martedì 14 ottobre 2008

IL DISASTRO DELLA THYSSENKRUPP

Thyssen,pm:"Fu omicidio volontario"

"La politica aziendale era rischiosa"

Udienza preliminare davanti al gup di Torino per la strage della Thyssenkrupp. Sul banco degli imputati i vertici del colosso dell'acciaio. Dall'altra parte i pm che nella loro requisitoria hanno lanciato pesanti accuse: "Il rogo che ha causato la morte di 7 operai è frutto di una politica aziendale, tutti sapevano che nello stabilimento di Torino si correvano dei rischi". Con queste motivazioni si è chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario.

Ad essere chiamati in causa sono sei dirigenti più la stessa multinazionale (nella veste di persona giuridica) perché, come ha precisato il procuratore Raffaele Guariniello, "i reati sono stati commessi nell'interesse della società". Lo dimostrano, per l'accusa, gli elementi illustrati dal pm Francesca Traverso. Nel febbraio del 2007, qualche mese dopo il rogo che devastò uno stabilimento in Germania, la Thyssenkrupp convocò una riunione per parlare del problema incendi.

Incalzata anche dalla compagnia assicuratrice, la dirigenza stanziò dei fondi per opere di miglioria. Che a Torino, però, non furono eseguite: la sede era sul punto di essere trasferita a Terni. Via da una città che, in un memorandum interno sequestrato dalla guardia di finanza, viene dipinta come un luogo difficile per una fabbrica: una "culla delle Brigate Rosse", dove i maggiori sindacalisti provengono dalla "scuola torinese filocomunista" e dove il magistrato Guariniello conduce indagini "controverse" ostentando "intransigenza" verso le industrie.

Ma non è stato il trasloco in Umbria a far chiudere la sede: è stato l'incendio del 6 dicembre, quello che per l'accusa si doveva abbondantemente prevedere. Quando la pm Laura Longo ha ricostruito l'accaduto, le mamme e le sorelle delle vittime sono uscite dall'aula: "Non ce la facciamo ad ascoltare come sono morti i nostri cari".

L'azienda: colpa degli operai
Nel memorandum, scritto una decina di giorni dopo, la colpa dell'incidente viene attribuita agli operai. C'era un nastro che scorreva irregolarmente spandendo scintille ma l'allarme non scattò: forse il personale non era al proprio posto. "Una squadra attenta (non era per niente stressata perché non c'era produzione in corso: era concentrata a fare una pausa) avrebbe dovuto accorgersene. Un'azione tempestiva avrebbe potuto evitare il primo incendio". E' possibile che la linea difensiva dell'azienda, al processo, sarà completamente diversa, meno dura. Ma il documento, in aula, è stato brandito da Sergio Bonetto, uno degli avvocati di parte civile, per lanciare strali contro la multinazionale.

L'imputazione più grave, l'omicidio volontario con dolo eventuale mossa all'ad Harald Espenhahn, potrebbe portare la causa - e sarebbe la prima volta in Italia per un incidente sul lavoro - in Corte d'Assise, come i delitti di mafia o terrorismo. L'avvocato Cesare Zaccone, dello staff difensivo, si dice perplesso: "Una Corte non è strutturalmente attrezzata a fronteggiare reati come questo. Potrebbe trovarsi in difficoltà". Non è escluso che diversi imputati chiedano il rito abbreviato. (da tgcom 14 ottobre 2008)

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