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Eternit, al via il maxi processo Vertici sotto accusa per morti amianto
Tremila parti lese, alla sbarra i due responsabili della multinazionale
10 dicembre, 09:29
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Eternit, via al maxi processo
TORINO - Folla davanti al tribunale di Torino, per l'inizio del maxiprocesso Eternit. Sono almeno un centinaio le persone, provenienti dall'Italia e dall'estero, che manifestano di fronte al tribunale in attesa che abbia inizio il dibattimento del più grande processo d'Europa. All'udienza sono attese 2 mila persone. Sono una decina di pullman che stanno arrivando al Palagiustizia. Trasportano i parenti delle quasi 3 mila vittime dell'amianto, le quasi 700 parti civili, sindaci e amministratori della zona di Casale Monferrato, dove aveva sede il più grande stabilimento italiano della Eternit. Tanti gli striscioni esposti, tra i quali quelli delle associazioni vittime dell'amianto di Italia, Svizzera e Francia.
"Signor Stephan Schmidheiny: la attendiamo anche in Svizzera", è lo striscione dell'associazione svizzera delle vittime dell'amianto, appeso alla cancellata del tribunale e circondato dai nomi di alcune delle vittime Eternit. Di fronte al tribunale si stanno inoltre radunando i partecipanti al corteo organizzato dalla Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, in concomitanza con l'apertura del processo e a pochi giorni dal secondo anniversario del rogo della Thyssenkrupp. Vi aderiscono, oltre ai sindacati e alle associazioni dei lavoratori, anche i giovani dei centri sociali. Presenti numerosi rappresentanti dei lavoratori delle vittime della Eternit di Svizzera, Francia e Belgio. "Un solo essere umano - si legge sullo striscione dei minatori francesi - ha più valore che tutto l'amianto e il profitto del mondo" (10 DICEMBRE 2009)
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giovedì 10 dicembre 2009
martedì 7 aprile 2009
MESOTELIOMI
"Dal secondo dopoguerra alla messa al bando del 1992, è possibile calcolare che nella Penisola sono state utilizzate più di 20 milioni di tonnellate di amianto"
TORINO
I tumori da amianto (mesoteliomi) colpiscono 1.350 italiani ogni anno, con un’incidenza pari a circa 3,5 casi ogni 100 mila abitanti negli uomini e a un caso per 100 mila nelle donne. A sottolinearlo, in base ai dati del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), è l’Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) in occasione dell’avvio, oggi a Torino, del processo che vede imputati i vertici della multinazionale svizzera Eternit. Le vittime contestate sono quasi 3 mila: tutti ex lavoratori degli stabilimenti italiani della multinazionale, uccisi dall’amianto dal 1983 ad oggi.
L’Italia - ricorda l’Ispesl in una nota - è stato fino alla fine degli anni ’80 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto. Dal secondo dopoguerra alla messa al bando del 1992, è possibile calcolare che nella Penisola sono state utilizzate più di 20 milioni di tonnellate di amianto, soprattutto nelle attività di coibentazione e produzione di manufatti in cemento-amianto.
«La conseguenza di tale utilizzo è che l’Italia - evidenziano i ricercatori dell’Istituto - è oggi uno dei Paesi occidentali più colpiti dall’epidemia di malattie asbesto-correlate». Inoltre, continua l’Ispesl, l’inalazione di fibre aerodisperse di amianto è anche responsabile di un numero rilevante di casi di tumore del polmone, della laringe, dell’esofago, oltre che di decessi per asbestosi. La malattia colpisce soprattutto i lavoratori dei settori dei cantieri navali, della riparazione e manutenzione dei rotabili ferroviari, dell’industria del cemento-amianto. Ma il quadro complessivo è molto articolato - conclude l’Istituto - e include numerose situazioni lavorative meno attese. Sono inoltre presenti casi determinati da esposizioni ambientali e domestiche. (da lastampa.it 6 aprile 2009)
TORINO
I tumori da amianto (mesoteliomi) colpiscono 1.350 italiani ogni anno, con un’incidenza pari a circa 3,5 casi ogni 100 mila abitanti negli uomini e a un caso per 100 mila nelle donne. A sottolinearlo, in base ai dati del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), è l’Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) in occasione dell’avvio, oggi a Torino, del processo che vede imputati i vertici della multinazionale svizzera Eternit. Le vittime contestate sono quasi 3 mila: tutti ex lavoratori degli stabilimenti italiani della multinazionale, uccisi dall’amianto dal 1983 ad oggi.
