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lunedì 3 agosto 2009
lunedì 2 giugno 2008
CRIMINALITA' IN ITALIA
DATI DEL MINISTERO DELL'INTERNO, ELABORATI DAL SOLE 24 ORE
Il conto dei reati: trecento ogni ora
di Rossella Cadeo
commenti -
2 Giugno 2008
Le classifiche complete della criminalità in Italia
A quota 700mila i denunciati
VIDEO
Immigrati e sicurezza, il forum del Sole 24 Ore
Articoli Correlati - versione beta
A quota 700mila i denunciatiCodice penale, articolo 61Appello senza patteggiamentoARTICOLO 6 - Responsabilità delle persone maggiorenni nei delitti commessi dai minoriIn Campania e in Calabria un sicario costa appena 200 euro
Nel complesso l'aumento si può definire "contenuto" e il traguardo dei tre milioni era atteso. Ma il problema criminalità resta all'ordine del giorno – tra insicurezza "percepita", episodi di cronaca "effettivi" e allarmi continui. L'ultimo – sull'incertezza delle pene che vanificherebbe «gli sforzi della magistratura e delle Forze di polizia» – l'ha lanciato venerdì scorso al Senato il capo della Polizia Antonio Manganelli. Qualche indicazione concreta sulla situazione e sui trend più recenti può venire dai dati forniti dal ministero dell'Interno – ed elaborati dal Sole 24 Ore del lunedì – che parlano di un bilancio 2007 di 2,9 milioni di reati denunciati, circa 143mila in più rispetto al 2006 (+5,15%), quasi 8mila al giorno o 333 ogni ora.Rapportando il dato ai 59,2 milioni di italiani, si ottiene una media di 4.900 delitti ogni centomila abitanti: su ogni cento abitanti graverebbero insomma 4,9 crimini (appena un paio di decimi in più rispetto al 2006). Se quindi, considerando l'attività criminale in generale, il quadro non si presenta molto movimentato, luci e ombre emergono da un'analisi più dettagliata, scendendo cioè nelle principali tipologie (si veda la pagina a fianco) e nelle performance territoriali.E così si scopre che c'è un reato assai diffuso, quello dei furti d'auto, che evidenzia addirittura un calo rispetto al 2006 (-5,35%), mentre un altro ben più temuto, quello dei furti in abitazione, è salito di quasi un quinto. Collocandosi entrambi intorno a quota 170mila, si può calcolare che ogni ora, in Italia, vengano prese di mira una ventina di auto e un numero analogo di abitazioni. Incremento oltre la media anche per le truffe informatiche e le frodi (+8,7%): quasi 120mila ed è una cifra che non comprende i numerosi episodi che – a volte per "vergogna" o per paura della vittima, altre volte per le scarse probabilità di ottenere qualche "ristoro" – neppure vengono denunciati. Poi ci sono i crimini per la strada, i borseggi (23mila) e gli scippi (160mila), dati in crescita (rispettivamente +2,35% e + 6,35%) che comunque si riferiscono solo all'emerso. Stabili invece gli omicidi volontari: più o meno sono 600-620 all'anno.Dalla classifica – che per ognuna delle 103 province fornisce il numero totale dei reati, l'incidenza ogni 100mila abitanti e la variazione percentuale nel 2007 rispetto al 2006 – si constata invece la diversa distribuzione del fenomeno sul territorio.Così è abbastanza prevedibile scoprire ai primi posti per quantità le aree metropolitane, maggiormente esposte all'attacco della criminalità per ragioni di ricchezza e "densità": reddito, demografia, luoghi e occasioni di accesso. Milano e Roma occupano le prime due posizioni, contribuendo ciascuna a quasi un decimo delle denunce totali, seguite da Torino e Napoli, entrambe sopra quota 100mila. Altrettanto ovvio trovare all'altra estremità della classifica quattro piccole province, Isernia, Enna, Oristano e Matera, tutte del Sud e tutte sotto la soglia dei 4mila casi in totale.Se, però, si mette il numero dei reati in rapporto con la popolazione, ecco che una provincia di modeste