite nel quadro comandi della vettura. Sui sedili posteriori, ad aspettarlo, l'anziana madre di 77 anni. Il tempo di sparire dietro la vetrina e un uomo, a detta della signora sulla cinquantina, si è fiondato al volante, ha messo in moto ed è scappato. Tempo di fare pochi metri, e l'uomo si è accorto di avere a bordo un «ostaggio» involontario. Il ladro, divenuto «sequestratore» per qualche minuto, ha farfugliato qualche frase incomprensibile e, arrivato all'altezza di via Cappuccina, ha accostato e fatto scendere la signora per poi riprendere la sua fuga. La donna non ha avuto bisogno di cure, anche se al momento è risultata piuttosto turbata dall'accaduto.
D.Tam.
13 luglio 2011

resti umani


Cadaveri smaltiti nel cortile degli orrori Triturati dalla ditta che fa riesumazioni

Sei cassoni di resti umani e un sacco di ossa vicino a una trituratrice ritrovati in via Flavio Gioia a Verona. Una segnalazione per odori fa scattare i controlli. I resti provengono dal Padovano

Perquisizione nella ditta Nicolini di via Gioia a Verona (Sartori)
Perquisizione nella ditta Nicolini di via Gioia a Verona (Sartori)
VERONA — La «pietas» non abita in via Flavio Gioia 57. Non ci abita la compassione, nel cortile di quella casa dove ieri si dipingevano le cancellate, come se nulla fosse. Perché lì, fino a ieri mattina, ci abitavano chili e chili di resti umani. Quelli contenuti in sei cassoni e in un sacco, ritrovati tra altri rifiuti. Erano «roba da smaltire», quei resti. E il sospetto è che in quell'azienda, la Nicolini Gestioni srl, i resti di quei morti venissero «smaltiti » come tutto il resto. Con quella trituratrice posizionata in mezzo al cortile. E, forse, con il fuoco. Credevano di trovarsi davanti a una discarica illegale, gli uomini della polizia stradale di Verona Sud e quelli della polizia provinciale, che in quello spiazzo a ridosso di un capannone dove una volta c'era una carrozzeria, sono arrivati tramite una segnalazione. Una segnalazione che parlava di odori forti, acri. Zaffate che si sprigionavano ogni volta che quella trituratrice veniva azionata. E ogni volta che qualcosa veniva bruciato nel cortile di Diego Nicolini, in quell'area - giusto di fronte al palazzo dell'Autostrada Serenissima - dove ha sede la sua azienda di «gestioni cimiteriali ». Credevano di trovarsi davanti a delle consunte lastre di eternit e a qualche rifiuto che lì non doveva starci, gli agenti della stradale e della provinciale. Tanto che tutto era pronto per dare il via alla notizia mediatica. Ma in quella piccola montagnola al centro dello spiazzo, c’era qualcosa di più. E quel «qualcosa di più» era anche in una sorta di container. Quella che avrebbe dovuto essere una cella frigorifero.
