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venerdì 10 aprile 2009

SCATOLA NERA

giovedì 09 aprile 2009, 07:00
Nelle sale operatorie degli ospedali laziali arriva la scatola nera
di Giuseppe Taccini
ilGiornale.it
Camici bianchi, niente paura. L’introduzione della scatola nera in sala operatoria, in discussione al Consiglio regionale del Lazio, è quanto di più lontano dall’essere una sorta di «grande fratello» che controlla l’operato dei chirurghi.
Piuttosto si tratta di «un supporto utile al lavoro dell’équipe medica» e «un mezzo per evitare errori e rischi». Parola del consigliere del Pdl, Erder Mazzocchi, firmatario unico della proposta di legge regionale numero 475 del 30 marzo 2009.
Quali cambiamenti andranno a rivoluzionare i meccanismi operatori di tutte le strutture sanitarie del Lazio se la Pisana dovesse dare il via libera al provvedimento? Presto detto. «La medicina non è una scienza esatta e c’è sempre un margine di errore insopprimibile, legato all’essere umano, l’importante è capire perché si è sbagliato ed evitare che quell’errore si ripeta» è la premessa di Mazzocchi.
Veniamo ora alle funzioni del nuovo strumento. «Con la scatola nera sarà possibile effettuare un’analisi dettagliata su eventi avversi o inattesi intra-operatori e un’analisi a posteriori - si legge nella proposta - tramite una comparazione degli interventi omogenei, per quanto concerne il presentarsi di eventi avversi, per poter scegliere le strategie anestesiologiche e chirurgiche più adeguate al caso».
Il nuovo apparecchio, che effettuerà videoregistrazioni sincronizzate degli atti dell’èquipe chirurgica e dei parametri vitali del paziente solo con telecamere ambientali a tutela della privacy, avrà soprattutto finalità scientifiche e didattiche, permettendo quindi il controllo qualità sul quadro clinico.
Ma non solo. Servirà anche a valutare eventi di danno sospetto, previo provvedimento dell’autorità giudiziaria. Negli ultimi anni parenti e ammalati si rivolgono sempre più spesso a studi legali o associazioni che si occupano di malasanità per gridare la propria rabbia per veri o presunti danni medici subiti. Il filmato completo, che permette di controllare ciò che fa il chirurgo e contemporaneamente ciò che accade nel corpo del paziente, direbbe la verità anche in tal caso.
«La scatola nera da un lato rappresenterebbe una sicurezza per il paziente poiché l’intervento sarebbe completamente monitorato - spiega il consigliere regionale del Pdl -. Dall’altro servirebbe a evitare richieste di risarcimento danni nei confronti delle strutture sanitarie in caso di denunce senza fondato motivo».
I medici, ove chiamati in giudizio per risarcire i danni patiti dal paziente, devono poter contare su un’adeguata difesa medico-legale per dimostrare al giudice l’impossibilità di prevenire l’evento dannoso. In questi casi, questa nuova strategia potrebbe risultare una soluzione decisiva nella controversia.
Lo strumento sarà gestito esclusivamente da personale autorizzato, individuato da un’apposita commissione tecnica nominata dalla giunta regionale. I file verranno conservati in un server di ciascuna azienda sanitaria locale di competenza, mentre i dati registrati dal sistema saranno raccolti in un archivio informatico su cui vigilerà il direttore sanitario.
«L'introduzione di questa innovazione, pur gravando sul bilancio regionale in modo non lieve, deve essere vista non come una semplice spesa ma come un investimento» conclude Mazzocchi. La cosa che a questo punto ci si domanda è se per ottenere una copia della registrazione in caso di necessità, il paziente debba attendere mesi e mesi come spesso avviene in alcune strutture sanitarie quando si richiede una cartella clinica.

venerdì 19 dicembre 2008

MEDICINA DIFENSIVA

(ASCA) - Roma, 19 dic - Paura di contenziosi legali, paura di eventi imprevisti nel corso dell'atto medico pericolosi per il paziente, paura di curare pazienti ''difficili'': il 77,9% dei medici italiani, come i colleghi d'oltre oceano, lavora sotto la scure del rischio di controversie legali medico-paziente e praticano la medicina difensiva. E' quanto emerso da un'indagine promossa dalla Societa' Italiana di Chirurgia (Sic), coordinata dai professori Gabrio Forti, Ordinario di Diritto penale e Criminologia presso la Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' Cattolica del S.C. di Milano, Direttore del Centro Studi ''Federico Stella'' sulla Giustizia penale e la Politica criminale, Maurizio Catino, Associato di Sociologia dell'organizzazione presso la Facolta' di Sociologia dell'Universita' di Milano - Bicocca, Condirettore della rivista ''Studi Organizzativi'', e condotta dall'avvocato Paola Cattorini e dalla dottoressa Chiara Locatelli. Dall'indagine e' emerso che, tra i medici che hanno assunto una condotta difensiva durante l'ultimo mese di lavoro, l'82,8% ha inserito in cartella clinica annotazioni evitabili, il 69,8% ha proposto il ricovero di un paziente gestibile ambulatorialmente, il 61,3% ha prescritto un numero maggiore di esami diagnostici rispetto a quello necessario, il 58,6% ha richiesto un consulto non necessario di altri specialisti ed infine il 26,2% ha escluso pazienti a ''rischio'' da alcuni trattamenti. Ad avere piu' paura sono i medici piu' giovani che dichiarano in misura maggiore di adottare comportamenti difensivi: la percentuale di coloro che ammette di ricorrere ad atteggiamenti difensivi raggiunge il 92,3% all'interno della classe di soggetti che hanno tra i 32 e i 42 anni di eta', contro il 67,4% dei soggetti aventi tra i 63 e i 72 anni. ''Preoccupata dal possibile evolversi del fenomeno della medicina difensiva nel nostro paese e del rischio ad esso connesso in termini di qualita' di cura - ha spiegato il presidente Sic Enrico De Antoni - la Societa' di Chirurgia ha commissionato questa ricerca all'Universita' Cattolica. Il pericolo e' che si arrivi a una chirurgia finalizzata a ridurre il rischio contenzioso piuttosto che a curare il paziente in modo ottimale''.

