venerdì 29 aprile 2011

PREDONI DI MONETINE A TREVI

Continuando una lunghissima tradizione, i ladroni di monetine, con la connivenza di vigili urbani, sono ancora in opera per acquisire tutte le monetine possibili da Fontana di Trevi.
Solo che questa volta erano presenti anche "Le Iene", che hanno filmato tutto ciò che era possibile filmare, forse cercando di conservare ai veri poveri quel po' di denaro.
La trasmissione ha fatto sì che il Sindaco intervenisse in prima persona per far cessare queste scene.
Ma che io ricordi, la preda di monetine è sempre stata seguita da un subbuglio amministrativo, inteso a recuperare il denaro. E così via. Presumo che accadrà lo stesso anche in questo caso. E' un peccato, perchè l'intervento della Caritas romana utilizza al meglio questo ricavato, dando da mangiare a che ha fame.

martedì 26 aprile 2011

macchine per scrivere

Chiude l'ultima fabbrica di macchine per scrivere, in India. La Godrey and Boyce di Mumbay ha ormai solo 200 macchine, quasi tutte con caratteri non latini ma arabi. Erano in uso per uffici pubblici, tribunali, polizia. Rimangono solo le macchine private, che si usano -come faccio io - quando il computer deve essere riparato. La macchina per scrivere ha attraversato tutta la mia vita. Credo di dovere a questo strumento la mia capacità di scrivere in maniera ordinata, visto che una pagina va scritta una volta soltanto. Addio.

crisi respiratoria

A SCAFATI, NEL SALERNITANO. la donna aveva 23 anni. avrebbe partorito tra un mese
Incinta di due gemelli, va in ospedale
per un malore alla gamba e muore
Al pronto soccorso per un banale ascesso alla coscia
Notificati 7 avvisi di garanzia a sei medici del nosocomio e al ginecologo della giovane: interrogati 9 infermieri

Maria Rosaria Ferraioli

Reclami, ospedali di Scafati e Nocera i più criticati
Asl, per chiudere un ospedale servono 115 milioni
Debiti Asl, ospedali senza infermieri
SALERNO - Muore con due gemelli ancora in grembo. La tragica fine di una giovane di 23 anni si consuma tra i reparti dell'ospedale di Scafati (Salerno) dove aveva trascorso la notte per un «semplice» malore alla gamba. La donna, Maria Rosaria Ferraioli, infatti, si sarebbe recata la sera di Pasqua al pronto soccorso dell’ospedale per sottoporsi alla rimozione di un banale ascesso alla coscia destra. Nel corso della notte però la 23enne, all'ottavo mese di gravidanza, ha avuto una crisi respiratoria. Vani sono risultati i tentativi dei medici per strapparla alla morte, assieme ai due gemelli, avvenuta stamattina.

SETTE AVVISI DI GARANZIA - I carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore hanno notificato sette informazioni di garanzia emesse dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore per la morte della donna. I provvedimenti riguardano sei medici dell’ospedale Scarlato di Scafati e il ginecologo che l’aveva in cura. I professionisti indagati prestano servizio nei reparti di rianimazione, medicina e al pronto soccorso dell’ospedale Scarlato. Per tutti l’accusa avanzata dagli inquirenti è di omicidio colposo. Interrogati anche nove infermieri della struttura scafatese.

IN RIANIMAZIONE - Intorno alle 3.30 di notte è stata colta da un improvviso malore. Le condizioni sono peggiorate rapidamente. È stata quindi trasferita in sala di rianimazione: purtroppo non c’è stato nulla da fare per salvare la vita alla donna e ai figli.

MARINO: EPISODIO SERIO E PREOCCUPANTE - La procura della Repubblica del tribunale di Nocera Inferiore ha disposto il sequestro della cartella clinica e l’autopsia. La donna era nata a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli ma viveva ad Angri, nel Salernitano, con il marito. Era alla sua prima gravidanza. «Siamo di fronte a un episodio serio e preoccupante - dice Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta del Senato sul Servizio Sanitario Nazionale -, non solo per la morte della giovane paziente ma anche per quella dei due bambini che portava in grembo. I carabinieri del Nas in servizio presso la Commissione d’inchiesta hanno avviato un'istruttoria: dalle prime informazioni, sappiamo che i medici hanno tentato un parto cesareo, ma non è stato sufficiente per salvare i due piccoli». «Vogliamo verificare ora nel dettaglio - spiega Marino - le condizioni in cui è stato eseguito l’intervento e la successiva assistenza. Quanto accaduto pone drammaticamente in primo piano - continua - la questione della sicurezza negli ospedali con un numero limitato di posti letto e di parti eseguiti in un anno, poiché spesso si tratta di strutture tecnologicamente meno attrezzate rispetto ai centri più grandi. L’impegno della Commissione non è teso a criminalizzare ospedali e medici, ma a chiarire cosa è successo e a fare quanto è possibile e necessario per evitare altre tragedie».

COMMISSIONE ERRORI SANITARI: ALTRI 2 CASI NEI MESI SCORSI - La commissione parlamentare sugli errori sanitari aveva già fatto richiesta della documentazione relativa ai casi di altre due donne morte nei mesi scorsi in quella stessa struttura. Lo rivela il vice presidente della commissione, Giovanni Burtone. «Con il presidente Orlando - ricorda - avevamo già richiesto tutte le carte relative ad altri due episodi riguardanti i decessi di due donne verificatisi nei mesi scorsi sempre presso l’ospedale di Scafati. Questo nuovo doloroso caso, purtroppo richiede un ulteriore e più rapido approfondimento, e la commissione - assicura Burtone - farà di tutto per accertare con la massima scrupolosità quanto accaduto. Ai familiari della vittima va il nostro più sentito cordoglio».

Redazione online
25 aprile 2011(ultima modifica: 26 aprile 2011)

lunedì 25 aprile 2011

si muore di ascesso alla coscia?

A SCAFATI, NEL SALERNITANO. la donna aveva 23 anni. avrebbe partorito tra un mese
Incinta di due gemelli, va in ospedale
per un malore alla gamba e muore
Al pronto soccorso per un banale ascesso alla coscia
Nel corso della notte crisi respiratoria e decesso

L'ospedale Scarlato di Scafati (ph. metropolisweb.it)

SALERNO - Muore con due gemelli ancora in grembo. La tragica fine di una giovane di 23 anni si consuma tra i reparti dell'ospedale di Scafati (Salerno) dove aveva trascorso la notte per un «semplice» malore alla gamba. La donna, infatti, si sarebbe recata la sera di Pasqua al pronto soccorso dell’ospedale per sottoporsi alla rimozione di un banale ascesso alla coscia destra. Nel corso della notte però la 23enne, all'ottavo mese di gravidanza, ha avuto una crisi respiratoria. Vani sono risultati i tentativi dei medici per strapparla alla morte, assieme ai due gemelli, avvenuta stamattina.

IN RIANIMAZIONE - Intorno alle 3.30 di notte è stata colta da un improvviso malore. Le condizioni sono peggiorate rapidamente. È stata quindi trasferita in sala di rianimazione: purtroppo non c’è stato nulla da fare per salvare la vita alla donna e ai figli.

INCHIESTA - La procura della Repubblica del tribunale di Nocera Inferiore ha disposto il sequestro della cartella clinica e l’autopsia. La donna era nata a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli ma viveva ad Angri, nel Salernitano, con il marito. Era alla sua prima gravidanza.

Redazione online
25 aprile 2011

domenica 24 aprile 2011

carne di cavallo?

Oltre a scarti provenienti da diversi animali,trovati anche batteri pericolosi per l'uomo
In tavola il cavallo che non è cavallo
In un supermercato Auchan di Torino scoperto «macinato sceltissimo di carne equina» contenente di tutto
Oltre a scarti provenienti da diversi animali,trovati anche batteri pericolosi per l'uomo

In tavola il cavallo che non è cavallo

In un supermercato Auchan di Torino scoperto «macinato sceltissimo di carne equina» contenente di tutto


Non sempre il «macinato scelto» è così scelto come viene indicato dalle etichette (Newpress)
TORINO - «Macinato sceltissimo di carne equina». Questa la dicitura sulle confezioni in vendita nel reparto carne fresca del supermercato Auchan di corso Romania a Torino. In realtà, c’era di tutto tranne il cavallo. Un misto di bovino, pollo, suino, ovino. Non solo, c’era anche la listeria monocytogenes, o monocitogena, un batterio gram positivo, vitale tra i 3 gradi e i 45 con un optimum per lui tra i 30 e i 38 gradi centigradi. Tradotto: è vitale anche dopo cottura, ancor più in caso di una tartara. In fin dei conti quello venduto aveva la denominazione “macinato sceltissimo”. Detto questo la listeria è causa, nell’uomo, nel migliore dei casi di gastroenteriti. Per arrivare a una grave forma di meningite nei bambini e, forse, a essere causa di aborto se infetta durante la gravidanza.

CONTROLLI A CAMPIONE - La prima scoperta è stata fatta nell’ambito di controlli a campione nei reparti macelleria. Le prime analisi dell’Istituto Zooprofilattico di Torino hanno scoperto il «miracolo» del cavallo non cavallo. E’ entrata allora in campo la Procura. Raffaele Guariniello ha mandato la polizia giudiziaria e i Nas. La seconda serie di campioni, con analisi approfondite, hanno confermato il misto di carni varie ma soprattutto la listeria. Il reparto macelleria è stato così chiuso dal servizio veterinario della Asl.

I «BROGLIACCI» - Non solo, la conferma dai «brogliacci» del supermercato: nel 2010 comprati 1.150 chili di carne equina ma venduti 3.280 chili, nel 2011 (tra gennaio e aprile) acquistati 340 chili di cavallo e venduti 770. Insomma il «miracolo» del pane e dei pesci ripetuto all’Auchan di Torino. Indagati il rappresentante legale dell’Auchan Italia e il direttore del supermercato di corso Romania. Sentendo il personale della macelleria, in particolare, si è scoperto che normalmente le confezioni di carne aperte o quelle scadute finiscono in una vasca comune di scarti con cui si “crea” poi il macinato sceltissimo. Di quale tipo si decide in base alle richieste.

I REATI - Grave per la salute pubblica: un allergico al bovino rischia una crisi anafilattica. Grave per motivi religiosi: un mussulmano mangiava suino convinto di aver mangiato cavallo. I reati ipotizzati sono frode in commercio (articolo 515 del codice penale) e vendita di alimenti pericolosi per la salute pubblica (articolo 444 del codice penale), per cui è previsto il carcere. Sino a tre anni.