L’Italia - ricorda l’Ispesl in una nota - è stato fino alla fine degli anni ’80 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto. Dal secondo dopoguerra alla messa al bando del 1992, è possibile calcolare che nella Penisola sono state utilizzate più di 20 milioni di tonnellate di amianto, soprattutto nelle attività di coibentazione e produzione di manufatti in cemento-amianto.
«La conseguenza di tale utilizzo è che l’Italia - evidenziano i ricercatori dell’Istituto - è oggi uno dei Paesi occidentali più colpiti dall’epidemia di malattie asbesto-correlate». Inoltre, continua l’Ispesl, l’inalazione di fibre aerodisperse di amianto è anche responsabile di un numero rilevante di casi di tumore del polmone, della laringe, dell’esofago, oltre che di decessi per asbestosi. La malattia colpisce soprattutto i lavoratori dei settori dei cantieri navali, della riparazione e manutenzione dei rotabili ferroviari, dell’industria del cemento-amianto. Ma il quadro complessivo è molto articolato - conclude l’Istituto - e include numerose situazioni lavorative meno attese. Sono inoltre presenti casi determinati da esposizioni ambientali e domestiche. (da lastampa.it 6 aprile 2009)
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domenica 5 aprile 2009
IL PROCESSO DELL'AMIANTO
Si apre a Torino un altro maxiprocesso con al centro gli operai. Questa volta si parlerà di amianto e della morte di almeno 2000 dipendenti della società Eternit. Al Palagiustizia (nella foto i preparativi della vigilia) di fronte al gup Cristina Palmesino vanno a giudizio Stephan Schmidheiny, 61 anni, miliardario svizzero, e Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, nobile belga di 81 anni, eredi della multinazionale. Sono accusati di disastro doloso e omissione volontaria di cautele. (da repubblica.it).
sabato 7 febbraio 2009
domenica 14 dicembre 2008
AMIANTO
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/incidenti-lavoro-1/fincantieri-amianto/fincantieri-amianto.html
Si è conclusa l'inchiesta della Procura Generale di Trieste sulle morti da amianto fra i lavoratori della Fincantieri. 42 i morti e 14 le richieste di rinvio a giudizio.
Si è conclusa l'inchiesta della Procura Generale di Trieste sulle morti da amianto fra i lavoratori della Fincantieri. 42 i morti e 14 le richieste di rinvio a giudizio.
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domenica 6 luglio 2008
AMIANTO
Torino, morte sospetta per amianto
Indagini su scuola con tetto in Eternit
La procura di Torino ha aperto un fascicolo per omicidio colposo sulla morte di un maestro elementare che per circa 20 anni ha insegnato in una scuola elementare, la 'Don Lorenzo Milani', con il tetto di Eternit. Secondo quanto riporta La Stampa, Domenico Mele, il maestro ormai in pensione, è morto qualche giorno fa per mesotelioma peritoneale. Titolare dell'inchiesta il pm Raffaele Guariniello.
La scuola, la don Lorenzo Milani di via San Marino, quartiere fra il centro e la grande fabbrica di Torino, Mirafiori, è frequentata oggi da circa 400 bambini. Quando vi insegnava il maestro Mele erano probabilmente di più. Erano gli anni dell`ultimo baby-boom: la grande immigrazione era finita con il decennio precedente, quando ancora si erano tirate su, in tutta fretta, le ultime scuole coibentate con l`amianto.
Il maestro Mele, classe 1932, riporta sempre,La Stampa, andò in pensione nel 1996. Due anni dopo, alla don Milani, - scrive La Stampa - venne effettuata la rimozione del tetto in eternit.
A Torino, per iniziativa di Guariniello, funziona da 15 anni l`Osservatorio dei 'tumori professionali' che ha censito 26 mila casi di morte "dovuti alle condizioni di lavoro". Il procuratore vicario Raffaele Guariniello, nell`avviare l`inchiesta "contro ignoti", ha delegato gli accertamenti al Servizio di vigilanza e assistenza in ambiente di lavoro dell`Asl 1. (da tgcom 6 luglio 2008)
Indagini su scuola con tetto in Eternit
La procura di Torino ha aperto un fascicolo per omicidio colposo sulla morte di un maestro elementare che per circa 20 anni ha insegnato in una scuola elementare, la 'Don Lorenzo Milani', con il tetto di Eternit. Secondo quanto riporta La Stampa, Domenico Mele, il maestro ormai in pensione, è morto qualche giorno fa per mesotelioma peritoneale. Titolare dell'inchiesta il pm Raffaele Guariniello.
