lunedì 28 febbraio 2011

tonsille

Intervento tonsille,morta una bimba
Lamezia Terme, sospetto caso malasanità
Una bambina di nove anni è morta dopo un'operazione alle tonsille nel reparto di otorinolaringoiatria a Lamezia Terme. La piccola, Claudia M., secondo quanto riportano i quotidiani regionali della Calabria, era stata dimessa mercoledì, ma nel weekend si è sentita male e sabato è deceduta improvvisamente. Anche il padre della bimba, nel 2003, è morto per un presunto caso di malasanità, ma l'indagine venne archiviata.


Per far luce sulla vicenda e chiarire le cause del decesso della bimba, sul corpicino verrà eseguita l'autopsia disposta dalla Procura di Lamezia Terme.

La bambina di Filadelfia (Vibo Valentia) è stata operata lunedì 21. Due giorni dopo, mercoledì, i medici l'hanno dimessa. La piccola, però, tornata a casa non si è sentita bene e il venerdì la madre l'ha riaccompagnata in ospedale, dove è stata visitata nuovamente. Per i medici, però, era tutto normale e la piccola è stata così rimandata a casa. Sabato sera, una nuova ricaduta. Claudia è stata portata d'urgenza in ospedale dove però è giunta morta.

Subito dopo la vicenda, la madre della bambina ha presentato una denuncia alla polizia che ha sequestrato la cartella clinica su disposizione della Procura.

Il padre, morto anche lui per un caso sospetto di malasanità, nel 2003, accusando dolori al petto, si era recato nell'ospedale di Vibo Valentia dove fu visitato e dimesso. Il giorno dopo morì per un infarto.

meditazioni

ULTIMO CAPITOLO

di Giusto Giusti

Indice sommario. 1. Introduzione. 2. Regole delle perizie. 3. Lesioni personali. 4. Valutazione del danno. 5. Compatibilità carceraria. 6. Stupefacenti. 7. Pericolosità sociale. 8. Infortunio iatrogeno. 9. Diritti umani. 10. L’ambiente. 11. Gli incidenti stradali. 12. Gli infortuni sul lavoro. 13. La questione delle pene. 14. L’eutanasia. 15. Lo spirito delle leggi. 16. I nuovo schiavi. 17. Saluti.

E così, caro Lettore, siamo arrivati all’ultimo capitolo, nel quale si possono tirare le somme di un trattato, o anche di una vita professionale. Non intendo certo abbandonarmi a ricordi, rimpianti, rimorsi, pentimenti nelle scelte fondamentali della vita. Ognuno di noi fa, ed ha fatto, quello che ha potuto, secondo le proprie qualità e la propria fortuna, e secondo quello che altri gli hanno lasciato fare. Ognuno di noi ha dato il proprio contributo di lavoro e di pensiero a questa disciplina così singolare.
Nel tempo, in parte trascorso insieme, si sono verificati mutamenti importanti in Medicina legale. Nel bene e nel male, ognuno di noi ha contribuito a cambiare lo scenario in cui operiamo.
I più anziani fra noi (ormai posso dire quelli della mia età) sanno bene come era la situazione medico legale negli anni ’60. Ci sono stati importanti progressi, e per prima ricordo la grande scoperta di Jeffries, che ha consentito l’attribuzione certa della paternità e delle tracce biologiche, mentre progressi rilevanti vi sono stati in tossicologia forense, e più lenti in altri settori . E’ tuttavia il quadro generale che va cambiando, la medicina legale si sta frantumando in settori sempre più piccoli e più specializzati sul piano tecnico, mentre non si intravvede la soluzione dei grandi problemi né la giusta collocazione organizzativa di questa scienza nell’ambito delle altre scienze bio- mediche. Il fatto è, probabilmente, che la nostra disciplina rappresenta più una funzione che una morfologia, cosicché vi è la tendenza alla dispersione più che alla compattazione. In parte questo si verifica anche in altre discipline, ma è specialmente evidente da noi. Certamente nessuno può padroneggiare settori scientifici così diversi: patologia forense, medicina legale del vivente, psichiatria e psicologia, genetica, tossicologia, balistica, entomologia, e quant’altro. Certamente uno psichiatra può fare una perizia psichiatrica meglio dello psichiatra forense, e un genetista una perizia genetica meglio di un genetista forense. Arrivo a dire che un anatomo patologo eseguirà un’autopsia meglio di un medico legale, e così al medico legale resterà ben poco, quello che nessun altro vuole, cioè il cadavere esumato. L’ho già scritto tanto tempo fa, così tanto che non ricordo dove.
Eppure nessun’altra disciplina come questa ti offre occasioni di arricchimento culturale, di conoscenze molteplici e diversissime, di contesti che assai difficilmente le altre specialità mediche ti consentono di apprezzare. Ma tutto questo ti costa una grande fatica, ed il rischio è di trasformarti in un tuttologo.
Naturalmente il contesto sociale è profondamente cambiato, si sono affacciate nuove esigenze, la popolazione italiana si è secolarizzata e molti dei valori cristiani non sono più percepiti come valori cogenti. Di contro, la gente è assai più consapevole dei propri diritti, anche se- per quanto appare- tali diritti sono fatti valere più come diritti individuali che come diritti sociali, mentre la nozione del dovere appare assai sfumata sullo sfondo. Si nota (recte: io noto) l’accentuazione di alcune caratteristiche nazionali, come per esempio la remissività di fronte al potente di turno, e la scarsa propensione ai delitti contro la persona. L’arte dell’imbroglio pare elevata a sistema, mentre i delitti contro la persona diventano prerogativa (proporzionalmente, s’intende) degli immigrati. L’innalzamento della durata della vita pone anche importanti problemi di ordine previdenziale, che non possono non riflettersi anche sui pareri concernenti l’invalidità pensionabile e l’invalidità civile.
La scarsa numerosità degli omicidi che richiedono accertamenti di natura criminalistica ha fatto sì che questo settore appaia poco sviluppato rispetto allo sviluppo che esso ha avuto in altri Paesi, segnatamente gli Stati Uniti, dove i delitti di violenza sono assai più numerosi, sia in numero assoluto sia in proporzione al numero degli abitanti. In una visione prospettica, pare necessario dar ragione a quei colleghi che ritenevano che la medicina legale più utile fosse quella dedicata agli aspetti pensionistici e risarcitori. Ma è proprio in questi settori che la confusione dottrinaria e organizzativa regna sovrana.
Infine, il punto più dolente, e cioè la scelta del perito idoneo. Ancora più dolente, tuttavia, se solo consideriamo che non dovrebbe essere necessario per il Giudice scegliere un Perito, posto che nessuno- fortunatamente- sceglie il Giudice, e che spesso, molto spesso, il parere del Perito diventa il parere del Giudice. Da anni sto avvicinandomi all’idea che non le persone, ma le strutture debbono servire la Giustizia, strutture che abbiamo e che dovremmo utilizzare al meglio.
Di questo e di altri problemi intendo intrattenermi con voi in questo capitolo, avvertendovi prima che si tratterà, in larga misura, di mie opinioni personali, talora condivise da qualcuno e talora seriamente osteggiate da molti, o dalla maggioranza dei colleghi. Intendo anche fare qualche invasione di campo, visto che il nostro codice penale è stato promulgato nel 1930, e dunque è stato scritto negli anni ’20, e risente dunque quanto meno delle idee degli anni ’10, cioè delle idee di un secolo fa. Lombroso era ancora vivo e proiettava la sua lunghissima ombra sul codice Rocco.

REGOLE DELLE PERIZIE
Ciascuno di noi, sia medico legale sia giurista, conosce le regole delle perizie e delle consulenze tecniche d’ufficio e di parte. Non starò a ripeterle. Quando cominciai, molto giovane e un po’ titubante, ad affacciarmi su questa professione, fui sorpreso dal fatto che non si trattava, nel concreto, di una attività pubblica, bensì di una attività privata per la quale si percepiva un compenso. Rimasi sorpreso, come ho detto, ma mi fu spiegato che il mio modo di pensare era sbagliato, ma io continuo a pensare che si tratti invece di una attività di tipo privato, individuale, dato che è il singolo individuo che effettua una perizia, non una istituzione, e che, a stretto rigore, un pubblico dipendente, per esempio un professore di medicina legale, non potrebbe neppure trovare il tempo e soprattutto il modo di fare una perizia. E infatti, l’autopsia dove la fai? Forse nel salotto di casa? No, la fai in una pubblica struttura, nel tempo che altri ti pagano. E te lo pagano due volte. Questo non va bene. Però le autopsie vanno fatte. D’altra parte, se un medico legale non fa le perizie, cos’altro dovrebbe fare? Questi sono punti importanti, che ti obbligano a prendere in considerazione ipotesi che altri Paesi hanno già affrontato e risolto.
A mio avviso, non è la persona che deve essere competente, ma è la struttura, e deve trattarsi di una struttura pubblica, perché non c’è nulla che sia più pubblico della Medicina legale. Noi siamo riusciti- ricordo che lo diceva il prof. Franchini molti anni fa- a rendere pubblica la medicina che sarebbe dovuta rimanere privata e a rendere privata la medicina che doveva rimanere pubblica, e cioè la medicina legale. E con questo non voglio dire che il Servizio sanitario nazionale dovrebbe ritrasformarsi nella vecchia mutua. Dico soltanto che un organo dello Stato deve lavorare per essere utile ad altro organo dello Stato, che non è lecito affidare responsabilità talora grandissime ad una singola persona, che non può avere perfetta cognizione di tutti gli aspetti di un caso criminale, o anche soltanto civile. Io immagino strutture di tipo dipartimentale, gestite dalle ASL, dotate di personale e di mezzi, che lavorino solo per la Procura e per il Tribunale, penale o civile, con esclusione delle consulenze di parte, che devono rimanere ai medici privati. Questa attività rientrerebbe, a mio parere, tra i compiti previsti dal servizio medico- legale delle ASL.
Qualcuno potrebbe anche pensare che organi deputati a compiti medico- legali potrebbero essere gli odierni Istituti [recte: sezioni di un dipartimento più ampio] di Medicina legale, i quali però talora sovrabbondano di persone poco preparate e soffrono di una cronica mancanza di denaro, per aggiornare lo strumentario, la biblioteca, ecc. A questo proposito, ci si potrebbe anche domandare se gli istituti universitari siano davvero utili alla disciplina, o se non sarebbe meglio abolirli tout court. Si dirà: e la funzione didattica? Vero, ma ormai ci si deve anche domandare quale funzione didattica venga esercitata dai membri di una sezione dipartimentale di medicina legale. A dire il vero, gli insegnamenti sono moltissimi, per esempio, in numerosi corsi di laurea (medicina e chirurgia, odontostomatologia, scienze motorie) e nella maggior parte delle lauree brevi (scienze infermieristiche, ostetricia, ecc., perfino i podologi hanno un insegnamento medico legale), in gran parte delle scuole di specializzazione, ecc. Ma quel che viene insegnato non è la medicina legale, bensì la giurisprudenza medica. Questo è un dato di fatto. Questi insegnamenti andrebbero meglio affidati ad un giurista, mentre l’aspetto tecnico è talmente specialistico, che solo ad un ristrettissimo numero di studenti in medicina può interessare. La conseguenza logica è che potremmo tranquillamente rinunciare all’insegnamento della medicina legale a livello universitario, seguendo con questo l’esempio di molti Paesi, e riservarlo, a livello post- universitario, a quei pochi che vogliono fare questo mestiere, e solo questo.

LESIONI PERSONALI
I più anziani tra noi ricorderanno sicuramente i loro inizi nelle preture penali, quando, citato dal Pretore, ti recavi in aula e dovevi visitare- si fa per dire- qualche decina di vittime di lesioni personali colpose, per lo più da incidenti stradali. Dovevi dare la risposta subito, a verbale, e il Pretore, per compensarti, ti concedeva di riservarti la risposta per alcuni casi, meritevoli di approfondimento, e di più numerose vacazioni. La massima parte dei casi però dovevi valutarla lì, in aula, e se dovevi visitare (spogliare) qualcuno, per esempio per un esito di frattura di gamba, lo facevi in cancelleria o in qualche stanzetta disabitata della Pretura. Il tempo concesso per leggere le carte e visitare il periziando era di qualche minuto, e tu eri incalzato dal cancelliere che voleva verbalizzare il tutto. Qualche volta le situazioni erano grottesche.
Ripensandoci ora, la metodologia in sé non era sbagliata, quel che mancava erano il tempo ed il luogo, cioè un ambiente decente, anche minimamente attrezzato. In fondo, molti Colleghi, che lavorano a ritmo serrato per Compagnie d’assicurazione, sanno bene come una adeguata organizzazione possa consentire di sveltire il lavoro medico.
Ora, i tempi richiesti per una valutazione di una lesione personale sono molto più lunghi, a causa delle necessarie formalità della CT o della perizia. Invece di qualche minuto, passano due- tre mesi prima che il PM o il Giudice possano avere il frutto della tua indagine, e poi altro tempo sarà necessario ai colleghi CTP per depositare le loro critiche al tuo operato. Anche questi aspetti rallentano la trattazione del caso.
Non era tuttavia questo di cui volevo parlare, bensì della classificazione delle lesioni personali e delle aggravanti. La CEDAM ha pubblicato una bella serie di ristampe anastatiche dei Codici degli Stati italiani pre- unitari, e, se dedichiamo un po’ di tempo all’esame degli articoli sulle lesioni personali, possiamo verificare che assai poco è cambiato, sia nello spazio sia nel tempo. Per esempio, il fatidico termine dei 40 giorni è una sorta di mito da circa 200 anni, trasmesso da infermiere di Pronto Soccorso ad un altro, e dagli infermieri ai medici, come soglia da non superare mai, perché altrimenti c’erano l’obbligo del referto e poi il processo penale. Si giungeva al ridicolo e al falso di dichiarare guaribili entro 40 giorni orribili fratture di gamba o di femore, che avrebbero richiesto almeno il doppio o il triplo del tempo per guarire (con postumi). A lungo la Corte di legittimità ha discettato, e perso tempo, per definire cosa fossero veramente un “indebolimento permanente” o lo sfregio, e la differenza tra questo e la deformazione del viso.
So bene che i Giuristi sono molto affezionati a questa classificazione, e che non vogliono abbandonarla. Ma voglio ricordare che la Medicina legale ha elaborato validissime tabelle del danno biologico che potrebbero applicarsi in sede penale, consentendo una più adeguata valutazione dei postumi (e della pena) e di non dover ripetere la consulenza tecnica in sede civile. Del resto, non ha molto senso equiparare, come attualmente accade, la perdita del senso della vista (danno gravissimo, valutabile in sede civile con il 100%- adesso un poco meno) con la perdita dell’olfatto, che, pur essendo anch’esso la perdita di un senso secondo l’art. 583 del codice penale, in realtà in sede civile è valutato con il 5%.
Soprattutto, le disposizioni sulle lesioni personali non tengono conto dei progressi della medicina e dell’organizzazione sanitaria. Gli antibiotici e la rapidità del soccorso medico hanno di fatto reso meno gravi le lesioni personali secondo detta classificazione, e ciò ha avuto come conseguenza la riduzione delle pene. Quanto a questo, niente di male, ne parlerò in seguito.

