L'EREDITÀ ALLA BASE DELLA TRAGEDIA
Rimini: uccide la nipote con la balestra
e si suicida con una freccia al torace
Lei era un avvocato di 40 anni. Lo zio ha anche tentato di far esplodere il palazzo
L'ingresso della casa dove è avvenuto il delitto (MMigliorini)RIMINI - Una balestra appesa ad un muro, un'arma quasi ornamentale, fino a ieri soltanto un pezzo di arredamento kitsch. È quella che ha ucciso Monica Anelli, avvocato di 40 anni di Rimini, che nella tarda mattinata è stata colpita a morte al collo da un dardo scoccato da quell'oggetto che le era diventato familiare e che faceva parte della collezione dello zio. Quello zio, Stefano Anelli 62 anni, da subito irreperibile e cercato dalla Squadra mobile che si è tolto la vita in auto, sulle colline riminesi, con un'altra balestra della sua collezione. La polizia l'ha trovato in serata, in località Santa Cristina, con una freccia conficcata nel torace. Come per concludere un rito assurdo, e per autoaccusarsi del delitto, aveva puntato l'arma da distanza ravvicinata contro se stesso. Monica quella balestra la vedeva ogni giorno da aprile, da quando cioè si era trasferita nel suo nuovo appartamento di viale XXIII settembre. Era appesa sul pianerottolo, proprio dove è stata uccisa, probabilmente al termine di un litigio, avvenuto mentre stava rientrando in casa da lavoro, visto che aveva ancora con sè la borsa e la ventiquattrore dove teneva i documenti della sua professione. Nel disegno dello zio, il piano era molto più ambizioso di quello che è stato attuato: dopo aver colpito la sua vittima con un dardo, fermandone il tentativo di fuga per le scale, ha infatti rotto i tubi del gas e lasciato una candela accesa. Il suo obiettivo era infatti quello di provocare un'esplosione (che avrebbe probabilmente distrutto la palazzina) per far sembrare la morte della donna un incidente domestico.
Rimini, il delitto della balestra
Monica Anelli (AnsaIl disastro è stato però sventato dai vigili del fuoco, intervenuti perché allertati dai vicini che avevano sentito odore di gas. Monica Anelli abitava in quella casa insieme al compagno, un carrozziere della zona: insieme, progettavano di avere un figlio. Nella stessa palazzina, di proprietà della famiglia, solo un altro appartamento sfitto ed uno dove viveva lo zio paterno insieme alla compagna moldava. Ingegnere molto conosciuto in città, Stefano Anelli, scrittore e pittore per hobby, da qualche tempo aveva comportamenti anomali, tali da pregiudicare anche i rapporti con i familiari. Per la Squadra mobile è diventato subito il personaggio chiave dell'omicidio. Oltre ad essere il vicino di casa e il proprietario di quella collezione d'armi antiche arricchita da balestre, è stato anche l'unico dei parenti della vittima a risultare irreperibile. Testimoni l'hanno visto allontanarsi a fine mattina sulla sua Seicento. La vittima e lo zio, secondo quanto emerso, sarebbero stati in buoni rapporti, anche se la Squadra Mobile guidata da Nicola Vitale ha cercato subito di capire, attraverso i parenti, se potessero essere emersi screzi di varia natura. I genitori di Monica, invece, si trovavano in Val d'Aosta per un breve periodo di vacanza. Erano partiti nei giorni scorsi proprio insieme con lei (seconda di tre figlie) ed al compagno. Loro, poi, erano tornati qualche giorno fa per riprendere il lavoro, lasciando i genitori a godersi la montagna. Monica, avvocato civilista, li assisteva in una causa per l'eredità della nonna che aveva creato qualche tensione in famiglia. Che gli investigatori hanno subito analizzato. (fonte: Ansa)
17 settembre 2010(ultima modifica: 18 settembre 2010)
sabato 18 settembre 2010
giovedì 16 settembre 2010
MORTE /UCCISIONE
NEL TREVIGIANO
Giallo a Conegliano, anziano ucciso
Eliseo David, 71 anni, è stato soffocato in casa. La polizia interroga moglie e figlia, che avevano denunciato di essere state aggredite nel corso di una rapina
CONEGLIANO (Treviso) - Giallo a Conegliano. Un uomo di 71 anni, Eliseo David, è stato soffocato nella propria casa. Ad avvertire la polizia sono state la moglie e la figlia (che viveva con i genitori), che hanno denunciato di essere state rapinate. Gli agenti non hanno però trovato segni di rapina e hanno portato le donne in commissariato per interrogarle. La moglie, Laura De Nardo, che fino a poco tempo fa gestiva con il marito un esercizio commerciale in centro a Conegliano, ora in via di cessione, ha raccontato agli inquirenti di essere stata immobilizzata con del nastro adesivo. Ma la testimonianza non convince del tutto tanto che prende corpo l’ipotesi di un omicidio maturato forse negli ambienti vicini alla vittima e non di una disgrazia conseguente a una rapina in casa.