La scuola, la don Lorenzo Milani di via San Marino, quartiere fra il centro e la grande fabbrica di Torino, Mirafiori, è frequentata oggi da circa 400 bambini. Quando vi insegnava il maestro Mele erano probabilmente di più. Erano gli anni dell`ultimo baby-boom: la grande immigrazione era finita con il decennio precedente, quando ancora si erano tirate su, in tutta fretta, le ultime scuole coibentate con l`amianto.
Il maestro Mele, classe 1932, riporta sempre,La Stampa, andò in pensione nel 1996. Due anni dopo, alla don Milani, - scrive La Stampa - venne effettuata la rimozione del tetto in eternit.
A Torino, per iniziativa di Guariniello, funziona da 15 anni l`Osservatorio dei 'tumori professionali' che ha censito 26 mila casi di morte "dovuti alle condizioni di lavoro". Il procuratore vicario Raffaele Guariniello, nell`avviare l`inchiesta "contro ignoti", ha delegato gli accertamenti al Servizio di vigilanza e assistenza in ambiente di lavoro dell`Asl 1. (da tgcom 6 luglio 2008)
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martedì 1 luglio 2008
AMIANTO
Condannati i dirigenti della Goodyear di Latina, per la morte di 34 operai per tumore da esposizione all'amianto; altri 10 operai sono malati di tumore. http://www.corriere.it/cronache/08_luglio_01/amianto_goodyear_latina_condanne_3e8f7b24-4799-11dd-8c36-00144f02aabc.shtml
mercoledì 23 aprile 2008
AMIANTO
Il problema dell'amianto diventerà sempre più serio.
23 apr 11:43
Genova: bidella muore per amianto, Comune citato in giudizio
GENOVA - Il Comune di Genova e' stato trascinato in giudizio con una richiesta di risarcimento di 600.000 euro per la morte di una donna in una scuola genovese. La 63enne, impiegata come bidella, e' morta per 'mesotelioma pleurico', dovuta alle inalazioni di polvere di amianto presenti sul posto di lavoro: i familiari hanno citato in giudizio il Comune, in qualita' di datore di lavoro, poiche' non avrebbe predisposto per la propria dipendente un ambiente lavorativo che la tenesse immune dal rischio di contrarre la malattia. Nei locali della scuola in cui lavorava la donna non vi erano sistemi di depurazione o di aspirazione dell'aria, ne' finestre per un'eventuale ventilazione. (Agr)
23 apr 11:43
Genova: bidella muore per amianto, Comune citato in giudizio
GENOVA - Il Comune di Genova e' stato trascinato in giudizio con una richiesta di risarcimento di 600.000 euro per la morte di una donna in una scuola genovese. La 63enne, impiegata come bidella, e' morta per 'mesotelioma pleurico', dovuta alle inalazioni di polvere di amianto presenti sul posto di lavoro: i familiari hanno citato in giudizio il Comune, in qualita' di datore di lavoro, poiche' non avrebbe predisposto per la propria dipendente un ambiente lavorativo che la tenesse immune dal rischio di contrarre la malattia. Nei locali della scuola in cui lavorava la donna non vi erano sistemi di depurazione o di aspirazione dell'aria, ne' finestre per un'eventuale ventilazione. (Agr)
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mercoledì 2 aprile 2008
AMIANTO
Amianto, prima condanna per omicidio colposo
GORIZIA ( 2 aprile) - Prima condanna per omicidio colposo dovuto all'amianto a Gorizia. Il giudice monocratico del Tribunale, Caterina Brindisi, ha condannato Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone (Gorizia), a un anno di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo. È la prima sentenza del Tribunale di Gorizia in un processo legato a un caso di decesso per amianto a fronte di centinaia di fascicoli aperti dalla Procura per altrettanti casi di operai deceduti per malattie riconducibili all'esposizione all'amianto. Lippi è accusato della morte nel 1998 di Annamaria Greco, dipendente di una ditta che si occupava delle pulizie nel cantiere. La donna vi aveva lavorato negli anni Settanta prestando servizio sulle navi in fase di costruzione in ambienti nei quali - secondo l'accusa - la concentrazione di fibre d'amianto era di dieci volte superiore al quantitativo minimo per contrarre l'asbestosi. Era deceduta per un mesotelioma alla pleura a 52 anni. Il pm Annunziata Puglia aveva chiesto la condanna