Valle dell’Irno
Porta 11enne nel campo e lo violenta
Arrestato un pregiudicato di 30 anni
L'uomo ha lanciato un pallone in un terreno per fare allontanare il ragazzino dai suoi amici e lo ha aggredito
SALERNO - Gli ha lanciato il pallone in un terreno poco distante per farlo allontanare dai suoi amici e poi quando lo ha visto da solo nel campo lo ha aggredito e violentato. Un pregiudicato di 30 anni scappato da un centro per tossicodipendenti, del quale non sono state rese note le generalità, è stato arrestato in un comune della Valle dell’Irno con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di un minorenne. Ad eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono stati i carabinieri di Mercato San Severino e gli agenti della questura di Salerno.
L'AGGRESSIONE - La violenza sessuale sarebbe avvenuta lo scorso 7 aprile ai danni di un bambino di 11 anni. Il ragazzino, mentre giocava a calcio su un campetto nei pressi di una chiesa assieme ad un coetaneo, è stato avvicinato da uno sconosciuto che aveva lanciato volutamente il pallone in un terreno adiacente. Qui il pregiudicato, dopo avergli tappato la bocca con le mani, lo ha costretto a subire atti sessuali. Il bambino è riuscito a divincolarsi ed a scappare, avvisando dell’accaduto il suo amichetto ed alcuni passanti. Subito dopo è stato accompagnato dai genitori all’ ospedale di Salerno. Dalle indagini è emerso che il pregiudicato - che era agli arresti domiciliari - si era allontanato da una comunità per tossicodipendenti che si trova in una struttura adiacente al campetto di calcio. I posti di blocco e le ricerche delle forze dell’ ordine carabinieri hanno il trentenne a costituirsi la sera stessa negli uffici della questura del capoluogo. All’uomo è stata contestata anche l’accusa di evasione dagli arresti domiciliari.
14 aprile 2011(ultima modifica: 15 aprile 2011)
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sabato 16 aprile 2011
martedì 7 luglio 2009
ERRORE TRASFUSIONALE
ALL'OSPEDALE «SAN GIOVANNI DI DIO E RUGGI D’ARAGONA » DI SALERNO
Morto per una trasfusione: la sacca
era di un paziente con lo stesso cognome
Incredibile caso di omonimia dietro il decesso di un settantacinquenne. Aperte due inchieste, 17 «iscritti»
L'ospedale di Salerno
SALERNO — A Gerardo Fasolino, il settantacinquenne di Marina di Camerota, morto lo scorso 2 luglio all’ospedale «San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona» durante una trasfu sione, è stato iniettato sangue incompatibile con il proprio. Ci sarebbe stato un errore di omonimia sulla sacca di sangue prelevata prima della trasfusione. A Gerardo Fasolino sareb be stato iniettato sangue compatibile in realtà con un altro uomo ricoverato nel reparto di cardiochirurgia che ha lo stes so cognome dell’anziano. Per i risultati dell’autopsia, eseguita ieri mattina dal medi co legale Giovanni Zotti (a cui ha assistito anche il medico legale della famiglia, Giuseppe Raimo), bisognerà attendere almeno un paio di settimane.
E molto probabilmente i funerali si terranno stamat tina. Ma dopo l’esame autopti co si comincia a fare più chia rezza sulle cause che hanno de terminato il decesso improvvi so. Offrendo, così, sia alla magi stratura salernitana che alla di rezione generale (che ha nomi nato una commissione per un’inchiesta interna) maggiori elementi per accertare eventua li responsabilità del personale ospedaliero che quel giorno era in servizio presso l’azienda. Il pubblico ministero del Tribuna le di Salerno, Marinella Gugliel motti, che sta indagando sul ca so, ha iscritto 17 persone nel re gistro degli indagati. Nelle ma glie della magistratura sono fi niti medici e infermieri della seconda divisione di ortopedia e del centro trasfusionale, oltre agli anestesisti.
