venerdì 18 aprile 2008

NUOVI SCHIAVI

18/4/2008 (7:22) - REPORTAGE, LE PIU' BELLE IN EUROPA, ANCHE IN ITALIA, LE ALTRE SUL "MERCARTO" LOCALE
Le nuove schiave del Paraguay
Sono 10.000 le donne che ogni anno finiscono in questa rete

Nella capitale della tratta delle bianche: migliaia di donne rapite e costrette a vendersi
EMILIANO GUANELLA
ASUNCION DEL PARAGUAYSabrina T. ha 24 anni, pochi soldi in tasca e due figli da mantenere quando una cugina di Asuncion le racconta come fare per svoltare vita: un lavoro sicuro in Spagna come impiegata domestica, settecento euro più vitto e alloggio, quanto basta per mettere insieme, nel giro di un anno, il denaro sufficiente per tornare in Paraguay e iniziare un’attività in proprio. Spuntano due persone che hanno già pronto per lei il biglietto aereo per Madrid, una borsa con 500 euro per passare la dogana e il passaporto con il visto. A destinazione viene caricata su un’auto e portata in un night club di bassa lega dove le spiegano che dovrà lavorare fino a cancellare il debito di tremila euro contratto per lei dai suoi «datori di lavoro». Florencia L. ha appena 17 anni quando viene presentata ad un’agenzia di lavoro interinale per un posto da cameriera in Argentina: caricata su un camion assieme ad altre sei ragazze, viene violentata lungo il cammino e «affittata» in una mezza dozzina di locali notturni. «Mi sono sentita una stupida - confessa oggi - ancora adesso non riesco a capire come ci sono potuta cascare». La tratta delle bianche è un fenomeno in forte crescita in Sud America, con epicentro nella zona della triplice frontiera fra Argentina, Brasile e Paraguay. Zona di confine tra la legge e il crimine, dove passano tra le sei e le diecimila donne all’anno. Una rete fatta da reclutatori, trasportatori, compratori e venditori, che ha spesso come destinazione finale l’Europa, Spagna, Italia, Svizzera, Grecia. «La cosa più sconvolgente - spiega Cynthia Bendlin, responsabile di un programma di prevenzione premiato l’anno scorso dal Dipartimento di Stato americano - è che la catena inizia spesso con un familiare o una persona molto vicina alla vittima. Un cugino, un fidanzato che si presenta con un volantino con l’annuncio di un’offerta di lavoro ben retribuita all’estero».La rotta tradizionale passa attraverso le province argentine di Missiones e Corrientes fino alla periferia di Buenos Aires dove avviene una seconda selezione; le ragazze dalla migliore presenza vengono mandate in Europa, le altre si smistano nella zona. Il Paraguay è il serbatoio maggiore. A volte i trafficanti organizzano delle messe in scena, finti concorsi di bellezza in hotel di lusso, casting per campagne pubblicitarie. Qualche anno fa la stampa locale ha smascherato un traffico di detenute del carcere femminile di Asuncion, vendute direttamente dal direttore del penitenziario. Nelle scuole vengono distribuiti depliant in stile fotoromanzo, la polizia ogni tanto organizza retate ma sembra impossibile controllare la tratta, specie nella zona di Ciudad del Este, capitale sudamericana del contrabbando, crocevia di traffici di ogni tipo. L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim) cerca di sensibilizzare governi nazionali e locali. «Il Brasile - spiega Eugenio Ambrosi, direttore italiano della sede regionale - è l’unico paese della regione con una politica chiara e una legislazione adeguata. In Argentina è appena stata promulgata una legge sulla tratta, in Uruguay, Paraguay e Cile mancano gli strumenti giuridici adeguati». Polizia e inquirenti fanno distinzioni tra la vittima minorenne e quella maggiorenne: sono solleciti nel primo caso, pochissimo nel secondo, prendendo come pretesto che la donna potrebbe essere consenziente. Ma i fattori chiave sono la paura e la vergogna. «Le ragazze - spiega la Bendlin - vengono violentate e malmenate non appena rapite. Solo dopo subentra la tortura psicologica. I sequestratori le ricordano che sanno dove abitavano, le ripetono i nomi dei loro figli, le convincono che nessuno a casa crederà alla loro versione. Quando la polizia le libera poche prestano denuncia, le inchieste si arenano». Nelle stanze del centro di recupero «Luna Nueva» una ventina di ex ragazze di strada imparano a cucire, ad usare il computer, a leggere e scrivere in spagnolo oltre al guaranì, la lingua indigena che si parla in tutto il Paraguay. Tutte minorenni, quasi tutte giovani madri. «Facciamo del nostro meglio - spiega la direttrice Raquel Bermudes - ma quando escono si trovano di nuovo con la mancanza cronica di lavoro, il rischio che finiscano di nuovo in strada o sequestrate all’estero è altissimo». La «vita utile» di una ragazza finita nella tratta difficilmente supera i 30-35 anni. Alcune di loro continuano a lavorare per conto loro, altre vengono obbligate a fare da «mule» portando droga in Europa. Ma ci sono casi di ragazze che vengono assoldate e tornano in Paraguay come reclutatrici. Vittime che diventano complici in un circolo che non si spezza mai. (da lastampa.it 18 aprile 2008)

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