LA SCENA DEL DELITTO - Nell’abitazione, sottoposta a un attento esame degli investigatori, non sarebbero stati rilevati segni che possano far pensare a un’aggressione a scopo di rapina. A un primo esame non risulta che manchino dalla casa oggetti o beni. Porte e finestre, inoltre, appaiono intatte. Secondo quanto si è appreso, David potrebbe essere deceduto a causa di un panno infilato in bocca, forse imbevuto di una sostanza chimica. Non si esclude un narcotico. Al momento, il quadro investigativo è ancora aperto e non risultano provvedimenti a carico di alcuno. (Ansa)
16 settembre 2010
Giallo a Conegliano, anziano ucciso
Eliseo David, 71 anni, è stato soffocato in casa. La polizia interroga moglie e figlia, che avevano denunciato di essere state aggredite nel corso di una rapina
CONEGLIANO (Treviso) - Giallo a Conegliano. Un uomo di 71 anni, Eliseo David, è stato soffocato nella propria casa. Ad avvertire la polizia sono state la moglie e la figlia (che viveva con i genitori), che hanno denunciato di essere state rapinate. Gli agenti non hanno però trovato segni di rapina e hanno portato le donne in commissariato per interrogarle. La moglie, Laura De Nardo, che fino a poco tempo fa gestiva con il marito un esercizio commerciale in centro a Conegliano, ora in via di cessione, ha raccontato agli inquirenti di essere stata immobilizzata con del nastro adesivo. Ma la testimonianza non convince del tutto tanto che prende corpo l’ipotesi di un omicidio maturato forse negli ambienti vicini alla vittima e non di una disgrazia conseguente a una rapina in casa.
LA SCENA DEL DELITTO - Nell’abitazione, sottoposta a un attento esame degli investigatori, non sarebbero stati rilevati segni che possano far pensare a un’aggressione a scopo di rapina. A un primo esame non risulta che manchino dalla casa oggetti o beni. Porte e finestre, inoltre, appaiono intatte. Secondo quanto si è appreso, David potrebbe essere deceduto a causa di un panno infilato in bocca, forse imbevuto di una sostanza chimica. Non si esclude un narcotico. Al momento, il quadro investigativo è ancora aperto e non risultano provvedimenti a carico di alcuno. (Ansa)
16 settembre 2010
mercoledì 15 settembre 2010
PARTO ALL'AUTOGRILL
ALL'ALTEZZA DI POMEZIA
Partorisce nell'area di servizio
Mamma e bimba gravi in ospedale
Donna dà alla luce neonata nel bagno di un distributore sulla Pontina. Massaggio cardiaco per la piccola
Il bar sulla Pontina e i due agenti che hanno prestato il primo soccorso (foto Faraglia)ROMA - Una donna ha partorito all'interno del bagno di un'area di servizio al km 27,300 della via Pontina, all'altezza di Pomezia. E' accaduto martedì intorno alle 18. In preda alle doglie, in ritardo a causa del traffico, la giovane non ha potuto evitare di mettere alla luce la figlia mentre il marito andava a parcheggiare l'auto e cercare aiuto.
La madre, una donna polacca di 30 anni e la sua bambina sono stati portate in codice rosso al Sant'Eugenio. Sul posto è intervenuta la Polizia Stradale. La donna ha avuto un'emorragia interna e anche le condizioni della neonata neonato sono molto gravi, nonostante le sia stato subito praticato un massaggio cardiaco.
BARISTA E OSTETRICA - La piccola è stata partorita con l'aiuto della signora che si trovava nel bar e che si è improvvisata ostetrica. I due agenti Antonio Iafrate e Alfredo Cirillo hanno prestato il primo soccorso, effettuando un massaggio cardiaco alla donna, appena incontrata all'interno del bagno «Eravamo in transito sulla Pontina a tre chilometri dal bar Monte D'Oro, quando ci hanno chiamato». La telefonata è stata effettuata dalla proprietaria del bar, la signora Isabella Agostinelli, che è accorsa in bagno quando ha sentito i lamenti della partoriente.