Ma nulla esclude che dopo i risultati degli esami istologici, le indagini possano prendere un’altra piega e chiudere il cerchio intor no a poche persone. Qualora l’autopsia dovesse confermare che ad uccidere Gerardo Fasolino sia stato un gruppo sangui gno incompatibile con il proprio, allora l’inchiesta giudizia ria si concentrerebbe su chi, la sera del 2 luglio scorso, sia entrato nell’emoteca, dove vengono conservate le sacche di sangue, per prelevare quella che sarebbe poi servita per la trasfusione. Se l’indagine giudiziaria segue il suo corso, an che l’inchiesta interna avviata dalla direzione generale del l’azienda ospedaliera non si ferma. Subito dopo la tragedia è stata nominata una commissione con il compito di accertare eventuali responsabilità mediche. Ieri mattina, nei corridoi del Ruggi si vociferava di un provvedimento di sospensione emesso dal direttore generale Attilio Bianchi nei confronti di medici ed infermieri dei reparti sotto accusa. Indiscrezione che, già nel pomeriggio, sono state smentite.
Angela Cappetta (da corriere.it)
07 luglio 2009
Morto per una trasfusione: la sacca
era di un paziente con lo stesso cognome
Incredibile caso di omonimia dietro il decesso di un settantacinquenne. Aperte due inchieste, 17 «iscritti»
L'ospedale di Salerno
SALERNO — A Gerardo Fasolino, il settantacinquenne di Marina di Camerota, morto lo scorso 2 luglio all’ospedale «San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona» durante una trasfu sione, è stato iniettato sangue incompatibile con il proprio. Ci sarebbe stato un errore di omonimia sulla sacca di sangue prelevata prima della trasfusione. A Gerardo Fasolino sareb be stato iniettato sangue compatibile in realtà con un altro uomo ricoverato nel reparto di cardiochirurgia che ha lo stes so cognome dell’anziano. Per i risultati dell’autopsia, eseguita ieri mattina dal medi co legale Giovanni Zotti (a cui ha assistito anche il medico legale della famiglia, Giuseppe Raimo), bisognerà attendere almeno un paio di settimane.
E molto probabilmente i funerali si terranno stamat tina. Ma dopo l’esame autopti co si comincia a fare più chia rezza sulle cause che hanno de terminato il decesso improvvi so. Offrendo, così, sia alla magi stratura salernitana che alla di rezione generale (che ha nomi nato una commissione per un’inchiesta interna) maggiori elementi per accertare eventua li responsabilità del personale ospedaliero che quel giorno era in servizio presso l’azienda. Il pubblico ministero del Tribuna le di Salerno, Marinella Gugliel motti, che sta indagando sul ca so, ha iscritto 17 persone nel re gistro degli indagati. Nelle ma glie della magistratura sono fi niti medici e infermieri della seconda divisione di ortopedia e del centro trasfusionale, oltre agli anestesisti.
Ma nulla esclude che dopo i risultati degli esami istologici, le indagini possano prendere un’altra piega e chiudere il cerchio intor no a poche persone. Qualora l’autopsia dovesse confermare che ad uccidere Gerardo Fasolino sia stato un gruppo sangui gno incompatibile con il proprio, allora l’inchiesta giudizia ria si concentrerebbe su chi, la sera del 2 luglio scorso, sia entrato nell’emoteca, dove vengono conservate le sacche di sangue, per prelevare quella che sarebbe poi servita per la trasfusione. Se l’indagine giudiziaria segue il suo corso, an che l’inchiesta interna avviata dalla direzione generale del l’azienda ospedaliera non si ferma. Subito dopo la tragedia è stata nominata una commissione con il compito di accertare eventuali responsabilità mediche. Ieri mattina, nei corridoi del Ruggi si vociferava di un provvedimento di sospensione emesso dal direttore generale Attilio Bianchi nei confronti di medici ed infermieri dei reparti sotto accusa. Indiscrezione che, già nel pomeriggio, sono state smentite.