Mario Pappagallo
23 aprile 2011

sabato 23 aprile 2011

ancora Melania

LA RICERCA DELLA VERITA' SULL'omicidio DI ASCOLI Non si ferma neppure a Pasqua.
Melania: dopo una notte di interrogatori
ripartono indagini e sopralluoghi
Il contenuto della siringa conficcata nel petto della vittima potrebbe rispondere agli interrogativi
LA RICERCA DELLA VERITA' SULL'omicidio DI ASCOLI Non si ferma neppure a Pasqua.

Melania: dopo una notte di interrogatori
ripartono indagini e sopralluoghi

Il contenuto della siringa conficcata nel petto della vittima potrebbe rispondere agli interrogativi


La strada che Melania Rea ha percorso da sola per andare al bagno, prima di sparire nel nulla (fotogramma)
MILANO - Non si dà pace Salvatore Parolisi, marito di Carmela Rea, la donna di 29 anni scomparsa lunedì pomeriggio da Colle San Marco di Ascoli Piceno e trovata uccisa mercoledì pomeriggio a Ripe di Civitella, nel teramano. Salvatore Parolisi, il fratello e il cognato sono stati sentiti a lungo, quali persone informate dei fatti sino, fino a tarda notte. Al termine dell'audizione nessun provvedimento di fermo è stato emesso nei confronti di alcuno.

INDAGINI - Al comando provinciale dei carabinieri di Ascoli è stata una lunga notte di lavoro. in cui si sono concentrate attività di intelligence mirate a cercare di dipanare il giallo dell'assassinio di Carmela Melania Rea. I magistrati hanno voluto cristallizzare una serie di punti emersi durante i sopralluoghi a Ripe di Civitella (Teramo) dove è stato trovato il 20 aprile il cadavere e a Colle San Marco, dove due giorni prima, il 18 aprile, Melania è scomparsa mentre era in compagnia del marito Salvatore Parolisi e della loro bimba Vittoria di 18 mesi. I carabinieri stanno sentendo, e sentiranno nelle prossime ore, anche persone estranee alla famiglia. Anche nel giorno di Pasqua, proseguiranno gli accertamenti tecnici, con particolare attenzione alle utenze telefoniche. Previsto anche un ulteriore sopralluogo, concentrato nel tratto di strada che Melania Rea ha percorso da sola per andare al bagno, prima di sparire nel nulla. Sul posto ancora i Ris e gli agenti della Guardia Forestale con i cani molecolari specializzati nell'individuazione di tracce di sangue. Verrà di nuovo controllata a fondo anche la zona alle spalle del cippo in ricordo dei Caduti della Seconda guerra mondiale, posizionato proprio all'inizio del pianoro di San Marco, a poche centinaia di metri dal parco giochi dove la famiglia si era fermata a giocare con la bambina.

SCENARI - C'è attesa per conoscere i risultati dell'esame sul liquido trovato all'interno della siringa conficcata nel petto della vittima. Si tiene conto anche dell'ipotesi che possa non esserci stato nulla: nessun narcotico o droga. Il particolare è, però, interessante perché potrebbe dire molte cose dell'assassino e del perché, e come, abbia agito. «Se Carmela-Melania è stata narcotizzata, vuol dire che il killer non ha agito d'impulso - come lasciano invece intendere le coltellate inferte con furia sul corpo della donna, anche dopo la morte - ma ha premeditato l'aggressione», dice il comandante provinciale dei carabinieri di Ascoli Piceno, Alessandro Patrizio.«Ma se la siringa era vuota, quale può essere il significato della sua presenza sul seno della vittima? Un depistaggio? Un messaggio che rimanda all'uso della droga? Non certo da parte della vittima, madre di famiglia e persona - così la descrivono tutti - senza ombre». Interrogativi fra i tanti che inquirenti e investigatori stanno cercando di risolvere, in attesa di una prima relazione sui risultati degli accertamenti, e in attesa che, dunque il corpo di Melania 'parlì.

23 aprile 2011

venerdì 22 aprile 2011

ancora Melania

Il criminologo Bruno: «Troppe le analogie con il delitto di Rossella Goffo»
Sul corpo di Melania 35 coltellate
Il medico: è stato un delitto passionale
L'autopsia sul cadavere di Carmela-Melania:nessun segno di violenza sessuale
Il criminologo Bruno: «Troppe le analogie con il delitto di Rossella Goffo»

Sul corpo di Melania 35 coltellate
Il medico: è stato un delitto passionale

L'autopsia sul cadavere di Carmela-Melania:nessun segno di violenza sessuale


Carmela Rea, detta Melania
MILANO - Trentacinque coltellate su tutte il corpo, soprattutto sul tronco e sul collo, ma nessun segno di violenza sessuale. È questo l'esito dell'autopsia sul cadavere di Carmela Rea, detta Melania, la 29enne originaria del Napoletano, ma residente a Folignano (Ascoli Piceno) scomparsa il 18 aprile da Ascoli Piceno e trovata morta mercoledì in un bosco del Teramano. Una delle ferite sul corpo della donna è profonda, alla gola; altre sono arrivate in profondità a ledere organi interni. Lo si è appreso dall'anatomopatologo Adriano Tagliabracci a conclusione del primo esame autoptico. I colpi - ha spiegato - fanno propendere per un delitto d'impeto, passionale e non premeditato o legato alla criminalità organizzata. La ventinovenne, scomparsa durante una gita col marito e la figlioletta, secondo il medico è stata uccisa nella notte tra il 18 e il 19 e più precisamente tra le ore 24 del 18 aprile e le 3 del 19. È stato poi confermato che l'omicidio è avvenuto in un luogo diverso da quello in cui nel primo pomeriggio di mercoledì è stato ritrovato il cadavere. Il sostituto procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno, Umberto Monti, ha fatto intanto sapere che non c'è nessun indagato al momento e che si procede con l'ipotesi di omicidio.

LA TELEFONATA - Sulle indagini vige il massimo riserbo, ma in mattinata si è appreso che la telefonata anonima che ha segnalato la presenza del cadavere nella zona boscosa a Ripe di Civitella è stata fatta da un uomo da una cabina telefonica nel centro di Teramo. Il corpo della 29enne non sarebbe inoltre sfigurato, come appreso in un primo momento, ma avrebbe un taglio sul collo e un'incisione a forma vagamente di svastica sulla coscia destra. Sul cadavere poi è stata trovata una sola siringa contenente ancora del liquido che sarà esaminato. Gli investigatori stanno setacciando diversi casolari abbandonati tra Ascoli e il luogo del ritrovamento, in quanto vogliono verificare se il corpo sia stato nascosto dopo l'omicidio in un posto diverso da quello dove è stato trovato. Non si esclude che possa esservi stato trasportato all'alba di mercoledì. «Si deve sapere cosa è successo a mia sorella» ha detto Michele, il fratello di Carmela Rea, che sta seguendo le indagini portate avanti dalle procure di Ascoli e Teramo e dai carabinieri. «Lei - ha aggiunto - non si sarebbe mai allontanata da sola».


IL CRIMINOLOGO - Dietro il delitto potrebbe esserci l'ombra di un serial killer, stando almeno a Francesco Bruno. Secondo il noto criminologo, infatti, l'assassino è un uomo che agisce da solo, in fretta, non per sesso, ma solo per il gusto di uccidere. «Quello che ha ucciso Carmela Rea è un serial killer e potrebbe colpire ancora» ha detto Bruno. Le analogie con l'omicidio di Rossella Goffo, d'altra parte, non mancano. E non si limitano all'area del ritrovamento. «In entrambi i casi - spiega il criminologo - abbiamo due donne dalla vita apparentemente ineccepibile, con le stesse caratteristiche somatiche. Ma anche la modalità degli omicidi è simile». L'una, Rossella Goffo, strangolata. La seconda, Carmela Rea, sgozzata. Su nessuno dei due corpi, segni evidenti di violenza sessuale. Ma c'e dell'altro: «Troppi militari in questa storia». Militare il marito di Carmela. Militari i frequentatori del poligono dell'area militare delle Casermette, dove il corpo di Melania è stato ritrovato. «Io - afferma il criminologo - cercherei in quell'ambiente per scoprire se tra i frequentatori di quel poligono c'è qualche soggetto «a rischio», con un profilo psichiatrico instabile».

«ERA TROPPO BELLA» - È affettuoso il ricordo di Melania Rea offerto da alcune vicine di casa. Era bella «troppo bella», «alta come un'attrice», tanto che quando passava «tutti si voltavano», racconta Marina Angelucci, che gestisce una cartolibreria a Folignano, il piccolo paese in provincia di Ascoli dove la donna viveva con il marito e la figlioletta in un condominio di una quindicina di famiglie in Piazza Luigi Dari. La Angelucci racconta che Melania la aiutava nelle incombenze in parrocchia, ma soprattutto le «passava» ricette di piatti campani. «Mi ripromettevo - spiega - di ricambiare ed insegnarle a preparare le olive all'ascolana». Un'altra vicina ricorda di aver visto la donna sul Colle San Marco due settimane fa, quando sembrava che fosse esplosa l'estate.

Redazione online
21 aprile 2011

giovedì 21 aprile 2011

Google

 

Google

serial killer?

di lei si erano perse le tracce durante una gita col marito e la figlia a Colle San Marco
Ventinovenne sgozzata ad Ascoli
Sul cadavere una svastica
Sul corpo di Carmela Rea siringhe e segni di violenza ma non sessuale, sfigurato il volto
di lei si erano perse le tracce durante una gita col marito e la figlia a Colle San Marco

Ventinovenne sgozzata ad Ascoli
Sul cadavere una svastica

Sul corpo di Carmela Rea siringhe e segni di violenza ma non sessuale, sfigurato il volto


Ripe di Civitella, il luogo in cui è stato trovato il corpo di Carmela Rea
MILANO - È stata sgozzata Carmela Rea, detta Melania, la 29enne di cui si erano perse le tracce il 18 aprile sul pianoro di Colle San Marco, ad Ascoli Piceno, e ritrovata morta mercoledì pomeriggio. Sul cadavere una svastica, incisa sulla schiena, e segni di violenza, ma non sessuale. Il corpo è stato trovato dopo una telefonata anonima al 113, a Ripe di Civitella (Teramo), una zona boscosa a 18 chilometri in linea d'aria dal punto in cui Melania era scomparsa. La zona del ritrovamento è vicina all'area militare di Casermette usata per le esercitazioni di tiro. Al momento del ritrovamento, gli inquirenti si sono trovati di fronte un corpo nudo, con una siringa infilata sul collo forse in un tentativo di depistaggio e col volto sfigurato.