VALUTAZIONE DEL DANNO
Ho impiegato anni per orientarmi nei vari contesti amministrativi e giudiziari, e per capire con quali criteri e tabelle si deve procedere alla valutazione del danno. Qualcuno penserà, eventualmente dirà, che gli anni non mi sono bastati, e che non ho ancora capito le sottigliezze e le fondamentali differenze che intercorrono fra una valutazione RC e una valutazione INAIL e una valutazione di invalidità civile, e quella per i dipendenti civili e militari dello Stato, ecc. Continuo a pensare come pensavo quand’ero studente, che cioè una menomazione debba essere valutata in un unico modo, e non capisco perché la perdita di un dito valga x% in un contesto e y% in un altro, e rappresenti un indebolimento permanente della mano in sede penale. Possiamo discutere fino alla nausea sui presupposti teorici del danno a persona, ma non ha senso proporre sette (mi pare proprio che siano sette) differenti tabelle che impongono per legge quella valutazione, o la suggeriscono, visto che in questo sovrano disordine non abbiamo le tabelle per le macropermanenti in RC, ma solo le tabelle per le micro permanenti (fino al 9%) e solo per i danni da incidenti automobilistici.
Per consolarmi, ho preso in mano la Guida alla valutazione dell’invalidità permanente, dell’ Associazione Medica Americana (curata da Linda Cocchiarella e Gunnar Andersson, 2002; edizione italiana CSC, Torino 2004, curata da S. Jourdan- vedi il capitolo corrispondente in questo volume), nella quale il criterio medico valutativo è uno solo, e la percentuale del danno fa riferimento agli atti della vita quotidiana, con esclusione delle attività lavorative. Il pragmatismo degli Americani ci deve insegnare qualcosa. Non occorrerebbe fare nulla, solo copiare. E’ con questa Guida che negli Stati Uniti si valuta il danno a persona, e magari i medici legali litigano per altre cose, ma non per la percentuale di danno. Tutti noi conosciamo le questioni giudiziarie sorte per scambi di favori tra medici legali che lavorano sia privatamente sia per le Compagnie di assicurazioni: questi processi non sarebbero neppure nati se fosse stata usata questa Guida, che ti dà indicazioni assolutamente precise, a prova di ripetibilità, nel senso che qualunque consulente, visitando quella persona, non può non giungere alla stessa valutazione.
Tuttavia, senza pensare ad ipotesi di reato, è indubbio che le nostre tabelle, quali esse siano, non danno indicazioni cliniche sufficienti per evitare i contrasti fra le parti, tali che prolungano talvolta, o spesso, i processi civili o la procedura amministrativa, o sono causa dei processi, poiché vi sono sempre condizioni, o scuse, che permettono di aumentare, o diminuire, la valutazione del danno. In questo senso, l’impiego di un’unica tabella condivisa (stai attento, la Guida dell’ AMA è un grosso volume) darebbe un significativo contributo ad una migliore trattazione di queste problematiche. Naturalmente, bisognerebbe abolire tutte le altre tabelle, e questo è forse un problema irrisolvibile.

COMPATIBILITA’ CARCERARIA
Per saperne di più sull’argomento, vai al capitolo apposito, in questo volume. Il capitolo è stato scritto da due avvocati, che si occupano esclusivamente del “carcerario”. Essi cercano di trarre di galera detenuti definitivi e detenuti in attesa di giudizio adducendo ragioni varie, tra le quali vi possono essere anche i motivi di salute.
Negli ultimi decenni, l’incompatibilità carceraria per motivi di salute ha assunto una grande importanza soprattutto per rendere meno difficile l’attesa del giudizio, che spesso si prolunga per anni. Essa è cioè un effetto secondario delle lungaggini intollerabili dell’indagine e del processo penale. Queste lungaggini ci sono state varie volte e acerbamente rimproverate dal Consiglio d’Europa. Se il processo avesse una durata ragionevole, il problema dell’incompatibilità carceraria sarebbe molto meno presente.
Ho scritto molto su questo argomento, e ho esaminato molti casi, e ho assistito Colleghi sotto processo per avere, alternativamente, “messo fuori” o “lasciato dentro” dei detenuti. Ne ho tratto la convinzione che la pratica medica in carcere è difficile, e seriamente limitata da un lato dall’atteggiamento dei reclusi e dall’altro dalla burocrazia. L’atteggiamento dei detenuti è in genere improntato a sfiducia nei confronti del servizio sanitario offerto dal carcere; tale sfiducia finisce per giungere a veri e propri atti di simulazione cosciente e di frode. Di contro, l’Amministrazione, consapevole di questi dati di fatto, tende al rigore, e quindi si espone a rischi, quando il detenuto sia davvero malato, o muoia in carcere, o pratichi l’autolesionismo fino al suicidio. In questo contesto si inserisce la Magistratura, che gestisce il detenuto finché sia in corso il processo, e anche dopo, ad opera del Tribunale di Sorveglianza.
Le regole sulla compatibilità non son affatto chiare, poiché si afferma che, se le condizioni di salute sono tanto gravi da non consentire le cure necessarie nello stato di detenzione, allora il detenuto può (deve) avere il beneficio degli arresti domiciliari, o della detenzione domiciliare. Se il giudice approva, naturalmente, dato che la gravità del reato, o dell’ipotesi di reato, è un elemento molto importante della decisione. Non è il medico legale che decide, è il giudice. Il povero giudice si deve arrabattare anche lui, sulla scorta di imprecise norme e di variabili sentenze della Corte di Cassazione, ed è anche lui esposto a critiche e pericoli.
Vero è che la sanità carceraria non è il massimo che un paziente si possa augurare, e che spesso i mezzi a disposizione sono insufficienti, ma francamente in questo modo è difficile andare avanti, nonostante gli sforzi che i colleghi possono fare. Pensate che il tasso di suicidi in carcere è circa 10 volte quello della popolazione generale, che circa un terzo della popolazione carceraria è composta di stranieri, e che vi è una larga fetta di tossicodipendenti. Bastano questi pochi elementi per indicare le necessità delle carceri. Se poi, come pare certo, gli ospedali psichiatrici giudiziari (o solo alcuni) verranno aboliti, allora le carceri dovranno accogliere anche questi malati di mente dichiarati, come se già nelle carceri non ce ne fossero abbastanza.
Non vedo possibili soluzioni, se non quella di adibire un ospedale ad esclusivo uso dell’Amministrazione penitenziaria, in una località adatta, facilmente raggiungibile da tutti i punti della penisola. Avevo tentato, in passato, di ottenere questo, ma l’ipotesi non è evidentemente sembrata valida al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. E’ possibile che il DAP abbia ragione, o che il costo, anche di gestione, sia eccessivo, ma continuo a pensare che questa soluzione sia fattibile e utile.

STUPEFACENTI
Si legge ogni tanto sulla stampa quotidiana di progetti, di diversa origine ministeriale, di modifica alla vigente legge sugli stupefacenti, forse considerata troppo afflittiva per i drogati, o “tossici” che siano.
Negli anni, siamo passati della legge 1041 del 1954, alla 685/1975, al DPR 309/1990, attualmente vigente e modificato, anche attraverso un referendum. Posso solo dire che nessuna di queste leggi o decreti è stata veramente efficace nel reprimere l’abuso di stupefacenti. Credo che la ragione di ciò stia nel fatto che ci vuol ben altro che un tratto di penna per sconfiggere una forma di condotta che, in vari modi, appare profondamente radicata nell’uomo. Le varie popolazioni hanno creato, nel loro territorio, la droga preferita, per esempio i Cinesi e altre popolazioni dell’Estremo Oriente avevano e hanno l’oppio, fra gli Arabi si è diffusa la canapa, gli Indios del Sud America hanno la coca, e noi Occidentali abbiamo l’alcool. Non è privo di significato il fatto che queste, o i loro derivati, siano le droghe più diffuse, anche se più recentemente hanno fatto la loro comparsa le droghe sintetiche.
Come spesso ci accade, noi abbiamo la tendenza a legiferare in maniera schizofrenica, passando da una severità ingiustificata ad un lasso permissivismo, dimenticando che nessuno di questi atteggiamenti è stato davvero utile nella lotta all’abuso di droga, perché l’universo dei consumatori è molto variegato a livello individuale e sociale e perché le diverse droghe hanno differenti gradi di pericolosità. Per esempio, il fumo di canapa non ha mai ucciso nessuno, mentre il numero dei morti da eroina, pur diminuito negli ultimi anni, è ancora significativo. Allora, secondo una logica medica, si potrebbe tollerare l’uso della canapa e combattere in tutti i modi l’uso dell’eroina, differenziando, come pare ragionevole, queste sostanze sotto il profilo punitivo. Ciò servirebbe anche a concentrare gli sforzi contro l’eroina, senza giungere ad eccessi, come in Iran, dove il commercio di oppio o di eroina comporta la pena di morte, ma neanche questo riesce a bloccarlo.
Qualunque sia la modifica al DPR 309/1990, sono pessimista sulla sua efficacia. L’unico strumento davvero efficace, dimostratosi tale nel tempo, è stato quello applicato dal Presidente Mao, dopo la conquista del potere. Quei provvedimenti (costruzioni di ponti e strade, lavori forzati, campi di rieducazione) sono stati costosissimi in termini di vite umane, e non sarebbero accettati qui e ora, mentre le forme terapeutiche impiegate in Occidente e in Italia producono risultati molto modesti. Pare possibile che il fenomeno dell’abuso di droghe si riduca per ragioni che ancora non possono essere immaginate: in fondo, in Italia nel XIX secolo e fino ai primi anni ’60 del XX secolo la tossicodipendenza era un fenomeno sporadico, prevalendo peraltro l’alcolismo. Del resto, non si conoscono ancora le vere ragioni dell’abuso di droghe, nonostante le pretese spiegazioni che giungono da molte parti.

LA PERICOLOSITA’ SOCIALE
La pericolosità sociale è un retaggio delle tesi di Lombroso. Non intendo dire che Lombroso avesse torto, a cercar di prevenire possibili reati, ma, secondo me, la nozione stessa di pericolosità sociale entra in conflitto con tesi molto accettate, secondo le quali non si può punire qualcuno nel timore che compia un reato, ma solo quando l’ha compiuto. La pericolosità sociale corrisponde infatti alla probabilità che un soggetto, prosciolto da un reato per infermità di mente o dichiarato semi-infermo, compia un altro reato.
Ricordo bene almeno un paio di casi, in cui la mia prognosi di mancanza di pericolosità sociale entrò in conflitto con l’opinione diffusa, e ne fui rimproverato, attraverso il giudice e la stampa. Ma, almeno per quelle volte, avevo ragione io, nel ritenere che una madre omicida, gravemente depressa, non avrebbe più commesso alcun reato, se trattata adeguatamente, e che un giovanotto, accusato di aggressione a scopo sessuale, non doveva andare in carcere o in OPG, essendo già passato l’episodio psicotico breve. Mi è andata bene, ma c’erano buoni motivi per essere ottimisti.
Tuttavia la prognosi di pericolosità sociale non è prognosi di malattia, bensì di condotta, e quindi ancor più difficile da formulare, e soggetta ad inevitabili e frequenti errori. Vi sono alcune condizioni che obbligano in pratica ad emettere la prognosi di pericolosità sociale, per esempio la schizofrenia paranoide in fase florida, anche se il paziente viene trattato, o la depressione grave non curata; anche il disturbo antisociale di personalità è una condizione che implica- per definizione- la pericolosità del soggetto, ma che non incide in genere sulla capacità di intendere e di volere, e dunque questi soggetti, in quanto del tutto imputabili, ma molto pericolosi, non potrebbero essere dichiarati tali. E’ una contraddizione che deve essere superata.


