sabato 16 luglio 2011

resti umani


Cadaveri smaltiti nel cortile degli orrori Triturati dalla ditta che fa riesumazioni

Sei cassoni di resti umani e un sacco di ossa vicino a una trituratrice ritrovati in via Flavio Gioia a Verona. Una segnalazione per odori fa scattare i controlli. I resti provengono dal Padovano

Perquisizione nella ditta Nicolini di via Gioia a Verona (Sartori)
Perquisizione nella ditta Nicolini di via Gioia a Verona (Sartori)
VERONA — La «pietas» non abita in via Flavio Gioia 57. Non ci abita la compassione, nel cortile di quella casa dove ieri si dipingevano le cancellate, come se nulla fosse. Perché lì, fino a ieri mattina, ci abitavano chili e chili di resti umani. Quelli contenuti in sei cassoni e in un sacco, ritrovati tra altri rifiuti. Erano «roba da smaltire», quei resti. E il sospetto è che in quell'azienda, la Nicolini Gestioni srl, i resti di quei morti venissero «smaltiti » come tutto il resto. Con quella trituratrice posizionata in mezzo al cortile. E, forse, con il fuoco. Credevano di trovarsi davanti a una discarica illegale, gli uomini della polizia stradale di Verona Sud e quelli della polizia provinciale, che in quello spiazzo a ridosso di un capannone dove una volta c'era una carrozzeria, sono arrivati tramite una segnalazione. Una segnalazione che parlava di odori forti, acri. Zaffate che si sprigionavano ogni volta che quella trituratrice veniva azionata. E ogni volta che qualcosa veniva bruciato nel cortile di Diego Nicolini, in quell'area - giusto di fronte al palazzo dell'Autostrada Serenissima - dove ha sede la sua azienda di «gestioni cimiteriali ». Credevano di trovarsi davanti a delle consunte lastre di eternit e a qualche rifiuto che lì non doveva starci, gli agenti della stradale e della provinciale. Tanto che tutto era pronto per dare il via alla notizia mediatica. Ma in quella piccola montagnola al centro dello spiazzo, c’era qualcosa di più. E quel «qualcosa di più» era anche in una sorta di container. Quella che avrebbe dovuto essere una cella frigorifero.
Ma che non refrigerava nulla. Meno che meno i resti di quei cadaveri. Perchè è questo che gli agenti della stradale e della provinciale hanno trovato, in quella che si pensava fosse «solo» una discarica illegale. Resti umani. Quelli dei tanti appalti che la Nicolini Gestioni srl incassava, nei cimiteri di mezzo Nord Est. Forte delle sue tante ceritificazioni, pronta a gareggiare al ribasso in ogni camposanto disseminato tra Veneto e Trentino, la sede della ditta di Diego Nicolini ieri mattina pullulava di polizia, personale dell’Usl 20, Agec e anche dello Spisal. Con il pubblico ministero Valeria Ardito che dopo il ritrovamento di quei resti ha deciso di avocare a sè tutte le indagini. «Ogni mattina lì si bruciava qualcosa», racconta chi quelle zaffate le sentiva da mesi, ma che con l’arrivare del caldo non le ha più potute sopportare. «E poi mettevano in funzione la trituratrice». Quella macchina che spezzettava ogni cosa, probabilmente anche degli scheletri. E le rigettava nella montagnola vicino. E’ tra quel miscuglio di terra e chissà cos’altro che è stato ritrovato un sacco con delle ossa umane piccole.
Gli altri resti erano in sei cassoni, dentro quel container frigorifero che non rifrigerava nulla. Diego Nicolini nei cimiteri faceva tutto, dalla gestione all’esumazione. E le ossa ritrovate ieri provengono tutte dal Padovano. Uno dei tanti appalti che gestiva. Uno di quegli appalti che prevede l’esumazione dei corpi. Si era specializzato in quello, Nicolini. Nel gestire i resti di chi veniva disotterrato. Ci sono leggi e dettami anche per i morti. E una di queste prevede che dopo l’esumazione i parenti possano decidere cosa fare dei resti non ancora decomposti. Quei resti che possono essere cremati. Questo avrebbe dovuto fare, l’azienda di Diego Nicolini. Prenderli e portarli in un forno crematorio autorizzato. Ma lì non ci sono mai arrivati. Li hanno ritrovati, ieri mattina, in via Gioia gli agenti della polizia stradale e della polizia provinciale. Quei resti ritrovati arrivano da uno dei tanti cimiteri di cui Diego Nicolini aveva vinto l’appalto. Li ha portati via il personale dell’Agec, dopo il via libera da parte dell’Usl 20. Sono sotto sequestro al cimitero monumentale. Si dovranno controllare i verbali con le autorizzazioni dei parenti alla cremazione. Quei parenti che potrebbero essere chiamati per l’ennesimo lutto, lo scempio dei corpi di quelli che loro amavano. Le indagini dovrebbero muoversi su tre tronconi: quello che riguarda le normedi polizia mortuaria sulla «gestione » dei cadaveri, quello ambientale perchè quei resti, nel duro linguaggio della burocrazia, sono «rifiuti speciali» e non si possono tenere nel giardino di casa. Meno che meno triturarli o bruciarli a proprio piacimento.
E poi c’è il discorso della sicurezza sul lavoro. Perchè per Diego Nicolini lavorano diverse persone, che in quell’ambiente stavano - più o meno consapevolmente - a contatto con potenziali fonti di contagio. E con gli altri rifiuti dello spiazzo. «Ci sono sempre stati i controlli e non è mai risultato nulla di irregolare », ripeteva dal balcone la mamma di Diego Nicolini. Ma suo figlio aveva anche una rimessa di carri funebri, rimessa che viene di norma controllata per quanto riguarda l’igiene dei mezzi di trasporto. Nulla di più, per quell’azienda in cui sono stati trovati sei cassoni di resti umani, ma che aveva tutte le certificazioni immaginabili. Anche qui la vicenda è tutta da capire. Perchè come sia possibile che uno che «stocca » pezzi di cadavere praticamente in giardino passi fior fiore di ispezioni è uno dei capitoli del giallo delle ossa di via Flavio Gioia.
Angiola Petronio
16 luglio 2011

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