L'ALLONTANAMENTO - La donna si era recata in gita a Colle San Marco col marito Salvatore Parolisi, sottufficiale dell'esercito in servizio presso il 235/o Reggimento Piceno, e con la loro figlioletta di un anno e mezzo. La presenza della famigliola è stata confermata dal gestore di un chiosco bar nei pressi di alcuni campi da tennis in disuso. «Devo andare in bagno, torno subito» avrebbe detto Carmela al coniuge, prima di allontanarsi dal parco dove la bimba giocava in altalena. La donna però non è mai tornata indietro, né è stata vista dai gestori del bar-ristorante «Il Cacciatore», distante non più di 200 metri dal parco giochi.



INVESTIGATORI AL LAVORO - Ora gli investigatori sono al lavoro per capire cosa sia successo: se la donna sia arrivata in auto, magari con qualcuno che conosceva e di cui si fidava, oppure se sia stata stordita e uccisa altrove e poi trasportata in mezzo ai boschi. La coppia, di origini napoletane, abitava a Folignano. Secondo i familiari, la vita di Melania non aveva ombre: aveva sofferto di depressione post parto ma ne era uscita. Le ricerche si sono svolte a vasto raggio con la partecipazione di carabinieri, polizia, vigili del fuoco, speleologi del Cai, Protezione civile e unità cinofile. Sono stati sentiti anche i pastori che pascolano i loro greggi a poca distanza da dove la donna è stata vista per l'ultima volta. «È inspiegabile, inspiegabile» ha detto sconvolto il fratello Michele che aveva anche lanciato un appello a Carmela tramite Pomeriggio 5. Tutte le ipotesi sono aperte, dal raptus di follia a possibili vendette dai contorni tutti da accertare.

COINCIDENZA MACABRA - E c'è anche una macabra coincidenza: il luogo in cui Carmela è scomparsa è poco distante dal Bosco dell'Impero, dove il 5 gennaio scorso fu rinvenuto il cadavere di Rossella Goffo, la funzionaria della Prefettura di Ancona, anche lei scomparsa mesi prima, bruna e con i capelli lunghi come Melania. Per il caso della Goffo c'è però un indagato per omicidio, l'operatore della questura di Ascoli Alvaro Binni, amico della vittima, che proclama la sua innocenza.

Redazione online
20 aprile 2011(ultima modifica: 21 aprile 2011)

mercoledì 20 aprile 2011

petrolio del Golfo del Messico

A un anno da disastro malattie tra soccorritori
18 aprile, 19:27

ROMA- Un anno dopo il disastro della Deepwater Horizon, che avvenne il 20 aprile 2010, una 'malattia misteriosa' sta colpendo diversi soccorritori, soprattutto in Louisiana. Lo affermano diverse testimonianze raccolte dal sito del Discovery Channel, secondo cui fra i responsabili potrebbe esserci l'esposizione al benzene. "Un mese dopo aver iniziato a lavorare su una delle chiatte dei soccorritori - racconta ad esempio Jamie Simon, 32 anni - ho cominicato ad avere sangue dal naso e mal di testa, e i sintomi non sono mai migliorati, anzi se ne sono aggiunti degli altri". Secondo un medico della cittadina di Raceland, la stessa di Jamie Simon, sono una sessantina le persone nelle sue condizioni, un numero che farebbe pensare che le 415 persone ammalate censite dallo stato della Louisiana siano in realta' sottostimate: "Il metodo federale ha un grosso difetto - spiega Bernard Goldstein, tossicologo dell'universita' di Pittsburgh - nessun programma per il monitoraggio sui lavoratori e' iniziato prima di sei mesi dall'incidente, e tutte le tecniche sviluppate per verificare l'esposizione non servono a niente se si aspetta cosi' tanto per fare i test. Il benzene, ad esempio, dopo quattro mesi scompare dal sangue". Proprio il benzene potrebbe essere uno dei principali responsabili dei malesseri. Wilma Subra, una biologa locale, afferma ad esempio che nei pescatori e nelle persone che hanno partecipato ai soccorsi ci sono valori 36 volte maggiori rispetto alla media: "Stiamo vedendo sempre piu' persone ammalarsi - afferma - ed e' chiaro che l'esposizione continua alle sostanze tossiche e' la prima responsabile".

martedì 19 aprile 2011

morto in cella

VITERBO
Detenuto trentenne trovato morto in cella
era stato operato al cervello in gennaio
E' successo sabato sera nel carcere Mammagialla. Il garante Marroni: «Era malato, non doveva essere lì»VITERBO

Detenuto trentenne trovato morto in cella
era stato operato al cervello in gennaio

E' successo sabato sera nel carcere Mammagialla. Il garante Marroni: «Era malato, non doveva essere lì»


Il carcere di Viterbo (Proto)
VITERBO - Si è sentito male nella sua cella la sera di sabato scorso. Il medico, allertato dal compagno di detenzione, è intervenuto immediatamente provando anche la rianimazione, ma tutto è stato vano. E' morto così un detenuto senegalese di 30 anni, Dioune Sergigme Shoiibou, nella sua cella nel carcere Mammagialla di Viterbo. Sono in corso indagini per accertare le cause del decesso: l'uomo sarebbe morto per decesso cardio-circolatorio, ma l'ufficialità è legata all'esito dell'autopsia che è stata disposta dal magistrato. Il fatto è avvenuto sabato sera ma la notizia si è appresa solo oggi. A dare l'allarme il suo compagno di cella che ha chiamato i soccorsi: i medici hanno tentato di rianimarlo ma per il giovane non c'è stato nulla da fare.. Il giovane era disteso nel suo letto, riverso su un fianco. Gli agenti lo hanno chiamato ma si sono subito accorti che era privo di sensi. Secondo quanto si è appreso, sul corpo del giovane non sarebbero stati individuati segni di violenza.

OPERATO ALLA TESTA - Il giovane era stato arrestato lo scorso 4 febbraio e condannato a sei mesi di carcere, con fine pena fissato al prossimo 2 agosto. Portato a Regina Coeli, è stato trasferito a Viterbo il 27 marzo. Prima di essere arrestato l'uomo era stato operato alla testa in un ospedale romano per asportare un ematoma dal cervello che gli causava frequenti crisi epilettiche. Per questi motivi l'uomo era privo di parte della calotta cranica ed era sottoposto a cure continue. Appena arrivato nel carcere di Viterbo era stato sottoposto ad una Tac ed alcune visite di controllo e la direzione sanitaria del carcere aveva provveduto a prendere contatti con l'ospedale dove era stato operato. «Quale che sia il responso dell'autopsia - afferma il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - è l'ennesima giovane vita finita in un carcere. Quello che mi chiedo è se una persona in quelle condizioni di salute dovesse stare in carcere considerando la lieve pena che era stata inflitta. Mi chiedo come un uomo così malato non sia stato trattenuto nel centro clinico di Regina Coeli dove avrebbe avuto le cure più adeguate alla sua condizioni».

red. on.
18 aprile 2011

morte improvvisa in bimba di sette mesi

Presentata una denuncia. Ma si sospetta una malformazione congenita
Bimba muore in ospedale dopo biopsia
I genitori: «Chi ha sbagliato ora paghi»
La piccola Nicole, 7 mesi, è deceduta al Santa Margherita di Torino dopo un ricovero per una forma influenzale
Presentata una denuncia. Ma si sospetta una malformazione congenita

Bimba muore in ospedale dopo biopsia
I genitori: «Chi ha sbagliato ora paghi»

La piccola Nicole, 7 mesi, è deceduta al Santa Margherita di Torino dopo un ricovero per una forma influenzale

TORINO - La loro bambina, di soli sette mesi, è morta all'ospedale a seguito di una biopsia. E ora non riescono a darsi pace. Il decesso della piccola Nicole ha gettato nel dolore più profondo i genitori, Nicola Coratella e Denise Magno, operaio di 29 anni lui e casalinga di 25 lei. Ma ora, più di tutto, vogliono sapere la verità e cosa sia successo veramente durante il ricovero della piccola. «Se dagli accertamenti emergesse che la nostra Nicole aveva una malformazione, o che ci fosse una patologia per la quale non si poteva fare nulla, allora ci metteremmo l'anima in pace - spiegano all'Ansa -. Ma se, come sospettiamo, ci fossero stati degli errori, allora chi ha sbagliato deve pagare».

LA DENUNCIA - La coppia ha presentato una denuncia perchè venga fatta chiarezza. «Pensiamo - dicono - che vi sia stata una serie di errori. A cominciare dalla pediatra, che ha sottovalutato la situazione. Nostra figlia soffriva da due mesi di una forma influenzale e aveva iniziato a non mangiare e, a causa della tosse, a non dormire. Ci è stato fatto acquistare un antibiotico ma ci è stato detto di non somministrarlo. E di recente la dottoressa ci aveva detto avremmo dovuto portare Nicole al mare». Quanto al ricovero in ospedale, il «Santa Margherita» di Torino, «al pronto soccorso le avevano assegnato un codice verde, segno che non si erano accorti della gravità della situazione. Solo in un secondo momento dagli esami è emerso che Nicole aveva il cuore ingrossato».

«NESSUNA INFORMAZIONE» - La coppia lamenta anche una mancanza di informazione da parte del personale ospedaliero. «Non pensavamo che la biopsia fosse un esame tanto rischioso. Se ce lo avessero detto ci avremmo pensato di più prima di autorizzarlo. Inoltre, a un certo punto ci è stato detto che il torace era stato richiuso, mentre invece non era così. Poi ci hanno detto che si era aggravata e aveva avuto un'emorragia».