mercoledì 23 aprile 2008

CALABRIA

Sanità in Calabria, irregolarità in 36 strutture su 39

CATANZARO (23 aprile) - Manca una rete d'emergenza per cui il posto letto per un paziente che deve essere trasferito viene cercato dai medici al telefono, l'attività libero professionale è senza regole tanto da arrivare a un'evasione del 90 per cento, mentre alcuni dei direttori generali delle Asl sono nominati senza averne i requisiti: sono solo alcuni de mali della sanità calabrese. Su 39 strutture ben 36 presentano irregolarità. È quanto emerge dal rapporto della commissione d'indagine nominata dal Ministro della Sanità, Livia Turco, e presieduta prima dal prefetto Achille Serra e poi da Silvana Riccio. I contenuti della relazione sono stati pubblicati stamani dai quotidiani Il Sole 24 Ore e Calabria Ora. Dalla relazione emerge anche che nelle 63 strutture sanitarie verificate 38 hanno mostrato problemi. E su tutte le sei case di cura private calabrese messe sotto osservazione sono stati fatti rilievi. «Il rapporto parla di metodologia dell'inefficienza elevata a sistema: dove gli attori sono il governo regionale, quello delle aziende sanitarie, l'inadeguatezza delle strutture, la disorganizzazione e la scarsa professionalità». Per uscire dalla situazione trovata la commissione raccomanda di mettere al primo posto il ripristino della legalità. Le 102 verifiche dei carabinieri dei Nas, dal gennaio 2004 al marzo 2008, non hanno inciso sulla situazione, così come avrebbero dovuto. Ci sono poi 900 milioni di deficit; la sanità privata in Calabria è tutta convenzionata con il servizio sanitario nazionale: ma, in una situazione definita di generale impunità dalla commissione, si assiste a un altrettanto generale inattendibilità dei dati contabili.

sabato 2 febbraio 2008

OSPEDALI

OSPEDALI IN CAMPANIA
GLI OSPEDALI DELLA CAMPANIA NON STANNO MOLTO MEGLIO DI QUELLI DELLA CALABRIA. LEGGI QUESTO ARTICOLO DEL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/cronache/articoli/2008/02_Febbraio/01/santobono_carenze_struttura.shtml
CHE COSA POSSIAMO FARE? LEGGI ANCHE LA TABELLA DEI GUAI SECONDO I NAS CHE HANNO SVOLTO UN'INDAGINE DURATA UN ANNO SU TUTTI GLI OSPEDALI DELLA CAMPANIA. IL FATTO E' CHE LA SANITA' E' DIVENTATA UN BUSINESS MOLTO APPREZZATO DALLA CAMORRA.

LA SANITA' DELLE COSCHE IN CALABRIA
QUESTO ARTICOLO DI ATTILIO BOLZONI SU REPUBBLICA.IT E' SEMPLICEMENTE AGGHIACCIANTE. http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/denunce-vibo/tangenti-paura/tangenti-paura.html
C'E' UN BLOGGER CALABRESE CHE MI POSSA DIRE CHE NON E' VERO QUELLO CHE BOLZONI SCRIVE? SI PUO' IMMAGINARE UN QUALCHE RIMEDIO? DOBBIAMO MANDARE UN ALTRO PREFETTO MORI? O ESPELLERE LA CALABRIA DALLO STATO?