L’INFORTUNIO IATROGENO
Il numero delle richieste di risarcimento e delle cause penali e civili per danni causati da errori medici è progressivamente crescente, ed è praticamente impossibile identificare tali errori e dunque contarli, e dunque valutare, anche con ragionevole approssimazione, quale ne sia l’importo economico.
Non mi risulta che in Italia sia stata portata a termine una ricerca che abbia come scopo quello di contare, dopo averli identificati, gli errori medici che abbiano comportato un danno per il paziente, anche se è apprezzabile l’inchiesta che sta conducendo il prof. Luigi Palmieri, la quale tuttavia non può non essere limitata nelle sue finalità. In realtà la raccolta dei dati è impossibile come sa bene chiunque di noi abbia esaminato una cartella clinica in un caso in cui sia palese l’errore medico, che tuttavia non si manifesta nella cartella. E’ comunque ovvio che la cartella clinica sarebbe utilizzabile soltanto per i danni recati a pazienti ospedalizzati.
In altre parole, una ricerca come quella contenuta nel rapporto QUic al Presidente Clinton non sarebbe proponibile in Italia.
L’aumento dei risarcimenti per danni da errore medico porta con sé l’aumento dei premi per le polizze di assicurazione per la responsabilità civile, ed anche la possibilità che il medico, dopo un paio di risarcimenti pagati dalla compagnia d’assicurazione, non sia più assicurabile. E’ palese che, a questo punto, questo medico deve cambiare letteralmente mestiere.
Il cambiamento di attività di alcuni specialisti particolarmente esposti (ostetrici, chirurghi, anestesisti) e la rinuncia alla professione sono già dati di fatto negli Stati Uniti e in Australia, ed anche in altri Paesi, dove peraltro sono più evidenti i prodromi di quello che accadrà con la rinuncia dei giovani medici a specializzarsi in attività professionali a rischio.
Entrando nel dettaglio, in merito cioè alla possibilità di riconoscere un errore medico, se esamino e ricordo la mia casistica- ormai circa il 90% della mia casistica giudiziaria è rappresentata da processi contro medici- vedo che una risposta netta e precisa, in un senso o nell’altro, è un evento raro, e il più delle volte la risposta è di tipo probabilistico, basata sull’inaspettato evento di danno. Riconoscere il danno infatti è relativamente facile, può essere facile correlarlo con la condotta del medico, ma è difficile affermare che la condotta del medico è stata colposamente erronea per il solo fatto che si è verificato un evento dannoso. In altri termini, accade spesso che l’evento di danno assuma le caratteristiche di un infortunio, e cioè di un evento accidentale verificatosi per causa iatrogena, legato all’interazione tra l’opera del medico e la risposta del paziente.
Affermazioni di questo tipo non sono utili alla soluzione del problema, e cioè della corresponsione del risarcimento al paziente danneggiato. In effetti, la possibilità di risarcire il danno passa necessariamente attraverso la dimostrazione della colpa medica e del nesso causale tra questa ed il danno subito, altrimenti il paziente non verrà risarcito. Di contro, sappiamo molto bene che in numerose circostanze, per esempio nel caso di danno dovuto a reazioni anomale a farmaci, non imputabili al medico, il paziente, pur danneggiato, non sarà risarcito, e in sede penale il medico non sarà punito. Questi sono i principi su cui si basano i codici penali e civili degli Stati moderni, Sono principi che, almeno in questo settore di cui ci stiamo occupando, non rispondono più alla esigenza di una giustizia sostanziale di riparazione del danno, e di punizione di un colpevole, se c’è un colpevole.
Per molti aspetti questa situazione sembra somigliare alla situazione creatasi nel campo della lesività da lavoro, che ha portato poi alla creazione del sistema infortunistico, ed assomiglia anche alla situazione che si è creata nel campo degli incidenti stradali, dove la identificazione del colpevole di un incidente è assai spesso problematica, e dove i concorsi di colpa sono numerosi.
Situazioni simili alle nostre sono presenti anche il altri Paesi, ed in alcuni di questi si sta cercando di valutare se il sistema della no-fault compensation sia più efficiente del sistema attuale.
Le proposte di ridurre i rischi per il paziente, di prevenire gli errori medici, di contare sulla lealtà dei medici circa gli errori e le loro conseguenze entrano in collisione con il sistema vigente, cosicché da più parti (cfr. David M. Studdert, Troyen A. Brennan No-Fault Compensation for Medical Injuries JAMA. 2001;286:217-223) è stata avanzata l’idea di una alternativa per compensare il danno, la quale non preveda la prova della colpa medica, superando le obbiezioni più spesso addotte, e cioè l’aumento dei costi e la crescente tendenza all’irresponsabilità da parte del medico, e attribuendo l’obbligo dell’eventuale risarcimento non più al singolo medico bensì alla istituzione.
Il sistema della “no-fault compensation” è operante in Svezia, Danimarca, Finlandia, Nuova Zelanda. L’idea è stata applicata sperimentalmente in Florida e in Virginia per i danni cerebrali dei neonati, e criticata per i criteri troppo restrittivi, e si sta facendo strada anche nel Regno Unito, dove tuttavia si riconosce che il problema non è quello di verificare il danno o l’errore, quanto quello di provare il nesso causale (Clare Dyer, Society Guardian, January 25, 2002). Secondo una autorevole corrente d’opinione giuridica, nel Regno Unito il sistema di perseguire il Servizio Sanitario Nazionale nei Tribunali dovrebbe essere abolito, e sostituito con uno schema risarcitorio di tipo amministrativo e non giudiziario.
Vista perciò la difficoltà di provare la colpa medica, vista l’impossibilità di risarcire un danneggiato senza passare attraverso la dimostrazione della colpa medica, vista la difficoltà che ha il medico a difendersi, possiamo considerare il danno iatrogeno nella sua essenza, che è rappresentato da un danno per il paziente e da una azione od omissione medica che l’ha prodotto, indipendentemente da errori o colpe dei sanitari, medici o infermieri che siano, e cioè fortuitamente.
A questa stregua, il danno iatrogeno non differisce da un infortunio, che come tale va indennizzato, in presenza di una polizza d’assicurazione contro gli infortuni che sia stata sottoscritta.
L’infortunio, in quanto tale, non prevede di per sé la responsabilità penale né la responsabilità civile, né il risarcimento, bensì l’indennizzo da effettuarsi in tempi brevi ed in via amministrativa, in base al contratto stipulato fra le parti.
Nel nostro ordinamento vi sono già ipotesi di indennizzo senza colpa di alcuno, e certamente l’ INAIL rappresenta il caso più immediatamente evidente. Ricordo che l’ INAIL gestisce anche gli indennizzi per i danni da terremoto, e che la legge 210/1992 prevede un indennizzo per danni da vaccinazione e da trasfusione, dopo che numerosi processi sono stati celebrati, la maggior parte senza esito o con esiti comunque discutibili, in merito a danni da vaccinazione e da trasfusione, che vi è un istituto giuridico chiamato “causalità di servizio” che ha assunto dimensioni tali da far allontanare ogni ipotesi di individuare un responsabile che non sia appunto il “servizio”. Non vi è dunque nulla nel nostro ordinamento che impedisca di affidare ad una istituzione la gestione dell’indennizzo per i pazienti danneggiati da un atto medico.
Vi sono anche similitudini con i viaggi aerei, per i quali il prezzo del biglietto offre anche una assicurazione infortuni, o con le gite scolastiche, per le quali le compagnie assicuratrici offrono una polizza infortuni per la durata della gita stessa, o per i viaggi all’estero, e altro. Se consideriamo il ricovero ospedaliero a questa stregua, possiamo anche accettare che ogni paziente che si ricovera e l’Azienda ospedaliera per quello specifico ricovero paghino ad una compagnia assicuratrice o ad una istituzione una somma di denaro per tutti gli eventi infortunistici, compresi quelli di origine iatrogena, che possono verificarsi in danno di quel paziente nel corso del ricovero.
Definire un infortunio iatrogeno è complesso solo in apparenza. Esso potrebbe definirsi come un evento fortuito, dannoso per il paziente, e che sia in relazione di causalità materiale con i trattamenti diagnostici e terapeutici cui il paziente à stato sottoposto. La colpa medica non dovrebbe essere posta in discussione. La valutazione del danno dovrebbe avere alla sua base l’obiettività clinica all’ingresso e l’obiettività clinica all’uscita, ovvero il verbale d’autopsia. Il danno potrebbe valutarsi usando tabelle che abbiano, o a cui si attribuisca, tale funzione. L’indennizzo dovrebbe essere proporzionale al danno, applicandosi peraltro una franchigia per i danni minori o minimi.
Quanto agli aspetti operativi, e ai rapporti con l’Autorità Giudiziaria, si tratta di questioni che possono essere affrontate solo a livello legislativo, semmai il Parlamento ritenesse opportuno di occuparsene.

I DIRITTI UMANI
Vai al capitolo di M. Scalabrelli, in questo volume. Anche in un vasto trattato di medicina legale, è raro trovare un capitolo dedicato ai diritti umani. Da quel che appare, sembra che siano i medici legali stessi a voler confinare la loro disciplina ai soli aspetti tecnici (medici e giuridici che siano), senza voler o poter fare quel passo che li può portare ad avere voce in capitolo in molte questioni. Pensateci un momento, cari Colleghi medici legali: noi siamo subordinati in tutto. Nella medicina clinica siamo subordinati ai clinici, e prendiamo i loro pareri come oro colato; nelle aule di giustizia siamo subordinati a giudici e avvocati, e tutti questi si ritengono in diritto di tagliarci la parola in bocca, quando sembra loro che travalichiamo dai limiti delle nostre competenze. Pensa un momento ai tuoi anni di studio (laurea + specializzazione/i), e ti passeranno i complessi di inferiorità, almeno nei confronti di giuristi che hanno dedicato allo studio la metà o un terzo degli anni che hai dedicato tu. Pensa al clinico, che magari è molto colto e preparato nella sua disciplina, ma non ha un’apertura mentale lontanamente paragonabile a quella che hai tu.
E allora? Perché accettare di rispondere alle domande in un’aula di giustizia solo con un sì o con un no, senza poter spiegare, perché non poter dire esplicitamente che operare un paziente senza il suo consenso è una violazione grave, o che tenere un cittadino in carcere per molto tempo senza un processo è una soperchieria meritevole di sanzione? Non lo dico io, lo dice l’Unione Europea.
Ti sei mai domandato se quello che accade a chi sia stato sottoposto a un’indagine e poi rinviato a giudizio non possa un giorno accadere anche a Te? Solo se ti è già accaduto capisci davvero quello che intendo dire. Guarda le statistiche carcerarie, e domandati perché un gran numero di detenuti siano cittadini stranieri extra- comunitari (ma non Svizzeri o Statunitensi, che come forse sai sono extra-comunitari anche loro) o presunti autori di reati legati alla droga (spesso al solo consumo di droga).
Domandati perché molti cittadini siano indagati, o processati, o carcerati in base ad una diceria, a una lettera anonima, a una intercettazione telefonica, alle dichiarazioni di un “pentito”.
Mi dirai: con tutte le orribili cose che accadono nel mondo, ti vai a preoccupare di queste minuzie. Ti risponderò: occuparsi di queste minuzie aiuta ad ostacolare che orribili cose accadano nel mondo. Se ci pensi un momento, le cose più orribili consistono nelle violazioni dei diritti umani, che si possono riassumere in tre parole, quelle della Rivoluzione francese.
So bene che non è facile, quasi sempre impossibile, occuparsi della fame nel mondo, o di genocidi in qualche remoto paese africano, o dei sequestri di persona, o delle guerre, o del terrorismo, o di malattie endemiche. Ma c’è chi lo fa, e sono soltanto medici come Te e come me, e tra questi vi sono anche dei medici legali. Ti do l’indirizzo del sito dei Physicians for Human Rights, ce la dai un’occhiata? Così magari ogni tanto ci pensi. Il PHR ha avuto il Nobel per la pace nel 1997. http://physiciansforhumanrights.org/

L’AMBIENTE
Le questioni relative all’ambiente tendono a ricongiungere quello che un tempo era unito, e cioè la medicina legale e l’igiene pubblica. Solo da pochi anni stiamo cominciando a capire come situazioni ambientali, da noi stessi provocate, possono influire in concreto sulla vita di molte persone, o di intere popolazioni. Il riscaldamento del pianeta, la desertificazione, l’inquinamento, la progressiva carenza di acqua potabile, l’insufficienza dei prodotti alimentari in alcune regioni della Terra appaiono essere i principali problemi con cui confrontarci, e ai quali potremmo anche soccombere come specie.
Molti Paesi hanno avuto una grande produzione legislativa su questo tema, ma non è per niente facile riuscire a far osservare delle norme che potrebbero essere difficilmente comprensibili. Guardate a quello- quasi nulla all’interno di un panorama molto più ampio- che sta accadendo in una regione italiana, dove non si riesce neppure ad eliminare la spazzatura, e dunque figuriamoci il resto.
Nazioni popolosissime sono all’alba dell’attività industriale, ed è dunque verosimile che esse contribuiranno all’inquinamento in maniera sostanziale, mentre altre nazioni non intendono fare un passo indietro in nome dell’ecologia. Ne stiamo già pagando le prime conseguenze a livello individuale.
Alcune di queste conseguenze a livello individuale hanno caratteristiche tali da interessare anche il medico legale. Per esempio, l’eccesso di mortalità negli anziani durante l’estate è attendibilmente dovuto all’aumento della temperatura, mentre lo stesso eccesso durante l’inverno è attendibilmente dovuto a malattie dell’apparato respiratorio, da inquinamento aereo. Malattie a trasmissione oro- fecale sono dovute a cattivo smaltimento di rifiuti e/o scarichi fognari inadeguati, e così via.
Se è vero che in molti casi non è possibile individuare una condotta umana che li abbia provocati, in altri invece la condotta umana è bene individuabile: scarichi industriali che inquinano fiumi e acque potabili, fogne a cielo aperto, rifiuti solidi urbani non rimossi, sono elementi per i quali azioni od omissioni dell’uomo sono la causa di malattie e talvolta anche di morti.
Rientrano in questo ambito anche i disastri industriali, dei quali abbiamo avuto in Italia un esempio nella tragedia di Seveso. Altri ve ne sono, per esempio la tragedia di Bophal, in India, ed il disastro del lago d’Aral. Se aggiungiamo anche l’inquinamento del mare (da petrolio, da tossici industriali- ti ricordi il disastro della baia di Minamata, in Giappone?) abbiamo completato il quadro.
E’ tempo, io credo, che anche il medico- legale si impegni su questo fronte, e dia il proprio contributo di conoscenze, per migliorare la condizione dell’uomo e degli esseri viventi attraverso il miglioramento dell’ambiente.
E’ notizia di oggi 4 luglio 2007 (vedi corriere.it che riporta la notizia dal Financial Times http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/07_Luglio/03/cina_morti_inquinamento.shtml ) che annualmente in Cina il numero dei morti per inquinamento è 750.000.