Redazione Online
19 aprile 2011

lunedì 18 aprile 2011

il Maggiolino

VOLKSWAGEN
«Caro, vecchio Maggiolino»
tra avanguardia e tradizione
Più cool e un po’ retró, con dotazioni hi-tech e motori da 140 cv. Arriverà anche la versione decapottabile
NOTIZIE CORRELATE
Torna il Maggiolino, disegnato da due italiani
SHANGHAI - Un lancio mondiale, fatto in contemporanea a Shanghai, Berlino, New York. D'altronde la nuova versione dell'indimenticabile Maggiolino merita tutta questa attenzione. "Anche se facciamo un passo indietro, ritorniamo alla tradizione. A quello che il Maggiolino rappresenta per la memoria di tantissimi automobilisti - dice Walter de’ Silva, il capo del design Volkswagen -. Questa macchina è un'icona, una vettura che racconta una storia, è la storia, e allora ho fatto un passo indietro. Adesso è più dinamica, più spaziosa del modello che sostituisce ma è più ‘Maggiolino’. A cominiciare dal nome che potrebbe essere Beetle in Usa, Maggiolino in Italia, Kafer nei paesi di lingua tedesca".

HI-TECH - Una sfida perché anche se lo stile può essere considerato retró, al pari di una Fiat 500 o di una Mini, gli ingegneri hanno sviluppato un'auto hi-tech con l'obiettivo di realizzarla in modo che fosse alla portata di tutti, un’auto ‘cool’ dotata di tutti i sistemi di comunicazione all'avanguardia, capace di offrire prestazioni emozionanti, una compagna di viaggio attiva oltre che estremamente agile. Questa macchina propone uno dei design automobilistici più famosi del mondo. Dire Beetle e come dire bottiglietta della Coca Cola, iPhone, occhiali da sole Ray Ban Aviator: ecco perché è difficile trovare una nuova interpretazione per un design così noto. Eppure sono davvero soddisfatto, penso che quello che abbiamo fatto sul Beetle sia un'operazione brillante che recupera anche la versatilità di questa vettura, che si era persa nel modello del 1988 e una buona dose di mascolinità".

ANCHE DECAPOTTABILE - Posto per quattro passeggeri, plancia molto ridotta, spazio dietro per la testa senza correre il pericolo di insolazioni, e poi tanta forza, tanto dinamismo. "Io l'ho provata - racconta de’ Silva - e mi sono divertito. Voglio dire che con il telaio che ha potrebbe benissimo essere equipaggiata con motori molto performanti; che so, potrebbe anche esserci una Gti, come succede per la Golf".
Intanto il Maggiolino decappottabile è pronto ma verrà presentato a fine anno. "Sarà un altro pezzo che unisce passato e futuro, la capote sarà naturalmente in tessuto e non si ripiegherà nel bagagliaio ma a filo dei posti posteriori, altrimenti che Maggiolino sarebbe".

FINO A 140 CV - Una vettura importante anche per la sicurezza, costruita in Messico, nello stabilimento di Puebla, ma una " vera world car" fa notare de’ Silva. Chi vuole luce e aria nei capelli per ora può accontentarsi del tetto panoramico scorrevole, in vetro atermico capace di assorbire il 99 % delle radiazioni Uv e il 92% del calore. I fari del Maggiolino sono allo xeno incorniciati da 15 Led che restano sempre accesi. I motori turbodiesel hanno potenze da 105 a 140 cv riducono i consumi del 20 % e la 1.6 da 105 cv emette 112 g di CO2 al km.



Paolo Artemi
18 aprile 2011

raffineria di Sarroch

La tragedia alla raffineria di Sarroch, in Sardegna, il 26 maggio del 2009
Morti alla Saras: il pm
chiede cinque condanne
Due anni e 8 mesi per il direttore della raffineria e per il direttore delle operazioni industriali
La tragedia alla raffineria di Sarroch, in Sardegna, il 26 maggio del 2009

Morti alla Saras: il pm
chiede cinque condanne

Due anni e 8 mesi per il direttore della raffineria e per il direttore delle operazioni industriali



CAGLIARI - La condanna di tutti e cinque gli imputati, accusati di omicidio colposo plurimo, e una multa di 800 mila euro per la Saras: queste le richieste del pubblico ministero Emanuele Secci al processo per la morte di tre operai nella raffineria di Sarroch, il 26 maggio del 2009. Il magistrato ha parlato per più di 3 ore sollecitando 2 anni e 8 mesi rispettivamente per Dario Scafardi, direttore della raffineria, e Antioco Mario Gregu, direttore delle operazioni industriali. Due anni e 4 mesi, invece, la condanna chiesta per Guido Grosso, responsabile dello stabilimento; due anni e 2 mesi per Antonello Atzori, responsabile dell'area dove morirono i tre operai; un anno per il legale rappresentante della Comesa, Francesco Ledda, la ditta di cui erano dipendenti le vittime.

MULTA DI 800MILA EURO - Chiamata in causa anche la Saras, con Gian Marco Moratti, in base alla nuova legge sulla responsabilità amministrativa delle aziende in presenza di incidenti: è la prima volta che accade in Sardegna. Il pubblico ministero, in questo caso, ha chiesto una multa di 800 mila euro. Il processo prosegue con le parti civili: gli avvocati Carlo Amat per la Fiom e Michele Schirò per la Cgil.


18 aprile 2011

delitto di Meche

VERONA
Neppure l’appello crede a Stoleru
Ergastolo per il delitto dei Meche
La sentenza di secondo grado: «Ha ucciso lui la coppia» confermato al romeno la reclusione a vita otto mesi di carcerazione in regime di isolamento

Claudio Stoleru (archivio)

VERONA - La sua è stata un’attesa silenziosa e prolungata fino al tardo pomeriggio. Alla fine, però, il verdetto pronunciato dalla Corte d’assise d’appello di Venezia per voce del presidente Daniela Perdibon ha - di fatto - lasciato completamente immutata la sorte giudiziaria per Claudiu Stoleru, il ventiquattrenne romeno rinchiuso a Montorio con l’agghiacciante accusa di aver ammazzato i coniugi Luigi Meche e Luciana Rambaldo il 23 aprile 2008, a Lugagnano di Sona. Anche i magistrati di secondo grado, infatti, hanno confermato nei confronti dell’imputato la condanna alla pena dell’ergastolo, imponendogli inoltre la carcerazione in regime di isolamento per otto mesi anziché i precedenti sei; del tutto marginale oltre che ininfluente in termini di pena, invece, il fatto che venerdì pomeriggio, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa a Verona, i giudici dell’appello abbiano escluso l’aggravante della continuazione e fatto cadere nei confronti di Stoleru il reato di furto (nella fattispecie, di alcuni capi di vestiario appartenuti alle vittime) per «non diversi procedere » vista la mancanza di querela.

Accolte quasi nella loro totalità, dunque, le richieste formulate a coronamento della propria requisitoria dal sostituto procuratore generale Giuseppe Rosin che un mese fa, nell’aula bunker di Mestre, aveva sollecitato contro «faccia d’angelo» la condanna al «fine pena mai». Difeso dall’avvocato di fiducia Davide Adami, per quanto riguarda il capitolo risarcimenti, in attesa dell’eventuale causa in sede civile, in base al verdetto pronunciato a Verona l’imputato dovrà (in teoria, visto che risulta nullatenente) versare una provvisionale di 30mila euro a ciascun fratello delle vittime e 15mila a ogni nipote, costituiti parte civile con gli avvocati Alessandro Comunale Butturini e Massimo Leva. Conclusa anche la partita in appello, al romeno non resta che giocare l’ultima carta che gli rimane, quella di rivolgersi a i giudici romani della Cassazione per ribaltare il doppio ergastolo incassato in primo e secondo grado.

Nel frattempo, unica al mondo a restargli vicina fin dal suo arrivo in Italia, continua a non abbandonarlo nonostante le apparentemente irrimediabili vicissitudini giudiziarie Irina, sorella e sola parente in vita di Claudiu: «Sapevo che sarebbe andata a finire così - è la sua sofferta ammissione - ma non si può condannare una persona senza prove. La giustizia terrena ha fallito, ma io continuo a credere in quella divina. Di sicuro, non abbandonerò mai mio fratello». Finora, tuttavia, è stata e rimane l’unica.

La. Ted.
16 aprile 2011

violenza sessuale su anziana

VIOLENZA SESSUALE
Abusò di un'anziana durante la rapina
Arrestato un romeno di 33 anni
I Carabinieri di Padova, grazie alla collaborazione con l'Interpol, hanno bloccato l'uomo a Galati, in Romania, dove si era nascosto

VENEZIA - I carabinieri di Padova hanno arrestato un romeno, G.S. di 33 anni, ritenuto il responsabile di una violenza sessuale ai danni di una donna di 80 anni del padovano. I militari dell’arma hanno bloccato l’uomo a Galati, in Romania, dove si era nascosto, grazie ad un mandato di arresto europeo ed alla collaborazione con l’Interpol. La violenza sessuale risale al 24 luglio del 2010 quando l’anziana venne aggredita nella propria abitazione per sfregio ad un tentativo di rapina andato a vuoto perchè la donna non aveva denaro e preziosi. I carabinieri sono risaliti all'uomo attraverso una complessa indagine con il concorso dei Ris complicata dai diversi «alias» usati dal romeno e dal suo girovagare in Europa dopo si sarebbe reso responsabili di diversi reati in particolare in Spagna. (Ansa)


15 aprile 2011

sabato 16 aprile 2011

BLOG

 

Provo a cominciare questo blog, e vedrò se sarà divertente o utile: In caso contrario, lo cancellerò. Proverò a metterci cose che ho già scritto.

violenza carnale

Valle dell’Irno
Porta 11enne nel campo e lo violenta
Arrestato un pregiudicato di 30 anni
L'uomo ha lanciato un pallone in un terreno per fare allontanare il ragazzino dai suoi amici e lo ha aggredito


SALERNO - Gli ha lanciato il pallone in un terreno poco distante per farlo allontanare dai suoi amici e poi quando lo ha visto da solo nel campo lo ha aggredito e violentato. Un pregiudicato di 30 anni scappato da un centro per tossicodipendenti, del quale non sono state rese note le generalità, è stato arrestato in un comune della Valle dell’Irno con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di un minorenne. Ad eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono stati i carabinieri di Mercato San Severino e gli agenti della questura di Salerno.

