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sabato 10 ottobre 2009

INFIBULAZIONE A PROCESSO

IL CASO - L’UDIENZA PER LA PICCOLA SOTTOPOSTA A MUTILAZIONE. SCONTRO TRA GLI ESPERTI
«Infibulazione o sarà discriminata» Testimonianza-choc in tribunale
Verona, nigeriani a processo. Lo zio di una bimba: da noi è tradizione


Il processo che si svolge a Verona riguarda il caso di una bimba di pochi mesi che, per volere della adre è stata sottoposta a infibulazione (archivio)

VERONA — «Quella dell’infi bulazione è una tradizione in al­cune zone Africa, e quindi sa rebbe sbagliato colpevolizzare una madre perché, sotto la pres sione dei parenti, sottopone la figlia a questa pratica». Oppure: «In Nigeria, se una bimba non viene 'operata' viene discrimi nata ». E ancora: «Non pregiudi ca il raggiungimento del piace re ». Anzi no. «È una barbara mutilazione». Peggio ancora: «Impedisce di vivere integral­mente la propria sessualità».

Si è detto tutto e il contrario di tutto nel corso del pro­cesso a Gertrude Obaseki, 43enne nigeriana (difesa da Fa biana Treglia e Simone Berga mini), accusata di aver eseguito l’infibulazione (ovvero la muti lazione degli organi genitali femminili) su una bimba di po chi mesi e di aver tentato di fa re lo stesso su un’altra neonata. Tra gli imputati anche il padre della bambina che avrebbe do vuto essere «operata» e la mam ma di quella alla quale l’incisio ne fu invece praticata, entram bi rappresentati dagli avvocati Elisa Lorenzetto e Valentina Lombardo. Devono rispondere di violazione del secondo com ma dell’articolo 583bis che pu nisce chi «provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali fem minili da cui derivi una malat tia nel corpo e nella mente». Ri schiano dai 3 ai 7 anni di carce re.

I fatti avvennero a Verona nel 2006 e, all’epoca dell’inter vento delle forze dell’ordine, il caso fece scalpore. Fu anche il primo processo per infibulazio ne a finire in un tribunale italia no. Nel corso dell’ennesi ma udienza (si proseguirà a di cembre) sono stati sentiti alcu ni testimoni e gli esperti indica ti dalla procura e dalla difesa. Lo zio della piccola che subì l’«operazione», ha raccontato che nel 2006 ospitò per circa sei mesi la cognata. «Era incinta ha detto - e spesso parlava con suo marito al telefono. Lui le di ceva che avrebbe dovuto far operare la bimba, quando sareb be nata. Ma lei non voleva, era contraria. Lui però insisteva». E alla fine si sarebbe piegata, con­trovoglia, al volere della fami glia.

«In alcune zone della Nigeria - ha aggiunto lo zio della picco la vittima - è una tradizione an cora molto diffusa. Se non la fa, una bambina non viene accolta dal resto della comunità e i compagni la prendono di mira con scherzi». Come a dire che il bullismo contro il «diverso», è una piaga anche nelle scuole africane. Ma lì ad essere diver so è chi non subisce l’infibula zione. La questione culturale è stata tirata in ballo anche da Letizia Parolari, ginecologa di Milano che da anni collabora a un pro getto di sostegno alle mamme immigrate che mira anche a contrastare la pratica della muti lazione genitale. «Spesso le pressioni esercitate dai familia ri rimasti in Africa sono molto forti - ha spiegato l’esperta in gaggiata dai legali della difesa e, considerata la situazione del le donne in quei Paesi, è diffici le per una madre opporsi. Ad ogni modo questo intervento non pregiudica la possibilità di raggiungere il piacere durante il rapporto». Diversa la tesi sostenuta dal la procura che, attraverso gli esperti interpellati, sottolinea come «l’infibulazione è una mu tilazione che ha pregiudicato per quella bambina la possibili tà, in futuro, di vivere una ses sualità normale».

Andrea Priante
10 ottobre 2009 (da corrieredelveneto- verona)

giovedì 24 aprile 2008

COPPIA MASSACRATA

Tutto in ordine nell'abitazione: forse conoscevano l'assassino e lo hanno fatto entrare
Coppia massacrata in casa, giallo a Verona
Due anziani coniugi uccisi con colpi alla testa nella loro villa di Lugagnano di Sona. I corpi scoperti dal nipote
VERONA - Li hanno uccisi dopo averli colpiti più volte alla testa con un corpo contundente ancora non identificato. Luigi Meche e la moglie Luciana Rambaldo, due coniugi di Lugagnano di Sona, nel Veronese, rispettivamente di 60 e 57 anni, sono morti in modo atroce e violento. E, per ora, senza che vi sia un plausibile motivo.
IL RITROVAMENTO DEI CORPI - L'omicidio è avvenuto con tutta probabilità nella giornata di mercoledì, ma il loro ritrovamento è avvenuto poco prima dell'una ad opera di un nipote della coppia, che non aveva figli, che aveva deciso di raggiungere la loro abitazione dopo avere tentato per tutto il pomeriggio di mettersi in contatto con loro telefonicamente. I due, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, avevano profonde ferite al capo.
LE INDAGINI DEI CARABINIERI - Nella casa, un'elegante villa con piscina, pare che fosse tutto in ordine e quindi i carabinieri di Verona che svolgono le indagini ritengono che i due coniugi conoscessero il loro assassino e che per questo lo abbiano fatto entrare. Già nella notte i militari dell'arma, coordinati dal pm Fabrizio Celenza hanno iniziato a sentire parenti e amici delle vittime per cercare qualche elemento che possa portare ad individuare l'omicida. (DA CORRIERE.IT)

venerdì 28 dicembre 2007

VIOLENZA E RAPINA

La prende a calci e pugni, poi la violenta: arrestato un romeno
VERONA (28 dicembre) - Un ventiduenne romeno è stato fermato dai carabinieri per aver picchiato, violentato e poi rapinato una veronese di 50 anni. La vittima stava rientrando a casa a piedi quando è stata aggredita dall'uomo che l'ha trascinata di forza lontano dalla strada, in un luogo appartato. Qui l'aggressore l'ha riempita di calci e pugni per rendere la vittima inerte e la ha poi violentata ripetutamente. Quindi il giovane l'ha derubata fuggendo. La donna, sebbene malconcia, è riuscita a trascinarsi sino ad una casa e a chiedere aiuto, prima di essere portata in ospedale per essere medicata. Sulla base della descrizione dell'aggressore da lei fornito, i carabinieri di San Bonifacio hanno avviato le indagini che hanno portato, alcune ore dopo il fatto, al fermo del giovane romeno, che lavora come operaio e risiede nello stesso comune veronese. (da ilmessaggero.it)