dimensioni si deve "rassegnare" a scalzare le grandi in vetta alla classifica: a Rimini sono oltre 9 ogni cento residenti (ma questa realtà è maggiormente a rischio di reati anche per gli elevati flussi turistici che richiama da anni). Tutta l'Emilia Romagna, peraltro, si trova a pagare l'attrattività del territorio in termini di maggiore incidenza dei fenomeni criminosi: quattro delle sue nove province (Rimini, Bologna, Ravenna e Modena) sono nella top ten dei reati in rapporto alla popolazione. In evidenza si mettono anche altre province con forte appeal turistico, come Firenze e le liguri Genova e Savona.Quanto al trend, la grande maggioranza delle province evidenzia un aumento dei reati: particolarmente forte quello di Foggia (22%), seguita da Latina, Isernia e Matera, ma almeno le ultime due vantano condizione estremamente soddisfacenti. E non mancano segnali positivi: in 15 province, tra le quali Genova, i reati risultano in calo.rossella.cadeo@ilsole24ore.com
Il conto dei reati: trecento ogni ora
di Rossella Cadeo
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2 Giugno 2008
Le classifiche complete della criminalità in Italia
A quota 700mila i denunciati
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Immigrati e sicurezza, il forum del Sole 24 Ore
Articoli Correlati - versione beta
A quota 700mila i denunciatiCodice penale, articolo 61Appello senza patteggiamentoARTICOLO 6 - Responsabilità delle persone maggiorenni nei delitti commessi dai minoriIn Campania e in Calabria un sicario costa appena 200 euro
Nel complesso l'aumento si può definire "contenuto" e il traguardo dei tre milioni era atteso. Ma il problema criminalità resta all'ordine del giorno – tra insicurezza "percepita", episodi di cronaca "effettivi" e allarmi continui. L'ultimo – sull'incertezza delle pene che vanificherebbe «gli sforzi della magistratura e delle Forze di polizia» – l'ha lanciato venerdì scorso al Senato il capo della Polizia Antonio Manganelli. Qualche indicazione concreta sulla situazione e sui trend più recenti può venire dai dati forniti dal ministero dell'Interno – ed elaborati dal Sole 24 Ore del lunedì – che parlano di un bilancio 2007 di 2,9 milioni di reati denunciati, circa 143mila in più rispetto al 2006 (+5,15%), quasi 8mila al giorno o 333 ogni ora.Rapportando il dato ai 59,2 milioni di italiani, si ottiene una media di 4.900 delitti ogni centomila abitanti: su ogni cento abitanti graverebbero insomma 4,9 crimini (appena un paio di decimi in più rispetto al 2006). Se quindi, considerando l'attività criminale in generale, il quadro non si presenta molto movimentato, luci e ombre emergono da un'analisi più dettagliata, scendendo cioè nelle principali tipologie (si veda la pagina a fianco) e nelle performance territoriali.E così si scopre che c'è un reato assai diffuso, quello dei furti d'auto, che evidenzia addirittura un calo rispetto al 2006 (-5,35%), mentre un altro ben più temuto, quello dei furti in abitazione, è salito di quasi un quinto. Collocandosi entrambi intorno a quota 170mila, si può calcolare che ogni ora, in Italia, vengano prese di mira una ventina di auto e un numero analogo di abitazioni. Incremento oltre la media anche per le truffe informatiche e le frodi (+8,7%): quasi 120mila ed è una cifra che non comprende i numerosi episodi che – a volte per "vergogna" o per paura della vittima, altre volte per le scarse probabilità di ottenere qualche "ristoro" – neppure vengono denunciati. Poi ci sono i crimini per la strada, i borseggi (23mila) e gli scippi (160mila), dati in crescita (rispettivamente +2,35% e + 6,35%) che comunque si riferiscono solo all'emerso. Stabili invece gli omicidi volontari: più o meno sono 600-620 all'anno.Dalla classifica – che per ognuna delle 103 