L'AGGRESSIONE - La violenza sessuale sarebbe avvenuta lo scorso 7 aprile ai danni di un bambino di 11 anni. Il ragazzino, mentre giocava a calcio su un campetto nei pressi di una chiesa assieme ad un coetaneo, è stato avvicinato da uno sconosciuto che aveva lanciato volutamente il pallone in un terreno adiacente. Qui il pregiudicato, dopo avergli tappato la bocca con le mani, lo ha costretto a subire atti sessuali. Il bambino è riuscito a divincolarsi ed a scappare, avvisando dell’accaduto il suo amichetto ed alcuni passanti. Subito dopo è stato accompagnato dai genitori all’ ospedale di Salerno. Dalle indagini è emerso che il pregiudicato - che era agli arresti domiciliari - si era allontanato da una comunità per tossicodipendenti che si trova in una struttura adiacente al campetto di calcio. I posti di blocco e le ricerche delle forze dell’ ordine carabinieri hanno il trentenne a costituirsi la sera stessa negli uffici della questura del capoluogo. All’uomo è stata contestata anche l’accusa di evasione dagli arresti domiciliari.


14 aprile 2011(ultima modifica: 15 aprile 2011)

giovedì 14 aprile 2011

soldi e banditi

L'OPERAZIONE DELLA DDA E DEI CARABINIERI
«Gomorra» in Veneto: 25 arresti
Estorcevano denaro alle aziende
Sgominata organizzazione legata ai casalesi, a capo c'era Mario Crisci detto il «dottore». Il procuratore Delpino: «Estirpato il cancro mafioso dalla sana imprenditoria veneta». Il plauso dei ministri Maroni e Alfano

L'operazione della Dia di Padova (archivio)

NOTIZIE CORRELATE
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I dipendenti: «L'imprenditore Caccaro? Un uomo spaventato che ci spiava»
VICENZA - Un’organizzazione mafiosa collegata al clan camorristico dei casalesi è stata sgominata dai carabinieri di Vicenza e dalla Direzione investigativa antimafia di Padova che hanno eseguito 25 provvedimenti restrittivi in Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia, è l’epilogo delle indagini avviate nei confronti degli indagati accusati di associazione di tipo mafioso,usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, in danno di centinaia di imprenditori operanti in quasi tutto il nord Italia (prevalentemente nel Nord Est), in alcune regioni del centro e del Mezzogiorno d’Italia soprattutto nel settore dell'edilizia.

IL BLITZ - Nel blitz sono impegnati circa 300 militari dell’Arma dei Comandi Provinciali di Brescia, Cagliari, Caserta, Mantova, Milano, Napoli, Padova, Rovigo, Taranto, Verona, Napoli e Salerno oltre a due velivoli dei Nuclei Elicotteri dei carabinieri di Salerno e di Treviso; due unità cinofile del Nucleo carabinieri Cinofili di Torreglia (Padova) e militari dei Centri Operativi Dia. I carabinieri hanno accertato, nell’ambito dell’inchiesta, che oltre 100 società sono state estorte, hanno ricostruito due episodi di sequestro di persona a scopo di estorsione, verificato 61 episodi di usura aggravata, 17 episodi di estorsione aggravata, il forzato trasferimento di intere quote societarie dalle vittime ai loro aguzzini e il diffuso ricorso a illecite operazioni di attività di intermediazione finanziaria.


«Gomorra» in Veneto, tutti gli arrestati

I NOMI DEGLI ARRESTATI - Mario Crisci, 33 anni di Napoli; Antonio Parisi, 43 anni di Napoli; Ciro Parisi, 23 anni di san Giorgio a Cremano (Napoli); Alessandro Mazza, 32 anni di Villaricca (Napoli); Donatella Concas, 34 anni di Tortoli (Nuoro); Massimo Covino, 37 anni di Napoli; Christian Tavino, 34 anni di Padova; Johnny Giuriatti, 37 anni di Padova; Ferdinant Selmani, 29 anni di etnia albanese; Alberto Caraturo, 28 anni di Napoli; Marzio Casarotto, 43 anni di Trecenta (Rovigo); Ivano Corradin, 48 anni di Marostica (Vicenza); Assunta detta Tina Covino, 42 anni di Napoli; Salvatore Destito, 36 anni di Padova; Anna Guarino, 28 anni di Napoli; Elisa Lunghi, 41 anni di Milano; Andrea Milani, 42 anni di Padova; Angelo Nattino, 23 anni di Napoli; Francesca Nattino, 25 anni di Napoli; Pasquale Talamo, 52 anni di Napoli; Giuseppe Zambrella, 37 anni di Matera; Diana Ziotti, 68 anni di Ferrara; Patrik Halambica, 34 anni di etnia ceca; Gabriele Marostica, 55 anni di Villa Bartolomea (Verona); Federico Turrini, 34 anni di Bovolone (Verona). Per altri due indagati è stato disposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza.

IL «CANCRO MAFIOSO» IN VENETO - È stato estirpato un cancro mafioso dall’imprenditoria sana del Veneto». È il giudizio espresso dal procuratore di Venezia Luigi Delpino sull’ operazione della Dia di Padova e dei carabinieri di Vicenza. Delpino ha sottolineato «l’importanza dell’operazione che ha smembrato un pericolosissimo sodalizio che in un contesto di crisi economica e di debolezza finanziaria nel settore della piccola e media imprenditoria del Nord Est, di crisi di liquidità e di accesso al credito istituzionale, ha utilizzato sistemi tradizionali mafiosi per introdursi nel mercato imprenditoriale veneto con effetti devastanti». Importanti e determinanti le intercettazioni telefoniche, soprattutto in indagini di mafia. Lo hanno sottolineato il procuratore di Venezia, Luigi Delpino e il procuratore aggiunto Carlo Mastelloni, in apertura della conferenza stampa per gli arresti di soggetti legati al clan dei casalesi.

LA SOCIETA' ASPIDE - L’attività criminosa del gruppo, i cui vertici risultano riconducibili a clan camorristici del Casertano (i casalesi), resa particolarmente insidiosa dalla delicata congiuntura economica e dal ricorso a modalità violente tipiche dell’associazione mafiosa, si concentrava su soggetti in difficoltà finanziaria, utilizzando come copertura lo schermo legale della società di recupero crediti Aspide, con sede principale in Padova, base logistica-direzionale da cui promanavano le direttive per i sodali sottordinati, venivano pianificate le attività di riscossione e le spedizioni punitive nei confronti dei debitori insolventi. L’organizzazione, armata, gerarchicamente strutturata con distinzione di ruoli operativi, e diretta con spietata determinazione da Mario Crisci, detto «il dottore» erogava crediti a tassi fortemente usurari (fino al 180% annuo) alle vittime, sino a soffocarle, costringendole a cedere le proprie attività economiche (imprese, società e beni valutati nell’ordine di svariati milioni di euro) o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi «clienti» nel tentativo di arginare il proprio debito cresciuto vorticosamente in breve tempo. Di fronte ai ritardi nel pagamento scattavano brutali pestaggi.

CARTE POSTEPAY - Il denaro affluiva nelle «casse» del gruppo tramite l’ingegnoso sistema della carte postepay (ricaricate dalle elargizioni delle vittime) in dotazione ai sodali e serviva, inoltre, a distribuire fra di essi i compensi dell’attività criminale (veri e propri stipendi mensili). Parte dei proventi, infine, era destinata a soddisfare le necessità economiche di detenuti affiliati alla camorra e dei loro familiari. L’attività investigativa, sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione e pedinamento, e con l’ausilio di sofisticati accertamenti tecnici del Ris dei Carabinieri di Parma e dell’Ufficio Supporti Tecnico-Investigativi della Dia di Roma, ha consentito il sequestro di una copiosa documentazione di rilevante interesse probatorio detenuta dall’organizzazione (assegni, cambiali e cessioni di credito aziendali degli usurati per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro), oltre ad armi e munizionamento da guerra.

LE CONGRATULAZIONI DEL GOVERNO - «Non ci occupiamo solo di immigrazione clandestina ma anche di lotta alla criminalità organizzata»: lo ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, commentando la vasta operazione che ha portato all’arresto di 29 persone. «Faccio i complimenti - ha detto il ministro - al comandante dei Carabinieri e al direttore della Dia per l’operazione che ha avuto luogo in varie città italiane e ha portato all’arresto di 29 persone». «L’arresto di numerosi esponenti della camorra, dimostra il buon operato del governo nel contrasto alla criminalità organizzata e rimanda al mittente le accuse di immobilismo di questi giorni». Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano. (Ansa)


14 aprile 2011

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due cadaveri stranieri

Due cadaveri in un vagone ferroviario
E' avvenuto a Foggia. I corpi forse di due cittadini dell'est
14 aprile, 10:58

(ANSA) - FOGGIA, 14 APR - Due cadaveri - probabilmente di due cittadini dell'Est - in avanzato stato di decomposizione sono stati trovati la notte scorsa all'interno di un vagone ferroviario, nei pressi dello scalo merci ex parco militare, a Foggia. La scoperta e' stata fatta da alcuni operai delle ferrovie. Al momento non e' possibile stabilire il giorno della morte ne' capire se siano morti per cause naturali. Pochi mesi fa si era verificato un episodio analogo, vittime due extracomunitari.

Long Island

Dieci cadaveri seppelliti tra le dune:
caccia al serial killer di Long Island




di Anna Guaita
NEW YORK - Sono le cinque di mattino di una bella giornata di maggio. Sull’Oceano che bagna Long Island brilla un sole già estivo. Gus Coletti si è alzato presto, per godersi l’aria di mare e fare una passeggiata. Sta radendosi, al suono di vecchie canzoni di Frank Sinatra, quando qualcuno bussa con violenza alla sua porta: «Aiuto, aiuto, per favore, aiuto!», grida una voce femminile. Gus apre e si trova davati una bella ragazza spaventatissima, che singhiozza «mi vogliono uccidere!». Il pensionato non ci pensa due volte, corre al telefono e compone il 911, il numero delle emergenze. Ma quando comincia a dire: «Polizia, mandate la polizia, c’è una ragazza in pericolo», lei fa dietrofront e scappa.

Comincia così, sulle spiagge di New York, una delle storie di cronaca nera più raccapriccianti e avvincenti degli ultimi anni. La ragazza, Shannan Gilbert, è una escort, che ha risposto a un annuncio di un cliente sul popolare sito Craigslist. Non si sa come mai sia arrivata dal New Jersey fino a Long Island, sino alla porta della villetta di Gus Coletti. Si sa solo che da quella mattina di lei non si troverà più traccia. Invece, la polizia troverà dieci corpi. Alcuni sono di giovani donne, tutte escort, ma uno pare sia di un bambino e un altro di un uomo adulto. Si è parlato di un serial killer, ma da ieri si sospetta che quella strisca di dune e paludi coperte da cespugli spinosi, e bagnate dalle onde dell’Oceano siano state il ”deposito” di più di un omicida, forse due o anche di più.