GLI INCIDENTI STRADALI
Il numero delle vittime di incidenti stradali è più o meno stabile nei grandi paesi europei, in Italia intorno a 6-7 mila morti, mentre il numero dei feriti è molto superiore. Sono state tentate numerose strade per ridurre il numero e la gravità degli incidenti. Ricordo che le cause degli incidenti possono riguardare il conducente, il veicolo, la strada. Ecco allora le norme per l’idoneità alla guida e il divieto di guidare sotto l’influenza di alcool e droghe; la costruzione di nuovi modelli di vetture, asseritamente sempre più sicuri; i miglioramenti delle strade. Ciononostante, il calo della mortalità non ne risente molto, probabilmente per il fatto che nuovi e più potenti modelli di vetture e il miglioramento delle strade invogliano ad una maggiore velocità.
Ci sono stati alcuni tentativi per ridurre per legge la velocità su strade e autostrade, ma non hanno avuto successo. Penso che, se davvero si vuole ridurre la velocità delle automobili e di conseguenza il numero degli incidenti, sia necessario costruire automobili che vadano sempre più piano. Alcune vetture hanno il limitatore di velocità (a 250 km/h), che però non serve a molto. Però se le automobili andassero più lente, ci sarebbero meno incidenti, si consumerebbe una minor quantità di carburante, e ci sarebbe meno inquinamento. E si andrebbe di più in treno o in autobus. Un ritorno al passato?
Immagino che i Lettori abbiano visto un morto per incidente stradale, o un pedone investito. Non è una buona morte.

GLI INFORTUNI SUL LAVORO
Anche gli infortuni sul lavoro sono causa di un gran numero di morti (circa 1200 all’anno), e il settore più rappresentato è quello dell’edilizia. Morti da precipitazione o da crolli, in gran parte evitabili. Qui occorre un serio controllo sul campo: l’ispettore deve verificare l’inosservanza delle norme con i suoi occhi, e dare le necessarie disposizioni. Non c’è altro modo. Scrivevo anni or sono sugli aspetti colposi dell’attività industriale, e riscontravo- con l’unanime approvazione dei presenti- che il desiderio di profitto del datore di lavoro era il motivo della carenza di presidi di sicurezza per i lavoratori. E’ anche il settore dove l’accertamento della verità può essere difficile, per opposte ragioni di natura economica. Anche gli eredi del morto possono avere interesse che la morte sia di origine naturale. In casi del genere, ho sempre preteso di praticare l’esame necroscopico, anche su cadavere esumato. Ne trovi traccia in una mia pubblicazione di qualche anno fa, su Pathologica. In tema di infortunio sul lavoro, ti suggerisco anche di praticare l’alcolimetria e la ricerca di sostanze (in primis, la cocaina, le amfetamine, la morfina).


LA QUESTIONE DELLE PENE
Come tutti sapete bene, ad ogni legislatura si insedia una commissione, che ha il compito di riscrivere il codice penale. Finora ci sono state quattro commissioni, se non erro, e nessuna è andata oltre il primo libro del codice penale, o forse poco più in là. Naturalmente di questo passo nessuno riuscirà mai a riscrivere il codice penale. Avremmo bisogno di una commissione permanente, che non si sciolga con il termine della legislatura, ma che continui a lavorare anche durante la legislatura successiva. E’ tanto difficile?
Ma, per quello che ho letto dei progetti di riforma, il cardine delle pene rimane pur sempre la reclusione, alla quale vengono riconosciute le note funzioni, di punizione, di prevenzione, di rieducazione. Uno spazio assai modesto è riservato a pene che sarebbero, io credo, meglio accettate, come per esempio le pene pecuniarie, o l’obbligo a tempo di attività lavorative socialmente utili. Quel che più sconcerta, nell’ambito delle pene detentive, è la ferocia delle pene stesse nel massimo edittale. Con molto buon senso, la maggior parte dei giudici non infliggono mai il massimo della pena detentiva, proprio perché è eccessiva, e ricorrono a vari mezzi per attenuare la pena, mezzi che sono regolarmente previsti nel nostro ordinamento. Poi ci sono amnistie e indulti, ma questa è altra questione.
Il tutto può generare incertezza, il che è contrario a quel principio fondamentale del diritto, rappresentato dalla certezza della pena.
Diceva il Beccaria, in quel libretto che tutti dovremmo leggere: “Quanto più la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile … Uno dei più grandi freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma la infallibilità di esse … La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione, che non il timore di un altro più terribile, unito con la speranza dell’impunità”. E concludeva: “Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev’essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a’ delitti, dettata dalle leggi”.
In breve, il mio punto di vista è questo: la custodia cautelare si applichi solo quando sia strettamente necessario, e sia la più breve possibile; si riducano i casi in cui la legge prevede la detenzione in carcere e la detenzione duri il minor tempo possibile; si preferiscano pene alternative alla detenzione.

L’EUTANASIA
Credo di essere stato uno tra i primi medici legali a scrivere un libriccino sull’eutanasia, nel 1982. I temi generali di allora sono gli stessi di oggi, l’eutanasia attiva e passiva, con o senza il consenso del paziente, in quali circostanze, il diritto alla vita, il dovere del medico di preservarla, l’accanimento terapeutico, il rifiuto delle cure, il suicidio assistito, e altro. Nel frattempo, l’Olanda e il Belgio hanno promulgato due leggi che permettono al medico, in determinate condizioni, di terminare la vita del paziente. Sono due buone leggi, tecnicamente molto ben fatte, che offrono le necessarie garanzie per il paziente e per il medico che accetti di praticare l’eutanasia. Sono previsti controlli molto severi sulla casistica.
E’ necessario spiegare come Olanda e Belgio siano giunti alla promulgazione di una legge sull’eutanasia. Da molti anni, in questi Paesi, con il tacito assenso dell’Autorità Giudiziaria, l’eutanasia veniva praticata su pazienti terminali, su loro richiesta. Alla base di questa pratica c’era la grandissima fiducia che i medici olandesi e belgi, all’epoca dell’occupazione nazista, si erano conquistati rifiutando di collaborare con l’occupante e di consegnare le schede cliniche dei loro pazienti. Questo rapporto di grandissima fiducia reciproca si è mantenuto nel tempo, cosicché, quando la vita del paziente era giunta al termine e la salute non era più recuperabile, il paziente, per evitare un inutile prolungarsi dell’agonia, poteva chiedere al proprio medico di sospendere le cure o di somministragli un farmaco per abbreviare le sue sofferenze. L’ordine professionale non ha avuto nulla da obiettare, e anche l’ Autorità Giudiziaria ha compreso che non vi era nulla di criminale nel seguire questa strada. Così, lentamente e senza traumi troppo gravi, si è giunti alla promulgazione prima della legge olandese e subito dopo di quella belga. Dopo di allora, non vi sono state altre normative, anche se in alcuni Paesi l’eutanasia viene perdonata.
Allo stato delle cose in Italia, salvo qualche sussulto di giornali e televisioni, in occasioni particolari, non pare vi siano valide correnti di pensiero che possano in futuro portare a legiferare in proposito. E’ necessario anche affermare che non esistono i presupposti per consentirne l’applicazione, ed in particolare non esiste quel rapporto di fiducia fra il medico ed i propri pazienti, che invece è stato la condizione che ha permesso la promulgazione della legge e che ne consente l’applicazione, limitatamente, bisogna dirlo, ai cittadini residenti in quei Paesi.
Un testo italiano non ufficiale (in quanto le ho tradotte io) delle leggi olandese e belga lo trovi nel vol. VII di questo Trattato, al capitolo CCXVIII.
In generale, quando in Italia si parla di eutanasia, il dibattito si riduce a dichiarazioni favorevoli o contrarie all’eutanasia, qualche volta con l’indicazione di motivi prevalentemente soggettivi, dimenticando il retroterra culturale che non consente attualmente una legge sull’eutanasia.
Il mio personale punto di vista sulla questione è che, nella massima parte dei casi di eutanasia su paziente terminale, non vi sia alcun intento criminoso, ma soltanto pietoso, e che pertanto la Magistratura dovrebbe guardare a questi casi con grandissima comprensione e ricordare che la clemenza è una virtù attribuita a Dio.

LO SPIRITO DELLE LEGGI
Non sono così presuntuoso e non è neanche il mio mestiere. Non intendo emulare né copiare nessuno. E nulla so della tecnica legislativa. Commetterò degli errori, e tuttavia perdonatemi.
Il fatto è che io, e quasi tutti gli altri, non so a quali leggi devo attenermi. Sono certo che non lo sanno neanche i giudici e gli avvocati più bravi, e di sicuro non lo sa neanche il Legislatore. E, quando vedo allineati i poderosi e numerosissimi tomi delle Leggi d’Italia, io mi spavento, contemplando quale e quanta competenza giuridica mi è estranea. Non ho mai aperto nessuno di questi tomi, naturalmente, ma qualche legge l’ho esaminata, a pezzi e bocconi, perché dopo la sua approvazione e promulgazione la legge viene modificata, anzi a questo scopo viene promulgata un’altra legge, e se sei fortunato quando la cerchi trovi subito l’ultima edizione della legge (posso dire così?), nella quale forse ti vengono spiegate le ragioni che hanno portato alla modifica. O il più delle volte trovi la correzione della legge, e il pezzo che devi sostituire. E per fortuna Internet ti aiuta. Dico Internet, e intendo siti privati, perché trovare una legge in un sito pubblico può rivelarsi un’impresa. Trovarla poi nella Gazzetta Ufficiale è impossibile, se non con grandi sforzi e considerevole perdita di tempo.
Trovato il testo, dovete leggerlo, compresi i rimandi (di solito, un testo di legge comincia con: “visto …”), il che decuplica la fatica di reperire tali rimandi che giustificano la promulgazione della legge, o la centuplica se vuoi esaminare anche le leggi precedenti. Puoi solo sperare di trovare un bel Testo Unico.
Dopo aver letto il testo, lo dovete capire, e per fare questo vi servono (almeno) una monografia e gli atti parlamentari. Dovete soprattutto capire le ragioni sociali che giustificano questa legge.
Quando avrete finito, troverete, di solito è l’ultimo articolo, le abrogazioni di leggi precedenti, ma queste non sempre si trovano, e comunque l’elenco può essere incompleto. Di conseguenza, leggi non abrogate restano vigenti, anche se in contrasto. L’ultima trovata del Legislatore- ma questo ingarbuglia ancor più le cose- è la dizione che vengono abrogate tutte le precedenti leggi che siano in contrasto con questa. Pane per avvocati.
E’ a questo punto che a me viene di solito in mente l’imperatore Giustiniano, il quale scelse uno stuolo di validi giuristi, gli mise in mano delle scuri affilate, e gli ordinò di potare la fitta foresta delle leggi dell’Impero, che ne ostacolavano l’amministrazione e i rapporti fra i cittadini. E lo stesso fece con la giurisprudenza.
Credo fermamente che sarebbe opera meritoria se il nostro Stato riuscisse a fare quello in cui riuscì Giustiniano. Di giuristi validissimi ne abbiamo molti, anche in Parlamento, mettiamoli al lavoro. Sono sicuro che il denaro speso sarà ampiamente ripagato.