SI PUO' FARE QUALCOSA? POLICLINICO UMBERTO I°
Scantinati del Policlinico come deposito per la merce degli ambulanti abusivi (da ilmessaggero.it)
ROMA (1 febbraio) – Hanno scelto come deposito della loro merce gli scantinati del Policlinico. I venditori ambulanti abusivi hanno occupato alcuni spazi dell'Umberto I per gestire il loro commercio sulle strade adiacenti all'ospedale. Lo rivela oggi Il Messagerocon foto che mostrano gli abusivi mentre, sotto gli occhi di tutti, fanno avanti e dietro per nascondere e ritirare mercanzie e banchetti di cartone nel loro magazzino privato all'interno del Policlinico. Cartoni e banchetti degli ambulanti sono presenti in particolare nello scantinato del pronto soccorso pediatrico sottolineando che «il viavai dei venditori, soprattutto del Bangladesh, è senza sosta e avviene sotto gli occhi della vigilanza». «Purtroppo è quasi impossibile arginare questo fenomeno», dice un dipendente del Policlinico che vuole mantenere l'anonimato. «È assurdo - riferiscono alcune persone intervistate mentre si recavano in ospedale costretti ad attraversare via Regina Elena a mezzogiorno tra bazar e magazzini - che per entrare in un ospedale una persona sia costretta al senso alternato sul marciapiede. Purtroppo ormai in queste ore c'è sempre il pienone di venditori ambulanti abusivi».
Tanti anni fa, trovandomi nell'ospedale di una città di media grandezza, vidi che il corridoio che portava al bar interno era occupato da venditori di tappeti, che avevano sciorinato la loro merce sul pavimento. Andai di filato dal Direttore sanitario, e dal giorno dopo i venditori di tappeti non si sono più visti.
Tanti anni fa, trovandomi nel nuovissimo e bellissimo ospedale di una grande città, già capitale di un regno, vidi che l'ingresso era occupato da venditori di tappeti, che nei corridoi giravano liberamente e senza nascondersi i contrabbandieri di sigarette, e nelle stanze dei malati giravano spacciatori di droga. Andai di filato dal Direttore sanitario, questi allargò sconsolato le braccia e nulla cambiò.

sabato 29 dicembre 2007

MORTO DI FREDDO IN OSPEDALE

dalla gazzetta del mezzogiorno del 28 dicembre

Muore di freddo in ospedale istituita commissione d'indagine
Creata su istanza della Direzione Generale della Asl Bat. Verificherà le cause del decesso di Salah Bensadah. Il marocchino di 43 anni residente ad Andria (Bari), è morto lo scorso 20 dicembre nella clinica di Spinazzola dove era giunto in coma dopo essere rimasto per circa dieci ore nel pronto soccorso del «Bonomo» di Andria
BARI – La direzione generale della Asl Bat ha istituito una commissione di indagine, che ha già compiuto alcuni accertamenti, per verificare le cause del decesso di Salah Bensadah, il marocchino di 43 anni morto all’alba del 20 dicembre scorso nell’ospedale di Spinazzola (Bari) dove era giunto in coma dopo essere rimasto per circa dieci ore nel pronto soccorso del «Bonomo» di Andria dove non sarebbe stato adeguatamente curato. Per la sua morte sono indagate sei persone: cinque medici dell’ospedale di Andria e uno dell’ospedale di Spinazzola. “Ferma restando la volontà della direzione generale di chiarire quanto accaduto proprio attraverso le indagini della commissione – è detto in una nota della direzione generale della Asl – dai primi accertamenti effettuati risulta che non c'è stata interruzione di assistenza tra l’arrivo dell’uomo all’ospedale di Andria e il successivo trasferimento all’ospedale di Spinazzola”. “L'uomo, che durante il giorno è stato sottoposto più volte a controlli e indagini emato-chimiche e strumentali – è detto ancora – si è allontanato diverse volte volontariamente dal pronto soccorso”. “Alle 22 del 19 dicembre constatata una ipoglicemia non presente nei controlli effettuati durante il giorno – conclude la nota – il paziente è stato stabilizzato e trasferito nel reparto di Medicina Generale di Spinazzola”. La commissione d’inchiesta è stata istituita con delibera del 24 dicembre scorso. Ne fanno parte il direttore sanitario della Asl della sesta provincia, Nicola Silvestri, Francesco Vinci, professore associato di medicina legale presso l'Università di Bari e Vito Procacci, direttore della struttura complessa di accettazione e pronto soccorso degli ospedali Riuniti di Foggia.28/12/2007
Caro Nicola e caro Francesco, se mi leggete fatemi sapere quello che è successo. Questo blog è a vostra disposizione.

giovedì 11 ottobre 2007

CLOSTRIDIUM DIFFICILE

http://www.guardian.co.uk/uklatest/story/0,,-6988063,00.html
Spesso affermo pubblicamente che gli ospedali debbono essere puliti, disinfestati e disinfettati, e che medici e infermieri si debbono lavare le mani, fra una visita e l'altra, e che i pazienti debbono essere tenuti puliti. L'inosservanza delle norme igieniche porta ad infezioni, talora a carattere epidemico. Le infezioni nosocomiali debbono essere tenute sotto controllo, alternativamente possono verificarsi casi di morte, attribuibili a negligenza, soprattutto da parte degli amministratori degli ospedali. Nel Regno Unito, alcuni ospedali sono stati colpiti dal Cl. difficile, e i morti sono stati 90. Medici e amministratori sono, per il momento, sotto inchiesta. Leggi dal Guardian la cronaca.