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martedì 1 marzo 2011

farmaco

Sanita': muore per un farmaco, Asl risarcira' 500.000 euro
Causa civile vinta da genitori di diciottenne del veneziano
26 febbraio, 12:40

(ANSA) - VENEZIA, 26 FEB - Per la morte a 18 anni di una ragazza di Dolo dopo un trattamento farmacologico, l'Asl dovrà risarcire la famiglia con 500 mila euro. Lo ha stabilito il Tribunale a conclusione della causa civile intentata dai genitori nel 2005, tre anni dopo il decesso della giovane. La ragazza è morta per necrosi del fegato causata, secondo i giudici, da un trattamento effettuato in ospedale con un farmaco a base di leflunomide. Il medicinale, presente nel prontuario farmaceutico italiano, secondo il legale dei genitori, Mauro Zenatto, "negli Stati Uniti è stato sospeso perché giudicato troppo pericoloso".(ANSA)

mercoledì 6 ottobre 2010

setticemia

Muore per setticemia, 18 indagati
Catania,33enne deceduto dopo incidente
Diciassette medici di due ospedali, il Cannizzaro di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), e un dipendente dell'Anas, sono indagati dalla Procura etnea nell'ambito dell'inchiesta sulla morte per setticemia di Carmelo Finocchiaro, di 33 anni, avvenuta il 27 settembre scorso. Gli avvisi di garanzia, che ipotizzano il reato di omicidio colposo, sono stati emessi come atto dovuto a tutela degli indagati.


Come ricostruisce il quotidiano La Sicilia di Catania, Finocchiaro, originario di Taormina, sposato con due figli, ma da anni residente in Calabria, era rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto tra Spezzano Albanese e Cassano allo Ionio, la notte tra il 25 e il 26 agosto scorsi.

L'auto guidata da Remigio Luca Serra, di 33 anni, era uscita di strada procurando la morte del guidatore e un braccio rotto, alcune costole rotte e una pleurite a Finocchiaro, che è stato ricoverato nell'ospedale di Castrovillari e giudicato guaribile in un mese.

Dopo 13 giorni però le sue condizioni si sono aggravate per una cancrena al braccio destro e per questo, l'8 settembre, è stato trasferito all'ospedale Cannizzaro di Catania che è dotato di camera iperbarica. Fino al 20 settembre Finocchiaro è sottoposto a tre interventi chirurgici al braccio, che gli è stato amputato. L'uomo è poi entrato in coma ed è morto dopo sette giorni.

I suoi genitori hanno presentato un esposto alla Procura di Catania e il sostituto Assunta Musella ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e l'autopsia, che è stata già eseguita alla presenza dei consulenti di parte degli indagati.

Ultimo aggiornamento ore 10:51

mercoledì 25 novembre 2009

MORTE PER EROINA IN CELLA

Morì di overdose in cella
Ai familiari 182mila euro
L’associazione Antigone: «Sentenza storica»


Maurizio Freguia morì in carcere per overdose di eroina (web)

ROVIGO – «Un giudice civile di Padova ha con dannato il ministero della giustizia a risarcire con 182mila euro la sorella di un detenuto trenta cinquenne morto nel carcere di Rovigo per over dose». Patrizio Gonnella, presidente dell’associa zione Antigone, definisce la recente decisione «storica» paragonandola con quanto accaduto di recente a Diana Blefari. A ottenere il risarcimen to è stata la sorella di Maurizio Freguia, che il 27 dicembre del 2000 perse la vita in carcere. A stroncarlo, come accertato dall’autopsia, è stata una dose letale di eroina. La droga, per gli accer tamenti dell’epoca, potrebbe essergli stata conse gnata durante i colloqui coi detenuti anche se non si è mai arrivati a chiarire le circostanze. Non così, ad esempio, per il giudice patavino che nella sentenza ha parlato di sorveglianza ca rente, visto che sarebbe stato un compagno di cella a cedere l‘eroina al rodigino che era appena rientrato da un permesso premio. Freguia si sentì male la sera prima.