a 2 anni di reclusione. Il giudice Brindisi ha condannato Lippi al pagamento di una provvisionale di 100mila euro e al risarcimento ai familiari da quantificare in sede civile. Al momento della lettura, le persone presenti in aula , fra le quali i due figli della donna - Andrea e Michela - e i rappresentanti dell'Associazione dei parenti delle vittime degli esposti all'amianto, hanno applaudito a lungo. «Abbiamo aspettato per anni questo momento» è stato il commento del presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'amianto Davide Bottegaro. Ora sono un migliaio i fascicoli aperti che aspettano una risposta. Contestualmente, il giudice Brindisi ha emesso la sentenza di assoluzione (per insussistenza del fatto) in un altro procedimento nel quale è ipotizzato il reato di lesioni personali ai danni di un altro ex dipendente del cantiere di Monfalcone. Nel processo erano imputati, oltre allo stesso Manlio Lippi, gli ex presidenti del cda di Fincantieri Vittorio Fanfani, Enrico Bocchini e Corrado Antonini (tuttora presidente del gruppo navalmeccanico), e gli ex direttori Dario Alessandrini e Giancarlo Testa. (ilmessaggero.it 2 aprile)
GORIZIA ( 2 aprile) - Prima condanna per omicidio colposo dovuto all'amianto a Gorizia. Il giudice monocratico del Tribunale, Caterina Brindisi, ha condannato Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone (Gorizia), a un anno di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo. È la prima sentenza del Tribunale di Gorizia in un processo legato a un caso di decesso per amianto a fronte di centinaia di fascicoli aperti dalla Procura per altrettanti casi di operai deceduti per malattie riconducibili all'esposizione all'amianto. Lippi è accusato della morte nel 1998 di Annamaria Greco, dipendente di una ditta che si occupava delle pulizie nel cantiere. La donna vi aveva lavorato negli anni Settanta prestando servizio sulle navi in fase di costruzione in ambienti nei quali - secondo l'accusa - la concentrazione di fibre d'amianto era di dieci volte superiore al quantitativo minimo per contrarre l'asbestosi. Era deceduta per un mesotelioma alla pleura a 52 anni. Il pm Annunziata Puglia aveva chiesto la condanna a 2 anni di reclusione. Il giudice Brindisi ha condannato Lippi al pagamento di una provvisionale di 100mila euro e al risarcimento ai familiari da quantificare in sede civile. Al momento della lettura, le persone presenti in aula , fra le quali i due figli della donna - Andrea e Michela - e i rappresentanti dell'Associazione dei parenti delle vittime degli esposti all'amianto, hanno applaudito a lungo. «Abbiamo aspettato per anni questo momento» è stato il commento del presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'amianto Davide Bottegaro. Ora sono un migliaio i fascicoli aperti che aspettano una risposta. Contestualmente, il giudice Brindisi ha emesso la sentenza di assoluzione (per insussistenza del fatto) in un altro procedimento nel quale è ipotizzato il reato di lesioni personali ai danni di un altro ex dipendente del cantiere di Monfalcone. Nel processo erano imputati, oltre allo stesso Manlio Lippi, gli ex presidenti del cda di Fincantieri Vittorio Fanfani, Enrico Bocchini e Corrado Antonini (tuttora presidente del gruppo navalmeccanico), e gli ex direttori Dario Alessandrini e Giancarlo Testa. (ilmessaggero.it 2 aprile)
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giovedì 6 dicembre 2007
AMIANTO
AMIANTO: 3.000 MORTI L'ANNO, E IL PEGGIO DEVE VENIRE
Amianto: un incubo da oltre 3.000 morti l'anno, nel solo nostro paese. "E il peggio deve ancora venire. Ci aspettiamo un picco di morti fra pochi anni". Parla il professore Pier Aldo Canessa, direttore dell'unita' operativa di pneumologia a Sarzana (La Spezia) ed esperto delle malattie legate all'amianto, al congresso dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo), in corso a Firenze, presieduto da Antonio Corrado. "Il peggio deve venire perche' - precisa Canessa - la malattia si manifesta 40 anni dopo il contatto con l'amianto. E quindi ci si aspetta, purtroppo, casi di malattia fra quanti hanno lavorato in cantieri