I NUOVI SCHIAVI
Caro Lettore, ti prego di non essere sconcertato. I nuovi schiavi esistono. Prova ad andare nel sito dell’ International Labour Office e troverai tutte le informazioni possibili. Forse ti aspetti che in Europa non ci siano nuovi schiavi, ma ce ne sono anche in Europa.
Siamo abituati a pensare che la schiavitù esista ancora, ma solo in certe nazioni dell’Africa sub-sahariana. Nella Repubblica del Congo, nella Repubblica democratica del Congo, in Rwanda, troverai bambini – soldato, obbligati a combattere contro le fazioni rivali e a servire da oggetto sessuale per il proprio comandante. In questi Paesi, e in altri, popolazioni intere sono state obbligate a lavorare per il vincitore, oppressore, paese confinante più forte, e a subire la selezione etnica e la deportazione. Mi puoi dire che lo sai, e che non è necessario scriverlo in un trattato di medicina legale.
Voglio però farti alcuni paragoni. Pensa al bambino che vedi mendicare ogni mattina all’incrocio: dove credi che andranno a finire le monete che gli vengono date o gettate? Pensa a quelle giovani ragazze seminude che stazionano lungo le strade consolari che raggiungono Roma (e naturalmente in tanti altri posti): dove credi che finiranno gli euro che i clienti gli danno? In entrambi i casi, i denari finiscono nelle mani di uno sfruttatore, cioè dello schiavista. Altri esempi: gruppi di lavoratori (extracomunitari immigrati illegalmente) sono impiegati a vilissimo prezzo nei lavori più pesanti e pericolosi, o comunque rifiutati dalla popolazione locale, senza alcuna regola di previdenza e assistenza. Spesso mi sono domandato se costoro troveranno prima o poi uno Spartaco.
Vedi dunque che la schiavitù esiste ancora, e noi non ne abbiamo preso compiutamente coscienza.


SALUTI
A chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui, è dovuto l’omaggio che si fa ai coraggiosi, un ringraziamento di cuore. E queste sono le ultime parole del Trattato, che si termina qui.

domenica 27 febbraio 2011

rissa

Ragazzo ucciso a coltellate
Rissa con altro gruppo di giovani davanti a circolo culturale
27 febbraio, 11:10

(ANSA) - LA SPEZIA, 27 FEB - Un ragazzo di 27 anni e' stato ucciso la notte scorsa in un circolo culturale a La Spezia.

L'omicidio e' avvenuto alle 4 e 20 del mattino. Immediati i soccorsi. Il ragazzo e' pero' deceduto subito dopo l'arrivo dell'ambulanza. Si chiamava Jonathan Esposito ed era residente a La Spezia. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, era nel locale con alcuni amici, quando e' stato coinvolto in una rissa, fuori dal locale ed e' stato colpito con una coltellata all'addome.

sabato 26 febbraio 2011

YARA

Yara e' morta, trovato il cadavere
Scomparsa 3 mesi fa, corpo rinvenuto in campo a 10 km Brembate
26 febbraio, 17:46

(ANSA) - ROMA, 26 FEB - Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa tre mesi fa nel Bergamasco, e' morta. Il suo corpo e' stato trovato oggi in una campo a Ponte San Pietro, ad una decina di chilometri da Brembate, il paese dove viveva con i genitori. Il cadavere era abbandonato in un campo incolto, tra l'erba alta.

venerdì 25 febbraio 2011

fondamentalismo islamico

Terrorismo: a Brescia 6 arresti
Accusati di far parte di un movimento fondamentalismo islamico
25 febbraio, 09:36



(ANSA) - MILANO, 25 FEB - La polizia di Brescia ha arrestato 6 marocchini appartenenti al movimento fondamentalista islamico Adl Wal Ihsane (Giustizia e Carita'). Cinque di loro sono stati posti agli arresti domiciliari, il sesto in carcere. I sei, tutti residenti nel Bresciano, sono accusati di aver costituito un gruppo che aveva tra i propri obiettivi l'incitamento alla discriminazione e all'odio razziale e religioso, alla violenza e alla jihad nei confronti dei cristiani e degli ebrei.

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Terrorismo: a Brescia 6 arresti
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25 febbraio, 09:36

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Guarda la foto1 di 1 (ANSA) - MILANO, 25 FEB - La polizia di Brescia ha arrestato 6 marocchini appartenenti al movimento fondamentalista islamico Adl Wal Ihsane (Giustizia e Carita'). Cinque di loro sono stati posti agli arresti domiciliari, il sesto in carcere. I sei, tutti residenti nel Bresciano, sono accusati di aver costituito un gruppo che aveva tra i propri obiettivi l'incitamento alla discriminazione e all'odio razziale e religioso, alla violenza e alla jihad nei confronti dei cristiani e degli ebrei.

mercoledì 23 febbraio 2011

tumore del seno

"Avrai tumore", seno asportato
Decisione dopo test genetico positivo
Una donna è stata sottoposta al Policlinico San Matteo di Pavia alla asportazione completa del seno per scongiurare la possibilità di un tumore. L'intervento di mastectomia bilaterale è stato richiesto dalla paziente dopo l'esito del test genetico, che non lasciava alcuna speranza. Prima o poi, stando all'esame, la donna si sarebbe ammalata, come era già successo alla madre, morta di cancro, e alla sorella, colpita due anni fa dalla stessa patologia.


La donna poteva aspettare di ammalarsi o eseguire una operazione per evitare la malattia. Ha deciso di intraprendere quest'ultima strada e l'11 febbraio ha subito l'asportazione di entrambi i seni, la ricostruzione contemporanea con l'inserimento di protesi e, infine, la conservazione dei capezzoli e della cute grazie a una tecnica innovativa mai usata prima per la prevenzione.

Il test genetico cui si era sottoposta, del resto, non lasciava dubbi: prima o poi si sarebbe ammalata di cancro al seno. E' la prima volta al mondo, spiegano all'ospedale San Matteo, che si esegue un intervento preventivo con la tecnica video-assistita e mininvasiva grazie alla collaborazione di una equipe che mette insieme piu' competenze.

martedì 22 febbraio 2011

ALLENATORI

Ranieri, Ancelotti, Montella: incroci in lavagna per il loro futuro
(a.g.) ROMA - Ranieri, la Champions e il ritorno in Italia in tuta giallorossa. Alla vigilia dell'incontro con il Copenhagen il destino di Carlo Ancelotti si può analizzare anche attraverso le quote dei bookmaker. Primo step: il Chelsea sta zoppicando in campionato, è uscito dalla Fa Cup e dalla Carling e resta aggrappato alla sola Champions. I bookmaker oltremanica bancano già la sua "fuga di mezzanotte" dopo la gara contro il Copenhagen, possibilità offerta a 13,00 che scende a 9,00 in caso l'addio avvenisse nel ritorno degli ottavi. Nel lungo termine l'addio è quasi certo: vale 1,80 la possibilità che Ancelotti non sia più il tecnico dei Blues nella prossima stagione. E qui entra in gioco il fattore R: come Ranieri fresco dimissionario dalla Roma, il cui erede nel futuro prossimo (si parla della stagione 2011/2012) secondo i quotisti è proprio Ancelotti. Del resto Carletto non ha mai fatto mistero di voler allenare a Trigoria e ora le condizioni sembrano esserci proprio tutte: una nuova società, la voglia di cambiare e le quote dei bookmaker, crollate a 1,20 dopo l'addio di Ranieri. C'è da battere la concorrenza di Vincenzo Montella, traghettatore giallorosso appena ufficializzato. Per lui l'onere di portare la Roma per mano in zona Champions (obiettivo a 3,00) e magari passare il turno con lo Shakhtar (impresa a 6,00). Dovesse riuscirci, la sua posizione (attualmente la conferma nella prossima stagione si gioca 4,00) si farebbe sicuramente più forte sul tabellone delle quote. Spazio in lavagna anche al futuro di Ranieri: al ritorno di Ancelotti in Italia potrebbe corrispondere quello di Ranieri in Inghilterra. Un'altra esperienza in Premier è a 3,50. Più difficile vederlo in Spagna, opzione che viene offerta a 8,00, sempre l’Inghilterra, ma in seconda divisione, è un’opzione da 9,00. Una nazionale si gioca a 9,00, come un incarico in Germania. Chiude il tabellone l’opzione Olanda, bancata a 10,00. (Agipronews)

TI AMO!!!

Pagina di giornale per dirle ti amo
Matera, lei risponde: "Ti sposo"
Ci sono tanti modi per chiedere ad una donna “mi vuoi sposare?”. Enzo, 26 anni, piuttosto che inginocchiarsi davanti a Valentina, 28 anni, sua fidanzata da 9 anni, ha preferito dedicarle un’intera pagina del giornale locale. Non una semplice scritta, la sua, magari a caratteri cubitali, quanto piuttosto una dichiarazione in piena regola, condita dall’album fotografico del loro amore.


La notizia è stata pubblicata sul Quotidiano della Basilicata. Enzo ha scritto: “Non esiste al mondo pietra o gioiello più prezioso di te, mi vuoi sposare?” con tanto di fotografie della coppia e una dell’anello che, però, non le ha ancora dato. Valentina, colpita dal gesto, ha risposto sì sempre attraverso le pagine del quotidiano e ha pure fissato la data delle nozze: 4 agosto 2012. Perché una promessa è una promessa, ma - come dicevano i latini - “verba volant, scripa manent”, le parole volano via ma quelle scritte restano per sempre. E riempiono le cronache locali e non di buoni sentimenti. E al Quotidiano della Basilicata sono stati felicissimi di poter pubblicare il giorno dopo il sì della ragazza.

lunedì 21 febbraio 2011

LAMPEDUSA

A Lampedusa approdati altri 131 migranti
Sull'isola, al momento, sono 1.300 gli extracomunitari
21 febbraio, 08:25

(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 21 FE - Sono 131 i migranti approdati a Lampedusa all'alba su due barconi soccorsi a poche miglia dall'isola dalle motovedette della Guardia Costiera. Le due 'carrette' erano state avvistate ieri sera da un aereo in servizio di pattugliamento nel Canale di Sicilia: la prima aveva 89 persone a bordo, la seconda 42. Ieri altri due sbarchi, con l'arrivo di 73 extracomunitari. Sull'isola si trovano in questo momento circa 1.300 immigrati, ospiti del Centro di prima accoglienza.

domenica 20 febbraio 2011

baseball

Uccise anziano nel barese, ergastolo
Colpi' ripetutamente la vittima con una mazza da baseball
19 febbraio, 19:14

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Guarda la foto1 di 1 (ANSA) - BARI, 19 FEB - La Corte di Assise di Bari ha condannato all'ergastolo il 25enne Donato Squicciarino per l'omicidio del 74enne Salvatore Zizzari, ucciso nelle campagne di Altamura (Bari) la sera del 6 luglio 2009. Secondo l'accusa l'imputato colpi' ripetutamente con una mazza da baseball alla testa l'anziano. I giudici, nel dispositivo della sentenza, hanno giudicato l'imputato colpevole di omicidio volontario con l'aggravante della crudelta', cosi' come richiesto dall'accusa.

sabato 19 febbraio 2011

che strano cibo!

Roma,Nas trovano escrementi in cibo
Sequestrate 2 tonnellate di alimenti
Due tonnellate di alimenti vari e 9 silos, contenenti 3mila litri di vino e mille litri di aceto, invasi da escrementi di animali, sporcizia e polvere. E' quanto hanno trovato i Nas di Roma durante un'ispezione presso un esercizio commerciale di generi alimentari della zona sud est della capitale. Gli alimenti, che sono stati sequestrati, erano stipati per la vendita all'interno di due depositi non autorizzati.


Tra il cibo sequestrato olio, scatolame e bibite.

I due depositi, costruiti parte in muratura e parte in lamierato e versanti in pessime condizioni igieniche e strutturali, sono anch'essi stati sottoposti a sequestro.

Il valore della merce e delle strutture sequestrate ammonta a 200mila.

VENETA CUCINA

Veneta Cucine continua la sua conquista della Cina. Ha appena aperto, infatti, il suo venticiquesimo showroom cinese, a Nanchino: 800 metri quadrati che si sviluppano su due livelli, per un negozio dove l’equilibrio fra classico e contemporaneo offre l’ambientazione più coerente per delle cucine che vengono reinterpretate in sintonia con il gusto asiatico.

Sono ormai dieci anni, dal 2001, che l’azienda progetta di sviluppare uno stile internazionale che possa funzionare globalmente, magari con piccoli interventi. Con il tempo i progetti sono diventati solidi pilastri, in particolare in Cina, al partner locale che ha aiutato a trovare la soluzione più adeguata a un paese ancora molto legato alle tradizioni ma nello stesso tempo in vorticosa crescita. Veneta Cucine è il marchio italiano di cucine più presente in Cina. Il motivo del successo? Lo spiega il presidente Carlo Archiutti: «L’attenzione per la cultura e la tradizione locale e uno sguardo continuo e attento sull’evoluzione dei consumi sono gli elementi che ci hanno portato a un nuovo modo di progettare negozi. Il nostro metodo di lavoro ha nello scambio un punto fondamentale di forza».

AUTOPSIA

IL PUSHER UCCISO COINVOLTO NEL CASO MARRAZZO
Morte Cafasso, falso in atto pubblico
per i consulenti che fecero autopsia
Richiesto giudizio immediato per i 2 medici legali della Procura che esaminarono il corpo del pusher ucciso: fecero solo dei prelievi istologici

ROMA - Falso in atto pubblico. È questo il reato per cui è stato disposto il giudizio immediato nei confronti dei due medici legali che effettuarono l'autopsia di Gianguerino Cafasso, il pusher coinvolto nella vicenda Marrazzo. Sotto accusa ci sono Stefano Moriani e Mauro Iacopini, che come consulenti della Procura svolsero gli accertamenti clinici.