«Siamo arrivati che la signora era seduta sul water con la bambina in braccio. Abbiamo praticato immediatamente un massaggio cardiaco e una respirazione artificiale. La lingua era andata indietro e stava diventando pericolosa per il soffocamento». All'arrivo del 118, gli agenti hanno scortato l'ambulanza al Sant'Eugenio. Secondo il referto «il feto era sofferente».
Redazione online
14 settembre 2010(ultima modifica: 15 settembre 2010)
Partorisce nell'area di servizio
Mamma e bimba gravi in ospedale
Donna dà alla luce neonata nel bagno di un distributore sulla Pontina. Massaggio cardiaco per la piccola
Il bar sulla Pontina e i due agenti che hanno prestato il primo soccorso (foto Faraglia)ROMA - Una donna ha partorito all'interno del bagno di un'area di servizio al km 27,300 della via Pontina, all'altezza di Pomezia. E' accaduto martedì intorno alle 18. In preda alle doglie, in ritardo a causa del traffico, la giovane non ha potuto evitare di mettere alla luce la figlia mentre il marito andava a parcheggiare l'auto e cercare aiuto.
La madre, una donna polacca di 30 anni e la sua bambina sono stati portate in codice rosso al Sant'Eugenio. Sul posto è intervenuta la Polizia Stradale. La donna ha avuto un'emorragia interna e anche le condizioni della neonata neonato sono molto gravi, nonostante le sia stato subito praticato un massaggio cardiaco.
BARISTA E OSTETRICA - La piccola è stata partorita con l'aiuto della signora che si trovava nel bar e che si è improvvisata ostetrica. I due agenti Antonio Iafrate e Alfredo Cirillo hanno prestato il primo soccorso, effettuando un massaggio cardiaco alla donna, appena incontrata all'interno del bagno «Eravamo in transito sulla Pontina a tre chilometri dal bar Monte D'Oro, quando ci hanno chiamato». La telefonata è stata effettuata dalla proprietaria del bar, la signora Isabella Agostinelli, che è accorsa in bagno quando ha sentito i lamenti della partoriente.
«Siamo arrivati che la signora era seduta sul water con la bambina in braccio. Abbiamo praticato immediatamente un massaggio cardiaco e una respirazione artificiale. La lingua era andata indietro e stava diventando pericolosa per il soffocamento». All'arrivo del 118, gli agenti hanno scortato l'ambulanza al Sant'Eugenio. Secondo il referto «il feto era sofferente».
Redazione online
14 settembre 2010(ultima modifica: 15 settembre 2010)
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martedì 14 settembre 2010
PANETTONI E PANDORI
Verona, sequestrate 10 milioni di uova
conservate tra topi ed escrementi
Operazione dei Nas nei magazzini di una ditta
che riforniva note industrie dolciarie nazionali
MILANO - Dieci milioni e 300 mila uova, per un valore commerciale di due milioni di euro, «conservate a temperature non idonee, con percolati di uova rotte, tra insetti, roditori e relativi escrementi», sono state sequestrate dal Nas dei carabinieri in un magazzino di una ditta di Verona specializzata nella fornitura di ovoprodotti destinati a note industrie dolciarie nazionali.
LE ISPEZIONI - Oltre al magazzino, i militari di Padova hanno ispezionato anche «l'area di sgusciatura e lavorazione della ditta dove sono state riscontrate diffuse situazioni di sporcizia, risalenti alla precedente lavorazione» e hanno quindi richiesto all’Autorità sanitaria «l'inibizione all’uso dell'intera linea di lavorazione dell’azienda stessa fino all’adeguamento ai regolari criteri igienici». Il sequestro ha permesso di impedire l'eventuale utilizzo delle uova nella preparazione di sottoprodotti destinati quali ingredienti in prodotti dolciari da forno, come ad esempio i panettoni, i pandori, ma anche merendine di produzione industriale (fonte: Apcom).
conservate tra topi ed escrementi
Operazione dei Nas nei magazzini di una ditta
che riforniva note industrie dolciarie nazionali
MILANO - Dieci milioni e 300 mila uova, per un valore commerciale di due milioni di euro, «conservate a temperature non idonee, con percolati di uova rotte, tra insetti, roditori e relativi escrementi», sono state sequestrate dal Nas dei carabinieri in un magazzino di una ditta di Verona specializzata nella fornitura di ovoprodotti destinati a note industrie dolciarie nazionali.