navali, edili e in altre aree piene di amianto prima che l'Italia, nel 1992, dichiarasse stop a queste costruzioni. La Gran Bretagna e' intervenuta molti anni prima". Il peggio deve ancora venire ma la realta' di oggi e' gia' molto drammatica. "Ogni anno in Italia - dice il professore Valerio Gennaro dell'Istituto Tumori di Genova - muoiono piu' di tremila persone che sono state in contatto con l'amianto: 1000 per mesotelioma, il tumore primario della pleura; 1500 per tumore polmonare; il resto per tumori in altre parti del corpo". Parlando con gli esperti riuniti a Firenze al congresso dei pneumologi ospedalieri si puo' costruire una mappa delle citta' dove questa sostanza e' stata largamente usata. "Il primato - dice Canessa - e purtroppo e' un primato mondiale, per quanto riguarda i casi di mesotelioma, tumore polmonare e i decessi spetta a La Spezia, dove l'amianto e' stato largamente usato nei cantieri navali. Poi viene Genova. Largamente usato l'amianto anche a Livorno, Bari, Trieste ed altre citta' portuali, Pistoia, Prato, Casal Monferrato, in questa ultima citta' c'era l'Eternit". (da repubblica.it 6.12.07)
Amianto: un incubo da oltre 3.000 morti l'anno, nel solo nostro paese. "E il peggio deve ancora venire. Ci aspettiamo un picco di morti fra pochi anni". Parla il professore Pier Aldo Canessa, direttore dell'unita' operativa di pneumologia a Sarzana (La Spezia) ed esperto delle malattie legate all'amianto, al congresso dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo), in corso a Firenze, presieduto da Antonio Corrado. "Il peggio deve venire perche' - precisa Canessa - la malattia si manifesta 40 anni dopo il contatto con l'amianto. E quindi ci si aspetta, purtroppo, casi di malattia fra quanti hanno lavorato in cantieri navali, edili e in altre aree piene di amianto prima che l'Italia, nel 1992, dichiarasse stop a queste costruzioni. La Gran Bretagna e' intervenuta molti anni prima". Il peggio deve ancora venire ma la realta' di oggi e' gia' molto drammatica. "Ogni anno in Italia - dice il professore Valerio Gennaro dell'Istituto Tumori di Genova - muoiono piu' di tremila persone che sono state in contatto con l'amianto: 1000 per mesotelioma, il tumore primario della pleura; 1500 per tumore polmonare; il resto per tumori in altre parti del corpo". Parlando con gli esperti riuniti a Firenze al congresso dei pneumologi ospedalieri si puo' costruire una mappa delle citta' dove questa sostanza e' stata largamente usata. "Il primato - dice Canessa - e purtroppo e' un primato mondiale, per quanto riguarda i casi di mesotelioma, tumore polmonare e i decessi spetta a La Spezia, dove l'amianto e' stato largamente usato nei cantieri navali. Poi viene Genova. Largamente usato l'amianto anche a Livorno, Bari, Trieste ed altre citta' portuali, Pistoia, Prato, Casal Monferrato, in questa ultima citta' c'era l'Eternit". (da repubblica.it 6.12.07)
lunedì 16 luglio 2007
AMIANTO
L'amianto colpisce dopo molti anni, e non solo i lavoratori, ma anche le famiglie dei lavoratori (le mogli spazzolano i vestiti dei mariti che lavorano l'amianto)e gli abitanti dei luoghi. Casale Monferrato è la capitale del mesotelioma pleurico, oltre che sede dell' Eternit. La gente continua a morire anni dopo la chiusura della fabbrica. Leggi il corriere.it
16 luglio 2007
La storia della preside che ha fatto chiudere Eternit
Una vita contro l'amianto: «Malata anch'io»
A Casale Monferrato ci sono stati più di mille morti. Luisa Minazzi: «Non mi rassegno, lo Stato paghi le ricerche su questo tumore»
DAL NOSTRO INVIATO
CASALE MONFERRATO (Alessandria) — E quando succede, non sei mai pronto. Non puoi credere che sia davvero toccata a te. Una mattina di fine febbraio del 2006, la preside Luisa Minazzi si svegliò con un fastidioso mal di schiena, un dolore insistente appena sotto la scapola sinistra. Le tornò in mente l'operazione di scoliosi che aveva subito da piccola, si aggrappò a quello, che doveva fare. «È chiaro, avevo un pensiero che cercavo di ricacciare indietro. Mi sembrava una beffa cosmica. Pensavo che gli anni di lotta al "male grigio" producessero degli anticorpi. Che stupida».