Angela Cappetta (da corriere.it)
07 luglio 2009
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martedì 25 marzo 2008
NUOVI SCHIAVI
Salerno: il circo degli orrori, ragazze costrette in vasca con i piranha
Arrestati i tre gestori che avevano ridotto in schiavitù una famiglia bulgara
William Ingrassia (Tanopress)SALERNO - Potremmo definirlo il circo degli orrori. Dove alcune ragazze venivano intimidite e violentate e poi terrorizzate costringendole ad affrontare animali pericolosi. Era stata costretta ad immergersi in una vasca trasparente di acqua gelida, nella quale nuotavano pesci piranha, una diciannovenne bulgara salvata dai carabinieri insieme con la sua famiglia a Petina (Salerno) dopo mesi di riduzione in schiavitù per mano di tre gestori di un circo arrestati dai militari di Eboli. A finire in manette Enrico Raffaele Ingrassia, 57 anni, il figlio William, 33 anni, entrambi di Santa Croce di Magliano in provincia di Campobasso e il genero Gaetano Belfiore, 25 anni, di Lucera (Foggia), tutti titolari del circo «Marino». I deferiti in stato di libertà sono S.I., 27 anni, e due cittadine bulgare. Le indagini, condotte dai militari e coordinate dal pm Mariella De Masellis, della Direzione distrettuale antimafia di Salerno, hanno consentito di liberare una famiglia di bulgari composta dai genitori e da due figlie, una di 19 anni e l'altra di 16 anni, che, dall'inizio del 2008, erano secondo l'accusa in uno stato di costante riduzione in schiavitù.
NELLA VASCA CON I PIRANHA - Secondo i carabinieri entrambe le ragazze erano sottoposte a torture. Una di esse era quella della vasca: se la ragazza tentava di emergere da una vasca d'acqua piena di piranha veniva costretta con una mano al capo da Enrico Ingrassia, uno degli arrestati, a rimanere sotto l'acqua. La sorella della giovane, di 16 anni, invece, era costretta a stare in un invaso mentre le si rovesciavano addosso rettili e anche una tarantola. Durante uno spettacolo sarebbe stata morsa da un serpente. Con minacce, inoltre, la famiglia di bulgari era costretta a svolgere turni massacranti di lavoro per 15-20 ore al giorno, ricevendo soltanto 100 euro alla settimana, rispetto ai 480 pattuiti. La famiglia viveva in condizioni disumane e di completo assoggettamento, in due cassoni di autocarro. Analoghe vessazioni erano praticate su altre persone provenienti dall'Europa dell'Est, riuscite a sottrarsi agli aguzzini. La famiglia bulgara è stata trasferita in una struttura protetta.
Arrestati i tre gestori che avevano ridotto in schiavitù una famiglia bulgara
William Ingrassia (Tanopress)SALERNO - Potremmo definirlo il circo degli orrori. Dove alcune ragazze venivano intimidite e violentate e poi terrorizzate costringendole ad affrontare animali pericolosi. Era stata costretta ad immergersi in una vasca trasparente di acqua gelida, nella quale nuotavano pesci piranha, una diciannovenne bulgara salvata dai carabinieri insieme con la sua famiglia a Petina (Salerno) dopo mesi di riduzione in schiavitù per mano di tre gestori di un circo arrestati dai militari di Eboli. A finire in manette Enrico Raffaele Ingrassia, 57 anni, il figlio William, 33 anni, entrambi di Santa Croce di Magliano in provincia di Campobasso e il genero Gaetano Belfiore, 25 anni, di Lucera (Foggia), tutti titolari del circo «Marino». I deferiti in stato di libertà sono S.I., 27 anni, e due cittadine bulgare. Le indagini, condotte dai militari e coordinate dal pm Mariella De Masellis, della Direzione distrettuale antimafia di Salerno, hanno consentito di liberare una famiglia di bulgari composta dai genitori e da due figlie, una di 19 anni e l'altra di 16 anni, che, dall'inizio del 2008, erano secondo l'accusa in uno stato di costante riduzione in schiavitù.
NELLA VASCA CON I PIRANHA - Secondo i carabinieri entrambe le ragazze erano sottoposte a torture. Una di esse era quella della vasca: se la ragazza tentava di emergere da una vasca d'acqua piena di piranha veniva costretta con una mano al capo da Enrico Ingrassia, uno degli arrestati, a rimanere sotto l'acqua. La sorella della giovane, di 16 anni, invece, era costretta a stare in un invaso mentre le si rovesciavano addosso rettili e anche una tarantola. Durante uno spettacolo sarebbe stata morsa da un serpente. Con minacce, inoltre, la famiglia di bulgari era costretta a svolgere turni massacranti di lavoro per 15-20 ore al giorno, ricevendo soltanto 100 euro alla settimana, rispetto ai 480 pattuiti. La famiglia viveva in condizioni disumane e di completo assoggettamento, in due cassoni di autocarro. Analoghe vessazioni erano praticate su altre persone provenienti dall'Europa dell'Est, riuscite a sottrarsi agli aguzzini. La famiglia bulgara è stata trasferita in una struttura protetta.
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