Curato nel l’infermeria del carcere, poi venne ricoverato in ospedale salvo poi rientrare in via Verdi. Quella mattina le sue condizioni peggiorarono fino al decesso. Giampietro Pegoraro, coordinatore de gli agenti penitenziari della Cgil, quel giorno era al lavoro. «Da parte nostra fu fatto tutto il possi bile per salvare Freguia – afferma – ma invano». Secondo il presidente di Antigone Gonnella «un tossicodipendente e alcolista, ha ragionato il giudice – afferma - affinché sia conservato, cu rato, tutelato, deve essere innanzitutto osserva to. Se si trascura di osservarlo, e si permette che si inietti una dose letale di eroina, il Ministero della Giustizia è corresponsabile della morte». Allo stesso modo, continua Gonnella, «si po trebbe usare questa argomentazione per sostene re che Diana Blefari, abbandonata a se stessa nel la propria cella singola nella quale non si alzava quasi più dalla branda, non è stata conservata, curata, tutelata dal nostro Ministero. E la stessa cosa si potrebbe dire per molte altre morti».

A.A.
24 novembre 2009 (da corrieredelveneto.it)

mercoledì 31 dicembre 2008

[segue]

Donna morta dopo ustioni,9 indagati
Sassari, sono dipendenti dell'ospedale
Nove persone, fra cui il primario, una psichiatra, cinque infermieri e due ausiliari ospedalieri del reparto di Psichiatria dell'ospedale civile di Sassari, sono state iscritte nel registro degli indagati per la morte di Maria Grazia Pavin, deceduta nella struttura sanitaria sassarese dopo aver rifiutato l'amputazione di una mano e di un piede. L'accusa ipotizzata per tutti è di omicidio colposo.

L'inchiesta dovrà accertare come sia potuto accadere che la donna di 41 anni (originaria di Varese ma residente a Laerru, nel Sassarese) il 7 dicembre sia rimasta ustionata nell'80 per cento del corpo, all'interno di un bagno del reparto di Psichiatria, in cui era ricoverata da qualche tempo.

Il cuore della donna si era fermato il 26 dicembre, dopo 18 giorni di agonia, nel reparto di Rianimazione dell'ospedale civile Santissima Annunziata di Sassari. Per tentare di salvarle la vita, i medici volevano amputarle una mano e un piede. Ma lei, pochi giorni prima di morire, aveva negato il consenso davanti a tre magistrati.

Sul corpo della donna è stata eseguita l'autopsia, affidata a Vindice Mingioni, primario del Servizio di Anatomia Patologica dell'ospedale San Francesco di Nuoro. Mingioni ha chiesto al magistrato 120 giorni di tempo per poter eseguire ulteriori esami istologici e altri accertamenti. Solo a test completati si potrà avere un quadro chiaro della situazione.

Dopo l'autopsia il corpo della donna à stato restitutito alla famiglia. Le esequie si tengono oggi nella chiesa parrocchiale di Laerru. (da tgcom 31 dicembre 2008)

domenica 6 luglio 2008

SHOCK ANAFILATTICO

Sbagliano l'antibiotico in una flebo:muore in ospedale al San Filippo Neri

ROMA (5 luglio) - Ucciso da uno choc anafilattico provocato da un farmaco a cui era allergico. E' accaduto all'ospedale San Filippo Neri di Roma, dove Giovanni Fassini 74 anni è morto dopo che un'infermiera gli ha somministrato una flebo contenente cefalosporine, antibiotico al quale era allergico. I familiari hanno contattato un legale per presentare denuncia all'ospedale. Fazzini era ricoverato da un mese nel reparto di chirurgia oncologica del San Filippo Neri per un tumore al pancreas riscontrato 3 mesi fa. Il filglio: li avevamo avvisati « «Ieri - racconta il figlio della vittima - tra le 20 e le 20.30 è arrivata l'infermiera per somministrargli l'antibiotico e ci ha fatto uscire dalla stanza. Poco dopo ho sentito delle urla, come di soffocamento. Sono andato di corsa nella stanza, ho preso la boccetta dell'antibiotico e ho letto il nome del farmaco a cui mio padre era allergico. A quel punto gli ho staccato subito la flebo, ma non c'è stato niente da fare». L'uomo racconta inoltre che il medico «si è assunto immediatamente le sue responsabilità e ha detto che si riserva di fare un riscontro autoptico perchè ha dubbi che mio padre possa esser morto per questo motivo. Oggi sporgeremo denuncia alla Procura della Repubblica per denunciare il fatto». Aveva già avuto due choc anafilattici tanto tempo fa, racconta ancora il figlio e li avevamo avvisati. Il medico di famiglia, Enzo Mannaia, (anche parente della vittima) confrema il fatto che i medici dell'ospedale erano a conoscenza dell'allergia. Aperta un'inchiesta interna I medici del San Filippo Neri «sono intervenuti subito alla reazione del paziente al farmaco e hanno interrotto subito il dosaggio». È stata la risposta della direzione sanitaria che ha avviato un'indagine interna e disposto accertamenti sulle cause della morte. Secondo l'ospedale l'uomo presentava «un forte stato febbrile». I medici sono quindi intervenuti somministrando in vena una dose di cefalosporine, un antibiotico che contiene molecole di moxicillina. Subito dopo la flebo l'uomo è morto. La sostanza avrebbe gli provocato uno shock anafilattico. Storace: negligenza Francesco Storace segretario nazionale de La Destra sul suo blog ha commentato la vicenda come «storia di negligenza, trascuratezza. È ora che ci si decida a garantire ai malati la speranza di guarire e non la scusa di morire quando si viene ricoverati in corsia». (da ilmessaggero.it 6 luglio 2008)