Il mesotelioma pleurico se ne frega di chi sei. Qui a Casale Monferrato e nelle valli intorno alla colata di cemento che ha coperto l'Eternit, se ne frega di tutto. Con gli ultimi necrologi di luglio, sono stati superati i mille morti dall'inizio degli anni Ottanta. Una strage che passa sotto silenzio permanente. Luisa Minazzi siede dietro alla sua scrivania, da qualche mese è tornata al lavoro. Dirige le scuole elementari e dell'infanzia del secondo circolo di Casale. È una donna minuta, quasi austera nella sua sobrietà. Quella strage diluita nel tempo l'ha vissuta fin dall'inizio. «C'erano ex operai in pensione che mentre giocavano a bocce sentivano una fitta alla schiena. Andavano dal dottore e dicevano: "anduma propi mal". Già sapevano, rassegnati e increduli».
All'inizio degli anni Ottanta è stata una delle fondatrici di Legambiente a Casale. Cortei, picchetti e manifestazioni fino a quando, nel 1986, l'Eternit non venne chiusa. Nel 1995 divenne assessore all'Ambiente, e contribuì all'ordinanza con la quale si proibiva l'uso dei manufatti di Eternit sull'intero territorio. Nel casalese si continua a morire, oggi più di ieri. Se all'inizio erano solo gli ex operai Eternit, da un decennio il pulviscolo di amianto che galleggia nell'aria entra nei polmoni dei cittadini comuni. «Come quando in guerra cominciano a morire i civili», dice Bruno Pesce dell'Associazione vittime dell'amianto. Basta sfogliare il Monferrato, il bisettimanale locale che è costretto a tenere il conto. L'orafo di Valenza che una volta in pensione si era fatto la villa per far giocare i nipoti; la macellaia della frazione di Vignale che aveva passato la sua vita tra quarti di bue e campi; l'impiegato del Comune superstizioso che davanti all'Eternit non ci voleva passare, neppure dopo che nel 2001 è diventato un sarcofago di cemento. Gente che non centrava nulla con la fabbrica dei tumori. Solo, respirava quest'aria. Se ne sono andati con i polmoni pieni d'acqua, gonfi di morfina per non sentire il male.
Il mesotelioma ha anche trent'anni di latenza, ma quando arriva va di fretta. Nel 2005, il Senato francese ci ha messo solo quattro mesi per stilare un rapporto sulla catastrofe sanitaria dell'amianto, dicendo che il peggio deve arrivare, sborsando soldi per la ricerca sulle cure. Di questa catastrofe europea, Casale Monferrato è la capitale indiscussa. Ma non ne parla nessuno. È un silenzio, racconta Luisa Minazzi, che è penetrato nelle coscienze. «Ci sono indignazione e paura mischiate ad un atteggiamento fatalistico. Prima o poi arriva, e non ci si può fare niente».
Le statistiche dicono che nel Casalese una persona su tre sa di cosa morirà. Luisa ha seguito il suo personale calvario, tre biopsie, due cicli di chemio, asportazione della pleura e di un pezzo di polmone, altri cinque cicli di chemio. Alla fine di aprile ha finito le cure. E come prima cosa ha scritto al Monferrato. Una lettera per raccontare la malattia, e dire che non tutto è perduto. La donna che «combattendo il male credeva di averlo esorcizzato», si è messa a nudo in pubblico, per dare forza agli altri come lei. «L'ho fatto perché non è vero che si deve morire per forza. Lo so che non si guarisce, che ancora oggi ho un focolaio da tenere sotto controllo. Ma ci sono delle cure sperimentali, dei vaccini che in alcuni casi hanno già fatto scomparire del tutto il tumore. Servono i finanziamenti dello Stato per gli studi, e questo silenzio non aiuta certo a trovarli».
Il padre di Luisa faceva l'operaio alla Eternit. Se l'è cavata con l'asbestosi. Quand'era bambina, lei giocava in cortile con la sorella sui cumuli di polverino Eternit. «Chi poteva sapere? È una vergogna, quello che è stato fatto a Casale Monferrato. I responsabili dell'Eternit, che sapevano ma non hanno hanno fatto nulla, dovrebbero processarli all'Aja per crimini contro l'umanità ». Quest'anno, Luisa ha presentato denuncia al procuratore Raffaele Guariniello, che sta chiudendo un'inchiesta per disastro doloso nella quale sono indagati Thomas e Stefan Schmidhaeny, proprietari della multinazionale Eternit.