province fornisce il numero totale dei reati, l'incidenza ogni 100mila abitanti e la variazione percentuale nel 2007 rispetto al 2006 – si constata invece la diversa distribuzione del fenomeno sul territorio.Così è abbastanza prevedibile scoprire ai primi posti per quantità le aree metropolitane, maggiormente esposte all'attacco della criminalità per ragioni di ricchezza e "densità": reddito, demografia, luoghi e occasioni di accesso. Milano e Roma occupano le prime due posizioni, contribuendo ciascuna a quasi un decimo delle denunce totali, seguite da Torino e Napoli, entrambe sopra quota 100mila. Altrettanto ovvio trovare all'altra estremità della classifica quattro piccole province, Isernia, Enna, Oristano e Matera, tutte del Sud e tutte sotto la soglia dei 4mila casi in totale.Se, però, si mette il numero dei reati in rapporto con la popolazione, ecco che una provincia di modeste dimensioni si deve "rassegnare" a scalzare le grandi in vetta alla classifica: a Rimini sono oltre 9 ogni cento residenti (ma questa realtà è maggiormente a rischio di reati anche per gli elevati flussi turistici che richiama da anni). Tutta l'Emilia Romagna, peraltro, si trova a pagare l'attrattività del territorio in termini di maggiore incidenza dei fenomeni criminosi: quattro delle sue nove province (Rimini, Bologna, Ravenna e Modena) sono nella top ten dei reati in rapporto alla popolazione. In evidenza si mettono anche altre province con forte appeal turistico, come Firenze e le liguri Genova e Savona.Quanto al trend, la grande maggioranza delle province evidenzia un aumento dei reati: particolarmente forte quello di Foggia (22%), seguita da Latina, Isernia e Matera, ma almeno le ultime due vantano condizione estremamente soddisfacenti. E non mancano segnali positivi: in 15 province, tra le quali Genova, i reati risultano in calo.rossella.cadeo@ilsole24ore.com
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mercoledì 7 maggio 2008
REATI
OMICIDI IN CALO
LEGGI QUI http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200805articoli/32588girata.asp
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venerdì 21 marzo 2008
INFORTUNI SUL LAVORO
21 marzo 2008. I morti sul lavoro nel 2007 sono stati circa 1.260 e gli infortuni 913.500. La lavorazione dei metalli il settore più a rischio. Nel 2006 in oltre sette aziende su 100 del settore industria e servizi si è verificato almeno un incidente
ROMA - Le prime stime dell'INAIL sulle morti bianche per l'anno 2007 parlano di circa 1.260 morti sul lavoro a fronte dei 1.341 dell'anno precedente. Si tratta di numeri stimati ma attendibili e semmai approssimati per eccesso. Infatti il dato non ancora consolidato, ovvero il numero effettivo dei casi mortali registrati negli archivi gestionali dell'Istituto al 29 febbraio 2008, risulta pari a 1.147. E appunto su questo dato fanno leva i procedimenti statistici di stima previsionale che per l'anno 2007 individuano un numero di infortuni mortali compreso in un range tra 1.240 e 1.260 casi.
Gestione e tipologia di avvenimento. Dalle stime INAIL risulta poi che, dei 1.260 incidenti mortali avvenuti nel 2007, 1.130 si sono verificati nel settore dell'industria e dei servizi, 115 nell'agricoltura e 15 tra i dipendenti in conto Stato. In particolare, 295 sono quelli del settore costruzioni. Inoltre più di un quinto (esattamente 260) sono avvenuti in itinere, ovvero lungo il tragitto casa lavoro e viceversa.
Infortuni nel 2007. Gli incidenti sul lavoro, invece, sempre secondo le stime dell'INAIL, sono stati 913.500 nel 2007. Nel 2006 erano stati 928.158. In particolare, gli incidenti sono stati 57.300 nell'agricoltura, 827.000 nell'industria e nei servizi di cui 100.000 nelle costruzioni, e 29.200 tra i dipendenti in conto Stato.