Gianguerino Cafasso (Ansa) L'ACCUSA - Secondo l'atto del pm Eugenio Albamonte i due affermarono di aver fatto una serie di controlli sul corpo di Cafasso che invece non furono fatti: dissero di aver analizzato ed effettuato, in sede di esame autoptico, tutti gli accertamenti sul corpo dell'uomo mentre da una seconda autopsia, eseguita nell'ambito dell'incidente probatorio sollecitato dai difensori dei tre carabinieri accusati di omicidio volontario, è emerso che quanto dichiarato dai medici non corrispondeva a quanto affettivamente fatto. Dall'esame svolto il 4 settembre scorso dal professore Giovanni Arcudi, insomma, infatti è emerso che non sarebbe stato effettuato l'esame della scatola cranica, che gli organi interni erano in situ e ancora collegati tra di loro e che erano stati effettuati solo dei prelievi istologici e verifiche sul cuore.
IL PROCESSO - Nei confronti di Moriani e Iacopini il pubblico ministero Albamonte, ha chiesto ed ottenuto l'interdizione dall'attività professionale e da quella da pubblico ufficiale per due mesi. Il 28 febbraio si terrà l'udienza al riesame per valutare le istanze dei difensori dei due professionisti. I due, interrogati dal gip, al quale hanno spiegato che la consulenza da loro redatta per il caso Cafasso è stata realizzata utilizzando un precedente esame e che quindi ci sarebbe stato solo un errore materiale, di semplice redazione.

Redazione online
18 febbraio 2011

venerdì 18 febbraio 2011

Tobruk, libro verde in pezzi

Libia, abbattuto il monumento per Gheddafi

Così va in pezzi il "Libro Verde"
Un video amatoriale che mostra incidenti nella città portuale libica di Tobruk, con i manifestanti che, fra l’altro, abbattono un monumento al «Libro Verde», del leader Muammar Gheddafi, simbolo del regime, è stato diffuso su YouTube e sta facendo il giro della rete, rilanciato dai movimenti che da giorni occupano le strade. Le riprese sono concitate, ma non si vede polizia. I manifestanti, in una piazza, hanno dato fuoco a qualcosa e si vedono fiamme e fumo nero. Poi vengono inquadrati alcuni giovani che gettano giù dal suo piedistallo un monumento in cemento, alto un paio di metri, del Libro Verde, che va in pezzi, e altri che dal tetto di un edificio cercano di buttare giù un cartello verde una scritta propagandistica, in parte già strappata.

INDUSTRIA

Boom dell'industria italiana nel 2010. Secondo i dati diffusi dall'Istat, l'indice grezzo ha segnato l'anno scorso il miglior risultato dal 2001: incremento del 13,9% per gli ordinativi e del 10,1% per il fatturato. I due indici avevano segnato, nell'anno precedente, rispettivamente un -22,4% e un -18,7%. Nel solo mese di dicembre, fatturato e ordinativi hanno registrato - su base mensile - il primo un calo dello 0,3%, il secondo un aumento del 5,4%.

BENE GLI ORDINATIVI NAZIONALI - Il fatturato è calato dello 0,2% sul mercato interno e dello 0,4% su quello estero. Gli ordinativi nazionali hanno registrato un aumento del 5,9%, quelli esteri del 4,6%. Nell'ultimo trimestre, rispetto al periodo precedente, la variazione congiunturale è stata pari a un +1,7% per il fatturato e nulla per gli ordinativi.
Nel confronto tra la media 2010 e quella dell'anno precedente, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato una variazione positiva del 9,9%. Gli indici grezzi del fatturato e degli ordinativi hanno registrato a dicembre incrementi tendenziali, rispettivamente, dell’11,8 e del 17,4%.

BOOM PER IL FATTURATO DI DICEMBRE - Gli indici destagionalizzati del fatturato sono positivi nel settore dell'energia, mentre hanno il segno meno per i beni strumentali, i beni di consumo e i beni intermedi. L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario in dicembre, però, ha segnato un boom: +31,7% nell'energia, +17,3% per i beni intermedi, +3,2% per i beni di consumo.
18/02/2011 (da Libero-News)

INDUSTRIA

Boom dell'industria italiana nel 2010. Secondo i dati diffusi dall'Istat, l'indice grezzo ha segnato l'anno scorso il miglior risultato dal 2001: incremento del 13,9% per gli ordinativi e del 10,1% per il fatturato. I due indici avevano segnato, nell'anno precedente, rispettivamente un -22,4% e un -18,7%. Nel solo mese di dicembre, fatturato e ordinativi hanno registrato - su base mensile - il primo un calo dello 0,3%, il secondo un aumento del 5,4%.

BENE GLI ORDINATIVI NAZIONALI - Il fatturato è calato dello 0,2% sul mercato interno e dello 0,4% su quello estero. Gli ordinativi nazionali hanno registrato un aumento del 5,9%, quelli esteri del 4,6%. Nell'ultimo trimestre, rispetto al periodo precedente, la variazione congiunturale è stata pari a un +1,7% per il fatturato e nulla per gli ordinativi.
Nel confronto tra la media 2010 e quella dell'anno precedente, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato una variazione positiva del 9,9%. Gli indici grezzi del fatturato e degli ordinativi hanno registrato a dicembre incrementi tendenziali, rispettivamente, dell’11,8 e del 17,4%.

BOOM PER IL FATTURATO DI DICEMBRE - Gli indici destagionalizzati del fatturato sono positivi nel settore dell'energia, mentre hanno il segno meno per i beni strumentali, i beni di consumo e i beni intermedi. L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario in dicembre, però, ha segnato un boom: +31,7% nell'energia, +17,3% per i beni intermedi, +3,2% per i beni di consumo.
18/02/2011

DERIVATI DEL PETROLIO

DOPO UN MESE DI STASI,
La benzina torna a correre
Salgono Q8 e Shell, verde verso 1,51 euro
Fermi i prezzi del gasolio, vicini a 1,4 euro al litro



(Ansa) MILANO - Dopo che giovedì il «market leader» Eni ha messo mano ai listini dopo un mese di stasi, proseguono i rialzi dei prezzi sulla rete carburanti, con la benzina sempre più protesa verso quota 1,51 euro/litro. Stando alla consueta rilevazione della Staffetta Quotidiana, venerdì mattina a ritoccare i listini sono Q8 e Shell. Per entrambe si registra un rialzo di 0,5 centesimi al litro sulla benzina. I prezzi medi calcolati dalla Staffetta si attestano così a 1,508 euro/litro per Q8 e a 1,512 euro/litro per Shell.
IL GASOLIO - Fermi i prezzi del gasolio, vicini a 1,4 euro/litro. Sul mercato del Mediterraneo ieri aumento per la benzina (+5 euro per mille litri), lievissimo calo per il gasolio (-1 euro).

Redazione online
18 febbraio 2011

giovedì 17 febbraio 2011

Mubarak

«Mubarak è morente». No, sta bene»
Le mille voci sulla sorte del Faraone
Nessuno sa cosa sia successo al dittatore deposto.
Ma la gente comune pensa soprattutto a ricostruire

Dal nostro inviato CECILIA ZECCHINELLI




Mubarak nella sua ultima apparizione televisiva IL CAIRO – «Mubarak è in coma». «Anzi no, è solo stanco». «Sappiamo che si sta lasciando morire, rifiuta le cure». «Invece parla e risponde al telefono, ragiona e presto tornerà a scrivere le sue memorie». E’ da quando si è dimesso a sorpresa venerdì scorso che il raìs (ex) più longevo d’Egitto è oggetto di voci e smentite ogni poche ore. Dichiarazioni di «fonti» mai ben precisate compaiono sui media e i siti egiziani, arrivano a quelli mondiali (che spesso ne aggiungono), rimbalzano e tornano qui, la gente ne parla. Non molto in realtà, le priorità ora sono altre: ricostruire il Paese. Ma nei bar che riaprono, per strada, al lavoro (per chi c’è tornato) ogni tanto l’argomento rispunta. Insieme a quello delle eventuali partenze dell’ex Faraone dal suo buen retiro di Sharm, dove s’è rifugiato dopo l’addio e da cui sembra proprio non si sia mosso.
«MORTO? NON ME NE IMPORTA» - «L’hanno visto a Dubai, a Sharjah, Abu Dhabi, praticamente negli interi Emirati. E poi in Germania e perfino a Eilat, che è Israele e mi sembra pazzesco», riassume un signore distinto con bandierina egiziana nel taschino, in un caffè vicino alla piazza Tahrir ormai sgombra. «Sai che ti dico? Anche ora Mubarak non si smentisce, la trasparenza non è mai stata il suo forte, il suo potere era basato sul buio assoluto», commenta Khaled, proprietario del bar con i quattro fratelli, tutti scesi in piazza per due settimane (il più giovane è ancora in ospedale con una pallottola in testa). «L’importante è che non torni mai più. E se anche morisse non me ne importa. Succede a tutti, anche a gente ben migliore di lui».



«IO INVECE PIANGEREI» - In un negozio vicino, pochi metri dal «Palazzo Yacoubian», protagonista del best-seller di Ala Al Aswani che fece conoscere al mondo il quartiere centrale del Cairo, un’anziana commessa di nome Gamila ha reazioni più miti. «Io piangerei se davvero morisse, e tanti con me. Le strade si riempirebbero. Perché siamo un popolo buono e sentimentale e anche se sono d’accordo con la rivoluzione e penso che doveva lasciare, ebbene dopo trent’anni mi dispiacerebbe. Come uomo, sia chiaro, un uomo che è vecchio e malato». Non ci sarebbero certo 4 milioni di egiziani in lacrime come ai funerali di Nasser nel 1970, ammette Gamila. Ma l’Egitto, è sicura, non resterebbe indifferente.

«RESTERA' A SHARM» - Sul fatto che l’82enne Mubarak sia peraltro malato non ci sono dubbi: è stato operato più volte in Germania e le voci sul fatto che rifiuti le cure in realtà sembrano nascere da quello che non intenderebbe muoversi e tornare nell’ospedale di Baden. Un cancro al pancreas, scrive oggi (citando «fonti mediche militari») il quotidiano Al Masry Al Youm, aggiungendo che la moglie Suzanne soffre di leucemia e che ben quattro capi di Stato avrebbero offerto alla coppia asilo politico, ricevendo un «no grazie». «E credo proprio che a Sharm resteranno – dice un diplomatico europeo – Il Sinai è turbolento ma nel Nord, non a Sharm, e il suo compound è ben protetto. E certo Mubarak ha ancora molti più amici in Egitto che altrove. Fosse solo per seguire le sorti delle immense ricchezze accumulate dalla famiglia e sparse nelle banche di mezzo mondo credo che restare in Egitto sia meglio. Oltre al fatto che andarsene sarebbe l’ultimo terribile colpo al suo orgoglio ormai devastato. Non se ne andrà. Io al suo posto non lo farei».


16 febbraio 2011

appendicite

Morì per una peritonite
Due chirurghi a giudizio
Per l'accusa i medici non si erano accorti che l'uomo aveva un'appendicite. Il processo a giugno

ROVIGO – Non si sono accorti che il paziente davanti a loro aveva una peritonite, e gli hanno prescritto dei lassativi. Pochi giorni dopo le duplici diagnosi, però, l’agricoltore 62enne di Ceregnano Giorgio Frigato morì per uno shock settico legato alla peritonite. Per questo due chirurghi rodigini dell’ospedale cittadino «Santa Maria della misericordia», la 38enne Luisella Fogato e il 33enne Andrea Legnaro, sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le udienze preliminari per omicidio colposo. Il processo inizierà il 22 giugno.

I fatti che vedono come imputati i medici hanno inizio il 29 gennaio del 2009. Per l'Accusa i due chirurghi non si sono accorti che Frigato, morto il 4 febbraio di due anni fa all'ospedale rodigino, aveva un'appendicite, e gli hanno prescritto dei lassativi e una dieta leggera. I familiari non si sono rassegnati e, dopo aver chiesto una perizia di parte, hanno presentato un esposto alla Procura. Le indagini del magistrato, a sua volta supportato da propria attività investigativa tecnica e scientifica, hanno confermato i sospetti dei familiari dell’agricoltore di Ceregnano. Soprattutto la mancata esecuzione di un’ecografia addominale e la radiografia che avrebbero permesso di localizzare l’appendicite.

Antonio Andreotti
16 febbraio 2011

martedì 15 febbraio 2011

Mubarak

Cairo, 14-02-2011

I militari al potere in Egitto hanno chiesto la fine delle proteste che stanno paralizzando Il Cairo e altre città del Paese. In un nuovo comunicato diffuso dalla tv di Stato, il quarto dalle dimissioni di Hosni Mubarak, il Consiglio supremo delle forze armate afferma che le proteste stanno avendo impatto negativo sulla sicurezza e sull'economia del Paese e di conseguenza sugli interessi dei cittadini e stanno "creando il terreno per azioni illegittime da parte di persone irresponsabili".

Almeno duemila persone si sono radunate a nella piazza centrale del Cairo, Tahrir, bloccando il traffico nelle strade circostanti.