Ancora adesso, per alcuni è come se quei mille morti, amici, conoscenti, parenti, fossero figli di nessuno. I lavori di ricerca e rimozione del micidiale polverino e dei manufatti in Eternit ogni tanto si scontrano con piccinerie che sfociano nell'incoscienza. Il garage del palazzo dove vive Luisa ha ancora il suo bel tetto in Eternit. I condomini si sono opposti alla sua rimozione fino a quando non è arrivato il contributo del Comune. Prima, costava troppo. È contro tutto questo che Luisa ha voluto urlare. Ha accettato di mostrare il suo corpo, smagrito, ma ancora in forma. È tornata a scuola, lavora e combatte il male grigio. I finanziamenti pubblici per la sperimentazione sono la chiave per scardinare il silenzio, servono a dare una speranza, a lei e a chi vive tra queste colline.
«Il mesotelioma non è una piaga nazionale, è una piaga casalese. E allora cosa vogliamo fare? Andare avanti così, a contare i morti per i prossimi cinquant'anni, considerandoli come effetti collaterali e ineluttabili? Ci deve essere un'altra possibilità, non solo per me. Perché tutto deve finire con la morte? ». La domanda va girata a chi deve erogare questi finanziamenti. Lei si alza dalla cattedra con sguardo deciso, quasi aggressivo. «Lo so cosa pensa, è in imbarazzo. Non sa come salutarmi. Il mesotelioma, la diagnosi più infausta. Io credo che si debba combattere. Mi dica arrivederci, e non addio».
16 luglio 2007
La storia della preside che ha fatto chiudere Eternit
Una vita contro l'amianto: «Malata anch'io»
A Casale Monferrato ci sono stati più di mille morti. Luisa Minazzi: «Non mi rassegno, lo Stato paghi le ricerche su questo tumore»
DAL NOSTRO INVIATO
CASALE MONFERRATO (Alessandria) — E quando succede, non sei mai pronto. Non puoi credere che sia davvero toccata a te. Una mattina di fine febbraio del 2006, la preside Luisa Minazzi si svegliò con un fastidioso mal di schiena, un dolore insistente appena sotto la scapola sinistra. Le tornò in mente l'operazione di scoliosi che aveva subito da piccola, si aggrappò a quello, che doveva fare. «È chiaro, avevo un pensiero che cercavo di ricacciare indietro. Mi sembrava una beffa cosmica. Pensavo che gli anni di lotta al "male grigio" producessero degli anticorpi. Che stupida».
Il mesotelioma pleurico se ne frega di chi sei. Qui a Casale Monferrato e nelle valli intorno alla colata di cemento che ha coperto l'Eternit, se ne frega di tutto. Con gli ultimi necrologi di luglio, sono stati superati i mille morti dall'inizio degli anni Ottanta. Una strage che passa sotto silenzio permanente. Luisa Minazzi siede dietro alla sua scrivania, da qualche mese è tornata al lavoro. Dirige le scuole elementari e dell'infanzia del secondo circolo di Casale. È una donna minuta, quasi austera nella sua sobrietà. Quella strage diluita nel tempo l'ha vissuta fin dall'inizio. «C'erano ex operai in pensione che mentre giocavano a bocce sentivano una fitta alla schiena. Andavano dal dottore e dicevano: "anduma propi mal". Già sapevano, rassegnati e increduli».
All'inizio degli anni Ottanta è stata una delle fondatrici di Legambiente a Casale. Cortei, picchetti e manifestazioni fino a quando, nel 1986, l'Eternit non venne chiusa. Nel 1995 divenne assessore all'Ambiente, e contribuì all'ordinanza con la quale si proibiva l'uso dei manufatti di Eternit sull'intero territorio. Nel casalese si continua a morire, oggi più di ieri. Se all'inizio erano solo gli ex operai Eternit, da un decennio il pulviscolo di amianto che galleggia nell'aria entra nei polmoni dei cittadini comuni. «Come quando in guerra cominciano a morire i civili», dice Bruno Pesce dell'Associazione vittime dell'amianto. Basta sfogliare il Monferrato, il bisettimanale locale che è costretto a tenere il conto. L'orafo di Valenza che una volta in pensione si era fatto la villa per far giocare i nipoti; la macellaia della frazione di Vignale che aveva passato la sua vita tra quarti di bue e campi; l'impiegato del Comune superstizioso che davanti all'Eternit non ci voleva passare, neppure dopo che nel 2001 è diventato un sarcofago di cemento. Gente che non centrava nulla con la fabbrica dei tumori. Solo, respirava quest'aria. Se ne sono andati con i polmoni pieni d'acqua, gonfi di morfina per non sentire il male.