Trend di lungo periodo. Negli ultimi cinquanta anni le morti bianche in Italia sono comunque notevolmente diminuite. Nel 1956 i morti del lavoro erano 3.900 per salire a 4.644 nel 1963, anno di massimo storico per gli infortuni mortali ma anche di forte sviluppo industriale (sono gli anni del boom economico). Nel 1966 gli infortuni erano di nuovo scesi a 3.744 e da lì è partito un lento ma continuo decremento: 2.793 nel 1976, 2.083 nel 1986, 1.372 nel 1996, 1.546 nel 2001, per finire con 1.260 dello scorso anno. Un andamento simile hanno registrato anche gli infortuni non mortali, sebbene non in maniera altrettanto lineare e con un calo non altrettanto marcato. Basti ricordare che erano 1.150.354 nel 1956, 1.283.667 nel 1976, 1.023.379 nel 2001 e 928.158 nel 2006.
Settori di rischio. Nell'ultimo triennio il settore più ad alto rischio è stato quello della lavorazione dei metalli. Con oltre 6 infortuni su 100 (esattamente 61,95 infortuni indennizzati per mille addetti esclusi i casi in itinere) l'industria dei metalli presenta, infatti, un indice di frequenza infortunistica che è quasi il doppio rispetto all'indice medio dell'industria e servizi (32,21 per mille). Seguono la lavorazione dei materiali non metalliferi (59,94 per mille), la lavorazione del legno (56,64) e le costruzioni (54,37). Tuttavia, se si parla di incidenti gravi, cioè tali da provocare un'invalidità permanente, al primo posto troviamo le costruzioni con 4,46 infortuni indennizzati per mille addetti, seguite dalla lavorazione del legno (4,14) e dall'estrazione di minerali (4,13). Quest'ultimo settore, infine, risulta anche quello a più alto rischio di morte: 3,7 casi ogni 10mila addetti nell'ultimo triennio. Fortunatamente però, l'esiguo numero dei lavoratori del settore fa sì che a un indice di frequenza così alto non corrisponde un numero assoluto altrettanto elevato. (vai al sito dell'INAIL)
ROMA - Le prime stime dell'INAIL sulle morti bianche per l'anno 2007 parlano di circa 1.260 morti sul lavoro a fronte dei 1.341 dell'anno precedente. Si tratta di numeri stimati ma attendibili e semmai approssimati per eccesso. Infatti il dato non ancora consolidato, ovvero il numero effettivo dei casi mortali registrati negli archivi gestionali dell'Istituto al 29 febbraio 2008, risulta pari a 1.147. E appunto su questo dato fanno leva i procedimenti statistici di stima previsionale che per l'anno 2007 individuano un numero di infortuni mortali compreso in un range tra 1.240 e 1.260 casi.
Gestione e tipologia di avvenimento. Dalle stime INAIL risulta poi che, dei 1.260 incidenti mortali avvenuti nel 2007, 1.130 si sono verificati nel settore dell'industria e dei servizi, 115 nell'agricoltura e 15 tra i dipendenti in conto Stato. In particolare, 295 sono quelli del settore costruzioni. Inoltre più di un quinto (esattamente 260) sono avvenuti in itinere, ovvero lungo il tragitto casa lavoro e viceversa.
Infortuni nel 2007. Gli incidenti sul lavoro, invece, sempre secondo le stime dell'INAIL, sono stati 913.500 nel 2007. Nel 2006 erano stati 928.158. In particolare, gli incidenti sono stati 57.300 nell'agricoltura, 827.000 nell'industria e nei servizi di cui 100.000 nelle costruzioni, e 29.200 tra i dipendenti in conto Stato.
Trend di lungo periodo. Negli ultimi cinquanta anni le morti bianche in Italia sono comunque notevolmente diminuite. Nel 1956 i morti del lavoro erano 3.900 per salire a 4.644 nel 1963, anno di massimo storico per gli infortuni mortali ma anche di forte sviluppo industriale (sono gli anni del boom economico). Nel 1966 gli infortuni erano di nuovo scesi a 3.744 e da lì è partito un lento ma continuo decremento: 2.793 nel 1976, 2.083 nel 1986, 1.372 nel 1996, 1.546 nel 2001, per finire con 1.260 dello scorso anno. Un andamento simile hanno registrato anche gli infortuni non mortali, sebbene non in maniera altrettanto lineare e con un calo non altrettanto marcato. Basti ricordare che erano 1.150.354 nel 1956, 1.283.667 nel 1976, 1.023.379 nel 2001 e 928.158 nel 2006.