LE ISPEZIONI - Oltre al magazzino, i militari di Padova hanno ispezionato anche «l'area di sgusciatura e lavorazione della ditta dove sono state riscontrate diffuse situazioni di sporcizia, risalenti alla precedente lavorazione» e hanno quindi richiesto all’Autorità sanitaria «l'inibizione all’uso dell'intera linea di lavorazione dell’azienda stessa fino all’adeguamento ai regolari criteri igienici». Il sequestro ha permesso di impedire l'eventuale utilizzo delle uova nella preparazione di sottoprodotti destinati quali ingredienti in prodotti dolciari da forno, come ad esempio i panettoni, i pandori, ma anche merendine di produzione industriale (fonte: Apcom).
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domenica 12 settembre 2010
violenza carnale
Una 29enne violentata il 25 agosto scorso a Casoria: all'alba di sabato cinque giovani tra i 20 e i 23 anni (tra loro sia studenti che lavoratori) sono stati arrestati tra Casoria e Afragola, comuni del napoletano. I protagonisti della vicenda, la vittima e gli aguzzini, sono tutti del Napoletano. La vicenda si sonada in due tempi: in una prima fase la giovane conosce, nelle notti della movida napoletana, un ragazzo più giovane di lei. Si fida e va a un secondo appuntamento. Il ragazzo va a prenderla con una Smart e a sua insaputa la porta in un luogo appartato dove sono in attesa quattro amici. È nella vettura che avvengono le violenze. Poi viene abbandonata sul ciglio di una strada. La 29enne viene portata all'ospedale Cardarelli di Napoli e curata. Poi la denuncia ai carabinieri e l'avvio delle indagini. La vittima fornisce delle indicazioni agli investigatori utili alle indagini: il tipo di macchina, la fisionomia dei cinque in particolar modo del ragazzo che aveva conosciuto e con il quale si era vista due volte. In 15 giorni di indagini i carabinieri identificano i presunti autori dell'odiosa violenza. I cinque indagati per violenza sessuale e sequestro di persona sono stati rinchiusi nel carcere di Poggioreale. Prima di allora non avevano mai avuto problemi della giustizia.
martedì 7 settembre 2010
ILLEGALITA' E CRIMINALITA'
Ieri ho spedito alla CEDAM la prima stesura di quest'opera. Speriamo bene.
venerdì 18 giugno 2010
PERCHE E' MORTO?
Cucchi, rinvio a giudizio per 13 persone
tra medici infermieri e agenti penitenziari
I reati vanno dalle lesioni aggravate, all'abuso di autorità, falso ideologico, abbandono di incapace
NOTIZIE CORRELATE
Giallo per la morte di un geometra dopo l'arresto (27 ottobre '09)
Caso Cucchi, la sorella Ilaria accusa l'ospedale (2 novembre '09)
Cucchi, ricostruita la notte dell'arresto (6 novembre '09)
I sette punti critici per la Commissione d'inchiesta parlamentare (17 marzo '10)
Stefano CucchiROMA - La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 tra medici, infermieri e agenti penitenziari accusati di aver provocato la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni deceduto il 22 ottobre scorso nell'ospedale Sandro Pertini, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga.
CHI SONO - La richiesta è stata firmata oggi dai pm Vincenzo Barba e Francesca Maria Loy. Sotto processo rischiano di finire sei medici, Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario del Sandro Pertini, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite e Rosita Caponetti; gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe; gli agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria Claudio Marchiandi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni aggravate all'abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all'abuso d'ufficio, dall'abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d'ufficio, fino al favoreggiamento ed all'omissione di referto. Sulle richieste si pronuncerà il gup Rosalba Liso.
I TRE AGENTI - I tre agenti, secondo il capo d’imputazione, «abusavano dei poteri inerenti alla qualità di appartenenti alla polizia penitenziaria, quali preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza del tribunale penale di Roma, adibite alla custodia temporanea degli arrestati in flagranza di reato in attesa dell’udienza di convalida, spingendo e colpendo con dei calci Cucchi, che ivi si trovava in quanto arrestato». Secondo i pm «lo facevano cadere a terra e gli cagionavano lesioni personali, consistite in ’politraumatismo ematoma in regione sopracillare sinistra, escoriazioni sul dorso delle mani, lesioni escoriate in regione para-rotulea bilateralmente cinque lesioni escoriate ricoperte da crosta ematica in corrispondenza della cresta tibiale sinistra, altre piccole escoriazioni a livello lombare para-sacrale superiormente e del gluteo destro, ed infrazione della quarta vertebra sacrale’, dalle quali derivava una malattia della durata compresa tra 20 e 40 giorni».