La scoperta dei cadaveri è cominciata in dicembre, quando un giovane poliziotto che voleva far fare un po’ di esercizio al suo cane da fiuto, si è recato sul posto dove si erano perse le tracce di Shannan Gilbert all’inizio dell’estate. Dopo neanche una mezz’ora fra le dune di Gilco Beach, un’area naturale, protetta e disabitata, il cane ha puntato e si è messo a guaire. Così, sepolto sotto un fitto groviglio di arbusti, è stato trovato il primo cadavere. Subito è arrivata la squadra del medico legale, cani, decine di poliziotti, e nell’arco di due giorni sono stati dissepolti altri tre cadaveri. Erano i resti di altre escort che avevano trovato clienti attraverso annunci via internet. Ma nessuno di quei corpi era di Shannan.

La ricerca riprende in marzo, quando la neve si scioglie, e i cani possono tornare in quella zona desolata e deserta di Long Island. La polizia porta anche le unità a cavallo, che possono meglio addentrarsi nel fitto della vegetazione e fra le dune. E la ricerca dà il suo amaro frutto: altri quattro cadaveri di giovani donne vengono trovati, alcune sono state smembrate, ma tutte avvolte nelle stesse tele di plastica, e sepolte sotto i cespugli. Questa volta c’è anche l’Fbi, che ha spedito a New York quella unità di ”esperti del comportamento” resa nota dal serial tv ”Criminal Minds”. Ci si rende conto che l’omicida ha agito in modo che di lui non restino tracce e si comincia a sospettare che possa essere stato un ex poliziotto.

Senonché proprio in questi ultimissimi giorni, a cinque chilometri dai primi resti, vengono trovati altri due cadaveri in stato di avanzata decomposizione. E questa volta non si tratta di donne, ma di un corpo di un bambino e di un uomo adulto. E sono cadaveri più vecchi, sepolti nella zona almeno dieci anni fa. E sorge il sospetto che quella striscia di sabbia e palude possa essere stato il luogo di ”scarico” di vari omicidi, forse addirittura del serial killer Joel Rifkin, arrestato nel 1993. Rifkin era sospettato di aver ucciso 17 persone, ma si trovarono solo i corpi di 9 vittime. L’omicida, in carcere a vita, si è sempre rifiutato di collaborare con le autorità per ritrovare gli altri corpi.

La ricerca si va dunque allargando sempre di più. Adesso la polizia ha ottenuto avanzati e sofisticati sistemi di identificazione chimica del terreno, e gru che possano portare gli inquirenti a guardare dall’alto l’immensa distesa di arbusti, alberi, sabbia, dune. L’estate si avvicina: queste zone che ora sono aride e deserte diventeranno verdi e anche più folte e difficili da penetrare, mentre la larga spiaggia bianca che le costeggia dovrebbero diventare meta di villeggianti.

O forse no: i newyorchesi sono impressionati dall’orribile vicenda del serial killer, e al momento appare improbabile che quella zona costiera si riempia di ombrelloni e bagnanti. Gli stessi abitanti dei paesini che confinano con l’area naturale protetta non nascondono la propria paura: «Facevo sempre una passeggiata con il cane la sera, lungo Gilco Beach, ma ora lo porto al giardinetto» confessa una signora che vive non lontano dalla villetta di Gus Coletti.

Mercoledì 13 Aprile 2011 - 21:44

mercoledì 13 aprile 2011

un camion

all'altezza del civico 205
Camion sbanda e finisce in un palazzo:
grave l'autista e residenti bloccati in casa
L'incidente mercoledì mattina in via Nazionale: il mezzo è salito sul marciapiede e si è incastrato in un portoneall'altezza del civico 205

Camion sbanda e finisce in un palazzo:
grave l'autista e residenti bloccati in casa

L'incidente mercoledì mattina in via Nazionale: il mezzo è salito sul marciapiede e si è incastrato in un portone


Le prime immagini del camion da SkyTg24
ROMA - Un camion è andato fuori strada sfondando un portone in pieno centro a Roma, in via Nazionale. Al volante del veicolo c'era un romeno, che è stato trasportato al Policlinico Umberto I in gravi condizioni. L'episodio è avvenuto all'alba, intorno alle 7, all'altezza del civico 205. Il camion, sbandando, ha invaso il marciapiede incastrandosi tra due pali e finendo contro il portone. Gli abitanti del palazzo sono ora bloccati nell'edificio. Sul posto sono intervenuti la polizia municipale e i vigili del fuoco, impegnati per la rimozione del mezzo. (fonte Ansa)


13 aprile 2011

martedì 12 aprile 2011

abuso sessuale

PEDOFILIA
Abusa per tredici anni di un minorenne
Condannato a dodici anni di carcere
Vicenza, Alessio Gelicrisio, 50 anni, dovrà anche pagare 40 mila euro di multa e altri 30 mila di risarcimento dei danni. In casa dell'uomo i militari avevano trovato marijuana e hashish

L'uomo ha abusato per 13 anni di un ragazzino che oggi ne ha 23 (archivio)

VICENZA - Per 13 anni ha abusato di un ragazzino che oggi ne ha 23. Ma dai filmati che i carabinieri della compagnia di Vicenza gli avevano trovato in casa quel giovane non era stato la sua unica vittima. Proprio lo squallido vizio di fotografare e riprendere quelle terribile scene lo ha incastrato. Giovedì con rito abbreviato Alessio Gelicrisio, 50 anni residente in città, è stato condannato a 12 anni di carcere 40 mila euro di multa e 30 mila euro di risarcimento danni nei confronti del ragazzo per i reati di violenza sessuale su minorenni, prostituzione minorile e corruzione di minorenne.

Il pm Antonella Toniolo ne aveva chiesti 20 mentre la parte civile aveva chiesto 500 mila euro di danni. L'uomo giovedì era presente in aula così come la giovane vittima. Gelicrisio, istruttore di arti marziali, per gli inquirenti per anni avrebbe costretto per poi filmare e fotografare alcuni giovanissimi in atteggiamenti sessuali. In cambio l’operaio dava soldi o, come in alcuni casi, sostanze stupefacenti. In casa i militari gli avevano trovato 6 piante di marijuana e 36 grammi di hashish, oltre a katane, pistole a salve, manette e un distintivo dei carabinieri con la sua foto. A questo si è aggiunto il materiale pornografico realizzato durate gli anni degli abusi.

Tommaso Quaggio
07 aprile 2011

domenica 10 aprile 2011

malati terminali

Intervento chirurgico: per la Cassazione sui malati terminali è accanimento terapeutico
Operare un malato terminale è accanimento terapeutico che viola il codice deontologico del medico anche se c’è il consenso del paziente. Questo il succo della sentenza della Corte Suprema di Cassazione di Roma circa la condanna di tre medici. Il caso torna alla cronaca dopo tanto tempo e riguarda il famoso quanto discusso prof. Cristiano Huscher e la sua equipe, ritenuti dunque colpevoli di omicidio colposo nei confronti di una donna morta nel Dicembre 2011. Si chiamava Gina, aveva 44 anni ed era la mamma di due bambini.
Purtroppo era stata colpita da un tumore al pancreas, una forma neoplastica pericolosa, aggressiva, che aveva creato delle metastasi lasciandole solo 6 mesi di vita. Primario presso l’Ospedale san Giovanni Addolorata di Roma, Husher, chirurgo esperto in laparoscopia di fama indiscussa (e riconosciuta anche in sede processuale), rappresentava la possibilità di poter allungare la propria vita di qualche settimana. Bastava questa speranza per rischiare la sala operatoria e così la donna ha firmato il consenso all’intervento.

Ma le cose non sono andate come previsto. Nel corso dell’operazione, a quanto emerso dal dibattimento, è stata involontariamente recisa la milza. Il che, non rilevato al momento, ha provocato un’emorragia che non è stata poi individuata e trattata adeguatamente nel post operatorio: la giovane donna è morta la notte stessa. Ciò che fa discutere non sono questi errori medici.

La diatriba consiste nel fatto che nella sentenza si sottolinei come l’intervento chirurgico in un paziente considerato terminale non deve essere fatto: il medico è tenuto ad agire deve agire nel rispetto del codice deontologico e del principio che impone loro di comportarsi secondo “scienza e coscienza”. In più si legge nel documento motivazionale: “nel caso concreto attese le condizioni difficili indiscusse ed indiscutibili della paziente(….), non era possibile attendersi dall’intervento un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita. I chirurghi pertanto avevano agito in dispregio al Codice deontologico che fa divieto di trattamenti informati a forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico”! Di fatto, i tre medici si erano opposti alla sentenza di condanna confermata dalla Corte d’Appello ed hanno fatto ricorso alla Cassazione per richiedere l’assoluzione. Nella sentenza diffusa ieri si legge che il caso è prescritto per decorrenza di termini e non sussistendo prove concrete a difesa degli imputati per rinviare ad nuovo dibattimento, tutto conferma quanto già detto: operare un malato terminale con tanto di consenso è accanimento terapeutico. E’ chiaro che il dibattito sul tema è ancora lungi da essere concluso.

epidemia colposa?

Ma quale epidemia colposa ci sarebbe stata? ma non avete altro da fare?

Rifiuti, chiesti 20 rinvii giudizio per epidemia colposa
venerdì 8 aprile 2011 14:13
NAPOLI (Reuters) - La procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di epidemia colposa nei confronti di 20 persone, tra amministratori e pubblici ufficiali, nell'ambito di un'indagine sull'emergenza rifiuti del 2007-2008.

Lo riferiscono fonti giudiziarie, aggiungendo che tra le persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio ci sono anche l'ex governatore della Campania, Antonio Bassolino, l'ex prefetto di Napoli Alessandro Pansa e il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino.

Secondo gli inquirenti, riferiscono le fonti, la permanenza in strada di grandi cumuli di rifiuti per un prolungato periodo di tempo è stata la causa di un'epidemia gastroenterica sul territorio.

La posizione di altri 16 indagati è stata, invece, stralciata, riferiscono le fonti.

