venerdì 9 novembre 2007

CULTURA

E' stato detto che la cultura è ciò che ti rimane, dopo che hai dimenticato tutto quello che hai appreso. In altri termini, cultura è ciò che sei, grazie all'educazione ricevuta. Cultura è un modo di essere, non una somma di conoscenze. Dare una cultura è sempre stato lo scopo di tutte le società umane, e, per quello che più riguarda noi, cittadini dell'Europa e figli della cultura greco- romana, la cultura riguarda essenzialmente la capacità di vivere insieme possibilmente senza conflitti eccessivi.

Nell'ultimo secolo, l'Europa ha attraversato conflitti terribili, apparentemente, ma concretamente sedati dopo il 1945. Da alcuni decenni, cessati i conflitti fra le nazioni europee, compaiono i conflitti fra gruppi di cittadini e fra individui. Parlo dell'Italia, non avendo esperienza sufficiente di altri paesi per affermare le stesse cose, anche se le notizie date dai mezzi di comunicazione consentirebbero di farlo.

Esemplifico alcuni conflitti fra gruppi: criminalità organizzata contro cittadini, ma non una contro l'altra; partiti politici sempre più numerosi e dunque sempre più piccoli, tesi ad una sostanziale prevaricazione sui cittadini; associazione di vario tipo ed origine, nominalmente a carattere difensivo, in realtà anch'esse volte a prevaricare, ecc.

Esemplifico alcuni conflitti inter-individuali: sono i normali reati, come il furto, l'omicidio, ma anche l'illegalità diffusa, la cd. microcriminalità, ecc.

Se questa dunque è la nostra cultura, che si appalesa con deprecabili manifestazioni esteriori, temo che per noi non vi siano molte speranze nel breve periodo. Non voglio essere più pessimista di quanto io sia abitualmente, ma conflitti e contrapposizioni di vario tipo ci stanno portando allo sfascio.

Mi domanderete: cosa ha a che fare tutto questo con la medicina legale? Vi risponderò: niente, o quasi niente. I Giudici ci chiamano con un appellativo che a me pare umiliante, ma non è vietato pensare, anche in termini molto più ampi di quanto sia consentito ad un semplice professionista o insegnante. Sono dunque dell'idea che, fintantochè non avremo cominciato a sostituire i vetri rotti delle finestre, non ne usciremo.

2 commenti:

RR ha detto...

caro Prof.
mi spiace di non condividere il suo pensiero che ritengo estremamente giustificativo per il genere umano ovvero non ritengo che sia eccessivamente pessimista oggi ma forse che sia stato troppo ottimista fino a ieri...
Forse è arrivato davvero il momento di far sentire la voce (o l'urlo) della cultura che deve smettere di essere connivente (e quindi complice) con un sistema fondato sulla falsità e l'ingiustizia.
Anzi mi perdoni oggi in Italia la cultura in primis è la mandante della corruzione del sistema.
Iniziamo a sollevare il velo su quello che è il vero scempio di questo paese ovvero l'università con i suoi benefici e i suoi concorsi truccati, a tutti i livelli, da quelli per l'accesso alle facoltà a quelle per professori, con il suo nepotismo diffuso e con la sua falsa ricerca...
Che sia arrivato il momento di rispondere al vero amletico quesito (Se sia più nobile soffrire le frecce e i dardi di questa oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di problemi, opponendosi?) oppure si taccia per sempre, come qualche anno fa dalle Sue parti Brenno sintetizzò in "Vae Victis"...

Giusto Giusti ha detto...

Caro robrond, il succo del mio intervento è questo: cominciamo con il riparare i vetri rotti e il resto viene (dovrebbe venire) da sè. L'idea non è mia, la teoria si chiama broken windows theory, e significa che l'eliminazione progressiva di condotte illegali e la riparazione dei danni porta alla diminuzione dei delitti.
Personalmente sono del parere che l'eliminazione dell'illegalità dell'amministrazione può portare a una riduzione dei delitti veri e propri, e sto preparando, ormai da anni, un saggio intitolato "illegalità e criminalità".
Quanto alla corruzione, Lei parla di quella universitaria forse perchè la conosce meglio, ma in altre sedi è assai più importante. Legga, per esempio, "La casta" o ancora il saggio del prof. Cazzola, per l'Italia, mentre per altri paesi i volumi dedicati alla corporate corruptions sono molto numerosi.
La cultura non è in grado di far sentire la propria flebile voce, tanto meno un urlo, perchè è asservita.
Circa il bivio che Lei propone, non sono d'accordo, posto che esiste una terza via, che molti hanno seguito, da Cincinnato al Macchiavelli al Guicciardini e a tanti altri, e cioè la via della meditazione sui fatti, a cui non puoi non ricorrere quando non vi sia altro mezzo per produrre e diffondere cultura, che è il compito proprio dell'università.