MEDICI E INFERMIERI - Abbandono di persone incapaci aggravato dalla morte, secondo l’articolo 591 del codice penale. E’ questo il reato contestato a 6 medici e tre infermieri dell’ospedale «Sandro Pertini», dove fu ricoverato Cucchi. La fattispecie è contestata ad Aldo Fierro, dirigente medico di secondo livello e direttore della struttura complessa di medicina protetta, ai dirigenti medici di primo livello Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi e Preite De Marchis. Medesima accusa anche per i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. I sanitari, in concorso tra loro, secondo gli inquirenti della Procura di Roma, «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione ed adattabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei ad evitare il decesso del paziente».
L'AVVOCATO DI FAMIGLIA - «Sono soddisfatto per la richiesta di rinvio a giudizio per i 13 indagati perché finalmente si apre il processo e ci sarà data la possibilità di esercitare tutte le prerogative che lo Stato ci concede. Anzi, possiamo dire che adesso, finalmente, si comincia». Lo dice l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi sul caso di Stefano, il giovane di 31 anni morto il 22 ottobre scorso durante un suo arresto per droga. «Presenteremo una memoria al processo per ipotizzare l'omicidio preterintenzionale a carico degli agenti - continua Anselmo - continuiamo a credere che senza le percosse Stefano non sarebbe morto. Se fosse morto soltanto per l'imperizia dei medici, allora cosa vuol dire, che si sarebbe sentito male pure a casa sua?».
tra medici infermieri e agenti penitenziari
I reati vanno dalle lesioni aggravate, all'abuso di autorità, falso ideologico, abbandono di incapace
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Stefano CucchiROMA - La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 tra medici, infermieri e agenti penitenziari accusati di aver provocato la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni deceduto il 22 ottobre scorso nell'ospedale Sandro Pertini, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga.
CHI SONO - La richiesta è stata firmata oggi dai pm Vincenzo Barba e Francesca Maria Loy. Sotto processo rischiano di finire sei medici, Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario del Sandro Pertini, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite e Rosita Caponetti; gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe; gli agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria Claudio Marchiandi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni aggravate all'abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all'abuso d'ufficio, dall'abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d'ufficio, fino al favoreggiamento ed all'omissione di referto. Sulle richieste si pronuncerà il gup Rosalba Liso.
I TRE AGENTI - I tre agenti, secondo il capo d’imputazione, «abusavano dei poteri inerenti alla qualità di appartenenti alla polizia penitenziaria, quali preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza del tribunale penale di Roma, adibite alla custodia temporanea degli arrestati in flagranza di reato in attesa dell’udienza di convalida, spingendo e colpendo con dei calci Cucchi, che ivi si trovava in quanto arrestato». Secondo i pm «lo facevano cadere a terra e gli cagionavano lesioni personali, consistite in ’politraumatismo ematoma in regione sopracillare sinistra, escoriazioni sul dorso delle mani, lesioni escoriate in regione para-rotulea bilateralmente cinque lesioni escoriate ricoperte da crosta ematica in corrispondenza della cresta tibiale sinistra, altre piccole escoriazioni a livello lombare para-sacrale superiormente e del gluteo destro, ed infrazione della quarta vertebra sacrale’, dalle quali derivava una malattia della durata compresa tra 20 e 40 giorni».
MEDICI E INFERMIERI - Abbandono di persone incapaci aggravato dalla morte, secondo l’articolo 591 del codice penale. E’ questo il reato contestato a 6 medici e tre infermieri dell’ospedale «Sandro Pertini», dove fu ricoverato Cucchi. La fattispecie è contestata ad Aldo Fierro, dirigente medico di secondo livello e direttore della struttura complessa di medicina protetta, ai dirigenti medici di primo livello Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi e Preite De Marchis. Medesima accusa anche per i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. I sanitari, in concorso tra loro, secondo gli inquirenti della Procura di Roma, «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione ed adattabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei ad evitare il decesso del paziente».
L'AVVOCATO DI FAMIGLIA - «Sono soddisfatto per la richiesta di rinvio a giudizio per i 13 indagati perché finalmente si apre il processo e ci sarà data la possibilità di esercitare tutte le prerogative che lo Stato ci concede. Anzi, possiamo dire che adesso, finalmente, si comincia». Lo dice l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi sul caso di Stefano, il giovane di 31 anni morto il 22 ottobre scorso durante un suo arresto per droga. «Presenteremo una memoria al processo per ipotizzare l'omicidio preterintenzionale a carico degli agenti - continua Anselmo - continuiamo a credere che senza le percosse Stefano non sarebbe morto. Se fosse morto soltanto per l'imperizia dei medici, allora cosa vuol dire, che si sarebbe sentito male pure a casa sua?».
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