Ma che non refrigerava nulla. Meno che meno i resti di quei cadaveri. Perchè è questo che gli agenti della stradale e della provinciale hanno trovato, in quella che si pensava fosse «solo» una discarica illegale. Resti umani. Quelli dei tanti appalti che la Nicolini Gestioni srl incassava, nei cimiteri di mezzo Nord Est. Forte delle sue tante ceritificazioni, pronta a gareggiare al ribasso in ogni camposanto disseminato tra Veneto e Trentino, la sede della ditta di Diego Nicolini ieri mattina pullulava di polizia, personale dell’Usl 20, Agec e anche dello Spisal. Con il pubblico ministero Valeria Ardito che dopo il ritrovamento di quei resti ha deciso di avocare a sè tutte le indagini. «Ogni mattina lì si bruciava qualcosa», racconta chi quelle zaffate le sentiva da mesi, ma che con l’arrivare del caldo non le ha più potute sopportare. «E poi mettevano in funzione la trituratrice». Quella macchina che spezzettava ogni cosa, probabilmente anche degli scheletri. E le rigettava nella montagnola vicino. E’ tra quel miscuglio di terra e chissà cos’altro che è stato ritrovato un sacco con delle ossa umane piccole.
Gli altri resti erano in sei cassoni, dentro quel container frigorifero che non rifrigerava nulla. Diego Nicolini nei cimiteri faceva tutto, dalla gestione all’esumazione. E le ossa ritrovate ieri provengono tutte dal Padovano. Uno dei tanti appalti che gestiva. Uno di quegli appalti che prevede l’esumazione dei corpi. Si era specializzato in quello, Nicolini. Nel gestire i resti di chi veniva disotterrato. Ci sono leggi e dettami anche per i morti. E una di queste prevede che dopo l’esumazione i parenti possano decidere cosa fare dei resti non ancora decomposti. Quei resti che possono essere cremati. Questo avrebbe dovuto fare, l’azienda di Diego Nicolini. Prenderli e portarli in un forno crematorio autorizzato. Ma lì non ci sono mai arrivati. Li hanno ritrovati, ieri mattina, in via Gioia gli agenti della polizia stradale e della polizia provinciale. Quei resti ritrovati arrivano da uno dei tanti cimiteri di cui Diego Nicolini aveva vinto l’appalto. Li ha portati via il personale dell’Agec, dopo il via libera da parte dell’Usl 20. Sono sotto sequestro al cimitero monumentale. Si dovranno controllare i verbali con le autorizzazioni dei parenti alla cremazione. Quei parenti che potrebbero essere chiamati per l’ennesimo lutto, lo scempio dei corpi di quelli che loro amavano. Le indagini dovrebbero muoversi su tre tronconi: quello che riguarda le normedi polizia mortuaria sulla «gestione » dei cadaveri, quello ambientale perchè quei resti, nel duro linguaggio della burocrazia, sono «rifiuti speciali» e non si possono tenere nel giardino di casa. Meno che meno triturarli o bruciarli a proprio piacimento.
E poi c’è il discorso della sicurezza sul lavoro. Perchè per Diego Nicolini lavorano diverse persone, che in quell’ambiente stavano - più o meno consapevolmente - a contatto con potenziali fonti di contagio. E con gli altri rifiuti dello spiazzo. «Ci sono sempre stati i controlli e non è mai risultato nulla di irregolare », ripeteva dal balcone la mamma di Diego Nicolini. Ma suo figlio aveva anche una rimessa di carri funebri, rimessa che viene di norma controllata per quanto riguarda l’igiene dei mezzi di trasporto. Nulla di più, per quell’azienda in cui sono stati trovati sei cassoni di resti umani, ma che aveva tutte le certificazioni immaginabili. Anche qui la vicenda è tutta da capire. Perchè come sia possibile che uno che «stocca » pezzi di cadavere praticamente in giardino passi fior fiore di ispezioni è uno dei capitoli del giallo delle ossa di via Flavio Gioia.
Angiola Petronio
16 luglio 2011