Settori di rischio. Nell'ultimo triennio il settore più ad alto rischio è stato quello della lavorazione dei metalli. Con oltre 6 infortuni su 100 (esattamente 61,95 infortuni indennizzati per mille addetti esclusi i casi in itinere) l'industria dei metalli presenta, infatti, un indice di frequenza infortunistica che è quasi il doppio rispetto all'indice medio dell'industria e servizi (32,21 per mille). Seguono la lavorazione dei materiali non metalliferi (59,94 per mille), la lavorazione del legno (56,64) e le costruzioni (54,37). Tuttavia, se si parla di incidenti gravi, cioè tali da provocare un'invalidità permanente, al primo posto troviamo le costruzioni con 4,46 infortuni indennizzati per mille addetti, seguite dalla lavorazione del legno (4,14) e dall'estrazione di minerali (4,13). Quest'ultimo settore, infine, risulta anche quello a più alto rischio di morte: 3,7 casi ogni 10mila addetti nell'ultimo triennio. Fortunatamente però, l'esiguo numero dei lavoratori del settore fa sì che a un indice di frequenza così alto non corrisponde un numero assoluto altrettanto elevato. (vai al sito dell'INAIL)
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venerdì 15 febbraio 2008
CRIMINALITA'
Patti per la sicurezza: meno reati nelle città
Primo bilancio. Ma furti e rapine aumentano
NOTIZIE CORRELATE
Roma
Milano
Napoli
Firenze
Bologna
Torino
Bari
I «patti per la sicurezza» superano il primo esame. Il Viminale traccia il bilancio semestrale e registra un calo evidente dei reati nelle città che hanno scelto il nuovo modello di intervento per il controllo del territorio. La diminuzione già registrata in tutta Italia alla fine del 2007 diventa evidente nei capoluoghi dove vertici delle forze dell’ordine e amministratori locali decidono insieme le strategie anticriminalità. Il primato spetta a Roma, dove si è passati dai 272.866 illeciti del 2006 ai 269.879 dello scorso anno. Calo anche a Bari e soprattutto a Napoli. Ma c’è un dato che va in controtendenza: furti e rapine continuano ad aumentare. Sono i cosiddetti «delitti predatori», quelli che maggiormente allarmano i cittadini.
Calo di omicidi e droga Marco Minniti, il viceministro dell’Interno che quei patti li ha resi esecutivi e poi ne ha seguito l’attuazione, sfoglia i grafici e spiega: «Sappiamo tutti che questi sono gli illeciti tipici della microcriminalità prodotta dagli stranieri che vivono in clandestinità. Le cifre ci dicono che il tasso di violazione della legge da parte degli immigrati regolari è pari, se non inferiore, a quello degli italiani. E dunque bisogna continuare a lavorare per la regolamentazione degli ingressi e, soprattutto, per l’integrazione di chi si stabilisce nel nostro Paese. Bisogna intensificare la cooperazione con Romania e Libia, i due Stati che possono aiutarci a controllare il flusso degli arrivi illegali. Anche perché abbiamo avviato un trend positivo nella prevenzione e repressione della delinquenza che non deve essere in alcun modo interrotto». Roma, Milano, Torino, Genova; e poi piccoli centri come Asti eModena, realtà complicate come quelle di Napoli e Bari: ovunque, al di là degli schieramenti politici e delle emergenze locali, i delitti sono in calo. E tra i dati ritenuti maggiormente significativi c’è la riduzione forte degli omicidi. Nel capoluogo lombardo—se si escludono le rapine in abitazione e in strada — nel primo semestre 2006 i furti sono stati 101.869 e 90.862 nel secondo. Scende anche il numero di reati legati agli stupefacenti, come del resto avviene anche in quasi tutte le altre città. Nella capitale diminuiscono le violenze sessuali e gli scippi. Ma a fare impressione sono soprattutto le cifre napoletane, perché per la prima volta dopo anni le rapine in strada vanno giù, passando da 4.736 dei primi sei mesi dell’anno a 3.823. E perché le estorsioni calano da 363 a 293. A Firenze, dove si abbassa notevolmente il numero degli stupri e delle rapine, c’è un’impennata degli scippi. A Torino aumentano solo i furti in abitazione. Nei grafici relativi a Bologna c’è sempre il segno meno.