Soltanto poche ore prima gli ultimi irriducibili erano stati cacciati dalla piazza da soldati e poliziotti in assetto anti-sommossa, che avevano minacciato di arrestarli. Ma a prenderne il posto erano arrivati centinaia di agenti di polizia, sfilati in corteo per solidarizzare con la rivolta democratica al grido di "Noi e il popolo siamo una cosa sola!". I militari non erano intervenuti e a quel punto sono tornati in piazza anche molti civili sventolando bandiere con il tricolore nazionale rosso, bianco e nero.

Il clima in Egitto resta comunque ben diverso da quello che incombeva fino a venerdì scorso, prima delle dimissioni del presidente Hosni Mubarak: gli attivisti che promossero la rivolta attraverso appelli e passaparola via Internet hanno infatti reso noto di essere stati ricevuti dai vertici militari.

A riferire il contenuto dei colloqui, tenutisi domenica, sono stati gli stessi ex manifestanti tramite una nota diramata sul Web e firmata tra gli altri dal blogger Amr Salama e da Wael Ghonim, il manager di Google diventato un eroe dopo essere rimasto in carcere per dodici giorni. "Abbiamo incontrato l'Esercito per comprendere il suo punto di vista ed esporre il nostro", scrivono i due. Il Consiglio si è impegnato a varare una nuova Carta Costituzionale "entro dieci giorni" e a sottoporla a referendum popolare nel giro di due mesi. I generali hanno inoltre confermato di voler indire libere elezioni al massimo in sei mesi.

L'ambasciatore americano al Cairo, Sameh Shoukry, ha indirettamente confermato che Hosni Mubarak è gravemente malato.

Intanto è giallo sulle condizioni di salute dell'ex Rais. Dopo le indiscrezioni di stampa che parlano di un peggioramento delle condizioni di salute del Rais, forse addiritura in coma, ha parlato il diplomatico americano Sameh Shoukry: "Sto seguendo le indiscrezioni e le notizie di stampa su Mubarak e non nego che ho ricevuto comunicazione che l'ex presidente è in cattiva salute", ha
riferito alla Nbc.

Shoukry ha pero' precisato di non avere "informazioni sufficienti": per questo motivo, ha aggiunto, "non vorrei speculare" su queste notizie.

La situazione sembra più calma in Algeria, malgrado la nuova manifestazione di massa indetta per venerdì prossimo dalle forze di opposizione: il ministro degli Esteri algerino Mourad Medelci ha preannunciato che "entro pochi giorni" sarà revocato lo stato di emergenza, in vigore da 19 anni, e che nel Paese maghrebino "tornerà lo stato di diritto" che "consentirà piena libertà di espressione, entro i limiti di legge".

lunedì 14 febbraio 2011

Piazza del Popolo

ROMA - Manifestano le donne a piazza del Popolo e il traffico in Centro ieri pomeriggio è andato in tilt. Per il Pd c’è lo zampino del sindaco che non ha organizzato bene i servizi per la viabilità nelle strade intorno alla centralissima piazza del Tridente. «Anche oggi l’Amministrazione Alemanno ha dato prova della sua inettitudine e inadeguatezza a gestire la nostra città. La manifestazione di piazza del Popolo è stata straordinaria e si è svolta fortunatamente senza alcun tipo di problema, fatta eccezione per il traffico nelle vie intorno alla piazza stessa che inspiegabilmente erano state lasciate aperte e ove si notava l’assenza di vigili urbani. Forse Alemanno non è stato informato, ma molte macchine e un autobus a due piani sono rimasti bloccati proprio in quell’area. Insomma un’altra volta l’Amministrazione Alemanno ha fornito una prova pessima di come si organizza un grande evento». Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli.

La replica del sindaco. «L’accusa di non aver ben predisposto i servizi di ordine pubblico a Piazza del Popolo è un’offesa alla professionalità e alle capacità della Questura di Roma e della nostra Polizia Municipale. Gli esponenti del Pd, che hanno tratto dalle difficoltà di traffico che si sono registrate intorno a piazza del Popolo un ennesimo motivo di polemica pretestuosa, si sono dimenticati che i servizi per le manifestazioni non sono decisi in sede politica, ma vengono stabiliti tecnicamente dagli uffici preposti della Questura e di Roma Capitale», ha risposo Gianni Alemanno.

Domenica 13 Febbraio 2011 - 21:54 Ultimo aggiornamento: 22:29

domenica 13 febbraio 2011

THC

L’APPROVAZIONE DELLA NORMA, FIRMATA DA ALCUNI CONSIGLIERI DEL PD, SEMBRA SCONTATA
Cannabinoidi nella terapia del dolore
In Toscana la prima legge che dice sì
Prevede il rimborso totale dei farmaci. L'impiego sarà consentito soltanto durante il ricovero in ospedale

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Enzo Brogi, consigliere toscano del Pd FIRENZE - Sarà la Toscana ad approvare la prima legge sull’uso di sostanze cannabinoidi nella terapia del dolore e di fine vita e a prevedere il rimborso totale dei farmaci. L’approvazione della nuova normativa, firmata da alcuni consiglieri del Pd, sembra essere scontata e l’iter legislativo potrebbe concludersi entro maggio. Una rivoluzione. «Perché la legge nazionale vigente non prevede il rimborso dei medicinali derivati dalla cannabis da parte del servizio sanitario - spiega Enzo Brogi, consigliere regionale del Pd - e dunque di fatto rende quasi inapplicabile il loro uso». Una normativa simile esiste invece in Puglia, ma non si tratta di una legge bensì di una delibera di giunta. Negli articoli del testo della normativa toscana è espressamente previsto che «l’acquisto dei farmaci cannabinoidi è posto a carico del servizio sanitario regionale» e si stabilisce che ogni ospedale «individui un apposito responsabile competente per l’attuazione e il rispetto delle linee guida».
RICOVERO IN OSPEDALE - L’impiego dei nuovi farmaci sarà consentito soltanto durante il ricovero in ospedale (o in altre strutture sanitarie) e la loro somministrazione è prevista «solo quando altri farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico del paziente». Inoltre i cannabinoidi potranno essere prescritti soltanto da un medico specialista in neurologia, oncologia o specializzato nel trattamento della terapia del dolore. «Sono sempre stato contrario alla cultura del proibire - commenta il primo firmatario della legge, Enzo Brogi - soprattutto quando l’uso di sostanze stupefacenti può aiutare ad alleviare terribili sofferenze. In moltissimi altri Paesi chi è sottoposto a chemioterapia o ad altri trattamenti simili può assumere sostanze cannabinoidi perché, come è provato scientificamente, diminuiscono nausea e vomito e con esse si riduce notevolmente l’assunzione di morfina». Brogi racconta di aver scritto la nuova legge pensando soprattutto alle sofferenze dei malati. «Nel pensarla ho lavorato accanto ad Alessia Ballini, una collega consigliere regionale uccisa pochi giorni fa dal cancro. Combatteva con le unghie e con i denti la sua guerra e mi raccontava quanto fosse importante assumere sostanze cannabinoidi prima di sottoporsi a chemio e per combattere il dolore».

TESTIMONIANZA - E proprio ad Alessia Ballini la nuova legge è stata dedicata. Nella relazione di presentazione stata inserita anche una struggente testimonianza di Alessia. «Da quando convivo con la mia malattia, ribellandomi, accettandola, lottandoci con tutte le energie che ho, la mia dimensione corporea ha assunto tutta la sua materialità, il suo predominio, la sua insopprimibile verità. Che io sono il mio corpo. Che il mio corpo non è separato dal mio spirito. Che sono entrambi miei e sono le uniche cose che possiedo. Guardo il dibattito parlamentare sul testamento biologico, annoto il suo triste esito e rammento che lo Stato sta mettendo le mani sulla mia dignità, presente e futura. Da quando la mia vita ha svoltato e mi hanno consegnato una nuova carta d' identità, quella che ognuno di noi ha in tasca e che chi è fortunato non dovrà mai tirare fuori, ho capito il significato impagabile, incomparabile di una sanità pubblica efficiente e universale. L' istituzione che si fa carico di te, quando tu non puoi. Lo Stato che ti affianca, che ti sorregge, quando ne hai bisogno. Che tu sia ricco o povero. Comunitario o extra. Uomo o donna. Religioso o ateo. Questo è lo Stato che voglio. Che non mi invade, non mi prevarica. Che ha cura di me. Che mi rispetta. Che mi lascia libera. Che lascia libera la mia coscienza di decidere per me, per la mia vita».

Marco Gasperetti
13 febbraio 2011

ne siamo fuori?

Distretti industriali: la ripresa soffia
Un'azienda su quattro stima guadagni nel 2011
13 febbraio, 17:57

(ANSA) - ROMA 13 FEB - La ripresa soffia tra i distretti industriali piu' che nel resto delle imprese: i distretti mostrano tassi di crescita superiori alle aree non distrettuali (+16% contro 15,6% nell'ultimo trimestre 2010). E l'export brilla con particolare slancio. A certificarlo e' il secondo Rapporto dell'Osservatorio nazionale sui distretti italiani, rilevando anche un ritrovato ottimismo riguardo al futuro. Per il 2011, 1 azienda su 4 stima incrementi di fatturato e soltanto il 7% una diminuzione.

schizofrenia

Vercelli, uccide la madre a coltellate
e fugge: arrestato a Milano
L'uomo, 39 anni, soffre di disturbi psichiatrici. Dopo il delitto si è allontanato in treno, poi ha telefonato

MILANO - Una tragedia della follia: è questa la spiegazione che, finora, viene data all'omicidio di Maria Rosa Barberis, 67 anni, la donna uccisa ieri a coltellate nella sua abitazione di Tronzano (Vercelli). Il figlio Gabriele Romanato, 39 anni, sofferente di disturbi psichiatrici, fermato dai carabinieri a Milano, avrebbe agito in preda a un raptus, ma soltanto gli sviluppi dell'indagine potranno chiarire definitivamente tutti gli aspetti della vicenda. Maria Rosa era separata dal marito, che vive a Tronzano, e aveva un altro figlio, il quarantaquattrenne Marco.

LA VICINA - L'allarme è stato dato da una vicina di casa che, ieri mattina, verso le 10.30, ha affermato di aver sentito delle urla. I carabinieri di Vercelli, per aprire la porta al secondo piano della palazzina di via Cava Grande, hanno dovuto chiamare i vigili del fuoco, e già in quel momento si è cominciato a pensare che non si poteva trattare dell'irruzione di uno sconosciuto. La donna era a terra, in una pozza di sangue, e di Gabriele non si avevano più notizie: si era allontanato a piedi e probabilmente aveva già preso un treno.

LA CACCIA ALL'UOMO - Le ricerche, cui ha preso parte anche la squadra elicotteri di Volpiano, sono scattate immediatamente. Secondo fonti non confermate, Gabriele Romanato aveva fatto sapere a un familiare, dopo sette ore di latitanza, che era intenzionato a tornare a casa. La telefonata era partita da una cabina di Milano. I militari hanno poi fermato l'uomo alla Stazione Centrale. (Ansa)


13 febbraio 2011

soldi, soldi...

Un milione e mezzo,
il tesoretto del parroco

La chiesa di Santa Croce nel quartiere di Vanchiglia


La somma era in parte “rubata” alle offerte dei fedeli. Investiti
in polizze vita e poi “girati” a un amico per comprare case e negozi
CLAUDIO LAUGERI
TORINO
Il «tesoretto» del parroco era di un milione e 600 mila euro. Risparmi. E anche soldi sottratti alle elemosine. Denaro finito a finanziare polizze vita del sacerdote, poi riscattate per acquistare immobili e consentire a un amico di rilevare un self-service. Denaro uscito dalla sacrestia della chiesa di Santa Croce per mano dell’ex parroco Giovanni Ballesio, 80 anni compiuti a dicembre, finito sott’inchiesta per appropriazione indebita. E poi, c’è l’amico: Angelo Marturano, 51 anni, titolare del negozio di vernici «G.M.C.» a pochi passi dalla chiesa, del bar a fianco e del self-service dell’altra parte della Dora, al piano terra di una palazzina di lusso. Per lui, il pm Vincenzo Pacileo ha ipotizzato il reato di riciclaggio.

Ad attirare l’attenzione della Guardia di Finanza era stata un’operazione in contanti di don Ballesio. Era il giugno 2003. Con 65 mila euro, il sacerdote aveva riscattato alcune polizze sulla vita (ne aveva intestate 19). Quel tipo di operazioni viene sempre segnalata ai militari, che avevano avviato gli accertamenti di routine. Così, avevano scoperto che le polizze erano state stipulate con fondi (2-300 mila euro l’anno) in buona parte prelevati dalle offerte dei frequentatori della chiesa. Denaro mai annotato in un registro delle entrate, anche se don Ballesio si era premurato di compilarne uno sulle uscite.

Rientrato in possesso dei «liquidi», il sacerdote aveva costituito la società «Narfab sas di Marturano Angelo e C.». Un capitale di oltre un milione di euro, in parte costituito con soldi della parrocchia. Ballesio era socio al 70 per cento, Marturano al 30. In più, il sacerdote aveva anche pagato 600 mila euro per favorire l’apertura del self-service intestato alla «Arf snc» di Marturano. Pagamenti avvenuti con assegni circolari. Con soldi delle offerte. «Era l’avviamento della società. Mi ha offerto quei soldi come un prestito, avrei dovuto rifiutarli?» dice Marturano. E non ha avuto sospetti nemmeno quando il sacerdote ha deciso di trasformare il prestito in regalo. «Per me era come un padre» dice soltanto. Era il 2007. Due anni dopo, l’indagine della Finanza ha svelato l’inghippo. E i rapporti tra don Ballesio e Marturano si sono deteriorati.