venerdì 10 giugno 2011

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COMPORTAMENTI_CRIMINALI_ALC


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Il Nordest e i mestieri possibili
«Meglio contadino che operaio»

Le sorprese di uno studio Confindustria sulla «cultura» dei lavoratori dipendenti. I peggiori luoghi dove lavorare? Supermercato e fabbrica E sui contratti il Triveneto sceglie flessibilità e «federalismo»

Il lavoro al supermercato è all'ultimo posto in classifica (archivio)
Il lavoro al supermercato è all'ultimo posto in classifica (archivio)
VENEZIA — C’era una volta l’Orgoglio Operaio. Quel senso di appartenenza che spingeva la classe dei produttori per antonomasia a conquistare piazze e diritti sindacali, ma pure a costruire una forte identificazione con il proprio mestiere e con le buone cose, anche materiali, che ne scaturivano. Oggi fare l’operaio è, secondo la percezione dei lavoratori, l’ultimo gradino del prestigio sociale. Così in Italia, e così anche nel Nordest dove, un po’ a sorpresa, si indicano la fabbrica e il supermercato come i peggiori posti dove lavorare. Proprio l’area del Paese che più si è «sporcata le mani » con il lavoro manuale intenso e la produzione industriale, oggi prende quasi le distanze. Il ritratto proviene dalla ricerca promossa da Confindustria e curata da Daniele Marini (il direttore della Fondazione Nordest) per conto dell’Ufficio studi di viale dell’Astronomia. Presentato alle recenti Assise di Bergamo a porte chiuse, lo studio rivela altri aspetti di grande interesse sull’evoluzione «culturale» dei lavoratori nel rapporto con l’impresa.
Nel Triveneto prevale un atteggiamento pragmatico, che suggerisce scelte «federaliste»in tema di contrattazione e una larga disponibilità ad accettare forme di flessibilità. Il sondaggio tra i lavoratori dipendenti, dunque, colloca il mestiere di operaio in fondo alla graduatoria. Alla domanda sul «prestigio assegnato alle professioni, rispetto alla propria », il Nordest risponde che anche fare il contadino è meglio: 16,8% delle preferenze, penultimo posto, contro il misero 3,5% per l’operaio, ultimissimo. È un rovesciamento storico, se si pensa che prima si fuggiva dalle campagne per andare volentieri tra i macchinari. «E infatti - spiega Marini - solo dieci anni fa, nei sondaggi di questo tipo il rapporto era opposto nei giudizi dei lavoratori ». Cioé meglio operaio che contadino. Tutto ciò, rileva il ricercatore nella sua analisi, qualche problema lo dà: «Continuare a considerare il lavoro operaio e della fabbrica come "sporco, pesante" e di basso status ha effetti perversi, come quello di non spingere le giovani generazioni a intraprendere percorsi di formazione di natura professionale e tecnica, di cui il sistema produttivo ha forte necessità».
In cima al prestigio assegnato sta l’imprenditore, poi il libero professionista, quindi il lavoratore del settore pubblico, che conquista il 41% delle indicazioni, più che nella media italiana (38,1%). Ma dov’è finito il Nordest che «disprezza » l’impiegato statale? «Le risposte - spiega ancora Marini - fanno emergere anche il valore che si attribuisce alla sicurezza del posto, che è garantita dal settore pubblico. In questi anni di forte incertezza per l’occupazione, questa caratteristica diventa più importante». Tra i luoghi di lavoro preferiti, ancora l’ufficio pubblico (22,9%), la grande impresa privata (21,1%), la piccola (14,9%), poi via via fino alla fabbrica (2,3%) e al supermercato (1%). «Gli intervistati esprimono il proprio giudizio modulandolo secondo due direttrici: il potenziale percorso di carriera o la dimensione relazionale ». Ecco perché il supermercato e la fabbrica stanno in fondo: «Sono visti come luoghi spersonalizzanti. Non a caso stanno molto più in alto luoghi come la cooperativa o l’azienda artigiana, dove le relazioni con i colleghi o il proprietario sono sicuramente più intense». La platea degli industriali ha sicuramente colto con grande attenzione la «modernità» delle risposte sugli aspetti sindacali e contrattualistici. «Intanto - premette Marini - nel Nordest prevale un atteggiamento che io chiamo merito- solidale».
Alla domanda sulla «giustizia sociale attraverso il lavoro», la risposta più popolare fra gli intervistati è quella che indica come «necessarie uguali opportunità di partenza, ma poi ognuno deve farsi da sé». C’è attenzione quindi alla meritocrazia, e c’è anche maggior predisposizione verso il federalismo contrattuale. Ecco le risposte dal Triveneto: il livello di contrattazione aziendale raccoglie il 16,5% dei consensi, quello territoriale il 19,6%, quello «in parte nazionale, ma con molta autonomia aziendale e territoriale» addirittura il 44,9%. Tutti indicatori più alti rispetto alla media italiana, dove la contrattazione «esclusivamente nazionale » annovera il 26,7% delle preferenze, mentre il Nordest si ferma a quota 19%. Last but not least, il capitolo flessibilità. L’atteggiamento generale è di apertura: il 57,4% è disponibile a una maggiore flessibilità negli orari e nei turni di lavoro, pur di mantenere il posto; il 65,3% a svolgere nella stessa impresa compiti e mansioni diversi da quelli che si svolgono attualmente; il 63,9% a scambiare una maggiore flessibilità negli orari e nei turni di lavoro con una maggiore retribuzione. In epoca di polemiche sul modello Pomigliano, sembra una buona notizia per gli industriali e uno spunto di riflessione per il sindacato.
Claudio Trabona
03 giugno 2011