L'indagine era stata chiusa dalla Procura a novembre del 2010.

padre difende figlio e muore

È successo in località Torri, a pochi chilometri da Ventimiglia
Ucciso a calci e pugni per difendere il figlio
La vittima, un 53ennne, accerchiata da un gruppo di romeni, ora sotto interrogatorio
È successo in località Torri, a pochi chilometri da Ventimiglia

Ucciso a calci e pugni per difendere il figlio

La vittima, un 53ennne, accerchiata da un gruppo di romeni, ora sotto interrogatorio



MILANO - Un uomo di 53 anni, Walter Allavena di Ventimiglia è intervenuto per difendere il figlio da un'aggressione ed è stato ucciso a calci e pugni. L'omicidio è avvenuto nella notte in località Torri a pochi chilometri da Ventimiglia. Secondo una prima sommaria ricostruzione Allavena è stato accerchiato da un gruppo di alcuni romeni che prima avevano molestato il figlio ventenne, ed è stato picchiato brutalmente. Gli uomini della squadra mobile e quelli del commissariato di Ventimiglia stanno interrogando un gruppo di romeni, almeno una decina, sospettati di essere gli autori del pestaggio mortale. Per accertare la dinamica di quanto avvenuto si stanno inoltre ascoltando cinque italiani, che sarebbero testimoni di quanto avvenuto. In commissariato c'è anche il figlio della vittima. Ha un occhio pesto, ed è visibilmente sotto choc.

LA RICOSTRUZIONE - Secondo quanto ricostruito tutto sarebbe iniziato quando il figlio ventenne della vittima, che si trovava in compagnia di alcuni amici, ha avuto una discussione - sembra a causa di un cane - con alcuni giovani romeni. Tra i ragazzi ci sarebbe stata una piccola rissa, ma poi si sarebbero allontanati. I romeni tuttavia sarebbero tornati indietro, più numerosi di prima, fino a pochi metri da casa di Allavena, dove avrebbero rintracciato il ragazzo picchiandolo. Il padre del giovane sentendo le urla è uscito dall'abitazione ed è intervenuto per sedare il pestaggio. È a quel punto che gli immigrati si sarebbero accaniti contro Walter Allavena. Sarà l'autopsia disposta dalla magistratura a stabilire se l'uomo è morto per i calci, i pugni e le percosse subite o per aver sbattuto la testa, cadendo a terra.

Redazione online
10 aprile 2011

sabato 9 aprile 2011

vendetta

Roma: omicidio in strada, zona Prati
Colpo di pistola vicino al Teatro delle Vittorie

(ANSA) - ROMA, 08 APR - Omicidio in strada a Roma nei pressi del teatro delle Vittorie. Un italiano di circa 40-45 anni e' morto, raggiunto da un colpo di pistola alla testa, in zona Prati. L'allarme e' stato dato da alcuni testimoni che avevano sentito uno sparo. Secondo quanto, si e' appreso l'uomo aveva diversi precedenti per reati finanziari. Non si esclude che possa essersi trattato di una vera e propria esecuzione. L'uomo e' stato colpito da un proiettile di piccolo calibro.

abuso omosessuale

PEDOFILIA
Abusa per tredici anni di un minorenne
Condannato a dodici anni di carcere
Vicenza, Alessio Gelicrisio, 50 anni, dovrà anche pagare 40 mila euro di multa e altri 30 mila di risarcimento dei danni. In casa dell'uomo i militari avevano trovato marijuana e hashish

L'uomo ha abusato per 13 anni di un ragazzino che oggi ne ha 23 (archivio)

VICENZA - Per 13 anni ha abusato di un ragazzino che oggi ne ha 23. Ma dai filmati che i carabinieri della compagnia di Vicenza gli avevano trovato in casa quel giovane non era stato la sua unica vittima. Proprio lo squallido vizio di fotografare e riprendere quelle terribile scene lo ha incastrato. Giovedì con rito abbreviato Alessio Gelicrisio, 50 anni residente in città, è stato condannato a 12 anni di carcere 40 mila euro di multa e 30 mila euro di risarcimento danni nei confronti del ragazzo per i reati di violenza sessuale su minorenni, prostituzione minorile e corruzione di minorenne.

Il pm Antonella Toniolo ne aveva chiesti 20 mentre la parte civile aveva chiesto 500 mila euro di danni. L'uomo giovedì era presente in aula così come la giovane vittima. Gelicrisio, istruttore di arti marziali, per gli inquirenti per anni avrebbe costretto per poi filmare e fotografare alcuni giovanissimi in atteggiamenti sessuali. In cambio l’operaio dava soldi o, come in alcuni casi, sostanze stupefacenti. In casa i militari gli avevano trovato 6 piante di marijuana e 36 grammi di hashish, oltre a katane, pistole a salve, manette e un distintivo dei carabinieri con la sua foto. A questo si è aggiunto il materiale pornografico realizzato durate gli anni degli abusi.

Tommaso Quaggio
07 aprile 2011

giovedì 7 aprile 2011

confine Messico- USA

scoperti dall’esercito nella cittadina di San Fernando, nello stato di Tamaulipas
Traffico di clandestini in Messico
Due fosse comuni con 60 cadaveri
Erano i passeggeri di un bus sequestrato il 25 marzo
scoperti dall’esercito nella cittadina di San Fernando, nello stato di Tamaulipas

Traffico di clandestini in Messico
Due fosse comuni con 60 cadaveri

Erano i passeggeri di un bus sequestrato il 25 marzo


(Reuters)
WASHINGTON – Due fossi comuni: all’interno dozzine di corpi. Tra i 50 e i 60 o forse di più. I resti sono stati scoperti dall’esercito nella cittadina di San Fernando, nello stato messicano di Tamaulipas. Secondo una prima ricostruzione i soldati hanno catturato un gruppo di uomini che aveva sequestrato il 25 marzo i passeggeri di un bus. Gli arrestati hanno confessato e fornito le informazioni per arrivare alle fosse. Per le autorità gli uccisi potrebbero essere degli migranti diretti negli Stati Uniti. Poco distante dalle fosse comuni sorgeva il ranch, dove nell’estate 2010, furono rinvenuti i cadaveri di 72 clandestini provenienti dal Sud America. Nella regione di Tamaulipas si danno battaglia i Los Zetas e gli ex alleati del cartello del Golfo. Uno scontro per controllare il corridoio che punta verso il Texas ma anche per il traffico dei clandestini. I Los Zetas avrebbero compiuto numerose stragi, compresa quella dei 72, per punire gli immigrati che si erano rivolti ai rivali per ottenere un «passaggio» verso gli Stati Uniti. Altre fonti hanno sostenuto che il massacro era stato provocato dal rifiuto dei clandestini di collaborare con i narcos. I cartelli, oltre a farsi pagare, costringono spesso i disperati a portare droga oltre confine o a collaborare in altre azioni criminose. Chi si rifiuta è assassinato in modo brutale. Poi fatto a pezzi. Oppure appeso ad un ponte.

I GRUPPI - I Los Zetas, che per anni hanno svolto il ruolo di sicari per il Golfo, si sono messi in proprio gestendo traffici di droga, immigrati e petrolio rubato. Una scissione contro la quale si sono mossi altri gruppi. Negli stati di Nuevo Leon e Tamaulipas sono apparsi striscioni per annunciare la nascita di un patto: il cartello del Golfo, quello di Sinaloa e la Familia – banditi di ispirazione messianica – si sono alleati per muovere guerra ai Los Zetas. Questi ultimi si sono lanciati in una massiccia campagna di reclutamento per avere nuovi «soldati». Hanno ingaggiato ex membri delle forze speciali del Guatemala, i Kabiles, ma anche criminali comuni poi addestrati all’uso di armi potenti, dai Kalashnikov ai lanciagranate. La maggior parte dell’equipaggiamento arriva dagli stati frontalieri americani dove operano sia organizzazioni che singoli, le «formiche». Comprano in modo legale i mitra – e montagne di proiettili – quindi le contrabbandano in Messico.

Guido Olimpio
07 aprile 2011

sparatoria a scuola

BRASILE -È accaduto nella periferia est della città
Spara contro alunni a Rio, 13 morti
L'uomo, un ex alunno, sparato con due pistole per circa tre minuti contro ragazzi, tra gli otto e 14 anni
BRASILE -È accaduto nella periferia est della città

Spara contro alunni a Rio, 13 morti

L'uomo, un ex alunno, sparato con due pistole per circa tre minuti contro ragazzi, tra gli otto e 14 anni



RIO DE JANEIRO - Un giovane di 23 anni ha fatto irruzione in una scuola media di Rio de Janeiro sparando all'impazzata, con due pistole e ben otto caricatori, uccidendo perlomeno 13 alunni e ferendone una ventina. Dopo tre minuti di massacro, con gli studenti tra i nove ai 14 anni che fuggivano da tutte le parti, l'assassino, Wellington Menezes de Oliveira, ha lasciato un lettera allucinata che parla confusamente di religione islamica e si è suicidato.

LA DINAMICA - La strage è accaduta verso le 8 del mattino di giovedì quando gli studenti sono entrati per le lezioni nella scuola comunale Tasso da Silveira, nel quartiere Realengo di Rio. L'uomo si è presentato davanti all'istituto indossando un giubbotto anti proiettile e ha sparato per lunghissimi minuti di seguito fuori e dentro la scuola. «L'omicida era probabilmente un ex alunno della scuola - ha detto Djalma Beltrame, capo del Battaglione 24 della Polizia Militare di Rio - Era allucinato. Indossava un'uniforme militare. Ha sparato con due pistole calibro 38. Non ho mai visto una cosa simile in 26 anni di servizio». La sorellastra di Wellington, Rosilane, ha confermato che il giovane era un ex alunno della Tasso da Silveira e ha detto che viveva da solo, non aveva amici e stava tutto il giorno su internet. Si era lasciato crescere una barba lunga e «parlava di cose musulmane: era un poco matto». Si specula che fosse portatore del virus Hiv. È stato identificato con una carta d'identità che portava addosso. La scuola Tasso da Silveira ha circa 400 alunni nel turno di mattina. Dieci studenti, ricoverati via elicottero, sono in condizioni gravi negli ospedali della zona. Altre 14 persone sono rimaste ferite in modo meno grave.

Redazione online
07 aprile 2011

quanti sono arrivati?