sabato 15 dicembre 2007

MORTE DOPO CORONAROGRAFIA

MESSINA (15 dicembre) - Ancora un'altra denuncia negli ospedali italiani. Un cinquantenne è morto dopo un'angiografia coronarica. Il sostituto procuratore di Messina ha perto un'inchiesta sulla morte del funzionario della Dia di Catania, Antonino Leo di 50 anni, deceduto la scorsa notte nel reparto di rianimazione dell'ospedale San Vincenzo di Taormina (Me). La moglie della vittima ha presentato un esposto al commissariato di Taormina chiedendo accertamenti sul decesso del marito e eventuali responsabilità mediche. Antonino Leo era cardiopatico ed era stato ricoverato per un'operazione di angiografia coronaria, durante la quale il suo cuore si è fermato. Secondo i medici dell'ospedale, l'intervento sarebbe riuscito perfettamente. Il sostituto procuratore Cavallo ha disposto l'autopsia sul cadavere. (da ilmessaggero.it)

Questa volta il morto era persona importante, ed è auspicabile che le indagini vadano fino in fondo.

giovedì 6 dicembre 2007

CORAGGIO, LIVIA!

Coraggio, signor ministro della Salute! Abbiamo molti ospedali disastrati, manda gli ispettori, ma non aspettare che succeda il guaio, mandali prima. Vedi cosa è successo a Vibo Valentia.
Ospedale di Vibo Valentia, nuova tragedia:16enne muore sotto i ferri. Turco ordina ispezione
VIBO VALENTIA (5 dicembre) - A meno di un anno dalla morte di Federica Monteleone, la sedicenne deceduta dopo una settimana di coma provocato da un black out in sala operatoria, nell'ospedale di Vibo Valentia una coetanea di Federica, Eva Ruscio, è morta mentre veniva sottoposta ad un intervento chirurgico alle tonsille. Federica, deceduta nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Cosenza dove venne trasferita da Vibo, era stata ricoverata nello stesso presidio ospedaliero vibonese per l'esecuzione di un banale intervento di appendicectomia. In sala operatoria, nel corso dell'intervento chirurgico, però, si era verificata un'interruzione della corrente elettrica mentre l'apparecchiatura per la ventilazione non risultava collegata al gruppo di continuità che sarebbe dovuto entrare in funzione nei casi di assenza di elettricità. Dallo scorso mese di gennaio le sale operatorie, compresa quella dove era avvenuto l'episodio drammatico che aveva portato al coma di Federica, sono state ristrutturate.Il ministro della salute Livia Turco ha disposto, in accordo con la regione Calabria, un'ispezione all'ospedale di Vibo Valentia, dove è morta Eva Ruscio. Nell'ambito dell'inchiesta è stato disposto il sequestro della sala operatoria dell'ospedale. I magistrati hanno anche ascoltato i medici e il personale in servizio nel reparto operatorio. (da repubblica.it, 6.12.07)

domenica 14 ottobre 2007

SCOMPARSO IN MARE

Il 5 ottobre è scomparso un ragazzo di 17 anni a Civitavecchia. Un corpo è stato ritrovato in mare il 13 ottobre. Il cadavere era irriconoscibile, ed è stato riconosciuto dalla madre solo attraverso gli oggetti che portava addosso. Non si conosce ancora la causa della morte. Sembra tuttavia che sulla spiaggia siano stati trovati dei calzini insanguinati. Ulteriori notizie appena disponibili.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=11029&sez=HOME_ROMA