Squadre di intervento rapido «La lettura di questi numeri — chiarisce Minniti—ci dimostra che la strada è quella giusta e dobbiamo continuare a seguirla superando le logiche di partito proprio come abbiamo fatto in questi mesi: governava il centrosinistra, ma la collaborazione ha riguardato anche i sindaci del centrodestra e i risultati, come si vede per l’amministrazione guidata da Letizia Moratti, sono stati più che soddisfacenti. Perché per avere sicurezza bisogna sapere intervenire in modo giusto sul territorio e questo avviene soltanto se c’è cooperazione tra lo Stato e gli enti locali». L’analisi dell’andamento criminale serve a sindaci e prefetti per sollecitare l’impiego delle squadre di intervento rapido. «Quando abbiamo istituito questi nuclei speciali — ricorda Minniti — nessuno avrebbe scommesso sulla loro efficacia. E invece la prima missione è stata a Scampia, lì dove la guerra tra clan aveva fatto decine dimorti e da allora ci sono arrivate richieste da tutte le città che dovevano far fronte alle emergenze».
La guerra al racketI segnali positivi che arrivano dalle zone dove impera la criminalità organizzata trovano conferma a Catania. Perché nella città siciliana si registra una diminuzione tipica dei reati legati al racket che fa ben sperare in un’inversione di tendenza. Conforta che le denunce per estorsione siano scese dalle 155 del primo semestre 2007 alle 102 del secondo semestre.Ma davvero indicativo è il trend che riguarda i casi di danneggiamento e incendio doloso passati da 2.662 da gennaio a giugno a 2.545 da giugno a dicembre. «La possibilità di impiegare in modo razionale le forze dell’ordine —diceMinniti—ci consente di individuare le aree di rischio dove intervenire anche grazie alle indicazioni che arrivano dalle polizie locali. Una sinergia che serve soprattutto ad individuare le carenze. In questo modo sappiamo quali sono i luoghi dove bisogna potenziare l’illuminazione e quelli dove intensificare i sistemi di videosorveglianza, solo per fare esempi concreti di provvedimenti che contribuiscono ad aumentare il bisogno di sicurezza delle persone. La fotografia complessiva ci indica, a sei mesi dalle firme dei Patti, quali sono i settori dove si deve lavorare in maniera più decisa».
Fiorenza Sarzanini15 febbraio 2008
Primo bilancio. Ma furti e rapine aumentano
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Roma
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Napoli
Firenze
Bologna
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Bari
I «patti per la sicurezza» superano il primo esame. Il Viminale traccia il bilancio semestrale e registra un calo evidente dei reati nelle città che hanno scelto il nuovo modello di intervento per il controllo del territorio. La diminuzione già registrata in tutta Italia alla fine del 2007 diventa evidente nei capoluoghi dove vertici delle forze dell’ordine e amministratori locali decidono insieme le strategie anticriminalità. Il primato spetta a Roma, dove si è passati dai 272.866 illeciti del 2006 ai 269.879 dello scorso anno. Calo anche a Bari e soprattutto a Napoli. Ma c’è un dato che va in controtendenza: furti e rapine continuano ad aumentare. Sono i cosiddetti «delitti predatori», quelli che maggiormente allarmano i cittadini.