sabato 4 giugno 2011

tricloroetano all'insegnante

Professoressa avvelenata dagli studenti

La folle idea degli alunni per saltare un compito in classe

Una professoressa si è sentita male dopo aver bevuto dell’acqua contaminata dai suoi alunni per evitare un compito in classe. L’assurda vicenda è avvenuta in una scuola bolognese, ma il responsabile del gesto non è ancora stato individuato.

Gli studenti della II F dell’istituto tecnico industriale A. Valerianidi Bologna hanno approfittato della temporanea assenzadell’insegnante per “condire” la sua bottiglietta d’acqua con una sostanza tossica.

La professoressa d’inglese aveva appena finito di dettare ledomande del compito, quando si è allontanata per qualche minuto dall’aula. Gli studenti, evidentemente impreparati, ne hanno approfittato per prendere una decisione sconcertante. Dal momento che la bottiglietta d’acqua della docente era rimasta incustodita sulla cattedra qualcuno, non avendo a portata di mano un purgante, ha pensato di versarci dentro del tricloroetano. La sostanza è incolore e inodore, ma è molto tossica e in moderate quantità può anche essere letale.

Rientrata in classe l’insegnante ha bevuto un sorso dalla bottiglietta e si è sentita male. Successivamente è stata portata in ospedale dove i medici hanno scoperto la causa del suo malore. Probabilmente il responsabile non aveva pianificato il gesto e è stato costretto ad utilizzare quello che ha trovato. Una rapida visita allo stanzino dei bidelli può avergli fruttato il liquido tossico, che il ragazzo ha poi utilizzato. O forse si è trattato un piano precedentemente organizzato.

Che si tratti di incoscienza o di premeditazione comunque è ancora da stabilire. Di sicuro il colpevole o i colpevoli rischiano grosso. Come minimo c’è l’espulsione dalla scuola, ma potrebbe anche esserci un’incriminazione per avvelenamento.

giovedì 26 maggio 2011

BAMBINI


«Non dimenticate i bimbi scomparsi»
In Italia 718 casi irrisolti in soli nove mesi

Appello di Telefono Azzurro nella Giornata internazionale dedicata ai minori spariti. Caffo scrive a Napolitano:
«Le istituzioni diano risposte all'angoscia dei genitori»