Il mesotelioma ha anche trent'anni di latenza, ma quando arriva va di fretta. Nel 2005, il Senato francese ci ha messo solo quattro mesi per stilare un rapporto sulla catastrofe sanitaria dell'amianto, dicendo che il peggio deve arrivare, sborsando soldi per la ricerca sulle cure. Di questa catastrofe europea, Casale Monferrato è la capitale indiscussa. Ma non ne parla nessuno. È un silenzio, racconta Luisa Minazzi, che è penetrato nelle coscienze. «Ci sono indignazione e paura mischiate ad un atteggiamento fatalistico. Prima o poi arriva, e non ci si può fare niente».
Le statistiche dicono che nel Casalese una persona su tre sa di cosa morirà. Luisa ha seguito il suo personale calvario, tre biopsie, due cicli di chemio, asportazione della pleura e di un pezzo di polmone, altri cinque cicli di chemio. Alla fine di aprile ha finito le cure. E come prima cosa ha scritto al Monferrato. Una lettera per raccontare la malattia, e dire che non tutto è perduto. La donna che «combattendo il male credeva di averlo esorcizzato», si è messa a nudo in pubblico, per dare forza agli altri come lei. «L'ho fatto perché non è vero che si deve morire per forza. Lo so che non si guarisce, che ancora oggi ho un focolaio da tenere sotto controllo. Ma ci sono delle cure sperimentali, dei vaccini che in alcuni casi hanno già fatto scomparire del tutto il tumore. Servono i finanziamenti dello Stato per gli studi, e questo silenzio non aiuta certo a trovarli».
Il padre di Luisa faceva l'operaio alla Eternit. Se l'è cavata con l'asbestosi. Quand'era bambina, lei giocava in cortile con la sorella sui cumuli di polverino Eternit. «Chi poteva sapere? È una vergogna, quello che è stato fatto a Casale Monferrato. I responsabili dell'Eternit, che sapevano ma non hanno hanno fatto nulla, dovrebbero processarli all'Aja per crimini contro l'umanità ». Quest'anno, Luisa ha presentato denuncia al procuratore Raffaele Guariniello, che sta chiudendo un'inchiesta per disastro doloso nella quale sono indagati Thomas e Stefan Schmidhaeny, proprietari della multinazionale Eternit.
Ancora adesso, per alcuni è come se quei mille morti, amici, conoscenti, parenti, fossero figli di nessuno. I lavori di ricerca e rimozione del micidiale polverino e dei manufatti in Eternit ogni tanto si scontrano con piccinerie che sfociano nell'incoscienza. Il garage del palazzo dove vive Luisa ha ancora il suo bel tetto in Eternit. I condomini si sono opposti alla sua rimozione fino a quando non è arrivato il contributo del Comune. Prima, costava troppo. È contro tutto questo che Luisa ha voluto urlare. Ha accettato di mostrare il suo corpo, smagrito, ma ancora in forma. È tornata a scuola, lavora e combatte il male grigio. I finanziamenti pubblici per la sperimentazione sono la chiave per scardinare il silenzio, servono a dare una speranza, a lei e a chi vive tra queste colline.
«Il mesotelioma non è una piaga nazionale, è una piaga casalese. E allora cosa vogliamo fare? Andare avanti così, a contare i morti per i prossimi cinquant'anni, considerandoli come effetti collaterali e ineluttabili? Ci deve essere un'altra possibilità, non solo per me. Perché tutto deve finire con la morte? ». La domanda va girata a chi deve erogare questi finanziamenti. Lei si alza dalla cattedra con sguardo deciso, quasi aggressivo. «Lo so cosa pensa, è in imbarazzo. Non sa come salutarmi. Il mesotelioma, la diagnosi più infausta. Io credo che si debba combattere. Mi dica arrivederci, e non addio».
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