Calo di omicidi e droga Marco Minniti, il viceministro dell’Interno che quei patti li ha resi esecutivi e poi ne ha seguito l’attuazione, sfoglia i grafici e spiega: «Sappiamo tutti che questi sono gli illeciti tipici della microcriminalità prodotta dagli stranieri che vivono in clandestinità. Le cifre ci dicono che il tasso di violazione della legge da parte degli immigrati regolari è pari, se non inferiore, a quello degli italiani. E dunque bisogna continuare a lavorare per la regolamentazione degli ingressi e, soprattutto, per l’integrazione di chi si stabilisce nel nostro Paese. Bisogna intensificare la cooperazione con Romania e Libia, i due Stati che possono aiutarci a controllare il flusso degli arrivi illegali. Anche perché abbiamo avviato un trend positivo nella prevenzione e repressione della delinquenza che non deve essere in alcun modo interrotto». Roma, Milano, Torino, Genova; e poi piccoli centri come Asti eModena, realtà complicate come quelle di Napoli e Bari: ovunque, al di là degli schieramenti politici e delle emergenze locali, i delitti sono in calo. E tra i dati ritenuti maggiormente significativi c’è la riduzione forte degli omicidi. Nel capoluogo lombardo—se si escludono le rapine in abitazione e in strada — nel primo semestre 2006 i furti sono stati 101.869 e 90.862 nel secondo. Scende anche il numero di reati legati agli stupefacenti, come del resto avviene anche in quasi tutte le altre città. Nella capitale diminuiscono le violenze sessuali e gli scippi. Ma a fare impressione sono soprattutto le cifre napoletane, perché per la prima volta dopo anni le rapine in strada vanno giù, passando da 4.736 dei primi sei mesi dell’anno a 3.823. E perché le estorsioni calano da 363 a 293. A Firenze, dove si abbassa notevolmente il numero degli stupri e delle rapine, c’è un’impennata degli scippi. A Torino aumentano solo i furti in abitazione. Nei grafici relativi a Bologna c’è sempre il segno meno.
Squadre di intervento rapido «La lettura di questi numeri — chiarisce Minniti—ci dimostra che la strada è quella giusta e dobbiamo continuare a seguirla superando le logiche di partito proprio come abbiamo fatto in questi mesi: governava il centrosinistra, ma la collaborazione ha riguardato anche i sindaci del centrodestra e i risultati, come si vede per l’amministrazione guidata da Letizia Moratti, sono stati più che soddisfacenti. Perché per avere sicurezza bisogna sapere intervenire in modo giusto sul territorio e questo avviene soltanto se c’è cooperazione tra lo Stato e gli enti locali». L’analisi dell’andamento criminale serve a sindaci e prefetti per sollecitare l’impiego delle squadre di intervento rapido. «Quando abbiamo istituito questi nuclei speciali — ricorda Minniti — nessuno avrebbe scommesso sulla loro efficacia. E invece la prima missione è stata a Scampia, lì dove la guerra tra clan aveva fatto decine dimorti e da allora ci sono arrivate richieste da tutte le città che dovevano far fronte alle emergenze».
La guerra al racketI segnali positivi che arrivano dalle zone dove impera la criminalità organizzata trovano conferma a Catania. Perché nella città siciliana si registra una diminuzione tipica dei reati legati al racket che fa ben sperare in un’inversione di tendenza. Conforta che le denunce per estorsione siano scese dalle 155 del primo semestre 2007 alle 102 del secondo semestre.Ma davvero indicativo è il trend che riguarda i casi di danneggiamento e incendio doloso passati da 2.662 da gennaio a giugno a 2.545 da giugno a dicembre. «La possibilità di impiegare in modo razionale le forze dell’ordine —diceMinniti—ci consente di individuare le aree di rischio dove intervenire anche grazie alle indicazioni che arrivano dalle polizie locali. Una sinergia che serve soprattutto ad individuare le carenze. In questo modo sappiamo quali sono i luoghi dove bisogna potenziare l’illuminazione e quelli dove intensificare i sistemi di videosorveglianza, solo per fare esempi concreti di provvedimenti che contribuiscono ad aumentare il bisogno di sicurezza delle persone. La fotografia complessiva ci indica, a sei mesi dalle firme dei Patti, quali sono i settori dove si deve lavorare in maniera più decisa».
Fiorenza Sarzanini15 febbraio 2008
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