Un manifesto chiede  di trovare la bambina inglese Maddie McCann, rapita in Portogallo durante una vacanza
Un manifesto chiede di trovare la bambina inglese Maddie McCann, rapita in Portogallo durante una vacanza
ROMA - Solo una minoranza di casi fa notizia. Purtroppo. Bambini inghiottiti dal nulla, e spesso mai ritrovati. Roma, come molte altre capitali, partecipa alla Giornata Internazionale dei Bambini Scomparsi, in programma mercoledì 25 maggio. Un’iniziativa lanciata nel 1983 a New York per ricordare il piccolo Ethan Patz, rapito il 25 maggio del 1979.
A Roma, Telefono Azzurro ha organizzato un convegno – «Bambini scomparsi. Un fenomeno da conoscere e interpretare. Quali dimensioni, quale prevenzione e quali interventi?» – ospitato nella biblioteca del Senato «Giovanni Spadolini». I dati sono allarmanti anche in Italia. Tra il primo gennaio e il 30 settembre 2010, i minori italiani o stranieri scomparsi (e mai ritrovati) sono 718, secondo i dati riferiti dal commissario straordinario per le persone scomparse, Michele Penta.
NOVEMILA SVANITI NEL NULLA  «I minori scomparsi dal ‘74 sono più di 9 mila - osserva Penta, nel corso del convegno– Di questi, oltre due terzi sono minori stranieri non accompagnati, quindi il fenomeno è connesso all’immigrazione clandestina». Il numero 11.60.00, affidato dal ministero dell’Interno a Telefono Azzurro, in due anni, ha gestito 202 casi di scomparsa. Nella maggioranza delle volte, il 54%, si è trattato di sottrazioni internazionali, mentre quelle nazionali sono state il 16%.
Un appello dei genitori di Angela Celentano scomparsa sul monte Faito nel 1996 (Ansa)
Un appello dei genitori di Angela Celentano scomparsa sul monte Faito nel 1996 (Ansa)
IL 18% FUGGE DI CASA - Il 18% dei minori scomparsi è fuggito da casa o da un istituto, per il 12% dei piccoli, la situazione è ancora da chiarire. Telefono Azzurro ha inoltre gestito 148 avvistamenti e 41 ritrovamenti. A questi casi, si aggiungono le 239 scomparse gestite dall’associazione e segnalate a Emergenza infanzia tra il 2006 e il 2011 e i 145 della linea 196196. A denunciare la scomparsa sono padri (31.3%) ed estranei (25.2%). La Polizia si occupa, ogni anno, di 3.000 piccoli scomparsi. Dati preoccupanti, all’interno di un fenomeno mondiale: negli Stai Uniti, nel 2010, i minori scomparsi sono stati 800.000, oltre 2000 al giorno.
VICINI «SENTINELLE» – Dietro la scomparsa, oltre alla fuga volontaria, spesso, si scoprono situazioni drammatiche (abusi sessuali, fisici e psicologici). «E’ importante che l’intera collettività - sottolinea Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro - dalle famiglie alle istituzioni, dalle scuole alle Forze dell’Ordine, passando per i mass media e tutta la società civile, siano sempre più attenti al tema della scomparsa minorile. Fondamentale che anche in Italia vengano quanto prima recepite le linee guida europee e ci si adegui al modello dell’Amber Alert per la segnalazione dei bambini rapiti». Insomma che tutti, dagli amici ai vicini di casa, si trasformino in sentinelle della sicurezza e serenità dei bambini.
Le ricerche dei piccoli Francesco e Salvatore Pappalardo scomparsi a Gravina nel 2007 e poi ritrovati morti in un pozzo
Le ricerche dei piccoli Francesco e Salvatore Pappalardo scomparsi a Gravina nel 2007 e poi ritrovati morti in un pozzo
TRAGICHE STORIE - «Il dramma della scomparsa, anche solo temporanea, di un bambino - scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - e angoscia dei suoi familiari devono trovare una risposta nell’impegno sempre più attivo delle istituzioni». Hanno voluto far sentire il loro sostegno alla Giornata dedicata ai bambini scomparsi anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e quello del Senato, Renato Schifani.
«La scomparsa dei minori spesso nasconde tragiche storie di abusi e violenze – scrive Fini a Telefono Azzurro – e stride con i più elementari principi giuridici e morali di una società civile». «Si tratta di un fenomeno drammatico e angosciante che riguarda tutti noi – commenta Schifani – e impone alle istituzioni di promuovere attivamente e con decisione una sempre più piena tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti».
AMNESTY INTERNATIONAL – E nel ventennale della ratifica dell’Italia della Convenzione sui diritti dell’infanzia, il 27 maggio 2011, sono in uscita le prime tre pubblicazioni della collana i Quadernoni di Amnesty, quaderni da leggere e colorare che insegnano ai bambini i loro diritti giocando. I quadernoni, editi da Notes edizioni, tornano in libreria in un’edizione riveduta e corretta: il numero 1, «per scoprire cosa sono i diritti dei bambini», è rivolto ai bambini di 6 e 7 anni, mentre il 2 è dedicato alla «scoperta degli altri intorno a noi» e si rivolge ai piccoli di 7 e 8 anni. Il Quadernone 3 di Amnesty, «storie fantastiche e fatti reali sulle bambine e i bambini del mondo», è invece rivolto ai bambini di 9-10 anni.
Simona De Santis
25 maggio 2011