«Se l’è presa con me, credeva che avessi combinato qualche guaio, pensava che l’indagine della Finanza fosse stata avviata a causa mia. Ma non è così» racconta Marturano. Poi, nel settembre 2009 la «Narfab» è passata tutta nelle mani di don Ballesio e pochi mesi dopo è andata a Cinzia Cofanelli. «Non so chi sia, Giovanni non me ne ha mai parlato» dice Marturano. Alcune settimane fa, la Guardia di Finanza (su ordine della procura) ha sequestrato le quote della «Narfab» e i due immobili nella palazzina di lusso in lungo Dora Colletta 67.

Sulla vicenda, l'Arcidiocesi non si sbilancia: «Seguiremo il caso con la massima attenzione nel rispetto del lavoro della Magistratura e delle autorità inquirenti affinché si faccia chiarezza sulla verità dei fatti e nell’accertamento delle eventuali responsabilità delle persone coinvolte. Come sempre in questi casi, l'Arcidiocesi si atterrà alle conclusioni delle autorità competenti».

venerdì 11 febbraio 2011

VIOLENZA E SUICIDIO

India: bimba violentata si suicida
La piccola era disperata per l'affronto subito
11 febbraio, 13:00

(ANSA) - NEW DELHI, 11 FEB - E' morta dopo 15 giorni di sofferenze una bambina indiana di dieci anni che si era data fuoco dopo essere stata violentata da due compagni a Firozabad, nell'India centrale. La bimba era stata trascinata a forza da due compagni in un campo abbandonato e violentata. Le sue grida erano state ascoltate da alcuni contadini che l'avevano soccorsa, permettendo anche l'arresto dei due. Tornata a casa, dalla disperazione per l'affronto subito si era cosparsa il corpo di cherosene dandosi poi fuoco.

OPERATO AL NASO

SANITA'
Operato al naso, muore due ore dopo
Il giovane, 34 anni, si era sottoposto ad un intervento al setto nasale per l'asportazione di un polipo. Due ore dopo si è sentito male, poi l'infarto. Indagini in corso

FIRENZE - Un giallo. Una morte che nessuno a Santa Maria Nuova riesce a spiegarsi. E che per questo ha reso necessaria un’autopsia che l’ospedale, la direzione sanitaria, ha fatto scattare immediatamente. Solo dai risultati dell’esame autoptico si capiranno le cause della morte improvvisa di un fiorentino di 34 anni che mercoledì è stato operato al setto nasale per l’asportazione di un polipo. Un intervento di routine. Tanto che il ragazzo era arrivato in ospedale da solo. Ed entro sera sarebbe stato dimesso. Così non è stato.

Passate due ore dall’operazione il ragazzo si è sentito male. Ha cominciato a vomitare. Ha richiesto l’intervento degli infermieri. E poi, dopo due ore è morto per arresto cardiaco. Medici, rianimatori, tutto il personale del reparto hanno cercato di rallentare il peggioramento delle sue condizioni. Hanno provato a rianimarlo, ma ogni tentativo è svanito nel nulla. Il ragazzo è stato sottoposto ad angioplastica per impedire l’arresto cardiaco. Una morte fulminante. Di cui ancora ieri se ne parlava in tutto l’ospedale del centro. L’intervento per la rimozione del polipo dal setto nasale sembra fosse riuscito perfettamente. Sono stati i medici ad avvertire del decesso i familiari del ragazzo che ora come tutti attendono una risposta dall’autopsia. E che potrebbero presentare un esposto alla procura di Firenze.

Non è detto però che la morte del giovane sia un caso di malasanità. Diversamente da altri episodi anche recenti successi in Toscana, l’ultimo a Empoli (il paziente deceduto dopo un intervento di colecisti) la tragedia che ha sconvolto tutta Santa Maria Nuova potrebbe avere altre spiegazioni. Ieri c’era chi tra le ipotesi nominava la «sindrome» del «QT lungo» , una rara anomalia cardiaca che può provocare, specie nei giovani, la morte improvvisa. Una morte che però, per ora, è inspiegabile.

Alessio Gaggioli
11 febbraio 2011

giovedì 10 febbraio 2011

TRUFFE ASSICURATIVE

Truffe ad assicurazioni, 6 arresti tra cui 4 medici Asl
Giro di falsi documenti per comprovare incidenti mai avvenuti
10 febbraio, 10:11
(ANSA) - CASERTA, 10 feb - Quattro medici delle Asl di Caserta e Formia (Latina) e due titolari di agenzie di infortunistica stradale della provincia di Caserta sono stati arrestati dai carabinieri perche' accusati a vario titolo di produzione di falsa documentazione, anche sanitaria, comprovante il verificarsi di sinistri stradali mai accaduti.

Secondo gli investigatori, tutti gli episodi si sarebbero verificati nella provincia di Caserta e avrebbero visto coinvolte oltre 40 persone denunciate in stato di liberta' per aver concorso a vario titolo nelle truffe, nella maggioranza dei casi in qualita' di falsi testimoni. L'operazione e' stata condotta dai carabinieri della compagnia di Sessa Aurunca (Caserta). (ANSA)

mercoledì 9 febbraio 2011

Sbarchi a Lampedusa

La rivoluzione del gelsomino causa una fuga di massa
a Lampedusa e Linosa:
in 200 tra stanotte e stamane
ROMA
Oltre 200 immigrati sono giunti tra la scorsa notte e questa mattina a Lampedusa e Linosa (Agrigento), dove si è registrata un’ondata di sbarchi probabilmente legata alla tensioni politiche di queste settimane in Tunisia, che ha causato più di 200 morti. Poco dopo le 8 di stamani, i carabinieri hanno intercettato a terra, sulla costa di Cala Francese a Lampedusa, 107 extracomunitari di cui non si conosce ancora la nazionalità.

Nella zona è stata rintracciata anche una grossa imbarcazione, probabilmente usata dal gruppo per attraversare il Canale di Sicilia. Sempre a Cala Francese, la Guardia di finanza aveva fermato a mezzanotte 25 stranieri, mentre i carabinieri nel corso della notte hanno individuato nel Porto Vecchio di Lampedusa 48 uomini, di cui si è accertato che sono tunisini, e nello scalo marittimo hanno bloccato un vecchio gommone appena entrato con a bordo 12 migranti.

A Linosa, infine, sempre i carabinieri hanno fermato a terra 13 persone. Altri cinque immigrati erano stati soccorsi ieri sera a 26 miglia al largo di Pantelleria (Trapani) dalla Guardia di finanza.

INAIL

Incidenti lavoro, Inail: dato record
I numeri calano ancora: nel 2010 meno di mille morti
09 febbraio, 11:44

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Guarda la foto1 di 1 (ANSA) - ROMA, 09 FEB - Il numero di incidenti mortali sul lavoro e' sceso nel 2010 per la prima volta sotto i mille.

Mentre il numero complessivo di incidenti e' diminuito del 2% confermando un trend positivo 'dopo il dato straordinario del 2009, quando il calo era stato di circa il 10%'. Lo ha indicato il direttore generale dell'Inail, Giuseppe Lucibello, avvertendo che secondo le procedure Eurostat e' presto per considerare i dati definitivi (bisogna attendere 180 giorni) e vanno quindi considerati 'con prudenza'.

Penicillina

LO SCIENZIATO DIMENTICATO
La penicillina? Una scoperta italiana
Nel 1895 Vincenzo Tiberio, un medico molisano, pubblicò uno studio dal titolo "Sugli estratti di alcune muffe" anticipando i risultati inglesi di molti anni dopo

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Fleming si meritò il Nobel grazie a una capsula dimenticata aperta



Vincenzo Tiberio MILANO - La domanda è più che legittima: perché tanti anni di silenzio? Giulio Capone continua a chiederselo. «È passato più di un secolo dalla pubblicazione di quel lavoro semplice, chiaro, di gran rigore scientifico e tutto è rimasto nascosto». Giulio Capone è medico di base a Roma, specializzato in dermatologia: il lavoro a cui si riferisce lo ha scritto Vincenzo Tiberio, suo nonno. Un nome ancora sconosciuto al grande pubblico, ma non alla comunità scientifica italiana e internazionale. Sì, perché nel 1895 quel giovane medico igienista, un po’ burbero e geniale, pubblicò lo studio "Sugli estratti di alcune muffe" negli Annali di Igiene Sperimentale, una rivista prestigiosa dell’epoca. Il fascicoletto conteneva i risultati delle ricerche che lo avevano portato a scoprire il potere battericida delle muffe, ben 34 anni prima che Alexander Fleming pubblicasse le sue osservazioni sul British Journal of Experimental Pathology. Insomma, l’inventore della penicillina è, per molti, l’italiano Vincenzo Tiberio. «Primo nella scienza, postumo nella fama», recita la lapide commemorativa che il comune di Sepino, in provincia di Campobasso, ha voluto collocare sulla facciata della sua casa natale. Ora il Consiglio nazionale delle ricerche ha deciso di rendere onore al merito dello scienziato, promuovendone la figura con il documentario «Vincenzo Tiberio. Il vero papà della penicillina» (che sarà disponibile sul sito dell’Almanacco della scienza Cnr).


La targa LE MUFFE DEL POZZO - Chi era dunque Vincenzo Tiberio e come arrivò a precorrere Fleming? La storia è affascinante e merita di essere raccontata attraverso la testimonianza del nipote e di Salvatore De Rosa, scienziato dell'Istituto di chimica biomolecolare (Icb) del Cnr di Pozzuoli, appassionato studioso di Tiberio. «Mio nonno nacque nel 1869 a Sepino, città costruita dai Romani dopo la vittoria sui Sanniti. Suo padre, Domenico Antonio, era un notaio e quindi la famiglia stava bene. La casa era un piccolo centro di cultura, frequentata da studiosi e professionisti. E Vincenzo mostrava una spiccata propensione per gli studi scientifici». Dopo il liceo, il padre lo iscrisse alla facoltà di Medicina di Napoli e lo mandò a vivere dagli zii Graniero, ad Arzano. La casa di Arzano e il suo pozzo, che forniva l’acqua per le necessità domestiche, saranno fondamentali per la scoperta. Tiberio notò che gli inquilini della casa soffrivano di infezioni intestinali ogni volta che il pozzo veniva ripulito dalle muffe. I disturbi, invece, cessavano quando le muffe ricomparivano sui bordi del pozzo. «Noi nipoti non abbiamo conosciuto il nonno, perché è morto nel 1915 a causa di una febbre mal curata - dice Giulio Capone -. Tutto quello che sappiamo ce lo ha raccontato nonna Amalia, che è stata una delle due passioni del nonno, assieme all’Istituto di igiene di Napoli dove fu assistente, prima volontario e poi strutturato». Nonna Amalia raccontava di Vincenzo impegnato a raschiare le muffe dal pozzo con una spatolina, per portarle in laboratorio. «Nei documenti scritti da Vincenzo Tiberio - riferisce Salvatore De Rosa - sono descritte in dettaglio le condizioni di crescita delle varie muffe isolate, il metodo di estrazione acquoso delle muffe e il loro potere battericida sia in vitro sia in vivo. Viene evidenziato il potere chemiotattico degli estratti delle muffe nelle infezioni da "Bacillo del tifo" e "Vibrione del colera", con l'utilizzo come cavie dei conigli e la tecnica delle infusioni sottocutanea e intraperitoneale. Il lavoro risulta molto meticoloso, con dettagli sperimentali e una serie di tabelle in cui riporta l'azione degli estratti sulle cavie utilizzate».


La muffa che diede origine alla scoperta della penicillina da parte di Fleming (Ap) RICONOSCIMENTO - Eppure Tiberio fu costretto a portarlo avanti tra difficoltà e diffidenza. Dalle prime osservazioni alla pubblicazione della relazione conclusiva passarono circa cinque anni. L’ambiente scientifico ufficiale non dette peso alla scoperta e le conclusioni sul potere battericida delle muffe furono registrate come una coincidenza. «Mio nonno rimase profondamente deluso da come il lavoro venne accolto. Nel 1895, dopo la pubblicazione dello studio, lasciò l’Istituto di igiene per contrasti con il nuovo direttore di cattedra e si arruolò in Marina» racconta ancora Capone. Il fascicoletto della sua ricerca rimase relegato in uno scaffale polveroso dell’Istituto di igiene fino al 1955, quando un «topo di biblioteca» lo riscoprì e fu ristampato a cura dell'Istituto di Igiene stesso. I nipoti ne hanno difeso il nome e la memoria, scrivendo anche un libro. E Fleming? Il grande microbiologo scozzese riconobbe mai i meriti di Tiberio? «Chain, uno dei tre premi Nobel assieme a Fleming - dice Capone -, affermò in un’intervista che il suo illustre collega conosceva mio nonno e i suoi lavori. Lui però non lo disse mai apertamente». Tiberio comprese che non avrebbe avuto il giusto riconoscimento in patria, ma la passione per la scienza non lo abbandonò mai. Racconta il nipote che, dietro una foto di nonna Amalia, Vincenzo scrisse una frase emblematica: «Lunga e difficile è la via della ricerca, ma alla base di tutto c’è l’amore».
Ruggiero Corcella
09 febbraio 2011