Maroni, da gennaio 390 sbarchi
Oggi firma decreto per concessione visto temporaneo a migranti
07 aprile, 11:07

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Guarda la foto1 di 1 (ANSA) - ROMA, 7 APR - Dall'1 gennaio ci sono stati 390 sbarchi in Italia con 25.867 arrivi: cosi' il ministro dell'Interno Maroni nell'informativa sull'immigrazione alla Camera. Maroni ha sottolineato che il naufragio di ieri nel Canale di Sicilia e' avvenuto in acque maltesi, 'ma le autorita' di quel Paese hanno chiesto il nostro intervento e lo abbiamo fatto subito'. Il ministro ha poi annunciato pe roggi il decreto sul permesso di soggiorno temporaneo ai migranti che vogliono andare in altri Paesi.

mercoledì 6 aprile 2011

cannabis?

La pizza alla canapa con fondi regionali
«CanaPuglia» ha vinto Bollenti spiriti
La specialità napoletana ha la farina di cannabis
La sperimentazione è in un locale di Conversano


Pizza con farina di canapa

Pizze con farina di canapa. Ora si può. Da domani un locale di Conversano sperimenterà questo innovativo e forse troppo poco conosciuto prodotto. Tutto è nato dall’esperienza di una realtà associativa creatasi nello stesso paese, «Progetto CanaPuglia», e che ha vinto l’ultimo bando dei Bollenti Spiriti 2010, classificandosi al 116 posto su 2.050. Nel mese di aprile l’associazione inaugurerà la propria sede, presentando il progetto nello specifico.

IL PROGETTO - L’associazione CanaPuglia nasce con l’intento di incentivare la coltivazione della canapa in Puglia informando i possibili fruitori dell’utilità e delle potenzialità che la coltura della canapa fornisce e ha fornito nel tempo passato. Con la canapa può essere prodotto molto, dai tessuti, ai farmaci. Fino al combustibile, alla carta, all’energia, e appunto agli alimenti.

LA CANAPA - La Cannabis è una pianta a fiore appartiene alla famiglia delle Cannabinacee, ma nel caso in questione ci si trova in presenza della cosiddetta «cannabis sativa», ovvero canapa utile. La farina di canapa deriva da sementi di canapa alimentare ed è indicata per dolci e prodotti da forno in generale, oltre che essere utile per gli altri usi classici della farina. La «pizza sativa», dunque sembra portare con sé l’alba di un’era nuova, perché la parola canapa non si porti dietro le politiche del proibizionismo, ma solo la riscoperta di un materiale totalmente naturale, che non produce effetti indesiderati. Infatti il Thc, sostanza psico-attiva tra i principi attivi della cannabis, non è presente nella farina di canapa. Di psichedelico qui, c’è solo il gusto.

Teresa Serripierro
03 marzo 2011(ultima modifica: 08 marzo 2011)

martedì 5 aprile 2011

uccide la moglie incinta

Tragico delitto in Spagna. La donna era anche incinta
Uccide la moglie e mostra il cadavere
via web al padre, a 3mila km di distanza
Il genitore dell'omicida ha chiamato la polizia dalla Romania temendo che il figlio potesse uccidere ancora
Tragico delitto in Spagna. La donna era anche incinta

Uccide la moglie e mostra il cadavere
via web al padre, a 3mila km di distanza

Il genitore dell'omicida ha chiamato la polizia dalla Romania temendo che il figlio potesse uccidere ancora

MADRID - A più di tremila chilometri di distanza, suo padre non voleva crederci. Non poteva nemmeno pensare che suo figlio Dorel fosse diventato un assassino, che sua nuora fosse morta e che il nipotino in arrivo non sarebbe mai nato. Allora il ragazzo, da Torrejon de Ardoz, vicino a Madrid, ha orientato la telecamera del computer verso il cadavere della compagna perché le immagini arrivassero al padre, in Romania, a dimostrazione che non stava mentendo. Peggio, ha minacciato di infliggere la stessa sorte alla giovanissima cognata, appena tredicenne, che viveva con loro in Spagna e che in quel momento non era a casa.

L'ALLARME LANCIATO DEL PADRE DELL'ASSASSINO - Il padre dell’uxoricida non ha perso tempo, ha chiamato la polizia rumena, che ha messo in allarme i colleghi spagnoli: 45 minuti dopo la macabra esibizione attraverso la web-cam, gli agenti spagnoli erano già a casa dell’omicida. Il caso sarebbe stato archiviato come uno dei 70 delitti domestici che statisticamente affliggono ogni anno la Spagna, ma quello di lunedì si è distinto dagli altri per la “confessione” via computer e per la efficacia della collaborazione tra le polizie di due paesi che hanno forse sventato così una seconda aggressione. Dorel ha appena 21 anni, la vittima ne aveva 19. Ma la giovanissima coppia aveva già una bambina di tre anni; e tra meno di quattro mesi sarebbe nato il loro secondogenito. Entrambi rumeni, erano venuti in Spagna per trovare lavoro, con la sorellina minore della donna; e il vicinato non aveva mai avuto motivo di lamentarsi di loro: niente chiasso, niente litigi, niente strepiti. Scartate anche questioni di droga o di prostituzione. Semplicemente qualcosa aveva smesso di funzionare tra i due giovani, se è vero che lei aveva deciso di separarsi nonostante il bimbo in arrivo. «Sono ancora congetture», avvertono gli investigatori. Ma la minaccia di un abbandono sarebbe bastata al ragazzo per strangolare la sua compagna, lunedì pomeriggio. Non è chiaro nemmeno perché abbia deciso di chiamare il padre, in Romania: forse l’inconscio desiderio di essere fermato. Con un misto di rabbia e disperazione, gli ha mostrato quel che aveva fatto: la ragazza era stesa sul letto e sarebbe parsa addormentata, se non fosse stato per i segni violacei sul collo. Non si può sapere se il giovane omicida avesse davvero intenzione di uccidere anche la sorellina della donna. Ma dalla convulsa conversazione con lui, via computer, il padre ne ha dedotto che anche la tredicenne fosse in pericolo e ha subito avvertito la polizia rumena, convinto che non ci fosse un minuto da perdere.

Elisabetta Rosaspina
05 aprile 2011

padre e nonno

OLANDA
Dodicenne inconsapevole partorisce
alla gita scolastica. Il papà è il padre
L'analisi del dna svela l'incesto: il 52enne finisce in manette. La ragazzina non s'era accorta di essere incinta
OLANDA

Dodicenne inconsapevole partorisce
alla gita scolastica. Il papà è il padre

L'analisi del dna svela l'incesto: il 52enne finisce in manette. La ragazzina non s'era accorta di essere incinta



MILANO - Aveva destato grande scalpore in Olanda la vicenda di una ragazzina di appena dodici anni che due settimane fa ha partorito mentre era con i compagni in gita scolastica. Né la giovane studentessa e neppure i genitori si erano resi conto della gravidanza. Ora la rivelazione choc: la ragazzina è stata messa incinta da suo padre.

ANALISI DEL DNA - La ragazzina di Groningen aveva cominciato ad accusare forti dolori al ventre durante una gita con gli insegnati e i compagni di scuola il 22 marzo scorso. Era stata trasportata nell'edificio più vicino dove aveva dato alla luce una bambina. Tra l'incredulità generale. I genitori avevano spiegato di non «essersi resi conto che la figlia era incinta, e che non c'erano segni esterni che evidenziassero la gravidanza». Non se n'era accorta neppure la dodicenne o i suoi amici. La ragazzina aveva appena 11 anni quando è rimasta incinta, avevano comunicato i Servizi locali per la salute pubblica in Olanda. Ora però, la storia si arricchisce di particolari inquietanti: la ragazza, iscritta alla scuola primaria, sarebbe stata messa incinta dal padre.

IN MANETTE - Il 52enne è stato arrestato con l'accusa di abuso sessuale, ha comunicato la procura. È stata infatti un'analisi del Dna sull'uomo a provare che è lui il padre del neonato. Secondo il giornale online elsevier.nl l'uomo viene ora descritto dai vicini di casa come «un alcolizzato» che «ha già avuto figli da altre donne». In passato era stato peraltro condannato per un crimine sessuale. Ora rischia una pena di almeno 12 anni di reclusione. La dodicenne è stata nel frattempo affidata a una nuova famiglia.

Elmar Burchia
05 aprile 2011

abusi

COsenza, passa parola per partecipare alle sevizie
Otto anni di abusi su un disabile, 13 arresti
Violenze sessuali anche di gruppo su un trentenne con problemi mentali. Pregiudicati tra i fermati
COsenza, passa parola per partecipare alle sevizie

Otto anni di abusi su un disabile, 13 arresti

Violenze sessuali anche di gruppo su un trentenne con problemi mentali. Pregiudicati tra i fermati

COSENZA - Hanno abusato e seviziato per anni un giovane disabile mentale, ma alla fine sono stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Cosenza. Si tratta di 13 persone di età compresa tra i 35 ed i 70 anni, tutti di Cosenza, alcuni pluripregiudicati. L'accusa per tutti è violenza sessuale aggravata e continuata. I provvedimenti emessi dal gip su richiesta della Procura si riferiscono ad indagini iniziate nel novembre scorso e relative a diversi episodi di sevizie e violenza sessuale consumati per mesi ai danni del giovane disabile ritardato di mente.

DA OTTO ANNI - Gli abusi, secondo quanto si è appreso, andavano avanti da otto anni. Alcuni degli arrestati avrebbero anche sottoposto la vittima, che ha poco meno di 30 anni, a sevizie che sono state riscontrate dagli investigatori. L'inchiesta, denominata «Orchi», è iniziata sei mesi fa grazie a voci confidenziali raccolte dai carabinieri di Cosenza. Gli investigatori sono poi riusciti a creare un rapporto di fiducia con la vittima, arrivando così a risalire ai presunti autori delle violenze, alcuni dei quali sposati, ed ai luoghi in cui avvenivano.

IL PASSA PAROLA - Dalle indagini è emerso che alcuni degli arrestati conoscevano la vittima da anni ed avrebbero iniziato ad abusarne nel 2003. Altri indagati, invece, sarebbero venuti in contatto con il giovane disabile più recentemente, circa tre anni fa, dopo una sorta di passa parola. A sei arrestati viene contestata anche l'accusa di violenza sessuale di gruppo. Tra loro vi è anche un uomo che, pur non potendo avere rapporti sessuali, avrebbe partecipato alle violenze. (con fonte Ansa)

Redazione Online
05 aprile 2011